34. Lorenzo Garaventa
(Calcinara di Uscio, 1724 - Genova, 1783)
Una lapide in Via San Giorgio ricorda un personaggio che tanto bene fece a Genova: Lorenzo Garaventa.
Nato nel 1724 a Calcinara di Uscio, il giovane Lorenzo viene a Genova a studiare in private scuole e in seguito nel Collegio dei Gesuiti in Via Balbi 5 per poi intraprendere la carriera ecclesiastica.
Giuseppe Banchero ci racconta che il Garaventa, una volta diventato sacerdote, decide di aprire una piccola scuola insieme ad una altro prete in Piazza Ponticello.
Vedendo le condizioni di tanti poveri che non potevano permettersi di pagare gli studi, Garaventa decide di iniziare ad insegnare gratuitamente così da permettere a tutti l'accesso alle sue lezioni. Un cartello appeso sopra l'ingresso recitava "Qui si fa scuola di carità".
Il suo esempio è presto seguito da altri sacerdoti e così viene aperta anche una piccola scuola in Borgo Lanaiuoli a cui ne seguono altre negli altri quartieri della Genova dell'epoca.
Ai bimbi venivano forniti penne, inchiostro, carta e libri, ed ai più poveri anche di che vestire e mangiare.
Tra i tanti che appoggiarono il Garaventa nella sua opera, anche l'abate Paolo Gerolamo Franzoni, l'istitutore della Biblioteca che da lui prenderà il nome, che ne sostenne segretamente l'opera. Molti erano anche i lasciti testamentari e i contributi delle famiglie nobili genovesi che permettevano a queste scuole di continuare la loro attività con bambini dai 4 a i 12 anni.
Lorenzo Garaventa muore il 13 gennaio 1783 ma la sua istituzione non se va con lui e continua ad opera di altri sacerdoti che al Garaventa si ispirano.
Oltre alla lapide che lo ricorda in San Giorgio, al Garaventa era intitolato un vicolo che collegava Via Bartolomeo Bosco alla Piazza di Santo Stefano, chiesa dove il Garaventa fu seppellito. Oggi a lui è intitolata la strada che da Via Vernazza sale a Santo Stefano, strada che riprende in parte il percorso dell'antico vicolo a lui dedicato.
Una curiosità: la prima scuola di carità, sita in Piazza Ponticello era intitolata a Guglielmo Embriaco. La scuola fu trasferita in zona Sant'Andrea e poi tra la Montagnola dei Servi e Santa Maria in Via Lata dove ancora oggi vi è una scuola che porta quel nome anche se pochi sanno che il tutto nasce dalla piccola scuola di carità voluta dal Garaventa in Piazza Ponticello.
35. Nicolò Garaventa
(Uscio, 23 marzo 1848 - Masone, 4 settembre 1917)
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Nicolò Garaventa (1848-1917) |
"Per te ci vuole la Garaventa", una frase o, meglio, una minaccia rivolta dai genitori ai bambini troppo "discoli" (capirete tra poco perchè uso proprio questo termine!) che ai più anziani fa ricordare, nel bene o nel male, una delle figure più importanti della filantropia genovese: Nicolò Garaventa.
Nato ad Uscio il 23 marzo 1848, professore di matematica al Liceo Ginnasio Andrea Doria, Garaventa, preso a cuore il destino dei tanti bambini che abbandonavano gli studi o peggio mai li avevano intrapresi vivendo nel degrado e nella povertà, decide di dedicare a loro il suo tempo per dare un futuro migliore a questi futuri uomini.
Alla Spianata dell'Acquasola raduna alcuni bambini, parlando a loro in genovese per farsi capire meglio, offrendo loro la possibilità di iscriversi alla scuola che da tempo aveva in mente di fondare.
Nasce così il 1° dicembre 1883 la scuola officina per discoli, ossia ragazzinin sotto i 16 anni. Il motto di questa istituzione era "prevenire e redimere".
In breve tempo Garaventa trova anche una sede definitiva alla sua scuola: una nave della regia marina in deposito nel porto.
Nel 1892, in occasione delle Colombiane, ai giovani "garaventini" viene donata una barca a vela.
Garaventa muore nel 1917 ma l'attività della sua scuola non si ferma: sono i figli, Domingo e Giovanni, a prendere in mano le redini di questa istituzione che prosegue la sua attività ininterrotamente fino al 1941 quando, a seguito dei bombardamenti, la nave scuola affondò.
I piccoli studenti continuano il loro percorso nei collegi cittadini.
Nel 1951 è il turno di una nuova nave-scuola: l'ex posamine Crotone della Marina Militare.
L'attività di questa istituzione si conclude nel 1977: si calcola nel numero di dodicimila i ragazzi che frequentarono la nave-scuola.
Essa diventa esempio da seguire sia in Italia (Napoli, Cagliari, Venezia) che all'estero (Cile, Brasile, Inìghilterra) con iniziative analoghe.
Tra i tanti frequentanti la nave-scuola ricordiamo anche Renato Rinino, il quale ben si guardò dal seguire gli insegnamenti ricevuti diventando un famoso ladro (il più celebre furto fu ai danni del principe Carlo al quale però restituirà volontariamente il maltolto).
A Garaventa, che è sepolto a Staglieno, è dedicato un busto in Corso Aurelio Saffi.
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La banda della nave-scuola |
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Marinaretti sul ponte della nave-scuola |
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La nave-scuola nel 1934 |
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l'ex Posamine Crotone, ultima sede della Nave-scuola |
36. Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu
(La Brède, Francia, 18 gennaio 1689 - Parigi, Francia, 10 febbraio 1755)
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Ritratto di Montesquieu |
Il filosofo francese Montesquieu visita Genova nel novembre del 1728 e racconta il suo soggiorno nella nostra città nel suo "Viaggio in Italia": "Genovesi non sono affatto socievoli; e questo carattere deriva piuttosto dalla loro estrema avarizia che non da un'indole forastica: perché non potete credere fino a che punto arriva la parsimonia di quei principi. Non c'è niente di più bugiardo dei loro palazzi. Di fuori, una casa superba, e dentro una vecchia serva che fila". Ed ancora: "Quei bei palazzi sono in realtà, fino al terzo piano, magazzini per le merci. tutti esercitano il commercio, e il primo mercante è il Doge".
Non manca un commento sulle donne genovesi definite "molto altezzose".
Per il francese "I Genovesi non si raffinano in nessun modo: sono pietre massicce che non si lasciano tagliare. Quelli che sono stati inviati nelle corti straniere, ne son tornati Genovesi come prima". Quest'ultima affermazione, probabilmente non pensata per essere un complimento, lo diventa involontariamente.
Montesquieu riserva invece parole di elogio per alcuni luoghi, tra cui Palazzo del Principe con la fontana del Nettuno per lui degna dei giardini di Versailles o lo splendore della Basilica della SS. Annunziata del Vastato.
La "città, vista dal mare, è molto bella. Il mare penetra nella terra, e fa un arco, intorno al quale è la città di Genova": se dunque Montesquieu non apprezza per nulla la popolazione genovese, riesce invece ad entrare nel suo cuore la bellezza della nostra città e di alcuni suoi luoghi simbolo.
37. Jean-Jacques Rousseau
(Ginevra, Svizzera, 28 giugno 1712 - Ermenonville, Francia, 2 luglio 1778)
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Jean-Jacques Rousseau ritratto da Maurice Quentin de La Tour intorno al 1750-1753 |
Il filosofo e scrittore svizzero Jean-Jacques Rousseau giunse a Genova nel 1743. La feluca sulla quale era imbarcato, partita da Tolone e diretta a Venezia, fu fermata da un'unità inglese proveniente da Messina, città, quest'ultima, dove in quel tempo infuriava la peste. Quando la feluca arrivò a Genova. Le autorità imposero ai membri dell'equipaggio una quarantena da trascorrere presso il lazzaretto della Foce (di cui trovate la storia alla pagina dedicata a gli EDIFICI pubblici). La stanza riservata allo svizzero era priva di ogni tipo di mobilio: non vi era manco un letto o un qualche giaciglio ove poter riposare.
Ecco colme Rousseau descrive la sia esperienza genovese nel suo libro "Le confessioni":
"Era il tempo della peste di Messina. La flotta inglese aveva bloccato la feluca davanti a Genova. Il controllo fu fatto dopo una lunga e penosissima traversata. Ci fu l'obbligo di sottostare ad un isolamento di ventun giorni. I passeggeri avevano la possibilità di passarli a bordo oppure di scendere a terra al Lazzaretto che ci avvertirono era completamente spoglio perché non c'era stato ancora il tempo di arredarlo. Tutti scelsero la feluca.
L'insopportabile calore, il poco spazio, l'impossibilità di passeggiare e la gente poco piacevole mi fecero preferire il Lazzaretto. Fui condotto in un grande edificio a due piani. In esso non trovai finestre, letti, tavole, casse, neppure un banchetto per sedermi o un pugno di paglia per coricarmi. Portarono il mio mantello, il sacco a pelo, i due bauli; chiusero il portone e restai lì padrone di passeggiare a mio agio in tutte le camere trovando in tutte lo stesso squallore (...) Dapprima mi divertii a cacciare le pulci che avevo presso nella feluca, e quando infine a furia di cambiare vestito e biancheria, riuscii a liberarmene, cominciai ad arredare la camera che avevo scelto.
Con gli abiti e le camicie preparai un ottimo materasso. Con delle salviette cucite assieme mi feci le lenzuola; con la vestaglia una coperta; un cuscino col mantello arrotolato. Ricavai un sedile da un baule disteso ed un tavolo con un altro posato di fianco. Mi creai anche uno scrittoio e ordinai a biblioteca una dozzina di libri che avevo con me. Quando non leggevo, non scrivevo, oppure non lavoravo a precisare l'arredamento, passeggiavo nel cimitero dei protestanti che era un pò il mio giardino. Salivo anche su un faro da dove potevo vedere le navi entrare ed uscire dal porto."
38. Stendhal
(Grenoble, Francia, 23 gennaio 1783 - Parigi, Francia, 23 marzo 1842)
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Stendhal ritratto da Södermark nel 1840 |
Lo scrittore francese Henry Beyle, da tutti conosciuto con lo pseudonimo di Stendhal, visitò più volte Genova.
La prima volta arrivò nella nostra città il 31 agosto 1814 e vi rimase fino al 18 settembre di quell'anno. In questo periodo fu ospite nella villa della marchese Teresa Pallavicini sita tra Quinto e Nervi (nell'odierna Via Giannelli).
Nel suo "Journal d'un voyage en Italie et en Suisse, pendant l'année 1828", dopo aver consigliato come giungere a Genova "si potrebbe andare a Genova con la diligenza ma è molto meglio prendere un vetturino", suggerisce una volta arrivati in città, dove soggiornare "prendere una stanza alla Pensione Svizzera, vicino a Banchi (la borsa ha questo nome) e qui bisogna chiedere la camera 26 al quarto piano, dalla quale si vedono il porto e la montagna. Bisogna dire: "Mi dia la camere che un russo ha occupato per 22 mesi". Costa un franco e venticinque al giorno. Di fronte c'è un ristorante dove si può mangiare segliendo la lista". Si passa quindi a cosa vedere a Genova "Vedere la cattedrale e il famoso quadro di Giulio Romano; vedere l'Albergo dei Poveri: bassorilievo attribuito a Michelangelo; vedere il Palazzo del Re; quattro collezioni di quadri in palazzi della via principale; vedere la sala del ricevimento Serra e la passeggiata d'Acquasola dove la sera si può ammirare uno stupendo tramonto".
E' tuttavia nel suo "Mémoires d'un touriste", pubblicato nel 1838, che Stendhal descrive minuziosamente la nostra città. Racconta di aver soggiornato all'Hotel Croce di Malta che non trovò per nulla confortevole e dove cambiò per ben tre volte stanza tanto che il cameriere non sapeva più dove lo stesso soggiornasse (vi rimando alla pagina de le TORRI di GENOVA ed al paragrafo dedicato alla Torre dei Morchi per approfondire la storia di questo hotel e dei personaggi famosi che qui soggiornarono). Ecco come racconta Genova: "La città è mirabilmente situata ad anfiteatro sul mare. Fra la montagna, alta quattro volte Montmartre e il mare non c'è stato spazio che per tre strade orizzontali: una a otto piedi di larghezza ed è quella del grande commercio dove si trova del buon caffè; l'altra, dietro il porto, è riservata ai marinai; la terza, quella più vicina alla montagna e che porta successivamente i nomi di Via Balbi, Via Nuova e Via Nuovissima, è una delle più belle strade del mondo", strada che viene descritta come "ardita, piena di vuoti e di colonne che ricorda gli scenari della Scala di Milano". Tra i tanti luoghi visitati anche la Basilica di Carignano "un capolavoro di gravità e nobiltà" secondo Stendhal che tuttavia non rimane molto affascinato da essa, alla quale si arriva tramite il Ponte di Carignano che passava "su una fila di case per cui si cammina a trenta, quaranta piedi al di sopra dei comignoli", come ci ricorda il francese.
Non poteva mancare una vita ai palazzi di via Balbi dove potè ammirare i Van Dyck dall'aspetto "dolcemente imperioso", Villa del Principe e Villetta di Negro dove il Marchese Gian Carlo di Negro "mi ha ricevuto con estrema gentilezza e mi ha fatto assaggiare dell'uva della Villetta!". Verso sera Stendhal si dirige verso la "cattedrale bianca e nera costruita in bande orizzontali" poi al Teatro Carlo Felice a vedere "Il furioso all'isola di San Domingo", opera semiseria di Gaetano Donizetti.
La sua descrizione di Genova termina con una queste parole: "Credevo che i genovesi amassero soltanto il denaro; amano anche, mi dicono, la loro indipendenza. Ciò che mi ha fatto nascere questa riflessione politica, è che sono stati costretti a dare il nome di Carlo Felice al bel teatro che si sono costruiti. Hanno comperato e demolito molte case per costruire una piazza davanti al teatro e una strada che continua la bella strada dai tre nomi: Balbi, Nuova e Nuovissima.
Una curiosità: Stendhal girovagava per la nostra città senza l'ausilio di libro o guide preferendo consultarli la sera dopo un'intensa giornata da turista.
39. Mary Shelley
(Londra, 30 agosto 1797 - 1 febbraio 1851)
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Ritratto di Mary Shelley, opera di Richard Rothwell (1840) |
Mary Shelley, l'autrice di "Frankenstein", giunse a Genova con il figlio Percy nel settembre del 1822, dopo la prematura morte del marito, il poeta Percy Bysshe Shelley, annegato nel golfo della Spezia.
Soggiorno all'Hotel Croce di Malta e poi trovò casa per sé e gli amici Hunt a Villa Negrotto in Via San Nazaro. L'amico Lord Byron chiese a Mary di trovar un alloggio anche per lui che lei trovò in Villa Saluzzo Mongiardino dove Byron soggiornerà ptra il 1822 ed il 1823, prima di partire per la Grecia.
Insieme percorreranno spesso le creuze di Albaro.
A Genova Mary si dedica ad una biografia sul marito e compone un poemetto "The Choicee" ed un racconto "Trasformazione" dove descrive Genova come una città splendida, ricca di luce e di vigneti.
Una targa in Via San Nazaro ricorda il soggirno di Mary Shelley a Genova.
Una curiosità: in questa stessa via verrà a soggiornare Charles Dickens che però non si trverà bene in zona preferendo trasferirsi in centro a Villa delle Peschiere.
40. Lord Byron
(Londra, Inghilterra, 22 gennaio 1788 - Missolungi, Grecia, 19 aprile 1824)
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George Gordon Noel Byron |
Una lapide marmorea in facciata di Palazzo Saluzzo Mongiardino in Via Albaro n. 1 così recita:
RIPOSANDO LA VITA FORTUNOSA
QUI DIMORO' E SCRISSE
GIORGIO GORDON LORD BYRON
FINCHE' L'INTENSO GRIDO
DELLA GRECA LIBERTA' RISORTA
NOL TRAEVA MAGNANIMO
A LACRIMATO FINE
IN MISSOLUNGI
1822-23
George Gordon Noel Byron, VI conte di Byron, meglio conosciuto come Lord Byron, esponente di spicco del secondo romanticismo inglese, giunge a Genova nel 1822 (e ci rimarrà fino al 1823) e trova alloggio in Albaro, in Villa Saluzzo Mongiardino. Fu l'amica Mary Shelley a trovargli questo alloggio. A Genova, nella tranquillità di questa collina fuori dal centro, tra ville coltivate e giardini, Lord Byron scrive "The age of bronze", poemetto satirico che prendeva di mira il Congresso di Vienna, "The Island", dramma poetico sull'ammutinamento del Bounty, e otto canti del suo "Don Giovanni" (Don Juan), poema epico-satirico iniziato nel 1818 che rimase incompiuto a causa della morte del poeta nel 1824 in Grecia.
E' infatti seguendo i suoi ideali impregnati di romanticismo e patriottismo indirizzato all'indipendenza delle nazioni e all'autodeterminazione dei popoli che il poeta inglese decide di imbarcarsi alla volta della Grecia per combattere nella guerra d'indipendenza che vedeva protagonista il popolo greco che cerca di affrancarsi dall'impero ottomano. Lì, nel 1824, a soli 36 anni, trova la morte a Missolungi dopo aver contratto la febbre malarica.
Un curiosità: nel 1821 Lord Byron fu per qualche tempo ospite dei conti Luigi e Giuseppe Gnecco nella loro villa a Punta Chiappa, sul monte di Portofino, luogo a cui il poeta inglese dedica questi versi incisi su una targa che ancor oggi si trova nel giardino della villa:
"C'è un incanto nei boschi senza sentiero
c'è una magia nella spiaggia solitaria
c'è un riparo dove nessuno penetra
in riva al mare profondo,
e nel musicale frangersi delle sue onde.
Non amo meno gli uomini ma più la natura
e in questi miei colloqui con lei
mi libero da tutto ciò che sono o che sono stato
per fondermi con l'universo
e sento ciò che non so esprimere
ma che non so neppure del tutto nascondere"
I conti Gnecco, che accolsero Lord Byron, sono miei antenati e ancora oggi, ogni volta che mi reco alla "Punta", uno dei miei luoghi del cuore, passata di generazione in generazione fino ad arrivare alla mia, ripenso con emozione a quando Byron dormiva a casa mia.
Se vi capita di andare a Punta Chiappa, fate un passo a visitare il luogo dove visse Lord Byron, oggi divenuto albergo dal nome "Stella Maris" e andate a godevi la vista che spazia fino al ponente ligure affacciandovi proprio sotto la targa con incise le parole del poeta inglese.
Nel suo soggiorno a Genova, Byron vive per un breve periodo nel 1822 alla Pensione Svizzera, dove soggiornerà nel 1853 e nel 1868 Richard Wagner. Questa piccola pensione era in Palazzo Grimaldi Lomellini, edificio demolito corrispondente all'odierno civico 62 rosso di Via San Luca dove aveva l'ingresso mentre dall'altro lato affacciava sulla Ripa Maris. Nei verbali della polizia del 1830 si fa riferimento a questa pensione come luogo di ritrovo per gli incontri segreti di Mazzini con gli altri carbonari genovesi.
41. James Fenimore Cooper
(Burlington, Stati Uniti d'America, 15 settembre 1789 - Cooperstown, Stati Uniti d'America, 14 settembre 1851)
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James Fenimore Cooper |
James Fenimore Cooper, l’autore dell’ “Ultimo dei Mohicani”, giunge a Genova il 27 febbraio 1829, e così scrive:
"Sono al Croix de Malta, che si affaccia direttamente sul porto. Faccio fatica a descriverti il piacere che provo quando vedo le navi, ascolto le grida dei marinai, una razza così simile ovunque, e annuso tutti gli odori del commercio. Ieri ho passato il porto meticolosamente (...) con il diletto di un ragazzino scatenato.". Come immaginerete, mi identifico molto in quest'ultima definizione!
Cooper, come ricorda anche una targa marmorea posta in Vico Morchi, fu uno dei tanti ospiti dell'Hotel Croce di Malta, uno degli alberghi più belli della Genova ottocentesca che occupava anche gli spazi della medievale torre dei Morchi. Vi rimando alla pagina de le TORRI di GENOVA per approfondire la storia di questa torre, di questo hotel e dei tanti illustri ospiti che qui soggiornarono.
42. Hans Christian Andersen
(Odense, Danimarca, 2 aprile 1805 - Copenaghen, Danimarca, 4 agosto 1875)
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Hans Christian Andersen fotografato da Thora Hallager nel 1869 |
Hans Christian Andersen, autore di tante fiabe che fecero sognare noi bambini, visitò Genova in 1834. Egli così scrive: "Per la prima giornata, il viaggio da Genova verso sud, lungo il mare, è uno dei più belli che si possano fare. Genova poi sorge sulle colline, in mezzo ad oliveti verdi-azzurri. Nei giardini crescevano aranci e melograni, e i lucenti limoni verde pallido facevano pensare alla primavera, proprio allora che noi scandinavi ci approssimiamo all'inverno. I temi degli d'un quadro succedevano l'uno all'altro; per me era tutto nuovo e indimenticabile, e vedo ancora adesso gli antichi ponti ricoperti d'edera, i cappuccini per la strada e le schiere di pescatori genovesi con i berretti rossi in testa. La costa era tutto uno splendore, con le belle ville e il mare costellato di velieri e vapori dai camini fumanti".
43. Charles Dickens
(Portsmouth, 7 febbraio 1812 - Higham, 9 giugno 1870)
Charles Dickens, nato nel sud dell'Inghiterra, a Portsmouths, il 7 febbraio 1812, poeta, scrittore, autore di di capolavori come "Oliver Twist", "David Copperfield" o "Canto di Natale" (per citare le sue opere a me più care) arriva a Genova insieme alla sua famiglia il 16 luglio 1844 e si sistema a Villa Bagnarello ad Albaro, in Via San Nazaro (ancora oggi una targa marmorea qui sistemata nel 1894 ricorda il suo soggiorno). Questo luogo sarà da lui definito "pink jail" (prigione rosa), certo non una definizione carica di affetto per questa sua dimora che Charles non amava particolarmente ( in compenso la targa marmorea affissa in via San Nazaro fuori dalla villa dice "in questa villla (...) ebbe gradita dimora Carlo Dickens", dove sarà la verità?) . Il 23 settembre di quell'anno si trasferisce a Villa delle Peschiere, luogo dal quale può osservare il centro città quando scrive o raggiungere in pochi minuti il centro storico quando decide di oziare.Ecco come descrive il suo vivere alle Peschiere:
"Non c’è in Italia, dicono (e io ci credo), una abitazione più
piacevole del Palazzo delle Peschiere, in cui andammo a stare non appena
furono scaduti i tre mesi di affitto della prigione rosa di Albaro.
Il
Palazzo è edificato su un’altura dentro le mura di Genova, ma a qualche
distanza dai fabbricati, ed è circondato da magnifici giardini che
appartengono ad esso e che sono abbelliti da vasche di marmo, da statue,
da vasi, da fontane, da terrazze, da viali di aranci e di limoni, e da
boschetti di rose e di camelie.
Tutte le stanze sono belle, sia che
se ne considerino le dimensioni, sia riguardo agli ornamenti e ai
mobili; ma il salone, alto una cinquantina di piedi, con tre grandi
finestre all’estremità, dalle quali si gode il panorama di tutta la
città di Genova, del Porto e del mare vicino, offre una delle vedute più
belle e più piacevoli del mondo.
Sarebbe difficile immaginare una
dimora più gradevole e più comoda delle stanze più ampie del palazzo;
certamente non si può concepire nulla di più splendido della vista che
da esso si gode, sia alla luce del sole, che sotto il chiarore della
luna".
Nei suoi appunti su Genova, Dickens racconta di non essersi mai divertito tanto in vita sua nell'assistere ad una rappresentazione di burattini quanto al Teatro delle Vigne assistendo ad uno spettacolo che vedeva protagonista Napoleone a Sant'Elena (il burattinaio si era dimenticato di far eseguire i corretti movimenti alla figura del medico che invece di stare accanto a Napoleone volava sopra il letto dell'imperatore tra le risate degli spettatori!).
Sempre a proposito di Teatri, nel suo "Pictures from Italy", osservando l'Acquasola dalla Villa delle Peschiere dove risiedeva in quel periodo, dopo aver descritto la bellezza del parco così scriveva:
"(...) siedono rivolti dalla nostra parte, gli spettatori del Teatro Diurno (...), fa un effetto molto strano, non sapendone la ragione, veder passare così subitamente tutte quelle facce dall'ansietà al riso (...)".
All'epoca infatti non vi era Via Assarotti e la vista dalla Villa delle Peschiere era ben diversa da quella odierna, per così dire "costretta" e limitata dall'edificazione ottocentesca.
Durante
il suo soggiorno a Genova, Dickens scrive "Le Campane", uno dei suoi
cinque "Racconti di Natale".
Dickens racconta che, nel momento in
cui si era messo alla scrivania per iniziare a scrivere qualcosa, dal centro
città era salito dalla città un tale frastuono di campane da farlo impazzire.
Il vento gli aveva portato tutti i rintocchi dei campanili di Genova e le sue
idee si erano messe a vorticare fino a perdersi in un turbinio di irritazione e
stordimento.
Scrive: "specialmente nei giorni
festivi, le campane delle chiese suonano incessantemente; non in armonia, o in
qualche conosciuta forma sonora, ma in un orribile, irregolare, spasmodico den
den den, con una brusca pausa ogni quindici den o giù di lì; una cosa da
impazzire.".
Sarà quell'incessante suono a fornirgli
lo spunto ed il titolo per il suo racconto (non tutto il male vien per nuocere!).
In una lettera all'amico John Forster, critico letterario e scrittore, rivela di svegliarsi alle sette e di lavorare,
dopo un bagno freddo e la colazione, fino alle tre del pomeriggio: "avere
trovato il titolo e sapere come sfruttare lo spunto delle campane è una gran
cosa. Che mi assordino pure da tutte le chiese e conventi di Genova, ormai: non
vedo altro che la cella campanaria di Londra in cui le ho collocate".
Ecco di seguito la copertina della prima edizione de Le Campane (The Chimes) di Charles Dickens:
Sempre su Genova, nel suo diario di viaggio "Pictures from Italy" del 1846, così scrive:
"(...) E' un luogo che non si finisce mai di conoscere. Sembra che ci sia sempre qualche cosa da scoprirvi. Per andare a passeggio, ci sono i sentieri e i viottoli più straordinari: vi potete perder per strada (che piacere quando uno non ha niente da fare!) venti volte al giorno, se lo desiderate, e ritrovarla in mezzo alle difficoltà più sorprendenti e più inaspettate. E' ricco dei più strani contrasti: ad ogni svoltata, vi si presentano allo sguardo cose pittoresche, brutte, abbiette, magnifiche, deliziose e gradevoli.(...)"
"(...) le tenute a giardino, fra edificio ed edificio, con le viti che formano arcate verdi, coi boschetti di aranci e con gli oleandri fioriti, a venti, trenta e quaranta piedi al di sopra della strada (...)."
"(...) ci sono tantissimi tabernacoli dedicati alla Vergine e ai Santi, posti di solito alle svolte delle vie (...)"
Dickens torna una seconda volta a Genova nell'ottobre del 1853. Questa volta, senza la famiglia, soggiorna all'Hotel Croce di Malta che così descrive in una lettera alla sorella della moglie, Giorgina Hogarth: "Viviamo sulla cima di questa casa immensa che sovrasta il porto e il mare, abbastanza elegante e ariosa, benché non sia uno scherzo salire così in alto, e benché l'appartamento sia piuttosto ampio e decadente".
In una altra lettera, questa volta indirizzata alla moglie, Dickens racconta, tra le tante cose, della nuova strada ferrata che unirà Torino a Genova e che è quasi completata, ma nessun accenno all'albergo ampio ma decadente (quasi a non volerla far preoccupare!).
Il nostro amico inglese non aveva certo dimenticato la sua villla preferita, le Peschiere, che però nel frattempo era divenuta un collegio femminile e così aveva potuto tornar lì a soggiornare.
44. Gustave Flaubert
(Rouen, 12 dicembre 1821 - Croisset, 8 maggio 1880)
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Gustave Flaubert (foto di Gaspard-Felix Tournachon, conosciuto con lo pseudonimo di "Nadar") |
Gustave Flaubert, scrittore francese autore di "Madame Bovary", per citare solo la sua opera più nota, giunge a Genova nel 1845 insieme alla sorella Caroline ed il cognato Emile Hamard che erano in viaggio di nozze.
Così scrive all'amico Alfred Le Poittevin, poeta ed avvocato di Rouen:
"Ho visto una bellissima strada, la via Aurelia, ed ora sono in una bella città, una vera bella città, Genova. Cammino sul marmo, tutto è di marmo: scale, balconi, palazzi. I palazzi si toccano tanto sono vicini e, passando dalla strada, si vedono i soffitti patrizi tutti dipinti e dorati. (...) in altri momenti (ma non so bene quali) forse avrei riflettuto di più e guardato di meno. Invece qui spalanco gli occhi su tutto, ingenuamente, semplicemente, e forse è molto meglio." (Gustave Flaubert - lettera ad Alfred Le Poittevin, 1 maggio 1845).
Flaubert rimane particolarmente impressionato da un dipinto "Le tentazioni di Sant'Antonio Abate", un tempo facente parte della quadreria di Francesco Maria Balbi, ed oggi di collezione privata ed esposta a Palazzo Spinola di Pellicceria, grazie alla generosità del proprietario, e godibile da tutti noi. Quest'opera, come ricorda Flaubert in più lettere, è fonte d'ispirazione per la sua opera "La tentation de Saint Antoine"che vedrà la sua stesura definitiva nel 1874.
Flaubert ha modo di passeggiare per Genova e così descrive uno dei luoghi più alla moda dove del periodo:
"L'acqua sola', passeggiata, verdi viali, siepi di rose, musica. Visto una donna che batteva il tempo con la testa, dal naso fine, pallida, la testa coperta da un velo bianco bordato di nero, il resto dell'abito a lutto; grandi occhi azzurri, profilo all'Esmeralda... È la più bella donna che io abbia mai visto; non mi stancavo di guardarla".
45. Alexandre Dumas padre
(Villers-Cotterets, 24 luglio 1802 - Neuville-lès-Dieppe, 5 dicembre 1870)
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Ritratto di Alexandre Dumas padre, eseguito a Parigi nel 1855 dal geniale fotografo Gaspard-Felix Tournachon, conosciuto con lo pseudonimo di "Nadar" |
Alexandre Dumas padre (così detto per distinguerlo dal figlio che portava il suo stesso nome e come il padre di mestiere faceva lo scrittore), il "papà" del Conte di Montecristo e dei Tre Moschettieri, per citare solo due dei suoi capolavori, soggiornò nel 1849 a Genova all'Hotel de France, uno dei migliori alberghi dell'epoca che si trovava in Via al Ponte Reale ospitato nel medievale Palazzo Adorno (di cui trovate la storia alla pagina de i PALAZZi privati (prima parte). Qui, come dice lui stesso, passa la maggior parte del suo tempo a scrivere uscendo poco per visitare la città.
46. Marguerite Josephine Ferrand (in arte Ida Ferrier)
(Francia, 1811 - Genova, 1859)
Marguerite Josephine Ferrand, parigina del quartiere di Montmartre, attrice, moglie di Alexandre Dumas che sposò il 1° febbraio 1840, giunse a Genova insieme al marito nel 1859 e qui morì il 14 marzo di quello stesso anno per apoplessia.
Dumas decise di seppellire la moglie nel Cimitero Monumentale di Staglieno dove ancora oggi riposa.
Il suo colombario è il numero 669 e si trova nella prima galleria a destra entrando dall'entrata secondaria di Staglieno (quella che affaccia sul ponte dedicato allo scultore Giulio Monteverde). L'epigrafe fu dettata dallo stesso Dumas e così recita:
"A la memorie
d'Ida Marguerite Dumas de la Pailleterie née Feirrau
dont la haute intelligence et l'ame noble
ont laisse des traces profondes
dans la vie de ceux qui l'ont connue
grande artiste et femme genereuse
elle est partie jeune et belle encore
aimable ed dévouée
elle est morte dans les sentiments de la plus haute piété
priez pour elle"
(In memoria
di Ida Marguerite Dumas de la Pailleterie nata Feirrau
la cui alta intelligenza e anima nobile
hanno lasciato tracce profonde
nella vita di chi l'ha conosciuta
grande artista e donna generosa
se ne andò giovane e ancora bella
gentile e devota
ella morì nei sentimenti della più alta pietà
prega per lei)
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Alexandre Dumas padre con sua moglie Marguerite Josephine Ferrand (in arte Ida Ferrier) |
47. Richard Wagner
(Lipsia, Germania, 22 maggio 1813 - Venezia, 13 febbraio 1883)
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Richard Wagner fotografato nel 1871 |
Il compositore tedesco Richard Wagner giunse a Genova nel 1853.
Rimase così tanto stupito dalla bellezza della nostra città da descriverla in questo modo alla moglie Minna Planer in una lettera del settembre del 1853: "Non ho mai visto nulla come questa Genova! E' qualcosa di indescrivibilmente bello, grandioso, caratteristico: Parigi e Londra al confronto con questa divina città scompaiono come semplici agglomerati di case e di strade senza alcuna forma. Davvero non saprei cominciare per darti l'impressione che mi ha fatto e continua a farmi tutto ciò: ho riso come un fanciullo e non potevo nascondere la mia gioia."
Wagner a Genova soggiornò anche nel 1868. Sia nella prima che nella seconda occasione prese una stanza alla Pensione Svizzera, dove aveva soggiornato anche Lord Byron nel 1822. Questa piccola pensione era in Palazzo Grimaldi Lomellini, edificio demolito corrispondente all'odierno civico 62 rosso di Via San Luca dove aveva l'ingresso mentre dall'altro lato affacciava sulla Ripa Maris. Nei verbali della polizia del 1830 si fa riferimento a questa pensione come luogo di ritrovo per gli incontri segreti di Mazzini con gli altri carbonari genovesi.
Dopo il soggiorno a Genova del 1853 Wagner si dirigerà a La Spezia e poi nel sud Italia.
48. Herman Melville
(New York, Stati Uniti d'America, 1° agosto 1819 - New York, Stati Uniti d'America, 28 settembre 1891)
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Herman Melville nel 1860 |
Lo scrittore americano Herman Melvile, autore di "Moby Dyck", visitò Genova nel 1857 durante il suo viaggio in Italia che lo aveva portato anche a Napoli, Vico Equense, Roma e Padova.
Nel suo "Journal of a Visit to Europe and the Levant by Herman Melville", che nella pubblicazione italiana si intitola "Diario italiano", dove raccoglie le sue impressioni ed emozioni, così racconta Genova dove sosta tre giorni (dall'11 al 14 aprile, anche se sul diario troviamo la data del 13, mettendo 14, e il 14 al posto del 15):
"11 APRILE, SABATO (...) Alle dieci preso il treno per Genova, più di cento miglia. Piacevole per qualche tempo. Attraversata una contrada piacevole. Molto popolosa e intensamente coltivata. Ci avviciniamo agli Appennini, paesaggio stupendo. Strade costruite con grande abilità e alto costo. Numerosi finché arriva il grande tunnel - lungo due miglia - Arrivato a Genova con la pioggia alle tre del pomeriggio. La valigia è caduta dalle spalle di un facchino maldestro. Ho avuto paura di guardare cos'era successo agli oggetti di Kate.
Sono sceso all'Hotel Feder sul lungomare. Passeggiato per la Strada Nuova. I palazzi son meno belli di quelli di Roma, Firenze e Venezia. Una caratteristica sono i dipinti di architetture invece che della realtà. Ogni sorta di elaborata architettura è rappresentata negli affreschi - Il detto di Machiavelli secondo il quale l'apparenza della virtù può essere vantaggiosa quando la realtà lo sarebbe meno - Strade come quelle di Edimburgo, soltanto soltanto più erte e aggrovigliate.
Mi sono arrampicato per una di esse per via del paesaggio - mangiato alla table d'hote. Bella sala. L'hotel occupa un antico palazzo. A sera a spasso lungo la passeggiata presso il porto. Hotel di molti piani. La torre dell'Hotel Croce di Malta. Vista sulle colline in lontananza.
12 APRILE, DOMENICA. - Fatto colazione al caffè. Cioccolata. Alla passeggiata pubblica sui bastioni. Si guarda all'ingiù. Soldati. Una brigata di uomini tutt'altro che eleganti. Alla Cattedrale. Marmi bianchi e neri in disposizione alternata. Il bassorilievo a "graticola" - bello l'interno. Torre. Il Palazzo Ducale. Tutti in piazza. Schiere di donne. L'acconciatura genovese. Ondine e fanciulle della Nobbia. Semplice e grazioso. Ricetta per rendere attraente una donna senza particolari doti. Preso l'omnibus (2 soldi) fino all'estremità del porto. Il faro (alto 300 piedi). Ci sono salito. Vista superba. La costa verso il sud. Un promontorio. Tutta Genova e le sue fortezze, la loro esterna solitudine. La desolazione, l'aspetto selvaggio delle valli che intercorrono sembrano fare di Genova la capitale e il campo fortificato di Satana; fortificato contro gli Arcangeli. Le nuvole di che si addensano sui bastioni sembrano immaginarie. Sono andato sulla parte orientale del porto e ho cominciato il giro della terza linea di fortificazioni. I bastioni guardano a picco sul mare aperto, arcate lanciate sugli scoscendimenti. Bei paesaggi di parti della città. Su e su. Penitenziario per galeotti. Le grate si aprono sulla vista del mare - sull'infinita libertà. Ho continuato sempre il giro. Bloccato. Andato alla passeggiata pubblica. Mi sono arrampicato per un sentiero scosceso fino ad una chiesetta (bella vista del mare dal portico). Di là più in alto e sono giunto ai bastioni. Magnifica veduta della valle profonda che sta dall'altra parte - di Genova e del mare. Su e su, sempre più bello, fino a che ho raggiunto la vetta. Ho visto le due vallate intorno ed il crinale nel quale si congiungono per formare il sito delle fortezze più alte. Grande popolosità di queste vallate. Solitudine di alcune delle fortezze più in alto. I terreni inclusi nella terza linea di fortificazione. Vallette scoscese prive di vegetazione. Polveriere solitarie. Desolato come una valletta dell'altopiano di Scozia. Disceso con grande fatica attraverso un sentiero irregolare e giunto presso Palazzo Doria. Un greco vicino a me. Di fronte a me delle persone che ridono sguaiatamente. Passeggiata al porto. Mi sono fermato con il greco al caffè-giardino. Bel posto con fontane, archi eccetera. A letto alle otto e mezza. Per tutto il giorno sembrava che stesse per piovere, ma ha tenuto.
14 APRILE, LUNEDI'. - Cioccolata a caffè. Antico muro della dogana. Ho visitato i palazzi. Stile differente da quelli di Roma. Grandi atrii che precedono cortili. Ma vedi la guida. Mi hanno mostrato in gran fretta alcuni palazzi, il Palazzo Rosso in particolare. Vento forte. Presto in albergo, risultato dello sforzo di ieri.
A pranzo ho incontrato il Commissario del "Constitution". A letto alle otto.
15 APRILE (14 APRILE), MARTEDI'. - Ho preso il treno alle sei antimeridiane diretto ad Arona sul Lago Maggiore. Ho incontrato il tenente Fauntleroy alla stazione. Piacevole viaggio attraverso un paese nuovo. Alle due del pomeriggio imbarcato ad Arona su un piccolo vapore (...)."
Un appunto: l'hotel Feder di cui parla Melville era ospitato in Palazzo Emanuele Filiberto di Negro in Via al Ponte Reale angolo Sottoripa (trovate la sua descrizione alla pagina de i PALAZZI privati (prima parte)).
49. Mark Twain
(Florida, Stati Uniti d'America, 30 novembre 1835 - Redding, Stati Uniti d'America, 21 aprile 1910)
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Mark Twain nel 1895 in una foto di Napoleon Sarony |
Mark Twain, pseudonimo di Samuel Langhorne Clemens, autore di due dei libri che più ho amato nella mia infanzia "Le avventure di Huckleberry Finn" e "Le avventure di Tom Sawyer", per citarne solo due, giunse a Genova nel 1867 e soggiornò all'Hotel Croce di Malta (vi rimando al paragrafo dedicato alla Torre dei Maruffo alla pagina de le TORRI di GENOVA per approfondire la storia di questo luogo e della torre che lo ospitava in parte). Twain così descrive Genova, da lui definita “Città dai bei palazzi”:
“Essa è proprio piena di belle dimore, e queste dentro sono sontuose, anche se esternamente molto malandate e senza pretese di grandiosità architettonica. Molte di esse hanno spessi muri, con grandi scalinate di pietra, pavimenti tassellati di marmo […] e grandiosi saloni con alle pareti dipinti di Rubens, Reni, Tiziano, Veronese, e ritratti di capostipiti della famiglia in elmi piumati e splendide armature, e di patrie in stupefacenti vestiti di secoli fa.” Twain continua dicendo che “Genova la Superba, sarebbe un titolo indovinato se si riferisse alle sue sensuali donne”.
Mark Twain è letteralmente rapito dalla bellezza delle donne genovesi che osserva passeggiando nei grandi spazi pubblici genovesi dell'ottocento come i Giardini dell'Acquasola (vi rimando al paragrafo ad essi dedicato alla pagina de gli EDIFICI pubblici per approfondire la loro storia). Chissà se poi il nostro Mark abbia conquistato il cuore di qualche fanciulla genovese, non lo sapremo forse mai, di certo conosciamo tutti un suo famoso aforisma in cui il letto è definito come "il posto più pericoloso del mondo in quanto vi muore solitamente l’80% della gente".
50. Friedrich Nietzsche
(Rocken, Germania, 15 ottobre 1844 - Weimar, Germania, 25 agosto 1900)
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Friedrich Nietzsche nel 1875, pochi anni prima di giungere a Genova |
Il filosofo tedesco visse a Genova in una soffitta in Salita delle Battistine al civico 8 dal 1880 al 1883. Si dice fosse benvoluto dal gente che lo soprannominava "Il Santo".
Qui iniziò a scrivere "Ecce homo" e "Così parlò Zarathustra". Alla città dedicò anche alcune liriche.
Una targa commemorativa affissa in facciata della casa dove abitò, oggi purtroppo andata distrutta, così recitava:
IN QUESTA MODESTA CASA
DOMINANTE LA CITTA' E IL MARE
DI COLOMBO E DEI DORIA
TROVO' SERENO RIPOSO E TUMULTO DI IDEE
FEDERICO NIETZSCHE
NEGLI ANNI 1880-81-82-83
GENOVA GLI APPARVE
PIONIERA ARDITA
DI PENSIERO E DI AZIONE
Vi era anche seconda targa, anch'essa andata perduta, posizionata sempre in Salita delle Battistine ma questa volta all'altezza del civico 1, che così recitava:
SU PER QUESTA STORICA SALITA
NEL SUO ERRABONDO PEREGRINARE
TRA IL 1880 E IL 1883
SI ARRAMPICO' ANCHE
FRIDRICH NIETZSCHE
TROVANDOCI ALLOGGGIO E PACE
PER LAVORARE
ALL'"ECCE HOMO"
E AL "COSI' PARLO' ZARATHUSTRA"
RICEVENDO NELLA STANZA
AL CULMINE DEL TETTO
GLI AMICI
PAUL REE E LOU ANDREAS SALOME'
51. Oscar Wilde
(Dublino, Irlanda, 16 ottobre 1854 - Parigi, Francia, 30 novembre 1900)
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Oscar Wilde nel 1882 in una foto di Napoleon Sarony |
Oscar Wilde visita Genova due volte. La prima volta nel 1877 quando, in un viaggio verso la Grecia, fa tappa a Genova dove rimane affascinato dai "palazzi di marmo affacciati sul mare".
La seconda volta che verrà a Genova sarà invece nel 1899 per far visita alla tomba della moglie Constance a Staglieno.
52. Constance Mary Lloyd
(Dublino, Irlanda, 2 gennaio 1849 - Genova, 7 aprile 1898)
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Constance Mary Lloyd con suo figlio Cyril |
Constance Mary Lloyd, ricordata da più per esser stata la moglie di Oscar Wilde, irlandese, scrittrice, giornalista, soggiorna in albergo a Nervi nel 1897 e poi a Bogliasco a Villa Elvira, lungo la Via Aurelia. L'Italia ed in particolare la riviera ligure diventa il luogo di rifugio per sè ed i suoi figli Cyril e Vyvyan, dopo la separazione dal marito a seguito dello scandalo per la sua omosessualità.
Morirà il 7 aprile 1898 e sarà seppellita nel Cimitero Monumentale di Staglieno. Oscar Wilde, che verrà a Genova nella primavera del 1899 a portare un fiore sulla tomba della moglie, così dira: "E' stato tragico vedere il suo nome scolpito su una tomba. Il suo cognome: il mio nome non era menzionato, naturalmente. Solo Constance Mary, figlia di Horace Lloys Q.C. Le ho portato alcuni fiori, ero emotivamente molto colpito, e mi resi conto dell'inutilità di tutti i rimpianti". Sotto la croce in marmo della tomba a Staglieno di Constance sarà aggiunta qualche anno la scritta "wife of Oscar Wilde".
53. Guy de Maupassant
(Tourville-sur-Arques, 5 agosto 1850 - Parigi, 6 luglio 1893)
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Guy de Maupassant (foto di Gaspard-Felix Tournachon, conosciuto con lo pseudonimo di "Nadar") |
Guy de Maupassant visitò Genova nel 1889. Dopo essersi imbarcato a Cannes sul suo panfilo "Bel Ami II"...
(...continua)
54. Anton Pavlovich Cechov
(Taganrog, Russia, 29 gennaio 1860 - Badenweiler, Germania, 15 luglio 1904)
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Anton Pavlovich Chekhov all'età di 29 anni |
Lo scrittore e drammaturgo russo visitò Genova nel 1894 quando aveva 34 anni, in un viaggio che lo aveva già portato in giro per il nord Italia a Trieste, Venezia e Milano. Cechov arrivò in treno e scese alla stazione di Principe da dove iniziò la sua visita del centro di Genova, città che gli rimarrà nel cuore.
Nel suo dramma teatrale "Il Gabbiano", scritto nel 1895, c'è un dialogo che ha quale protagonista la nostra città:
"Medvèdenko: Mi consenta di chiederle, dottore, quale città straniera le è piaciuta di più?
Dorn: Genova.
Trepliòv: Perchè Genova?
Dorn: C'è una meravigliosa folla nelle sue strade. Quando esci, la sera, dall'albergo, sono tutte gremite di gente. Ti muovi in mezzo alla folla senza una meta, su e giù, a zig zag, vivi della sua vita, ti fondi con essa psichicamente e cominci a credere che in realtà sia possibile un'unica anima universale. Genova è la città più bella del mondo."
Una curiosità su quest'opera teatrale: essa fu rappresentata per la prima volta nel 1896 al Teatro Aleksandrinskij di Pietroburgo e fu un insuccesso clamoroso tanto che si racconta che la protagonista Nina, così tanto intimidita dall'ostilità del pubblico, perse la voce e Cechov abbandonò la platea prima della fine della rappresentazione seguendo gli ultimi due atti da dietro le quinte. Due anni dopo l'opera fu rappresentata a Mosca al Teatro d'Arte: questa volta fu invece un trionfo.
Nei parchi di Nervi è stato piantato un ciliegio in ricordo del soggiorno di Cechov a Genova ("Il giardino dei ciliegi" è il titolo dell'ultimo lavoro teatrale di Cechov).
55. Valery Larbaud
(Vichy, Francia, 29 agosto 1881 - Vichy, Francia, 2 febbraio 1957)
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ritratto di Valery Larbaud (circa 1900) |
Il romanziere, poeta e giramondo francese Valery Larbaud, nel suo "Ex voto: San Zorzo" così descrive la nostra città: " Genova, austera, vibrante, ampia! Luogo unico dai trecento ripiani a terrazza sul mare, ornata di parchi stupendi! Genova, dove i tramways sono gli ascensori! Le strade ed i quartieri, sovrapposti, si aggrovigliano, si superano, si ricongiungono, si dividono ancora... Città a sorpresa!, il cui uso insinua un'astuta saggezza: una scalinata, un àndito, un archivolto, una passerella, una galleria conducono in pochi minuti ad un palazzo, ad una piazza alla quale non si sarebbe giunti che in un'ora, seguendo le strade.".
56. Paul Klee
(Munchenbuchsee, Svizzera, 18 dicembre 1879 - Muralto, Svizzera, 29 giugno 1940)
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Paul Klee con le sue opere |
Il pittore svizzero Paul Klee viaggia attraverso l'Italia tra l'autunno del 1901 e la primavera dell'anno seguente. In questo periodo visiterà anche Genva che così descriverà: "Case alte, fino a tredici piani, vie strettissime nella città vecchia (...), di sera una fitta folla, durante il giorno quasi solo bambini. I loro panni sventolano come bandiere di una città in festa. Cordicelle tese da una finestra e quella di fronte. Durante la giornata sole pungente in quelle viuzze, riflessi metallici del mare, dovunque una luce abbagliante. Con tutto questo, le note di un organetto, un mestiere pittoresco. Attorno bambini che ballano. Il teatro nella realtà. Ho portato molta malinconia oltre il Gottardo. Dioniso non ha effetti semplici su di me." Diario italiano (ottobre 1901 - maggio 1902)
57. Albert Einstein
(Ulma, Germania, 14 marzo 1879 - Princeton, New Jersey, Stati Uniti d'America, 18 aprile 1955)
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La targa marmorea posizionata in Piazza delle Oche che ricorda il soggiorno di Einstein a Genova |
Tra Soziglia e le Vigne, nella piccola Piazza delle Oche (toponimo che ricorda l'antica vocazione agricola della zona) nel 2017 è stata affissa una targa in marmo che ricorda che qui soggiornò all'età di 16 anni Albert Einstein, ospite della zio, Jacob Koch.
Albert, dopo esser stato bocciato all'esame di ammissione al Politecnico di Zurigo, era partito a piedi da Monaco direzione Pavia. Qui suo padre Hermann con il fratello Jacob aveva costruito una fabbrica di apparecchiature elettriche: solo due anni dopo, nel 1896, furono costretti a cessare l'attività a causa di una crisi che portò al fallimento della ditta. Hermann si trasferirà a Milano, dove aprirà una piccola fabbrica di dinamo e dove risiederà fino alla morte (Hermann Einstein fu seppellito al Cimitero Monumentale di Milano e la sua tomba si trova nel Civico Mausoleo Palanti).
Albert, dopo aver attraversato, sempre a piedi e sempre con il suo inseparabile violino, la Val Trebbia, raggiunge a Genova l'altro zio Jacob, il fratello di sua mamma, commerciante all'ingrosso di grano, che nel palazzo in Piazza delle Oche aveva casa e ufficio.
Al piano terreno di questo palazzo c'era (e c'è tuttora) il negozio di dolci di "Pietro Romanengo fu Stefano" (trovate la sua storia nella pagina dedicata a le BOTTEGHE storiche), per un ragazzino era come essere nel paese dei balocchi! A Genova rimase qualche mese e con lo zio visitò anche la riviera.
Molti anni dopo, in una lettera scritta alla sua amica Ernestina Marangoni in un italiano incerto, così ricorderà questo periodo: "I mesi felici del mio soggiorno in Italia sono le più belle ricordanze".
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Un giovane Albert Einstein |
58. Buffalo Bill
(Le Claire, Iowa, Stati Uniti d'America, 26 febbraio 1846 - Denver, Colorado, 10 gennaio 1917)
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Buffalo Bill fotografato nel 1903 |
Il colonnello William Frederik Cody, da tutti conosciuto con lo pseudonimo di Buffalo Bill, leggendario eroe del west, giunse a Genova il 13 marzo 1906.Mio nonno, all'epoca bambino, ricordava, come un sogno, di aver assistito al suo spettacolo intitolato "Buffalo Bill's Wild West" che si era svolto nella spianata del Bisagno (quella che sarebbe diventata poi Piazza della Vittoria). Tra le attrazioni, la ricostruzione di un viaggio Sioux con tanto di tende ma anche assalti alla diligenza, battaglie tra indiani e cowboys, spettacoli con amazzoni e prove di destrezza con armi e lazos per catturare cavalli selvaggi o fuorilegge.
L'arrivo di Buffalo Bill in città non passò certo inosservato: le cronache dell'epoca ci raccontano che arrivarono dalla Francia, dove aveva già fatto il suo spettacolo, alla stazione di Terralba a mezzogiorno del 13 marzo quattro treni con in tutto cinquantanove vagoni, mille uomini e circa cinquecento cavalli!
Il grande convoglio si muove da Terralba fino alla spianata del Bisagno sotto gli occhi increduli dei passanti.
Il 14 marzo nel pomeriggio ci fu la prima rappresentazione.
Prezzo del biglietto? 1 lira e 20 per i posti di seconda serie e 6 lire per i palchi, non certo a buon mercato. Molti genovesi evitarono l'esoso esborso godendosi lo spettacolo dall'alto delle Mura di Santa Chiara o dai piani alti delle case nei pressi della spianata.
Gli spettacoli si susseguirono per tre giorni e l'ultimo si tenne alle ore 20 del 16 marzo 1906.
La partenza di Buffalo Bill lasciò molti ricordi nei genovesi ed in particolare nei giochi dei bambini che vedevano sempre più protagonisti cowboys e indiani.
Di seguito ecco alcune immagini di questi giorni genovesi di Buffalo Bill:
59. Nicola I di Russia
(Carskoe Selo, Russia, 6 luglio 1796 - San Pietroburgo, Russia, 2 marzo 1855)
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Franz Krüger - Ritratto dell'imperatore Nicola I |
Lo zar Nicola I Romanov, imperatore di Russia dal 1825 fino alla sua morte, visitò Genova il 19 ottobre 1845.
Nella nostra città fece una breve sosta nel suo viaggio verso Palermo dove giunse il 23 ottobre di quell'anno. Quel viaggio era stato voluto per curare la salute cagionevole della moglie, Carlotta di Prussia, a cui i medici avevano consigliato questa città dalle miti temperature.
Qui lo zar si fermò una quarantina di giorni, mentre la zarina si trattenne in Sicilia tutta la stagione invernale.
60. Napoleone III di Francia
(Parigi, Francia, 20 aprile 1808 - Chislehurst, Inghilterra, 9 gennaio 1873)
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Napoleone III, imperatore dei Francesi, fotografato dalla Mayer & Pierson nel 1860 circa |
Carlo Luigi Napoleone Bonaparte, figlio terzogenito del re d'Olanda Luigi Bonaparte (fratello di Napoleone Bonaparte) e di Hortense de Beauharnais, Presidente della Repubblica Francese dal 1848 al 1852 e Imperatore di Francia dal 1852 al 1870 con nome di Napoleone III (la sua incoronazione avvenne il 2 dicembre, stesso giorno in cui fu incoronato imperatore lo zio), giunse a Genova il 12 maggio 1859.
Ad attendere l'imbarcazione "Regina d'Ortensia", dalla quale sbarcherà l'Imperatore, ci sono Cavour ed Eugenio Emanuele di Savoia, principe di Carignano.
Rimane nella nostra città per due giorni prima di dirigersi verso il Piemonte dove vi era il suo quartier generale. Una ventina di giorni prima, il 26 aprile, era sbarcati a Genova 100.000 soldati francesi accolti con euforia dai genovesi.
61. Elisabetta di Baviera "Sissi"
(Monaco di Baviera, Germania, 24 dicembre 1837 - Ginevra, Svizzera, 10 settembre 1898)
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Franz Xaver Winterhalter, Ritratto dell'imperatrice Elisabetta d'Austria in abito da ballo |
Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, a tutti noi nota come la principessa "Sissi", moglie di Francesco Giuseppe d'Austria e come sua consorte Imperatrice d'Austria, regina apostolica d'Ungheria e regina di Boemia e Croazia, giunse a Genova il 26 marzo 1893.
Un cronista del Secolo XIX segue in incognito la principessa e così descrive il suo soggiorno: "Iersera, col diretto 1, giunto alla stazione di Piazza Principe alle 6,10, arrivò tra noi l'imperatrice Elisabetta d'Austria, proveniente da Milano. Sua Maestà viaggiava nel più stretto incognito e sotto il nome di Lady Parker".
Sissi, dopo esser giunta in stazione, si diresse in porto dove, al Molo Giano, era ormeggiato lo yacht a ruote "Miramar" (si trattava di una "nave avviso" con due cannoni da 90 mm e con circa 160 uomini di equipaggio armati con carabine, revolver e sciabole), con una lunghezza fuori tutto di 92,71, che la accompagnava nei suoi viaggi nel Mediterraneo ed in particolare in questi primi mesi del 1893 a Maiorca, Barcellona, Genova, Portofino, Napoli e Corfù. Lo yacht, costruito nei canteri Samuda Brothers a Poplar, Londra, e varata l'otto gennaio 1872, fu chiamato "Miramar" come lo Schloss Miramar (il castello Miramare) di Trieste costruito tra il 1856 ed il 1860 per volere dell'arciduca Massimiliano d'Asburgo-Lorena.
Il cronista del giornale genovese così continua raccontando il giorno successivo al suo arrivo: "dopo la colazione a bordo, l'imperatrice mandò alle 11 il suo cameriere a fare acquisto di una guida di Genova, e un'ora dopo, accompagnata dalla sua dama di compagnia, dal suo professore di greco, scese a terra (...) Nessuno fece caso al suo passaggio. Si diresse verso il centro della città, fino alla chiesa dell'Annunziata dove entrò e si trattenne parecchio (...) S.M. vestiva di tibet nero, con una cintura di seta pure nera, aveva in testa un cappello nero (...) calzava stivalini fortissimi alla touriste".
Dopo essersi trattenuta parecchio tempio nella Basilica della Santissima Annunziata del Vastato (e come darle torto!), Sissi sale in Corso Carbonara, per far visita allo scultore Domenica Carli che lì aveva il suo studio, poi in Circonvallazione a Monte e giù per Via Montalsod per arrivare a Staglieano.
Così continua il cronista del Decimonono: "Nel cimitero si fermava con compiacenza ad ammirare le opere di Monteverde, Villa, Saccomanno, Sclavi, Carli, Moreno, Fabiani (...) Dinanzi al Monumento di Giacomo Carpaneto dello Scanzi, raffigurante una barca con un angelo, fece copiare sul suo taccuino l'epigrafe "Avventurato chi nel mar della vita ebbe nocchiero si fido". Chiese l'indirizzo dello studio dello scultore (...) Ritornò in città con una vettura chiusa (...) In via Roma nel negozio filogranista signor Savelli, fece diversi acquisti e, dopo essersi fermata alquanto nell'offelleria Ferro e Cassanello in piazza De Ferrari, scese in via Orefici, entrando a far spese nella pasticceria della vedova Romanengo".
Le cronache dell'epoca (oltre al "Secolo XIX" anche "Il Caffaro" racconta il soggiorno della principessa a Genova) ci raccontano che, prima di lasciare Genova, la principessa Sissi si fa portare in carrozza a Sestri Ponente fino alla chiesa di San Giovanni Battista. Lì scende e a piedi raggiunge il Santuario di Nostra Signora del Gazzo. Ancora oggi un'iscrizione in facciata del vecchio hospitale dei pellegrini, dettata sul finire del diciannovesimo secolo da Angelo Boscassi, archivista del Comune di Genova, ricorda il fatto:
PERCHE' NON CADA NELL'OBLIO
L'AUGUSTA VISITA QUI FATTA IL 29 MARZO 1893 DALLA PIISSIMA IMPERATRICE REGINA ELISABETTA D'AUSTRIA UNGHERIA
ALCUNI DEVOTI DI QUESTO SANTUARIO
POSERO IL PRESENTE RICORDO
In ultimo, non posso che consigliarvi, se volete approfondire la storia del soggiorno di Sissi a Genova il libro "Una rapida ebbrezza. I giorni genovesi di Elisabetta d'Austria", scritto dall'amico Vittorio Laura e da Massimo Sannelli, dove troverete, minuziosamente descritto, il resoconto di questa vacanza principesca.
62. Elisabetta II d'Inghilterra
(Londra, Inghilterra, 21 aprile 1926 - Castello di Balmoral, Scozia, 8 settembre 2022)
Queen Elisabeth II giunse a Genova insieme al Principe Filippo il 16 ottobre 1980 in una grigia giornata di pioggia.
Nonostante il meteo, furono moltissimi i genovesi che seguirono la sovrana lungo le strade o affacciati alle finestre al suo passaggio.
La regina visitò Palazzo Tursi con l'allora sindaco di Genova Fulvio Cerofolini e sempre lì potè ascoltare il Maestro Renato De Barbieri che suonò il violino di Paganini, il mitico "Cannone".
La visita della Regina comprese anche la Prefettura e Palazzo Gio. Agostino Balbi nell'omonima via al civico 1 dove la Marchesa Carlotta Cattaneo Adorno, padrona di casa, offrì alla sovrana un caffè senza latte, preferito da quest'ultima al tradizionale the in quell'occasione. Lì potè ammirare la splendida collezione d'arte ancora oggi conservata in questo palazzo purtroppo non aperto al pubblico.
Il Principe Filippo visitò anche la Marconi a Sestri Ponente.
Pare che la Regina a fine giornata abbia bisbigliato "How many steps are there?" e come le si può dare torto: a Genova le scale e gli scaloni non mancano di certo!
Nei due video che seguono eccovi un riassunto della giornata genovese della Regina Elisabetta e l'intervista alla Marchesa Cattaneo Adorno che racconta quella storica giornata:
63. Guglielmo Marconi
(Bologna, 25 aprile 1874 - Roma, 20 luglio 1937)
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Guglielmo Marconi con la moglie Cristina e la figlia Elettra intorno al 1935 |
Guglielmo Marconi, a bordo della sua nave-laboratorio "Elettra", eseguì molti esperimenti nel Mar Ligure ed in particolare nel Golfo del Tigullio che per questo motivo da alcuni è anche chiamato "Golfo Marconi".
Il 26 marzo 1930, dal suo laboratorio all'interno dell'Elettra, ormeggiata nel Porto di Genova al Porticciolo Duca degli Abruzzi, alle ore 11:03 Marconi con un segnale radio accende l'illuminazione del Municipio di Sidney in Australia, distante 22.000 km, inaugurando così a distanza la Mostra Elettrica di Sidney. Dall'Australia via radio arriva il seguente messaggio: "Splendido, splendido. Migliaia di persone acclamano Marconi. Congratulazioni da tutti noi.".
Ecco Marconi nel suo laboratorio:
Nel filmato di seguito, il giornale Luce A0542 del marzo 1930, sono documentati i fatti, buona visione!
64. Bartolomeo Pagano
(Sant'Ilario Ligure, 27 settembre 1878 - Genova, 24 giugno 1947)
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Bartolomeo Pagano (1878-1947) |
Nato a Sant'Ilario Ligure il 27 settembre 1878, Bartolomeo Pagano lavorava come camallo nella vicina Nervi.
Il suo soprannome "Maciste" nasce nel 1914 quando nel film "Cabiria" il Pagano interpreta questa parte: da lì al 1926 saranno ben 20 i film con Maciste, dal "Maciste" del 1915 al "Maciste nella gabbia dei leoni" del 1926.
600.000 lire all'anno, quello che il Pagano riusciva a guadagnare con il suo personaggio Maciste.
La sua carriera cinematografica finirà nel 1929 con il film "Giuditta e Oloferne".
Triste sarà poi il suo destino: fermato dall'artrite rematoide che lo costringerà a vivere gli ultimi anni sulla sedia a rotelle, Pagano morirà nel 1947 per un arresto cardiaco all'età di 68 anni.
65. Gli eroi della "London Valour"
Ogni anno, il 9 aprile, alle 14:25 precise, le sirene delle navi nel porto di Genova suonano all'unisono per ricordare una tragedia avvenuta poco distante dal quartiere della Foce: il naufragio del mercantile inglese "London Valour".
Era il 9 aprile 1970 e su Genova si abbatte una fortissima libecciata "e le ancore hanno perduto la scommessa e gli artigli (così cantava Fabrizio de André nella sua "Parlando del naufragio della London Valour").
La nave mercantile, varata nel 1956 e battente bandiera inglese, era salpata dal porto russo di Novorossisk con un carico di 23.606 tonnellate di cromo in direzione di Genova. Arrivata nei pressi del nostro porto il 7 aprile, la nave gettò l'ancora, in attesa dell'ormeggio, a circa 1.300 metri dall'imbocco della diga a levante e lì, il 9, fu sorpresa da una forte libecciata che stava colpendo Genova: l'ancora cominciò a perdere presa sul fondo e in breve il mercantile, i cui motori erano fuori servizio perché in manutenzione, andò a sbattere contro gli scogli posti a protezione della diga. I soccorsi furono immediati ma le condizioni proibitive del mare, unite al fatto che la nave dopo poco si spezzò in due tronconi, fecero sì che ventidue persone dell'equipaggio, compresi il capitano e sua moglie, persero la vita. Furono invece trentasei coloro che riuscirono a salvarsi grazie agli eroi genovesi che decisero di rischiare la propria vita per salvarli.
Il pronto intervento della motovedetta CP 233 della Capitaneria di Porto di Genova, che contribuì a salvare 26 persone, fu un'operazione molto difficile, a causa delle condizioni proibitive dell'ambiente in cui si svolgeva, che mise in pericolo le vite di coloro che erano a bordo della stessa motovedetta ossia il tenente di vascello Giuseppe Telmon ed i suoi sette uomini dell'equipaggio (tutti poi insigniti con la Medaglia al valore di Marina, d'oro per il comandante e d'argento per i suoi uomini).
Un altro eroe è parimenti da ricordare: si tratta del comandate del dipartimento aereo dei Vigili del Fuoco di Genova Rinaldo Enrico il quale, mettendo a rischio la propria vita, si levò in volo con un elicottero AB 47 G, il "libellula", e riuscì nell'impresa di lanciare salvagenti ai superstiti che in mare richiavano di annergare in balia delle onde. A lui fu conferita la medaglia d'oro al valor civile e ancora oggi una targa in dialetto genovese nel borgo di Vernazzola ricorda il suo gesto.
In ultimo non possiamo non ricordare Giovanni Santagata, membro del Corpo Piloti del Porto di Genova, che, a bordo della pilotina "Teti", coordinò i soccorsi riuscendo nell'impresa di salvare cinque naufraghi. A Santagata venne in seguito conferita la medaglia d'argento di Benemerenza Marinara.
La nave rimase incagliata con una parte affiorante per un anno. Si decise di portarla a largo e farla affondare in un luogo profondo affinché non fosse di intralcio alla navigazione. Non fu però raggiunto il punto prescelto perché la nave, trainata da rimorchiatori, a causa delle sue precarie condizioni, affondò a 90 miglia dal porto dove, a 2600 metri di profondità, ancora oggi giace.
Non tutto però è andato perduto di questa nave: la ruota del timone, recuperata, fu donata al San Martino, ospedale dove furono curati i superstiti, mentre la campana della nave è conservata nella "Church of the Holy Ghost", la chiesa anglicana di Genova sita dietro Piazza Marsala.
Quali furono le cause che portarono a questa tragedia?
Secondo la Corte Reale di Giustizia di Londra, che si pronunciò il 17 maggio 1972, il naufragio e la conseguente perdita della London Valour furono causati dall'errata condotta del Comandante Donald Marchbank Muir. Si era infatti deciso di approfittare della sosta in rada per alcuni lavori ai motori che quindi non erano pronti alla navigazione quando il 9 aprile la nave fu sorpresa dalla forte libecciata e rimase impotente in balia delle onde.
Nella stessa sentenza viene elogiato l'eroico comportamento di tutto il personale italiano che, rischiando la propria vita, aveva salvato trentasei persone dell'equipaggio.
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La London Valour in balia delle onde
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La prima pagina de "La Stampa" (11 aprile 1970)
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Prossimamente vi parlerò anche di...
1785- Charles Duparty, magistrato francese:
RispondiEliminaGENOVA "RAPISCE PER LA SUA BELLEZZA"
1841- Alexandre Dumas, giornalista e scrittore francese, "corrispondente di guerra" per i Mille:
Partendo da Cogoleto, Genova viene, per così dire, incontro al viaggiatore. Pegli, con le sue tre magnifiche ville, è una specie di sobborgo che attraversando Sestri Ponente si prolunga fino a San Pier d'Arena e costituisce un degno ingresso per una città che s'è data da sola il soprannome di Superba e che da sei o sette leghe già si scorge all'orizzonte, distesa in fondo al suo golfo con la noncurante maestà di una regina.
1853- Jules Michelet, storico francese:
Genova è la patria di gente geniale e aspra, nata per domare il mare e dominare le tempeste. Sul mare, in terra, quanti uomini avventurosi e di un'audacia saggia! Mazzini è genovese, e la costa ligure che diede alla repubblica francese il generale Massena, ha dato all'Italia il marinaio guerriero Garibaldi: razza forte, piccola e dura, dotata di un carattere d'acciaio, di non so quale punta adatta a penetrare il ferro.
1871 -1945- Paul Valery. poeta, scrittore e aforista francese:
Quel giorno non avrei mai creduto di arrivare fino al punto di sentirmi attratto fin dalle pietre delle vie di Genova, e di ripensare a quella città con affetto, come al luogo in cui avevo passato molte ore di quiete e di felicità.
Ciao Antonio, sono un tuo affezionato lettore.
RispondiEliminaOggi mi è capitato di passare per vico della Casana, e, attirato dalla curiosità, mi sono infilato nell'androne del civico numero 9. Ho parlato con una signora che vi abita, mi ha saputo solo dire che il palazzo appartiene alla famiglia Romanengo, quelli del negozio di dolci vicino, in Soziglia. Questi nel 1944 crearono una società con la famiglia Costa, la SCI (società di costruzioni immobiliari) poi fallita nel 1996. E' davvero molto poco lo so ma magari il mezzo busto riguarda un Romanengo, chissà :-)
Se scopro altro ti faccio sapere.
Saluti, Marco.