INDICE
(NB: in questa pagina troverete la descrizione dei palazzi dal paragrafo 115 al paragrafo 234; Vi rimando alla pagina de i PALAZZI privati (prima parte) per la descrizione dei palazzi dal paragrafo 1 al paragrafo 114)
1. Palazzo Agostino e Giacomo Salvago
2. Palazzo Cereseto
3. Palazzo in Via San Bernardo n. 25
4. Palazzo De Marini
5. Palazzo in Piazza San Bernardo n. 25
6. Palazzo Alessandro Giustiniani
7. Palazzo Marc'Antonio Sauli
8. Palazzo in Via San Bernardo n. 17
9. Palazzo in Piazza Embriaci n. 2
10. Palazzo Giulio Sale
11. Palazzo in Via San Bernardo n. 14
12. Palazzo in Via San Bernardo n. 10
13. Palazzo Saluzzo
14. Palazzo Leonardo Grillo Cattaneo
15. Palazzo Stella
16. Palazzo Cattaneo della Volta
17. Palazzo Fulco De Castro
18. Casa del Boia
19. Palazzo Gio Andrea De Franchi
20. Palazzo Gaspare Basadonne
21. Palazzo Antonio Sauli
22. Palazzo in Piazza Sauli n. 4
23. Palazzo Airoli Franzoni
24. Palazzo Sauli (Piazza Sauli n. 7)
25. Palazzo in Via Giustiniani n. 8
26. Palazzo in Via Giustiniani n. 9
27. Palazzo Giustiniani Franzoni
28. Palazzo Giustiniani Franzoni (2)
29. Palazzo Giustiniani (Via Giustiniani n. 12)
30. Palazzo Marcantonio Giustiniani
31. Palazzo Gio Battista Saluzzo
32. Palazzo Acquarone Pieri
33. Palazzo Sopranis poi Peirano
34. Palazzo Giovanni Bernardo Veneroso
35. Palazzo in Piazza San Donato n. 23
36. Palazzo Paolo De Benedetti
37. Palazzo in Via San Donato n. 14
38. Palazzo del Doge Stefano Onorato Ferretto
39. Casa Massuccone
40. Palazzo in Via di Porta Soprana n. 5
41. Casa di Cristoforo Colombo
42. Casa di Niccolò Paganini
43. Casa Piola
44. Palazzo in Salita Pollaiuoli n. 13
45. Palazzo Agostino e Benedetto Viale
46. Palazzo Spinola Serra
47. Palazzo Fieschi Crosa di Vergagni
48. Palazzo Saluzzo-Veneroso
49. Palazzo Gio Andrea Cicala
50. Palazzo Antoniotto De Franchi
51. Palazzo in Vico Caprettari n. 3
52. Palazzo Centurione Gavotti
53. Palazzo Durazzo-Zoagli
54. Palazzo Senarega-Zoagli
55. Palazzo Bendinelli Sauli
56. Palazzo in Via San Lorenzo n. 15
57. Palazzo Sinibaldo Fieschi (Negrone De Ferrari)
58. Palazzo Orazio e Gio Francesco De Franceschi
59. Palazzo Cicala (Piazza Scuole Pie)
60. Palazzo Cicala (Piazza Scuole Pie n. 3)
61. Palazzo Lercari
62. Palazzo Stefano Squarciafico
63. Palazzo Emanuele Squarciafico
64. Palazzo Filippo Sauli
65. Palazzo Enrico Camilla
66. Palazzo Andriola Camilla
67. Casa dei Camilla
68. Palazzo in Vico Scudai n. 1
69. Palazzo Fieschi (casa natale di Santa Caterina Fieschi Adorno)
70. Palazzo De Marini Croce
71. Palazzo Pietro Durazzo
72. Palazzo Penco
73. Palazzo Bafico (Piazza delle Cinque Lampadi n. 17)
74. Palazzo in Vico delle Cinque Lampadi n. 1
75. Palazzo in Piazza delle Cinque Lampadi n. 19
76. Palazzo Serra (Piazza Banchi)
77. Palazzo Adorno
78. Palazzo Emanuele Filiberto Di Negro
79. Palazzo Ambrogio di Negro
80. Palazzo in Via San Luca n. 1
81. Palazzo Gio. Batta Senarega
82. Palazzo Gio. Battista Lercari
83. Palazzo Lercari (Via Orefici n. 2)
84. Palazzo in Campetto n. 3-5
85. Palazzo Gio. Battista Imperiale
86. Palazzo Gio. Vincenzo Imperiale
87. Palazzo Gio. Giacomo Imperiale in Via Scurreria n. 14-18 r
88. Palazzo Gio. Giacomo Imperiale in Via Scurreria n. 3
89. Palazzo Gio. Giacomo Imperiale in Via Scurreria n. 2
90. Palazzo in Via di Scurreria la Vecchia n. 5
91. Palazzo Nicolò Imperiale
92. Palazzo Ottavio Imperiale (Sauli De Mari) - "del Melograno"
93. Palazzo Piazza Soziglia n. 1
94. Palazzo Eredi Gerolamo Chiavari
95. Palazzo Domenico Grillo
96. Palazzo Francesco Maria Doria
97. Palazzo Grillo Cattaneo
98. Palazzo Brancaleone Grillo
99. Palazzo in Piazza De Franchi n. 8
100. Palazzo in Via delle Vigne n. 7
101. Palazzo in Via delle Vigne n. 10
102. Palazzo Di Negro
103. Palazzo in Vico della Lepre n. 7
104. Palazzo dei Fattinanti
105. Palazzo Spinola Balestrino (Via della Maddalena n. 26 e Vico dietro il Coro delle Vigne n. 11)
106. Palazzo in Piazza della Posta Vecchia n. 1
107. Palazzo Bernardo e Giuseppe De Franchi
108. Palazzo Agostino De Franchi
109. Palazzo Antonio De Franchi
110. Palazzo De Franchi - Rebisso - Piaggio
111. Palazzo Maineri e Massone-Bianco di San Secondo
112. Palazzo Jacopo Spinola
113. Palazzo Spinola Zecchino
114. Palazzo Francesco Borsotto
115. Palazzo in Vico Superiore del Ferro n. 1
116. Palazzo De Mari
117. Palazzo in Via Luccoli n. 30
118. Palazzo in Via Luccoli n. 21
119. Palazzo Tomaso Franzone
120. Palazzo Nicolò Spinola di Luccoli (Palazzo Franzone Spinola)
121. Palazzo Ansaldo De Mari e fratelli
122. Palazzo Giovanni Garibaldi
123. Palazzo Stefano Doria (Palazzo Doria Serra)
124. Palazzo in Via Chiossone n. 7
125. Palazzo Doria Carcassi (Fondazione Carige)
126. Palazzo Doria Marana
127. Palazzo Antonio Grimaldi Cebà
128. Palazzo Gio Batta e Gio Stefano Doria
129. Palazzo Domenico Doria
130. Palazzo Giorgio Doria (Palazzo Doria Quartara)
131. Palazzo Lamba Doria
132. Palazzo Lazzaro Doria (poi di Andrea Doria)
133. Palazzo Doria Danovaro
134. Palazzo Giulio Pallavicini
135. Palazzo Doria De Ferrari Galliera
136. Palazzo Doria De Fornari
137. Palazzo Orsini
138. Palazzo Gerolamo Pallavicini
139. Palazzo in Vico dei Parmigiani n. 1
140. Palazzo Giacomo Spinola
141. Palazzo Agostino Spinola (Palazzo Spinola di Luccoli - Cervetto)
142. Palazzo Luciano Spinola di Luccoli
143. Palazzo Tomaso Spinola (Palazzo Spinola Pessagno)
144. Palazzo Giorgio Spinola
145. Palazzo Oberto Spinola (Palazzo Spinola Celesia)
146. Palazzo Clemente della Rovere
147. Palazzo Antonio Doria (Palazzo Doria Spinola)
148. Palazzo Spinola di Luccoli – Balestrino
149. Palazzo Ayrolo Negrone
150. Palazzo Paolo Battista e Niccolò Interiano (Palazzo Interiano Pallavicini)
151. Palazzo Nicolò Grillo Cattaneo
152. Palazzo Agostino Pallavicino
153. Palazzo Pantaleo Spinola
154. Palazzo Franco Lercari
155. Palazzo Tobia Pallavicino
156. Palazzo Angelo Giovanni Spinola
157. Palazzo Gio Battista Spinola
158. Palazzo Nicolosio Lomellini
159. Palazzo Lazzaro e Giacomo Spinola
160. Palazzo Nicolò Grimaldi (Palazzo Tursi)
161. Palazzo Baldassarre Lomellino
162. Palazzo Ridolfo Maria e Gio Francesco I Brignole Sale (Palazzo Rosso)
163. Palazzo Luca Grimaldi (Palazzo Bianco)
164. Palazzo Gerolamo Grimaldi (Palazzo della Meridiana)
165. Palazzo Montanaro (Casa Valery)
166. Palazzo Gio Carlo Brignole
167. Palazzo in Vico di Portanuova n. 5
168. Edificio in Vico dei Droghieri n. 1, 3, 5
169. Palazzo Gentile (Vico delle Fasciuole n. 14)
170. Palazzo in Via San Siro n. 2
171. Palazzo in Via San Siro n. 1
172. Palazzo in Vico San Siro n. 1
173. Palazzo Spinola De Mari
174. Palazzo Stefano Lomellini
175. Palazzo Bartolomeo Lomellini
176. Palazzo Benedetto Lomellini
177. Palazzo Giacomo Lomellini
178. Palazzo Gio. Domenico Spinola
179. Palazzo in Salita Carbonara n. 61
180. Palazzo Lomellini - Doria Lamba - Ponzone
181. Palazzo Gregorio ed Egidio Lomellini
182. Palazzo Cosma Centurione
183. Palazzo Lomellini Dodero
184. Casa di Mazzini
185. Palazzo in Via Lomellini n. 9
186. Palazzo Giorgio Centurione
187. Casa Medievale in Vico Adorno n. 6
188. Palazzo Alessandro Saluzzo
189. Palazzo del Lascito Canevari
190. Palazzo Gio Battista Centurione
191. Palazzo Cipriano e Babilano Pallavicini
192. Palazzo Cambiaso (Via al Ponte Calvi n. 6)
193. Palazzo Stefano e Felice Pallavicini
194. Palazzo Serra Gerace
195. Palazzo Filippo Spinola
196. Palazzo Nicola Cicala197. Palazzo in Piazza dell'Agnello n. 9
198. Palazzo in Piazza dell'Agnello n. 7
199. Palazzo Pinelli
200. Palazzo in Piazza Pinelli n. 1
201. Palazzo in Piazza Pinelli n. 3
202. Palazzo Spinola di Pellicceria
203. Palazzo Pietro Spinola di San Luca
204. Palazzo Benedetto Gentile
205. Palazzo Spinola in Via della Maddalena n. 34
206. Palazzo Lazzaro Grimaldi
207. Palazzo Stefano De Mari
208. Palazzo Spinola di San Luca-Gentile
209. Palazzo Ambrogio Spinola
210. Palazzo Cristoforo Spinola (Piazzetta Jacopo da Varagine n. 2)
211. Palazzo Gio Battista Grimaldi (Piazza San Luca)
212. Palazzo Nicola Grimaldi
213. Palazzo Gio Battista Grimaldi (Vico San Luca)
214. Palazzo in Vico Superiore di Pellicceria n. 1-1r-3r
215. Palazzo Pinelli Gentile (già Spinola e Salvago)
216. Palazzo Nicolò Spinola di San Luca
217. Palazzo in Via del Campo n. 2
218. Palazzo in Vico San Marcellino n. 3
219. Palazzo in Piazza San Marcellino n. 6
220. Palazzo in Piazza San Marcellino n. 4
221. Palazzo Antonio Doria Invrea
222. Palazzo Vico del Campo civico n. 2
223. Palazzo Bartolomeo Invrea (poi Palazzo Cardinale Cybo)
224. Palazzo Cesare Durazzo
225. Palazzo Lomellini - Serra
226. Palazzo Bartolomeo Rebuffo - Serra
227. Palazzo Gio Francesco De Ferrari (Palazzo Belimbau)
228. Palazzo Nicolò Lomellini (Palazzo Lauro)
229. Palazzo Cristoforo Spinola (Piazza della Nunziata. 6)
230. Palazzo Gio. Agostino Balbi
231. Palazzo Gio. Francesco Balbi
232. Palazzo Giacomo e Pantaleo Balbi
233. Palazzo Francesco Maria Balbi Piovera (poi Palazzo Raggio)
234. Palazzo Balbi (Palazzo dell'Ateneo, ex Collegio dei Gesuiti)
235. Palazzo Stefano Balbi (Palazzo Reale)
115. Palazzo in Vico Superiore del Ferro n. 1
Sito in Vico Superiore del Ferro al civico 3, questo palazzo conserva un bel portale in pietra nera di Promontorio decorato con medaglioni imperiali e un fregio con putti. Superato un piccolo atrio voltato, ridotto per ricavare un negozio lato strada, si giunge al bello scalone in ardesia con balaustre e colonne in marmo. Da segnalare in particolare una colonna a metà scala: simile per dimensioni e forma a poche altre nei palazzi dei vicoli (altri esempi sono a Palazzo Gio. Battista Lercari in Via Orefici 7 o in Vico dei Parmigiani 1) da sola vale la visita di questo palazzo.
Sito in Via Luccoli al civico 30 e recentemente restaurato, questo edificio conserva un bel portale in marmo su Via Luccoli che introduce in un atrio retto da colonne doriche con un ninfeo del XVII secolo con un mascherone dalla cui bocca sgorga acqua.
Al piano nobile sono presenti ambienti affrescati.
118. Palazzo in Via Luccoli n. 21
Sito in Via Luccoli al civico 21, questo edificio conserva un atrio a colonnato e uno scalone in marmo voltato.
Nel cortile interno vi è una vasca con un bel mascherone.
119. Palazzo Tomaso Franzone
Sito in Via Luccoli al civico 22, oggi accorpato al 24, e costruito nel XVI secolo su preesistenti edifici medievali, questo palazzo conserva la bella facciata cinquecentesca e lo scalone marmoreo che sale fino al secondo piano.
Sul retro, su Vico Usodimare, sono presenti un bel portale e tracce di affreschi.
120. Palazzo Nicolò Spinola di Luccoli (Palazzo Franzone Spinola)
Sito
in Via Luccoli al civico 23, questo edificio, acquistato da Eliano
Spinola dagli eredi di Angelo De Mari, fu totalmente riscostruito
intorno alla metà del XVI secolo da Nicolò Spinola.
Nonostante la suddivisione in appartamenti, questo palazzo conserva ancora aspetti monumentali come l'atrio loggiato, lo scalone marmoreo che conduce fino al terzo piano e la loggia al primo piano che affaccia sul cortile interno.
Degni di nota gli splendidi affreschi opera di Domenico Parodi al secondo piano nobile raffiguranti "L'allegoria della poesia Petrarchesca" e "Apollo e le Muse", realizzati intorno al 1710. Nulla rimane invece della famosa quadreria e delle sculture dell'Algardi citate dall'Anonimo del 1818.
Lungo lo scalone sono conservati in due cornici alcuni laggioni.
In alcuni ambienti si possono ammirare stucchi rorocò dai vivaci colori.
121. Palazzo Ansaldo De Mari e fratelli
Sito al civico 2 di Piazza Luccoli (l'antica Piazza De Mari che prendeva il nome dalla famiglia che qui possedeva le sue case), questo edificio, nonostante i successivi accorpamenti e aggiunte, conserva ancora un bello scalone cinquecentesco.
Il
doppio ingresso, in Piazza Luccoli e in Via Luccoli al civico 28, è
dovuto alla doppia identità dell'edificio che copre una superficie che
si estende tra Via Luccoli e i Macelli di Soziglia.
Una
curiosa storia è legata alla lapide marmorea in facciata (Vi rimando al
paragrafo 13 "La pietra del marchese e del falegname" alla pagina de le PIETRE parlanti per approfondire).
122. Palazzo Giovanni Garibaldi
Costruito
tra il 1651 ed il 1654, esso ha il suo ingresso originario su Piazza
dei Garibaldi: varcato lo stesso, ci si ritrova in un piccolo cortile
sul quale affaccia un bello scalone marmoreo. A seguito di un
accorpamento con un altro edificio in Vico Carmagnola, il palazzo
acquisisce un nuovo ingresso che lo proietta verso la nuova arteria
ottocentesca di Via Carlo Felice (l'attuale Via XXV Aprile), ingresso
che oggi è divenuto il principale.
Di
splendida fattura il portale in pietra nera di promontorio su Vico
Carmagnola e all'interno, oltre al monumentale scalone, da notare un bel
bassorilievo con l'Adorazione dei Magi (a questo proposito, vi rimando alla pagina de le PIETRE parlanti dove troverete questo e gli altri bassorilievi con la "Adorazione dei Magi" ancora presenti nei vicoli).
123. Palazzo Stefano Doria (Palazzo Doria Serra)
Sito in Via David Chiossone al civico 14, questo edificio venne edificato nel XVI secolo su preesistenti case medievali.
Di proprietà Doria, compare nei rolli nel 1599 a nome di Stefano Doria.
Passa
in proprietà a Francesco Torriglia che nel 1645 lo ricostruisce
spostando l'accesso su Vico della Rovere, e ai Serra nel XIX Secolo.
Conserva
il portale marmoreo originario su Vico della Rovere, resti del portico
medievale e tracce di affreschi in facciata sia su Vico della Rovere che
su Via Chiossone, e un bel portale marmoreo sormontato da un ovale con
Madonna e Bambino in Via Chiossone.
124. Palazzo in Via Chiossone n. 7
125. Palazzo Doria Carcassi (Fondazione Carige)
126. Palazzo Doria Marana
Sito in Via Chiossone al civico 6, le prime notizie di questo palazzo risalgono al XIII Secolo.
Abitato fino al XIV Secolo dai Doria, dopo alcuni passaggi di proprietà passa infine ai Marana nel XVII Secolo.
A
questo periodo risalgono le decorazioni del piano nobile: di Jacopo
Antonio Boni è l'affresco nella volta del salole raffigurante "Il Ratto
d'Europa" (un altro affresco, sulla volta dell'ingresso, è andato
perduto a seguito del bombardamenti inglesi del 1942), di Lorenzo e
Gregorio De Ferrari gli stucchi dorati in tutte le sale e l'affresco
nell'alcova.
E'
poi presente nell'ingresso una cappella gentilizia e un piccolo ninfeo
sul terrazzo, il tutto recentemente restaurato e tornato all'antico
splendore.
In una sala del piano nobile sono conservati antichi libri e strumenti di medicina.
127. Palazzo Antonio Grimaldi Cebà
Sito al civico 4 di Via David Chiossone, il palazzo, edificato nel XVI
Secolo, nasce dall'accorpamento di più edifici medievali.
Da evidenziare il bel portale in marmo con l'iscrizione "DEO
AUSPICE" e lo splendido scalone a rampe e ballatoi che si affaccinao
sull'atrio.
Il palazzo è presente nei Rolli nel 1576; nel 1588 è presente
nell'elenco a nome di Antonio Grimaldi Cebà, Doge della Repubblica nel
1593-1595.
128. Palazzo Gio Batta e Gio Stefano Doria
Sito tra Piazza San Matteo e Vico Falamonica, con ingresso su Vico Doria, questo edificio è da ritenersi il più antico tra i palazzi Doria prospicenti la piazza.
Di origine medioevale, viene ampliato nel XV secolo unendo più unità abitative. A questo intervento risale il tamponamento del portico romanico con pilatri ottagonali e archi a doppia ghiera che affaccia su Piazza San Matteo (elementi rimessi in luce dopo i restauri del secondo dopo gueerra), e l'aperttua dell'ingrsso su Vico Doria. Al tardo quattrocento risale invece il cortile interno con lo scalone che da questo diparte. Particolarmente bella l'altissima colonna anellata che favorisce, grazie alla sua altezza, l'armonioso raccordo tra porticato e scalone stesso.
Al Museo di Sant'Agostino sono conservati gli affreschi strappati della cappella di questo palazzo, opera di Valerio Castello e databili intorno al 1650.
Tra
i suoi proprietari ricordiamo Branca Doria, già protagonista
dell'Inferno di Dante, di cui trovate la storia nella pagina de i FANTASMI di GENOVA, e Gio. Batta e Gio. Stefano Doria, a nome dei quali il palazzo compare nei rolli nel 1599. La proprietà passa poi ai Centurione ed infine alla Curia Acivescovile Genovese.
129. Palazzo Domenico Doria
130. Palazzo Giorgio Doria (Palazzo Doria Quartara)
Sito
in Piazza San Matteo al civico 14, questo palazzo venne edificato per
volere di Giorgio Doria accorpando alcuni edifici medievali tra i quali
il palazzo appartenente a Oberto Doria.
La
facciata conserva su Vico San Matteo tracce di decorazione a quadrature
e su Vico dell'Umiltà il portico tamponato medievale e parte della
muratura della stessa epoca.
Splendido
il portale, opera del 1457 di Giovanni Gagini, sormontato da un
sovrapporta con San Giorgio e il Drago (Vi rimando alla pagina de lePIETREparlanti al paragrafo de "Le pietre di San Giorgio" per approfondire il tutto).
Particolare
la suddivisione degli spazi interni con lo scalone marmoreo che corre
dall'atrio al secondo piano con un'unica rampa interrotta da un vano
caposcala intermedio.
131. Palazzo Lamba Doria
Edificato
nella seconda metà del XIII Secolo, questo palazzo viene donato dalla
Repubblica a Lamba Doria quale ricompensa per la vittoria sui Veneziani a
Curzola nel 1298 (una piccola epigrafe posta in facciata tra gli
archetti e il marcapiano del primo piano ricorda questa battaglia e
Lamba Doria quale "capitanum ed armatum").
Il
palazzo viene rimaneggiato nei secoli successivi: le quadrifore in
facciata "perdono" le colonnine e la parte alta delle quadrifore stesse
viene riempita con mascheroni di stucco, mentre la loggia a pian terreno
viene chiusa e occupata da botteghe (come potete notare nell'immagine
qui di seguito).
I
bombardamenti del 1942 e il violento incendio che ne seguì lasciarono
in piedi quasi solamente la facciata del palazzo: l'accurato restauro
liberò la loggia al piano terreno riportandola all'antico splendore
mentre si decise di non intervenire sul resto della facciata (per
riportarla alle forme medievali) come invece successe al Palazzo di San
Giorgio con gli invasivi interventi di inizio Novecento sotto la guida
del D'Andrade.
Una
curiosità: se guardate attentamente da vicino le strisce bianche e nere
della facciata di questo palazzo, noterete che l'altezza di quelle nere
è, seppur di poco, più grande rispetto a quelle bianche. Questo perchè,
se fossero tutte della stessa misura, per un effetto ottico, le nere
sembrerebbero più piccole e dunque si perderebbe visivamente
l'omogeneità che si ha in facciata con l'alternanza dei due colori.
Questa antica tecnica è utilizzata in molte facciate bicrome dei palazzi
genovesi.
132. Palazzo Lazzaro Doria (poi di Andrea Doria)
133. Palazzo Doria Danovaro
Sito in Salita San Matteo al civico 19, questo palazzo fu edificato nel XVI secolo su preesistenze medievali ancora vedibili nella parte di facciata che guarda Palazzo Lamba Doria.
L'atrio, lo scalone marmoreo e la suddivisone dei piani risalgono all'originario impianto cinquecentesco. Sono invece ottocenteschi la suddisione in appartamenti e la facciata. Sempre al XIX secolo risale l'apertura di una nuovo ingresso su Salita del Fondaco fatto per adibire questa parte di palazzo a scuola. In questo periodo ebbe qui sede anche la biblioteca dei Padri Missionari Urbani di San Carlo.
Lo splendido portale marmoreo sormontato da un bassorilievo con San Giorgio e il drago è una copia dell'orginale trafugato agli inzi del Noecento. A questo proposito, solo i capitani di galee che si erano distinti in battaglia per i loro coraggio, portando alto l'onore di Genova, potevano ornare il portale del proprio palazzo con l'effigie del Santo. Dobbiamo quindi immaginare che qui abitò un genovese che si distinse per i propri meriti (vi rimando alla pagina de "le PIETRE parlanti" ed al paragrafo dedicato a "le pietre di San Giorgio" per approfondire il tutto e conoscere le varie "pietre" di San Giorgio disseminate sui portali dei palazzi dei vicoli).
134. Palazzo Giulio Pallavicini
Sito in Piazza De Ferrari al civico 2, esso venne edificato nel 1586
per volere di Giulio Pallavicini su un lotto di terreno di proprietà Usodimare
sul quale insisteva un edificio distrutto per costruire una strada (l'attuale
salita San Matteo) di collegamento tra le piazze di san Matteo e San Domenico.
Unito nell'Ottocento all'attiguo Palazzo già Carrega, conserva sul
lato verso San Matteo un portico medievale a tre fornici con colonne in marmo e
capitelli nei quali sono raffigurati l'arme dei Doria con l'aquila imperiale.
135. Palazzo Doria De Ferrari Galliera
Il
primo nucleo di questo palazzo insisteva su Salita San Matteo e fu
edificato per volere di Gabriele Doria a ridosso dell'abside e del
chiostro della Chiesa di San Matteo.
Nel
1617 la dimora viene acquistata da Ambrogio Doria, discendente di quel
Lamba Doria che nel 1306 aveva sconfitto i veneziani a Curzola. Fu lui a
chiamare Lazzaro Tavarone a decorare la sua dimora con scene di storia
romana.
Il
figlio di Ambrogio, Paolo, dopo la prematura morte del padre, chiama
Giovanni Battista Carlone a decorare le sale del piano soprastante e
ancora oggi possiamo ammirare due delle tre sale da lui affrescate:
quella con "Il ritrovamento di Mosè" e quella con al centro "Il
trasporto della Madonna Hodigitria" e quattro medaglie minori con "Storie dell'imperatore Costantino"; è purtroppo andata perduta la sala del "Giudizio di Salomone".
Il palazzo cade in
eredità a Carlo Doria il quale, in occasione delle nozze del figlio
Ambrogio con Veronica Doria, nella seconda metà del Settecento, affida
il rinnovamento del piano nobile a Lorenzo de Ferrari.
A
lui si devono le quadrature delle volte affrescate dal Carlone e la
decorazione di tre stanze che all'epoca non erano ancora
affrescate: nella prima la volta è decorata con il Carro del Sole, nella
seconda, adibita a stanza da letto, il De Ferrari dipinse la Notte con
in braccio due bimbi addormentati, personificazioni del sonno e della
morte. Merita una menzione particolare la terza stanza, uno splendido
"boudoir" decorato con pannelli a stucco e specchi arricchiti da intagli
linei dorati, che da solo vale la visita al palazzo.
Antonio
Giolfi, discepoli di Lorenzo De Ferrari, affresca un altro salone con
scene dedicate alle imprese dei Doria mentre alle pareti vi sono tele di
Gerolamo Brusco su analogo argomento.
La proprietà passa nel XIX Secolo al marchese Andrea De Ferrari, figlio di Raffaele, doge della Repubblica dal 1787 al 1789.
A
questo periodo risale la nuova facciata, quella che oggi è la
principale, progettata da Carlo Barabino, che oggi prospetta su Piazza
De Ferrari, e le nuove sale decorate da Michele Canzio.
Spendido
il gruppo scultoreo del Nettuno inserito in una nicchia su un piccolo
terrazzino che affaccia sul chiostro di San Matteo.
136. Palazzo Doria De Fornari
Questo
palazzo fu edificato nel Medioevo con ingresso verso l'area curiale dei
Doria di Piazza San Matteo: di questa epoca sono ancora presenti arcate
su pilastri bicromi bianco e neri e alcuni capitelli gotici nel piano
sottostante l'ingresso principale su Piazza De Ferrari.
L'edificio attuale è frutto delle trasformazioni avvenute tra le fine del XVI e gli inizi del XVII secolo, contestualmente alla nascita di Piazza nuova (l'attuale Piazza Matteotti) e la risistemazione di Piazza San Domenico (oggi Piazza De Ferrari).
Il
piano nobile conserva un salotto con splendidi affreschi settecenteschi opera di
Lorenzo De Ferrari raffiguranti "Apollo e le arti", un salotto con "Storie
di Enea" e una piccola galleria con stucchi eseguiti dal bolognese Angelo Piò su disegni del De
Ferrari, un salotto, con affreschi tra partiture in stucco di Francesco
Canfora con il "Mito di Prometeo" e altri miti classici, con nella parte terminale l'alcova, sempre opera del Canfora,
con la "Nascita di Amore", e un salotto dipinto da Sigismondo Betti con
raffigurazioni allegoriche legate al passaggio del tempo dal titolo "Il tempo che mostra la caducità dei piaceri"o "L'allegoria del Tempo, della Musica e del Vino".
138. Palazzo Gerolamo Pallavicini
Sito in Via XXV Aprile al civico 12, questo palazzo ha la
particolarità di non avere l'affaccio su questa strada: ciò è dovuto al fatto
che, con il taglio di Via Carlo Felice (l'attuale Via XXV Aprile), questo
palazzo, che anticamente affacciava su Vico Carmagnola, si trova isolato
rispetto al nuovo assetto viario. Venne così deciso di costruire lungo la nuova
strada un monumentale portale così da collegare l'edificio a Via Carlo Felice
dandogli un nuovo ingresso e un cortile interno.
L'edificio che vediamo oggi è frutto di una ristrutturazione avvenuta
nel 1619 ad opera dell'architetto Bartolomeo Bianco che tanto lavorò a Genova
nel XVII Secolo.
Entrando colpisce la vastità dell'atrio, con bei portali sormontati da
busti, che conduce alla scalone marmoreo che si sdoppia in due rampe.
Famosa era la splendida quadreria di cui parla l'Anonimo del 1818 nel
suo libro.
Oggi il palazzo è di proprietà Cattaneo Adorno.
139. Palazzo in Vico dei Parmigiani n. 1
Situato nella zona tra Via Roma e Via XXV aprile, parte dell'antico
centro storico sopravvissuto agli sconvolgimenti urbanistici ottocenteschi,
questo palazzo, sebbene molto rimaneggiato nei secoli, conserva ancora tracce
che denotano la sua nobile origine: costruito in età medievale, ha subito il
primo intervento radicale nel XVI secolo e poi nell'Ottocento quando è stato
diviso in appartamenti.
Superato il bel portale marmoreo con colonne ioniche scanalate
sormontate da un fregio con putti e fiorami, si entra in un piccolo ingresso
che conserva ancora le volte a vela che proseguono lungo la cinquecentesca
scala di ardesia con le balaustre e le colonne di marmo. Meravigliosa è la
colonna caposcala: simile per forma e dimensione a poche altre presenti nei palazzi genovesi, essa è una delle più
belle che ho incontrato nei vicoli, paragonabile forse solo a quella di Palazzo
Gio. Batta Lercari in Via Orefici al civico 7 o a quella in Palazzo in vico Superiore del Ferro al civico 1, e da sola vale la visita di questo palazzo.
Il piano nobile ha subito interventi radicali nel XIX secolo e
conserva affreschi di modesta fattura risalenti a quest'epoca.
140. Palazzo Giacomo Spinola
Palazzo Spinola, in Piazza Fontane Marose, detto "dei marmi"
per la sua facciata bicroma bianco e nera, viene edificato tra il 1445 e il
1459 là dove sorgeva un'antica torre della stessa famiglia. Il quartiere era
molto diverso da come lo vediamo oggi. Il Palazzo sorgeva infatti lungo Via
Luccoli (oggi tagliata da Via XXV aprile) e poco distante da Porta Santa
Caterina (che sorgeva poco distante lungo l'omonima via e vicino a monastero
che dava a questa il nome (e che tuttora dà il nome alla salita), una posizione
insomma molto strategica.
In facciata quadrifore e statue si alternano: queste ultime
rappresentano personaggi illustri della nobile famiglia degli Spinola.
La rivoluzione urbanistica ottocentesca, che portò all'apertura di Via XXV aprile, provocò l'abbassamento del piano stradale: risale a questa epoca e l'inserimento in facciata di trofei che
ancora oggi sovrastano il piano terreno del palazzo.
Gli interni conservano al primo piano una sala con affreschi sulla volta, presumibilmente risalenti al XVII secolo, raffiguranti "Pegaso con Apollo e le Muse". Al secondo piano vi è un'altra sala affrescata posizionata sopra la precedente e anch'essa con pitture del XVII secolo ("Apollo sul carro del sole"). Mentre quest'ultima occupa lo spazio della prima quadrifora nel piano nobile lato Via XXV Aprile, nello spazio esternamente occupati dalle altre tre, intervallato dalle statue marmoree, trova spazio il grande salone con soffitto ligneo e peducci in pietra nera con scolpito lo stemma Spinola.
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La facciata di Palazzo Giacomo Spinola (foto di Antonio Figari) |
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Particolare della facciata di Palazzo Giacomo Spinola (foto di Antonio Figari) |
141. Palazzo Agostino Spinola (Palazzo Spinola di Luccoli - Cervetto)
Situato in Salita Santa Caterina al civico 1 e con il prospetto principale su Piazza Fontane Marose, questo edificio compare nei Rolli nel 1576 a nome di Agostino Spinola. Il palazzo era adiacente alla loggia degli Spinola, trasformata in abitazione nel XVIII Secolo e demolita nel XX Secolo con la sistemazione di Piazza Fontane Marose. Di essa rimane il ricordo nel nome del vicolo che corre lungo il palazzo e conduce in Via San Sebastiano: Vico della Loggia degli Spinola.
Il palazzo viene profondamente ristrutturato nel XIX secolo quando la facciata assume l'aspetto attuale con il basamento ad intonaco bugnato e gli interni vengono suddivisi in appartamenti.
142. Palazzo Luciano Spinola di Luccoli
Edificato intorno al 1450 per volere di Luciano Spinola sull'antica
Piazza degli Spinola di Luccoli (oggi l'edificio è al civico 2 di Salita Santa
Caterina), esso venne ricostruito nel XVI secolo da Gerolamo Spinola.
Il piano terreno viene rifatto nell'Ottocento quando muta l'altezza
del piano stradale.
All'intervento ottocentesco dell'architetto Nicolò Barabino si deve la
decorazione del salone.
Dopo i recenti restauri son tornati visibili in facciata alcuni
elementi cinquecenteschi che ci fanno capire lo sfasamento dei piani dovuti
agli interventi ottocenteschi.
143. Palazzo Tomaso Spinola (Palazzo Spinola Pessagno)
Costruito per volere di Tomaso Spinola, su progetto di Bernardo
Castello, tra il 1558 e il 1561,
tra Piazza degli Spinola di
Luccoli e Piazza della Rovere (oggi l'edificio è al civico 3 di Salita Santa
Caterina), questo palazzo conserva uno splendido portale di Giacomo Ponzello e
Pompeo Bianco e la facciata riccamente decorata ad affreschi e stucchi, analoga
a quella di Palazzo Gio Vincenzo Imperiale in Campetto, purtroppo poco visibile
se non dal palazzo di fronte (Palazzo Giorgio Spinola).
L'atrio del palazzo è affrescato dal Semino con "Andromeda ignuda
esposta al Mostro", mentre ai piani nobili, tra i tanti splendidi
affreschi, spicca quello dello "Eroe di fronte ad Apollo in Parnaso" di Luca Cambiaso.
144. Palazzo Giorgio Spinola
Edificato nel XVI secolo, compare nei rolli nel 1588.
Costruito sulla collina che porta a Villetta di Negro, a fianco di
quello che fu il Convento di Santa Caterina, questo palazzo conserva ancora il
monumentale scalone, oggi chiuso alla sommità da una lastra di vetrocemento, e, nell'atrio, un piccolo ninfeo con un fauno.
A fine Settecento, per volere degli Ayrolo che nel frattempo erano
subentrati nella proprietà, viene sostituito il portale, aggiunte alle finestre
le ringhiere e decorati i salotti nel gusto dell'epoca.
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La facciata di Palazzo Giorgio Spinola (foto di Antonio Figari) |
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Scalone di Palazzo Giorgio Spinola (foto di Antonio Figari) |
145. Palazzo Oberto Spinola (Palazzo Spinola Celesia)
Sito in Salita Santa Caterina al civico 5 e con un prospetto su Piazza della Rovere, questo edificio fatto costruire da Luciano Spinola nel XV secolo su un preesistente palazzo.
Annoverato tra i Rolli a nome di Oberto Spinola, è ricordato dall'Anonimo viaggiatore nella sua "Descrizione della città di Genova" del 1818 per la "bella facciata" che ancora oggi insiste su Piazza della Rovere.
La suddivisione interna ad appartamenti è frutto dei restauri compiuti nel XIX secolo.
146. Palazzo Clemente della Rovere
Costruito per volere di Clemente della Rovere nel 1580 in una zona al
limite dell'abitato urbano e sede di numerosi insediamenti religiosi, Convento
di Santa Caterina da una parte e Chiesa di San Sebastiano dall'altro, esso è
composto da due distinte unità edilizie.
Al limitare del palazzo, lato Salita Santa Caterina andando verso Via
Roma, quello che oggi è l'ingresso di un negozio, anticamente era il portale di
ingresso dell'Oratorio di San Giacomo delle Fucine (la cui storia trovate in
questo sito nella pagina de gli ORATORI e le CASACCE).
147. Palazzo Antonio Doria (Palazzo Doria Spinola)
Questo edificio fu costruito presso la Porta dell'Acquasola (tra le
attuali Largo Eros Lanfranco e Piazza Corvetto) nel 1541 per il capitano
Antonio Doria, nipote di Andrea, dopo che il suo palazzo, che sorgeva tra la
Commenda di Prè e Villa del Principe, dovette essere demolito per far posto
alla nuova cinta muraria presso la Porta di San Tommaso.
La facciata è decorata da Lazzaro e Pantaleoni Calvi.
L'affresco dell'atrio, che rappresenta Antonio Doria in assetto di
guerra, è opera di Marcantonio Calvi.
Superato lo scalone si giunge nel bellissimo cortile loggiato che
conserva, al primo piano, affreschi con vedute di città, opera di Aurelio e
Felice Calvi.
Tra le sale interne, sono da segnalare le due affrescate dalla bottega
di Domenico Cambiaso con "Apollo che saetta i Greci alle porte di
Troia" ed "Ercole in lotta con le Amazzoni", dove collaborò
anche il giovane figlio Luca Cambiaso, diciassettenne, forse il suo primo vero
lavoro da "adulto".
148. Palazzo Spinola di Luccoli - Balestrino
Il palazzo, che oggi si presenta nelle forme neoclassiche ottocentesche progettate da Nicolò Laverneda (architetto coinvolto anche nei restauri ottocenteschi di Palazzo Francesco Maria Balbi Piovera nell'omonima via al civico 6) e Angelo Cavanna, viene edificato su un'area dove insistevano due edifici: il primo, risalente al 1549, edificato per volere di Gio. Giacomo Spinola, che insisteva su Vico Stella, ed il secondo, costruito per volere di Benedetto Spinola, con la facciata su Via Luccoli ed affrescato da Luca Cambiaso.
Gli affreschi ottocenteschi all'interno sono opera di Francesco Gandolfi e di Tammar Luxoro. A quest'ultimo si devono i paesaggi che raffigurano la Val Polcevera dove il Doge Giovanni Battista Cambiaso aveva i suoi possedimenti e la sua Villa sulla collina di Cremeno e dove lo stesso aveva fatto edificare la strada che dal mare portava alla sua dimora (l'attuale Via Fillak).
Il Palazzo fu sede delle Regie Poste nel XIX Secolo (al paragrafo 56 della pagina de lePIETREparlanti troverete un aneddoto sui "faeri da posta") e oggi è occupato da una filiale di una banca.
L'ala del palazzo che insiste su Vico Stella risale agli inizi del XX Secolo.
Una curiosità: l'incendio che scoppiò nei locali al piano terra del palazzo nel 1994 fece tornare alla luce l'antica volta sulle colonne cinquecentesche, oggi visibile entrando in banca.
149. Palazzo Ayrolo Negrone
Sito in Piazza Fontane Marose ai civici 3 e 4, in origine il palazzo è suddiviso in due lotti separati entrambi acquistati da Francesco De Ugarte, ambasciatore della corona spagnola presso la Repubblica di Genova.
Già nel 1588 però, le due parti del palazzo risultano di proprietà di Luca de Negrone, l'una, e di Gio Batta Spinola di Luccoli, l'altra.
Sarà Gio Tommaso Ayrolo, nella prima metà del XVII secolo a riunificare i due lotti ed il di lui figlio, Agostino, a dare al palazzo la decorazione più importante.
Sarà infatti in occasione delle nozze di quest'ultimo che sarà affidata a Giovanni Battista Carlone la realizzazione degli affreschi della volta della galleria, spazio di congiunzione tra i due lotti del palazzo, realizzato tra il 1646 ed il 1650. Protagonista di questo spazio è Enea e le vicende narrate nell'Eneide di Virgilio: nel primo riquadro troviamo "Giunone scatena Marte e le Furie contro Enea con una fiaccola incendiata", dall'altra parte "Giunone comanda ad Eolo di impedire il viaggio di Enea; nel riquadro centrale invece la scena rappresenta "Venere intercede presso Giove presentando il figlio Enea e Ascanio". Ai lati di questi tre riquadri il Carlone dipinge virtù e allegorie, simboleggianti i sentimenti contrapposti di Giunone ed Enea, tra le quali l'Ira rappresentata coma una donna dalle cui vesti scaturiscono fiamme.
Agostino Ayrolo, fortemente indebitato, morirà di peste nel 1657 e pochi anni dopo, nel 1664, il palazzo tornerà in proprietà ai Negrone. Saranno loro a far completare la decorazione della galleria dal fiammingo Cornelis de Wael che rappresenta in quattro riquadri "La battaglia di Lepanto" (battaglia nella quale parteciparono i Negrone con quattro galee e milleduecento uomini), un "Cantiere Navale", un "Paesaggio rupestre" e un "Giardino in villa". Interventi settecenteschi del savonese Bartolomeo Guidobono completano la decorazione degli spazi intorno e sovrastanti gli affreschi di De Wael incorniciandoli dome fossero dipinti.
Accanto alla galleria vi è un piccolo salottino decorato da Giovanni Matia Bottalla e terminato, dopo la morte di quest'ultimo, da Gioacchino Assereto: al centro della volta "Marsia scorticato da Apollo", soggetto che ritroviamo in un altro salotto in una grande tela opera anch'essa di Assereto. In quest'ultimo salotto sulla volta è raffigurata la "Gloria della famiglia Negrone", opera di Domenico Parodi coadiuvato dal quadraturista Francesco Costa.
Accanto ad uno dei salotti del piano nobile vi è una piccola cappella, voluta dalla vedova di Gio Tommaso Ayrolo, con la cupola affrescata da Giovanni Andrea Ansaldo che riprende in piccolo lo stesso soggetto da lui già dipinto per la cupola della Basilica della Santissima Annunziata del Vastato.
L'omogeneità della facciata che unisce le due ali palazzi è frutto
dell'intervento settecentesco di Antonio Barabino, padre del più famoso Carlo.
150. Palazzo Paolo Battista e Niccolò Interiano (Palazzo Interiano Pallavicini)
Costruito su progetto di Francesco Casella per volere di Paolo e Nicolò Interiano tra il 1565 ed il
1567 sui resti di un precedente edificio, questo palazzo conserva ancora splendidi
affreschi in facciata opera di Lazzaro e Benedetto Calvi in cui risaltano le grandi figure allegoriche raffiguranti le quattro virtù cardinali: Prudenza, Temperanza, Giustizia e Fortezza.
Sul lato della facciata che insiste su Via Interiano tre lapide ricordano l'antica fontana che dà il nome alla piazza appunto "delle fontane marose" e il pozzo qui presenti (Vi rimando alla pagina de l'ACQUA pubblica per approfondire il tutto). Questo è uno dei pochi palazzi del centro storico di Genova con uno
splendido giardino che si trova nel retro del palazzo e sale fino a Villetta di
Negro, dalla quale è parzialmente visibile.
L'atrio, con affreschi di Giovanni Battista Carlone, ospita la statua di Antinoo, opera di Nicolò Traverso, in una nicchia all'inizio dello scalone, e le due statue di Paride ed Elena, opera di Salvatore Revelli, collocate agli angoli della sala.
Gli affreschi degli interni sono opera dei fratelli Calvi, già artefici della decorazione della facciata, a cui si aggiunge l'intervento ottocentesco di Michele Canzio che decora un salone con scene dell'Antico Testamento.
Sul balcone del secondo piano nobile che affiacccia su Piazza Fontane Marose è incasa sul marmo una frase che recita "da questo verone il 13 settembre 1892 Umberto e Margherita di Savoia sovrani d'Italia salutavano il popolo plaudente".
151. Palazzo Nicolò Grillo Cattaneo
Sito in Via del Portello, la stretta strada che corre tra Palazzo Agostino Pallavicino e Palazzo Franco Lercari, questo palazzo fu edificato nella seconda metà del XVII secolo probabilmente per volere di Antonio Grimaldi nella zona "intra moenia" immediatamente a levante del Portello.
Il palazzo passò poi in proprietà ai Cattaneo e a metà ottocento ai Gavotti.
L'anonimo del 1818, riprendendo quanto già scritto da Carlo Giuseppe Ratti nel '700 nella sua "Descrizione", elenca tutti i dipinti conservati nel palazzo tra cui, per farvi solo pochi esempi, alcuni ritratti a mezza figura di dame e un "Cristo risorto che appare alla Maddalena" di Pieter Paul Rubens, un "San Lorenzo sulla grata" di Pietro da Cortona, un "Suonator di Flauto" di Caravaggio, una "Adorazione dei pastori al presepio" di Domenico Piola, ed una "Beata Vergine col Bambino Gesù" di Sofonisba Anguissola.
Il palazzo sarà raso al suolo con la sistemazione di Piazza Portello negli anni '30 del novecento ed oggi di esso non rimane traccia.
152. Palazzo Agostino Pallavicino
Edificato per volere di Agostino Pallavicino a partire dal 1558, il palazzo è opera di Bernardino Cantone nonostante per molti anni dalla critica attribuito al perugino Galeazzo Alessi.
Superato il bel portale in marmo bianco, il palazzo si sviluppa con il consueto schema del piano terreno con la sequenza atrio, cortile e giardino (quest'ultimo scomparso a seguito dell'apertura di Piazza Portello).
La decorazione degli ambienti interni è affidata dai Pallavicino ad Andrea e Ottavio Semino che nelle volte raffigurano episodi di storia antica come le Storie di Alessandro e le Storie di Scipione nei salotti del piano terra, il Ratto delle Sabine in un salotto del piano nobile e le Storia di Psiche e del grande Convito per le nozze di Amore e Psiche nel grande salone centrale. Sulle pareti di quest'ultimo sono raffigurate scene di paesaggio con i piaceri della vita in villa.
Con l'apertura di Via Interiano, tracciata nel 1854 dall'architetto Ignazio Gardella senior, il palazzo viene tagliato su un fianco e rivestito da un paramento in pietra e marmo a modello del preesistente prospetto sacrificato.
153. Palazzo Pantaleo Spinola
Sito
in Via Garibaldi al civico 2, questo palazzo fu edificato per volere di
Pantaleo Spinola su progetto dell'architetto Bernardo Spazio.
Il piano terreno conserva affreschi con episodi biblici affrescati da Giovanni Battista Carlone.
Splendido
l'affresco del salone del piano nobile, opera di Domenico Piola, con la
collaborazione del quadraturista emiliano Paolo Brozzi, raffigurante
"L'offerta a Giove delle chiavi del Tempio di Giano".
Dal
salone si accede ad una terrazza che conserva un piccolo ninfeo in
pietre e maioliche, oggi vuoto, dove un tempo era conservato lo
splendido gruppo marmoreo raffigurante "Il ratto di Elena", opera di
Pierre Puget, oggi conservato nel Museo di Sant'Agostino.
154. Palazzo Franco Lercari
Edificato per volere di Franco Lercari tra il 1571 e il 1578, e
passato nel 1845 alla famiglia Parodi, che ancora oggi ne è proprietaria, esso
si trova in Via Garibaldi al civico 3.
Ignoto ne è il progettista: la tradizione vuole sia stato Galeazzo
Alessi ma la particolarità delle forme architettoniche lo allontanano
dall'architetto romano e avvicinano piuttosto il complesso alla tradizione
lombarda.
Il palazzo in effetti ha una forma singolare che si discosta dagli
altri splendidi palazzi della Via Aurea: la facciata su Via Garibaldi al piano
terreno è decorata a bugnato a punta di diamante, mentre i piani superiori sono
formati da logge aperte, purtroppo chiuse nel diciannovesimo secolo da vetrate
e muri.
Varcato il portone e superato
il cortile con colonne di marmo e
capitelli dorici, si giunge allo scalone che conduce ai piani nobili dove han lavorato i
migliori artisti dell'epoca: i fratelli Calvi (loro gli affreschi nell'antisala del primo piano con storie romane e due salotti nell'ala di ponente del secondo piano con storie di Giuseppe e Abramo), Ottavio Semino (sua la Gigantomachia nell'antisala del secondo piano nobile,
ancora presente, e altri affreschi al primo piano che purtroppo non
sono giunti a noi), Andrea Semino (suoi gli affreschi in un salotto del
secondo piano raffiguranti storie di Davide), e Luca Cambiaso. Di
quest'ultimo sono tuttora visibili cinque episodi delle storie di Niobe,
al primo piano nobile, e la decorazione del soffitto del salone del
secondo piano nobile raffigurante "La costruzione del Fondaco di
Trebisonda", opera che ricorda l'impresa compiuta da Megollo Lercari,
antenato del Lercari che fece erigere questo palazzo, contornata da
dodici ritratti di personaggi di famiglia. E' forse questa la perla del
palazzo, una di quelle cose che da sole varrebbe la visita a Genova.
La
volta del salone principale del primo piano nobile, raffigurante
l'Allegoria del Commercio, è opera ottocentesca di Giovanni Quinzio.
Degni
di menzione, al primo piano nobile, due busti, opera di Taddeo Carlone,
raffiguranti Franco Lercari e la moglie Antonia De Marini.
All'altezza
del primo piano, sul retro del palazzo, una loggia conduceva al
giardino sospeso: oggi nulla rimane dopo l'apertura di Piazza Portello.
Quello che pochi sanno di questo palazzo riguarda le due figure ai lati del portone, di cui avete qui sotto due foto.
Se li osservate attentamente, noterete che entrambi i telamoni sono senza naso. Pazientate ancora qualche riga e saprete il perchè.
Megollo Lercari, antenato di colui che fece erigere questo palazzo, era un abile mercante che riuscì a guadagnarsi la fiducia dell'imperatore bizantino Alessio II, che risiedeva a Trebisonda. In uno dei suoi soggiorni a corte, durante e dopo una partita a scacchi, Megollo venne pesantemente insultato da un tale Andronico. Egli volle subito sfidarlo a duello ma l'imperatore, di cui Andronico era il favorito, impedì la cosa.
Megollo, non certo soddisfatto del comportamento tenuto dal sovrano, tornò a Genova e, dopo aver meditato sul da farsi, con due galee partì alla volta delle coste di Trebisonda. La sua orrenda vendetta consistette nel tagliare nasi e orecchie a tutti coloro che incontrava sul suo cammino. Il macabro bottino venne minuziosamente conservato in un barile e fatto recapire ad Alessio II.
Placata la sua ira dopo aver ricevuto in catene Andronico, il quale ricevette dal Lercari un sonoro calcio in faccia, Megollo venne a patti con l'imperatore il quale concedette al genovese nuovi privilegi tra cui il poter costruire un fondaco in città (scena che vediamo rappresentata nello splendido affresco di Luca Cambiaso che decora il secondo piano nobile del palazzo).
Un'ultima curiosità: sulla facciata laterale occidentale della Cattedrale di San Lorenzo è incastonata una scacchiera (ve ne parlo nella pagina de le CHIESE di GENOVA). Per alcuni essa sarebbe quella usata da Megollo Lercari nella partita contro Andronico.
155. Palazzo Tobia Pallavicino
Questo palazzo fu edificato tra il 1558 ed il 1561 per volere di Tobia Pallavicino da Giovanni Battista Castello detto "il Bergamasco" coadiuvato da Bartolomeo Riccio, Domenico Solari e Antonio Roderio.
Il volume cubico cinquecentesco, suddiviso in due piani nobili e due mezzanini, lascia spazio ai volumi attuali agli inizi del XVIII secolo quando la proprietà passa ai Carrega. E' questo il momento storico in cui il palazzo viene elevato di un piano e ampliato verso la retrostante Piazza del Ferro con due bracci perpendicolari e il corpo retrostante che affaccia su questa piazza.
Gli interni rispecchiano le due fasi della vita del palazzo: a quella cinquecentesca con interventi del Bergamasco risalgono gli stucchi e grottesche e gli affreschi con Apollo Citaredo con le muse e figure musicanti.
Alla seconda fase risalgono invece gli interventi di Lorenzo De Ferrari nella cappella, da lui decorata con una architettura a stucco e finto stucco che inquadra l'affresco con un volo di angeli, e la magnifica galleria dorata, vero gioiello di questo palazzo, uno degli esempi meglio riusciti di rococò genovese. Ideata e realizzata dal De Ferrari tra il 1734 e d il 1744 (nel gabinetto dei disegni di Palazzo Rosso sono conservati i disegni preparatori), è un trionfo di stucchi dorati ed affreschi che si riflettono negli specchi della sala. Al centro della volta e nei tondi su tela sono raffigurati il Concilio degli dei, episodi dell'Eneide e l'uccisione di Turno.
156. Palazzo Angelo Giovanni Spinola
Sito in Via Garibaldi al civico 5, questo edificio viene edificato a partire dal 1558 per volere di Angelo Giovanni Spinola, ambasciatore in Spagna
alla Corte di Carlo V nonché suo banchiere. Angelo Giovanni muore nel 1560 senza vedere completato la prima parte del palazzo che sarà finita solo quattro anni dopo. Si deve a suo figlio primogenito Giulio Spinola la seconda fase di edificazione del palazzo che risale agli anni ottanta del XVI secolo: in questa fase viene ampliato il cortile interno, sbancando la collina retrostante ed edificando le due ali laterali del palazzo che si protendono verso gli scenografici giardini terrazzati, anch'essi edificati in questa fase.
Le cronache dell'epoca ci raccontano che il vicino di casa, Nicolosio Lomellino, proprietario dell'attiguo al civico 7, nel 1591 avesse eretto abusivamente un muro per proteggere forse la sua privacy dall'invadente Spinola che stava ampliando verso monte il suo palazzo.
La facciata liscia è decorata da affreschi opera dei Calvi che vollero
celebrare, qui e negli affreschi dell'atrio, i loro committenti vestiti come
condottieri romani come era d'uso nei palazzi nobiliari per celebrare la
grandezza della Casata accostandola ai grandi eroi del passato.
Lungo lo scalone e al piano nobile superiore troviamo affreschi di
Andrea Semino, Bernardo Castello e Lazzaro Tavarone.
Con la nascita di Piazza Portello nella seconda metà dell'ottocento, sarà demolita la parte a monte del palazzo perderà le due ali che si protendevano verso il giardino con il grande cortile interno ed il giardino stesso, di cui oggi rimane in una sala del prino nobile un affresco che ci permette di capire come fossero.
157. Palazzo Gio Battista Spinola (Doria)
Al civico 6 di Via Garibaldi, su progetto di Bernardo Cantone, fu
edificato a partire dal 1563 questo palazzo per volere di Giovanni Battista ed
Andrea Spinola.
La facciata è frutto di un rifacimento post bombardamneto del Re Sole
del 1684.
Superato il bel cortile e lo scalone si giunge al piano nobile dove
gli affreschi della volta del Salone, opera dei Semino, raffigurano le eroiche
imprese degli Spinola. Sempre nel salone, molto bello il monumentale camino
cinquecentesco.
Splendidi affreschi sono poi in un'altra sala, opera di Luca Cambiaso:
"La caduta di Fetonte", "La Caduta di Icaro" ed altri
episodi di uomini puniti per la loro superbia e audacia nelo sfidare gli dei.
La sala è inoltre decorata da splendidi stucchi rococò.
La proprietà passò ai Doria nel 1723 ed ancora oggi il palazzo è
abitato da questa nobile famiglia.
158. Palazzo Nicolosio Lomellini
Sito in Via Garibaldi al civico 7, questo palazzo venne edificato, su
progetto di Giovanni Battista Castello detto il Bergamasco, per volere di
Nicolosio Lomellini, il quale aveva accumulato un'enorme fortuna con la pesca
del corallo nell'isola tunisina di Tabarca.
Passato in proprietà prima ai Centurione, poi ai Pallavicini e ai
Raggi, nel 1865 esso viene acquistato dal Barone Andrea Podestà e, per
successioni legittime, è oggi di proprietà della famiglia Bruzzo.
La facciata e l'atrio sono magnificamente abbelliti da una decorazione
a stucco opera dell'urbinate Marcello Sparzo su disegno del Bergamasco. Il
recente restauro ha ridato al tutto il suo originario coloro azzurro.
Superato l'atrio si giunge nel cortile interno dove vi è una splendido
ninfeo progettato da Domenico Parodi la cui acqua proviene dalla cisterna della
retrostante collina di Castelletto.
Sovrastante il ninfeo si apre il giardino:
sul muraglione in fondo ad esso vi è un ninfeo centrale con un gruppo in stucco
raffigurante "Sileno che versa da un'anfora il vino nella bocca di
Bacco"; sul lato sinistro del muraglione si trova una grotta con
stalattiti e conchiglie nel cui antro "Adone caccia un cinghiale"
(queste ultime sculture in marmo opera di Domenico Parodi).
Sulla destra si erge il Mirador (la cui storia trovate nella pagina de le TORRI di GENOVA).
All'interno del Mirador una scala a chiocciola conduce al livello
superiore dove un tempo vi era un piccolo orto.
Passando agli interni al primo piano nobile sono conservati splendidi
affreschi opera di Bernardo Strozzi: nel salone centrale è rappresentata
"La Fede che sbarca nel Nuovo Mondo" (il volto della figura femminile
che impersonifica la Fede è quello della sorella dello Strozzi); nelle lunette
intorno alla scena centrale si alternano uccelli esotici mentre nei pennacchi
sono rappresentati episodi di caccia e di lavoro degli Indios. Questi soggetti
si avvicino molto a quelli rappresentati dal Tavarone a Palazzo Antoniotto
Cattaneo nel 1607 che sicuramente lo Strozzi ebbe modo di osservare (trovate la
storia di questi affreschi e alcune immagini al paragrafo 182 di questa
pagina). Nelle altre due sale sono
raffigurati "L'allegoria dell'astronomia" in una e nell'altra
frammenti con una Allegoria della Navigazione e un Tritone.
Curiosa è la storia legata agli affreschi dello Strozzi: quest'ultimo,
dopo un litigio con il committente Luigi Centurione, lasciò l'incarico ed i
suoi affreschi in parte incompleti vennero coperti con l'intonaco.
Nel 2002 venne rimosso lo strato di intonaco e ricomparvero nel loro
splendore gli affreschi del Cappuccino.
Sempre
al primo piano, nell'ala di levante ci sono altre due interessanti
sale: in una sono stati ritrovati affreschi attribuiti a Pieter Mulier
raffiguranti cinque paesaggi entro cornici, mentre in un'altra sala vi
sono tracce di decorazione "a marmorino" sulle pareti e sulla volta i segni zodiacali accompagnati dalla
rappresentazione, nelle sottostanti lunette, dei dodici mesi dell’anno
illustrati attraverso l’attività dell’uomo.
Al secondo piano nobile troviamo tre magnifici ambienti
settecenteschi: il primo affrescato da Giacomo Antonio Boni con "Giove e
la capra Amaltea"; il secondo da Domenico Parodi con "Bacco che regge
la corona di Arianna" contornato da putti festanti, ubriachi e
addormentati; ed infine il terzo ambiente nel quale le tele con le Storie di
Diana, opere del Franceschini, sono inserite in uno spazio studiato dal
quadraturista bolognese Tommaso Aldovrandini al quale si deve la decorazione
architettonica della sala.
159. Palazzo Lazzaro e Giacomo Spinola
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La facciata di Palazzo Lazzaro e Giacomo Spinola (foto di Antonio Figari) |
Edificato a partire dal 1585 per Lazzaro e Giacomo Spinola del ramo di Luccoli, questo palazzo fu l'ultimo costruito in Strada Nuova nel XVI secolo. Ha la particolarità di avere due ingressi pensati per due dimore gemelle che differiscono però molto negli interni.
Il lato di levante, che agli inizi del XVII secolo passa in proprietà G. Battista Adorno, genero di Giacomo Spinola, viene affrescato a partire dal 1624 da Lazzaro Tavarone con imprese familiari che trovano spazio nell'atrio e nei saloni dei due piani nobili ed in particolare le imprese genovesi in Terra Santa nella volta del salone al piano terra che affaccia sul giardino, con Guglielmo Embriaco che guida i balestrieri alla conquista di Gerusalemmme, ed il Doge Antoniotto Adorno che libera il Papa Urbano VI dall'assedio di Nocera nel 1385 nel salone degli specchi al primo piano (alla fine del XVIII secolo gli antichi affreschi furono incorniciati da una partitura a paraste corinzie eseguita dallo stuccatore Bernasconi e lungo le pareti vennero posizionati grandi specchi). Altre imprese di Raffaele Adorno e storie di Daniele furono dipinte dallo stesso Tavarone in due salotti attigui.
La parte di ponente è caratterizzata da una decorazione ottocentesca commissionata dai Cattaneo (la proprietà era passata dagli Spinola a Giacomo Saluzzo nel 1612, poi agli Scassi e poco prima del 1875, ai Cattaneo). Ai Cattaneo si devono molti restauri diretti da Giuseppe Isola oltre ad un affresco, opera di Francesco Semino, raffigurante la vittoria di Damiano Cattaneo a Cipro nel 1373. Nel salone del primo piano di questa ala del palazzo erano conservati sette dipinti realizzati da Gregorio e Lorenzo de Ferrari raffiguranti "Ercole e l'Idra di Lerna", "Ercole e il toro di Creta", "Ercole e Anteo", "Ercole sul rogo funebre", "Pan e Siringa", "Mercurio e Argo" e "Perseo a Andromeda". Oggi gli stessi, dopo esser passati nel mercato antiquario e essere stati acquistati dallo Stato, sono conservati a Palazzo Spinola di Pellicceria.
La facciata, dopo un recente restauro, ha riacquistato l'antico splendore e assetto decorativo con architetture illusive, mascheroni e finestre a cartelle a monocromo, testimoniato già da Rubens nel suo "Palazzi di Genova".
A valle dei giardini vi è il cosiddetto "Palazzo dello spicchio": progettato per fare da quinta teatrale ai giardini stessi, assolve altresì la funzione di formare un muro divisorio tra i giardini del palazzo e gli altri caseggiati limitrofi. E' detto "dello Spicchio" a causa della sua forma triangolare dovuta al fatto che lo stesso sorga per così dire incastonato tra i giardini e Vico Libarna in uno spazio che viene via via ad assottigliarsi. Tutto ciò è facilmente osservabile imboccando Vico Libarna lato Via alla Chiesa della Maddalena: la facciata quasi a punta va via via allargandosi verso ponente. Lo "spicchio" è affrescato sia negli interni che in facciata. Su quest'ultima, sul lato che affaccia sui giardini, è incastonato un piccolo ninfeo.
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La volta del salone al piano terra dell'ala di ponente (foto di Antonio Figari) |
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I salone degli Specchi (foto di Antonio Figari) |
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Particolare degli affreschi del Salone degli Specchi con l'incontro del Doge Antoniotto Adorno con Papa Urbano VI (foto di Antonio Figari) |
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Il ninfeo in giardino (foto di Antonio Figari) |
160. Palazzo Nicolò Grimaldi (Palazzo Tursi)
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La facciata di Palazzo Nicolò Grimaldi (Palazzo Tursi) (foto di Antonio Figari) |
Nicolò Grimaldi, detto il "Monarca" per le sue immense ricchezze, fece edificare il suo palazzo acquistando tre lotti sul lato a monte di quella che sarebbe divenuta Strada Nuova.
Negli anni '60 del 500 si diede inizio alla costruzione di questo grandioso palazzo che vide il termine una decina di anni più tardi.
Per l'immensa facciata (il cui susseguirsi di elementi ripetuti non permette allo spettatore di coglierne le reali dimensioni amplificando ancor di più il senso di maestosità dell'edificio) e degli spazi interni aperti furono utilizzati marmi di carrara e pietra di finale mentre i grandi saloni interni rimasero spogli poichè, a causa della bancarotta di Filippo II, Re di Spagna e principale creditore del Grimaldi, lo stesso dovette rinunciare al suo grandioso progetto che rimase incompiuto.
Ancora in vita il "Monarca", il palazzo fu venduto nel novembre del 1593 a Gian Battista Doria e Gian Stefano Doria per 50.000 scudi aurei e solo tre anni dopo per lo stesso importo il palazzo passa a Giovanni Andrea Doria, pronipote di Andrea e principe di Melfi, assieme al figlio Carlo divenuto duca di Tursi. A questo momento storico risalgono le due logge laterali eseguite su progetto di Taddeo e Battista Carlone e Battista Orsolino.
Nel 1820 il palazzo viene acquistato da Vittorio Emanuele I di Savoia per utilizzarla nei suoi soggiorni a Genova. Risale a questo periodo l'aggiunta del corpo posteriore al muro di fondo dello scalone e l'innalzamento della torretta dell'orologio.
Tursi diviene poi sede del Collegio dei Gesuiti tra il 1838 ed il 1848 ed infine sede del Municipio di Genova nel 1850, funzione che ancora oggi mantiene.
A questa ultima fase della vita di Tursi risalgono le decorazioni degli interni. Il salone di rappresentanza viene decorato nella volta con "Cristoforo Colombo che presenta ai reali di Spagna i prodotti delle Americhe", opera risalente al 1862 eseguita da Francesco Gandolfi, mentre sulle pareti della stessa sala sono incastonati due mosaici inviati da Venezia raffiguranti Cristoforo Colombo e Marco Polo. Altre sale del primo piano sono decorate nelle volte con affreschi di Nicolò Barabino: nell'una con le Allegorie della Liberalità, della Pace e della Carità, nell'altra con "La città di Genova che riceve l'omaggio delle colonie" e le Allegorie della Navigazione e della Geografia.
Il "Monarca" aveva acquistato anche la zona antistante il suo palazzo per offrire alla grandiosa facciata uno slargo che permettesse di averne una visione completa. L'idea era quella di costruire un palazzo che facesse da quinta teatrale per chiudere la piazza davanti al palazzo stesso. Solo però nel 1716 sarà edificato questo palazzo che ancora oggi guarda Tursi, il cosiddetto "Palazzo delle Torrette", costruito per volere di Giovanni Andrea Doria Duca di Tursi. Secondo Mario Labò, autore del progetto fu l'architetto Giacomo Viano, colui che già aveva aveva progettato il rifacimento settecentesco di Palazzo Bianco dando allo stesso un ingresso su Strada Nuova con una soluzione architettonica (atrio, scalone, cortile) ispirata proprio da Palazzo Tusi.
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Il loggiato del primo piano (foto di Antonio Figari) |
161. Palazzo Baldassarre Lomellini
Sito al civico 12 di Via Garibaldi, questo edificio fu edificato nel 1562 su
progetto di Giovanni Ponzello per il
nobile Baldassarre Lomellini.
Nel 1770 il palazzo, dopo esser passato in proprietà ai Salvago, viene
acquistato da Cristoforo Spinola, ambasciatore della Repubblica a Parigi.
Gli Spinola promuovono un adattamento del palazzo allo stile
neoclassico.
Oggi il palazzo conserva il cinquecentesco portale opera di Taddeo
Carlone, gli affreschi al primo piano nobile raffiguranti le storie di Scipione
l'Africano, opera di Ottavio Semino, arricchiti dai settecenteschi stucchi
dorati che li incorniciano, opera del francese Charles de Wailly.
Nel 1781 il palazzo passa in proprietà a Domenico Serra.
I Serra, il cui motto troneggia ancora oggi sul portale, nell'Ottocento fanno eseguire da Michele Canzio stucchi e affreschi ancora oggi visibili.
162. Palazzo Ridolfo Maria e Gio Francesco I Brignole Sale (Palazzo
Rosso)
"Il primo Palazzo che ho visto è stato il palazzo Brignole; facciata
rossa, scalone di marmo. Le statue non sono grandi come in altri palazzi ma la
manutenzione, i mosaici dei pavimenti e soprattutto i quadri lo rendono uno dei
più ricchi di Genova." (Gustave Flaubert,
Notes de voyage, 1845).
163. Palazzo Luca Grimaldi (Palazzo Bianco)
Il palazzo che oggi chiamiamo "Bianco", e che ha il suo prospetto principale e l'ingresso su Strada Nuova, è un edificio che preesisteva alla lottizzazione cinquecentesca che porterà alla nascita di Via Aurea.
Il palazzo infatti sorgeva lungo Salita San Francesco, confinando con l'omonima chiesa. Su questa strada aveva il suo ingresso principale e al primo piano due logge angolari così come raffigurate in un disegno allegato alla relazione di Pietro Battista Cattaneo in una seziona longitudinale di Salita san Francesco.
Il palazzo viene edificato tra il 1530 ed il 1540, poco prima rispetto al palazzo che Gerolamo Grimaldi, appartenente ad un altro ramo della famiglia, facesse edificare lungo questa stessa strada tra il 1536 ed il 1544 (quello che conosciamo come Palazzo della Meridiana e di cui trovate la storia al successivo paragrafo).
Luca abita qui fino alla sua morte avvenuta il 15 novembre 1580. Il palazzo passa in eredità ad un suo omonimo che fa edificare un'ala esterna a levante, a loggiati sovrapposti sul fondo del giardino.
Le due statue di Giove e Giano, che vediamo oggi in cima allo scalone, opera dello scultore francese Pierre Franqueville e risalenti al 1585, sono l'unico elemento visibile di quell'originaria dimora.
L'edificio passa dopo il 1658 ai De Franchi e nel 1711 a Maria Durazzo Brignole che lo acquista per dare due edifici indipendenti alle due primogeniture che dal 1673 si dividevano i due piani nobili di Palazzo Rosso, volendo destinare palazzo Grimaldi al nipote cadetto Gio. Giacomo. E' forse questo il momento in cui questo palazzo inizia ad essere chiamato "Palazzo bianco".
Nel 1712 con l'intervento dell'architetto Giacomo Viano si procede alla ristrutturazione dell'edificio che viene, per così dire, allungato, come potete notare nella sottostante immagine, fino ad allinearsi con gli altri edifici di Strada Nuova. L'ingresso principale viene spostato su Strada Nuova, viene creato un atrio d'ingresso che con un lungo scalone si raccorda con le quote originarie trasformando l'antico piano terreno che insisteva su Salita San Francesco nel primo piano del palazzo con un cortile centrale (soluzione ispirata dal vicino Palazzo Tursi).
Tra il 1714 ed il 1716 viene realizzata la decorazione a stucco delle facciate da Taddeo Carlone che eseguì anche alcune decorazioni di saloni interni. Altri quattro ambienti interni furono invece decorati a stucco ad opera di Antonio Maria Muttone tra il 1715 ed il 1716.
Palazzo Bianco rimane dei Brignole finchè la marchesa Maria Brignole Sale de Ferrari duchessa di Galliera lo lega al Comune di Genova nel 1884 "per la formazione di una pubblica galleria", come già avvenuto dieci anni prima per Palazzo Rosso, sempre ad opera della stessa benefattrice.
Palazzo Bianco verrà aperto al pubblico nel 1892, in occasione delle feste colombiane, e ancora oggi rimane uno dei fulcri delle civiche raccolte, collegato con un corridoio all'attiguo Palazzo Tursi per un percorso museale che, con l'attiguo Palazzo Rosso, fa di Genova una delle capitali mondiali della cultura.
Una curiosità: i giardini che si estendono tra Palazzo Bianco e Palazzo Tursi e che si affacciano su Via Garibaldi un tempo erano occupati dai tavolini del Caffè Concordia di cui trovate una raffigurazione nella pagina di questo sito dedicata a le BOTTEGHE storiche.
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La lunghissima facciata laterale di Palazzo Bianco (foto di Antonio Figari) |
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Il cortile interno di Palazzo Bianco (foto di Antonio Figari) |
164. Palazzo Gerolamo Grimaldi (Palazzo della Meridiana)
Edificato per volere del banchiere genovese Gerolamo Oliva Grimaldi tra il 1536 ed il 1544 in una zona collinare all'epoca ancora poco edificata adiacente all'antica Chiesa di San Francesco di Castelletto (di cui avete la storia al paragrafo 21 nella pagina de leCHIESEdiGENOVA), questo edificio aveva il suo ingresso principale proprio sulla salita che porta ancora oggi il nome di San Francesco.
Sui prospetti laterali trovavano spazio i giardini del palazzo. Sulla facciata nord sono ancora visibili gli affreschi raffiguranti le "Fatiche di Ercole", attribuiti ad Aurelio Busso.
Con l'apertura di Strada Nuovissima, l'odierna Via Cairoli, tra il 1778 ed il 1786, il palazzo perde i giardini inferiori e viene riedificata la facciata sud con l'aggiunta di un avancorpo coperto e di una meridiana dipinta in facciata (da questo momento il palazzo sarà anche detto "della Meridiana").
Risale al 1697 la tamponatura della loggia su Salita san Francesco e la copertura del cortile interno che venne così trasformato in un atrio chiuso.
Gli interni conservano meravigliosi affreschi opera di Luca Cambiaso ("Ulisse saetta i proci con l'aiuto di Minerva e di Telemaco"), Giovanni Battista Castello e Lazzaro Calvi, commissionati dal figlio di Gerolamo, Giovanni Battista Grimaldi (il quale è ricordato anche per aver fatto edificare Villa Grimaldi detta La Fortezza, di cui trovate la storia al capitolo dedicato a Sampierdarena nella pagina de i SEGRETI dei VICOLI della GRANDE GENOVA).
Dopo la famiglia Grimaldi Oliva, il palazzo passa in proprietà a Paolo Sebastiano Odero nel 1835.
Agli inizi del XX Secolo Evan Mackenzie, rappresentante a Genova dei Lloyd's di Londra, incarica il fiorentino Gino Coppedè di ammodernare il palazzo per renderlo funzionale al nuovo uso di uffici di rappresentanza: in questa occasione il cortile interno viene coperto con un lucernario al cui centro campeggiano i simboli delle città di Roma, Venezia e Torino.
Una curiosità: durante la prima guerra mondiale il palazzo viene adibito ad ospedale per gli ufficiali italiani.
Il palazzo, dopo esser stato oggetto di un attento restauro agli inizi del XXI Secolo, è oggi tornato al suo antico splendore ed è aperto per visite in occasioni speciali.
165. Palazzo Montanaro (Casa Valery)
(...continua)
166. Palazzo Gio Carlo Brignole
Sito in Piazza della Meridiana al civico 2, questo palazzo è frutto di
diverse trasformazioni: la prima risale al 1671, anno nel quale Gio Carlo
Brignole fa ampliare il palazzo paterno; la seconda invece è una conseguenza
dell'apertura di Strada Nuovissima (Via Cairoli). A seguito dell'apertura di
questa strada viene spazzato via il giardino a monte del palazzo che diverrà
pubblico spazio per collegare le due vie e i Durazzo, ai quali nel mentre era
passata la proprietà dell'immobile, decidono di aprire sulla nuova strada
quello che oggi è l'ingresso principale del palazzo. Di Giuseppe Isola sono le
decorazioni a grottesche dell'atrio su Piazza della Meridiana. Le decorazioni
dell'atrio del piano nobile superiore sono invece opera di Federico Leonardi.
I due telamoni, opera di Filippo Parodi, che oggi decorano il portale
d'ingresso, prima dell'apertura di Via Cairoli, erano ai lati del cancello del
giardino che dava su via Garibaldi.
Curiose le due palle che si trovano ai alti dell'ingresso: di esse e
della loro storia Vi parlo nel paragrafo 14 nella pagina de lePIETREparlanti.
Risalgono invece al precedente periodo di proprietà Brignole gli
splendidi affreschi del piano nobile, opera di Gregorio e Lorenzo De Ferrari,
raffiguranti "Flora", "Aurora", "Prometeo che dà la
vita ad una statua" e "Diana in cerca di Endimione".
Il primitivo ingresso, che dava su Piazza Santa Maria degli Angeli, e
il cortile loggiato sono tuttora esistenti e visitabili in quanto locale
commerciale.
167. Palazzo in Vico di Portanuova n. 5
(...continua)
168. Edificio in Vico dei Droghieri n. 1, 3, 5
(...continua)
169. Palazzo Gentile (Vico delle Fasciuole n.14)
(...continua)
170. Palazzo in via San Siro n. 2
(...continua)
171. Palazzo in Via San Siro n. 1
(...continua)
172. Palazzo in Vico San Siro n. 1
(...continua)
173. Palazzo Spinola De Mari
Sito in Via San Siro al civico 10, questo palazzo fu edificato nel
1564-1565 per volere di Domenico Centurione il quale affida il progetto a
Giovanni Ponzello.
Il palazzo occupa lo spazio di preesistenti edifici appartenenti alla
Famiglia Centurione.
L'edificio viene poi ristrutturato dal nuovo proprietario Ferdinando
Spinola, su progetto di Bartolomeo Bianco.
Nonostante le trasformazioni ottocentesche che portano ad una
sopraelevazione dell'edificio e alla trasformazione dei mezzanini in piani abitativi, l'edificio conserva tuttora
l'atrio a volte lunettate con pavimento in pietra nera, lo scalone marmoreo e
ai piani nobili stucchi, nelle volte e sulle pareti, sovrapporte dipinti ed
alcuni affreschi con scene a carattere mitologico.
Ancora presente poi un piccolo vano di forma ovale che in origine
doveva costituire la cappella privata.
174. Palazzo Stefano Lomellini
175. Palazzo Bartolomeo Lomellini
Costruito tra il 1566 e il 1570 per volere di Bartolomeo Lomellino,
fratello di Nicolosio (il cui palazzo in Via Garibaldi al civico 7 è descritto
in questa pagina al paragrafo 76) questo edificio è sito in Largo della Zecca
al civico 4.
La facciata principale è frutto dei cambiamenti che hanno interessato
la zona ed in particoclare il ribassamento dell'asse viario che ha comportato
all'interno del palazzo l'aggiunta di una parte dello scalone.
Nel Settecento il Tagliafichi progetteraà uno splendido giardino
retrostante il palazzo di cui oggi purtroppo nulla rimane.
All'interno possono essere ancora oggi ammirati alcuni affreschi di
mano vicino a Bartolomeo Castello raffigurante "Enea e Didone".
176. Palazzo Benedetto Lomellini
177. Palazzo Giacomo Lomellini
Sito in Largo della Zecca al civico 2, questo edificio viene edificato
tra il 1619 e il 1623 dal Doge Giacomo Lomellini.
Il cortile interno terminava con un ninfeo oggi scomparso ma
"giunto" fino a noi grazie ai disegni di Rubens.
La
decorazione ad affresco degli interni, realizzata da Domenico Fiasella e
portata a termine dal Carlone, ruota intorno a tre episodi della storia
di Esther ed Assuero che decorano le volte dei tre piani: nell'atrio
"La caduta di Gerusalemme", al primo piano nobile "Il banchetto di
Assuero", al secondo piano nobile "La scelta di Esther da parte di
Assuero".
La
scelta di questo soggetto, che riprende il romanzo di Ansaldo Cebà "La
Reina Esther", non è casuale e vuole rappresentare l'integrità morale
della Repubblica di Genova che trionfa sulle congiure ordite a suo
danno: come Esther tradita da Amari trionfa ed è eletta regina da
Assuero, così la Repubblica esce vittoriosa dalla congiura ordita da
Giulio Cesare Vacchero; sia ad Amari che al Vacchero spetterà come
punizione la morte.
Al terzo piano troviamo affreschi a soggetto mitologico opera di Jacopo Antonio Boni e Carlo Giuseppe Ratti.
Nel XX secolo viene tamponato il loggiato al piano terreno su progetto
di Antonio Quinzio il quale decora a grottesche lo scalone di rappresentanza.
Nel 1927 il palazzo passa in proprietà al Comune di Genova che decide
l'abbattimento di un angolo del palazzo per allargare Via Bensa.
Oggi è sede del Comando Militare dell'Esercito Italiano in Liguria.
178. Palazzo Gio. Domenico Spinola
Sito
tra Via Sant'Agnese e Via di Vallechiara, questo palazzo, di
edificazione cinquecentesca, si presenta oggi unito a Palazzo Giacomo
Lomellini (di cui trovate la storia al precedente paragrafo): dal
secondo piano nobile di quest'ultimo si accede al corpo scala di Palazzo
Spinola.
Appartenuto
ai Cattaneo de Marini ed acquistato da Gio. Luca Spinola, passa nel
Settecento al Magistrato dei Poveri ed infine viene assorbito nel
patrimonio del Comune di Genova. Ed è in quest'ultimo periodo che il
palazzo, trasformato in uffici comunali, viene accorpato a Palazzo
Lomellini.
Sono
ancora presenti affreschi di Giovanni Carlone raffiguranti ul loggiato
sul quale si affacciano musici e cantori ed al centro la figuradel
Cardinale Giovanni Domenico Spinola.
All'esterno, su Via Sant'Agnese, svetta ancora una torretta di servizio cinquecentesca.
179. Palazzo in Salita Carbonara n. 61
Sito
lungo Salita Carbonara, sul alto opposto della via rispetto al Convento
di San Bartolomeo dell'Olivella, questo palazzo, di edificazione
medievale, conserva al suo interno uno splendido affresco seicentesco
raffigurante la Crocifissione.
In facciata sono conservati ancora alcuni affreschi seicenteschi.
180. Palazzo Lomellini - Doria Lamba - Ponzone
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La facciata del palazzo su Via Bensa |
Sito in Via Bensa al civico 2, questo edificio viene edificato nel XVI
secolo per volere della famiglia Lomellini.
Le prime notizie del palazzo risalgono al 1589 quando Bannetta Lomellini dispone nel suo testamento che il palazzo venga sottoposto a federcommesso con vincolo di inalienabilità e obbligo di trasmissione per primogenitura maschile.
Originariamente l'ingresso e la facciata principale erano posti su Via
Lomellini.
A metà del XVIII Secolo, quando la proprietà è di Bartolomeo Lomellini, il palazzo viene sottoposto ad un profondo restauro che porterà ad un ampliamento dei volumi sia lungo l'attuale Via Bensa che su Via Lomellini. In particolare, su quest'ultimo lato il palazzo si amplia fino ad arrivare a toccare l'edificio di proprietà dei Filippini all'interno del quale vi è lo splendido oratorio di cui trovate storia e immagini nella pagina de gli ORATORI e le CASACCE). Bartolomeo affida il progetto del restauro ad un giovane Gregorio Petondi (colui che progetterà nel 1777 Strada Nuovissima, l'attuale Via Cairoli): palazzo Lomellini è la prima opera genovese di questo architetto.
Proprio nella parte ampliata del palazzo su via Lomellini viene creato ex novo lo splendido "salottino della musica" decorato con stucchi che rappresentano putti e strumenti musicali. Autori di questo magnifico lavoro sono con tutta probabilità Alessandro Bollina e Pietro Maria Cantoni. Quest'ultimo apparteneva ad una famiglia svizzera italiana, a cui si devono gli splendidi stucchi di Palazzo Reale, della Chiesa di San Torpete e del Gesù, per fare solo alcuni esempi.
Adiacente a questo salottino fu edificata una cappella i cui lavori risultano conclusi nel 1753, mentre il 6 dicembre 1756 Bartolomeo ottiene l'autorizzazione a consacrare l'ambiente e dunque la possibilità di celebrare messa in questo luogo. Dell'altare che qui era conservato si persero le tracce fino ad una recente riscoperta. Un altare acquistato da una galleria antiquaria genovese fu riconosciuto quale altare di questo palazzo grazie ad una antica foto dell'archivio della famiglia Ponzone, proprietaria del palazzo fino al 1948.
Il palazzo infatti passa in proprietà ai fratelli Domenico e Francesco Maria Doria Lamba nel 1818, poi ai Rocca (1873) ai Larco nel 1879 e per via ereditaria ai Ponzone che la tengono fino al 1948, quando il palazzo, gravemente danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, viene venduto ad una società immobiliare che lo ricostruisce.
Nonostante gli ingenti danni, il palazzo, come vi dicevo, conserva al secondo piano nobile lo splendido salottino della musica di cui trovate alcune immagini qui di seguito.
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Il salottino della Musica |
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Particolare degli stucchi del salottino |
181. Palazzo Gregorio ed Egidio Lomellini
Sito in Via Lomellini al civico 17, questo antico edificio rinascimentale conserva ancora gli spazi monumentali originari dell'atrio e dello scalone marmoreo voltato un tempo aperto e oggi chiuso da grandi finestre. Nell'atrio sono conservati due bassorilievi rinascimentali e una chiave di volta in pietra di promontorio.
Con l'apertura di Via Cairoli il palazzo "guadagnò" un nuovo ingresso su questa via di nuova edificazione.
182. Palazzo Cosma Centurione
Sito in Via Lomellini al civico 8, questo edificio viene edificato per volere dei Centurione nel XVI Secolo.
Passa
in proprietà ai Pallavicini nel XVIII Secolo i quali affidano
all'architetto Giovanni Viano il rinnovamento del palazzo che in
quest'epoca assume le forme che ancora oggi lo contraddistinguono come
il sistema atrio scalone e la facciata scandita da cornici marcapiano,
lesene, timpani e motivi floreali.
A
questo periodo risalgono gli splendidi affreschi del secondo piano
nobile, opera di Domenico Parodi il quale affresca la volta di un salone
con "Cristoforo colombo che sbarca in America" e una galleria sul lato
che affaccia sulla Chiesa di San Filippo. Altri begli affreschi sono
opera di Giacomo Antonio Boni.
Alcune stanze di rappresentanza e una piccola conservano begli affreschi rococò.
183. Palazzo Lomellini Dodero
Sito in Via Lomellini al civico 15, non si hanno notizie relative alla sua edificazione. Si hanno invece notizie di un intervento sulla facciata eseguito nel 1647 su ordine di Giovanni Battista Lomellini, doge della Repubblica nel biennio1646-1648, e proprietario del palazzo.
La proprietà passa poi ai Di Negro nel XVIII Secolo per divenire palazzo da reddito nel XIX Secolo, come lo vediamo ancora oggi, diviso in appartamenti.
La facciata conserva, nonostante gli interventi del XIX Secolo, tracce della decorazione con timpani semicircolari e volute.
L'atrio, originariamente aperto su un cortile interno, oggi è tamponato e decorato con una vasca marmorea, originariamente collocata nel cortile. Le quattro colonne dell'atrio odierno e le altrettante oggi parte del cavedio interno, ci fanno intuire le dimensioni di quello che fu il cortile interno.
Lo scalone a volte con colonne marmoree, che conduce fino al quarto piano, conserva invece i tratti originari ed oggi stato riportato all'amico splendore dopo un attento restauro degli ultimi anni.
Gli ultimi piani furono ricostruiti dopo i danni subiti nei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
184. Casa di Mazzini
Sito in Via Lomellini al civico 11, le prime notizie di questo
edificio risalgono al XV Secolo. Gli affreschi della facciata, ancora oggi
leggibili, furono eseguiti nel Seicento.
Giuseppe Mazzini nacque al primo piano di questo palazzo il 22 giugno
1805.
All'epoca al piano stradale vi era una farmacia le cui insegne e
decorazioni in marmo sono ancora oggi presenti.
Mazzini abitò qui solo 5 anni: nel 1809 infatti tutta la famiglia si
traferì nella vicina Salita dei Pubblici Forni in un edificio che sarà poi
abbattuto nel 1900 durante le trasformazioni urbanistiche che interessarono
Largo della Zecca e zone limitrofe; qui Mazzini abitò fino al 1830 quando andò
in esilio.
Curiosa la storia legata a questo edificio: in un primo momento
infatti gli amici di Mazzini collocarono la targa che ricordava dove si
trovasse la casa natale di Mazzini nel palazzo limitrofo. Fu un'anziana donna,
Carlotta Benettini, amica della famiglia Mazzini da lungo tempo, che fece
notare l'errore e vi si pose rimedio.
Trovata la casa natale, iniziò una raccolta fondi per acquistarla. Una
volta compiuto anche questo passo la casa divenne Museo e al suo interno
iniziarono ad essere raccolti oggetti e materiale relativo a Mazzini e al
Risorgimento.
Oggi il Museo del Risorgimento occupa tutto il palazzo.
185. Palazzo in Via Lomellini n. 9
(...continua)
186. Palazzo Giorgio Centurione
187. Casa Medievale in Vico Adorno n. 6
(...continua)
188. Palazzo Alessandro Saluzzo
Sito in Via Lomellini al civico 4, questo edificio fu edificato nel
XVI Secolo, su preesistenti edifici medievali, per volere dei Saluzzo, ricca
famiglia di banchieri.
La facciata, il vero gioiello di questo palazzo, fu affrescata da Luca
Cambiaso tra il 1543 e il 1544 all'età di soli 16 anni con episodi della Guerra
di Troia e della mitologia romana. Questi affreschi furono rinvenuti nel 2004
per caso durante i lavori di restauro della facciata e riportati all'antico
splendore con un sapiente e laborioso lavoro di restauro.
L'edificio conserva inoltre un bel portale marmoreo quattrocentesco.
L'originario atrio voltato alto sette metri con colonne di marmo invece è
stato stravolto per creare le botteghe
su Via Lomellini e un piano ammezzato con appartamenti (proprio all'ammezzato è
ancora visibile parte di una colonna dell'atrio).
Sotto il palazzo vi è ancora l'antica cisterna che forniva di acqua
l'intero edificio.
189. Palazzo del Lascito Canevari
Sito in Via Lomellini al civico 2, questo palazzo fu edificato su un
preesistente isolato medievale, detto "isola di fossatello", tra il
1675 e il 1688 dagli eredi di Demetrio Canevari, per espressa volontà
testamentaria dello stesso per farne sede della preziosa biblioteca costituita
da tutti i libri che il Canevari aveva riunito durante tutta la sua vita.
Il progetto fu affidato all'architetto Matteo Lagomarsino (che già aveva
progettato Palazzo Ridolfo Maria e Gio Francesco I Brignole Sale): il palazzo
presenta il tipico schema dei palazzi genovesi con un atrio loggiato (tamponato
nel 1799 per ricavare alcune botteghe su Via Lomellini) che conduce al cortile
interno e allo scalone marmoreo.
190. Palazzo di Gio Battista Centurione
Edificato a partire dal 1612 su preesistenti edifici medievali già appartenuti ad Adamo Centurione, importante armatore e banchiere di primo cinquecento e suocero di Andrea Doria,
il palazzo deve il suo progetto a Battista Cantone coadiuvato dal figlio Pier Filippo.
Il palazzo viene per la prima volta iscritto nei Rolli nel 1664, nel secondo bussolo, sotto il nome di Giulio Centurione.
La proprietà passa ai Saluzzo Brignole nel 1798. Nel 1874 l’edificio viene acquistato da Gaetano Cambiaso. Sarà poi un discendente Cambiaso nel 2004 a vendere il palazzo agli attuali proprietari.
Sul portale marmoreo un cartiglio recita “SIC NOS NON NOBIS” (vi rimando al paragrafo 63 della pagina de “lePIETREparlanti” per approfondire il suo significato).
Il monumentale scalone conduce al secondo piano nobile dove si possono ancora osservare affreschi dei migliori autori del Seicento genovese quali Domenico Piola (“Bacco e Arianna”), Gregorio De Ferrari (“Trionfo della Liguria” e “Allegoria delle Arti Liberali”), Bartolomeo Guidobono (“Il Carro di Giunone tra le Metamorfosi” e la meravigliosa galleria passante con “Giunone che incorona la Castità” e scene del mito che ricoprono tutta la volta a botte).
Sempre al secondo piano da segnalare la cappella con affreschi di Giovanni Carlone, entro cornici in stucco dorato, raffiguranti il Padre Eterno attorniato dai quattro evangelisti e gli angeli con i simboli della Passione. Un tempo erano qui conservate due sculture in legno dorato di Filippo Parodi raffiguranti San Giuseppe e San Giovanni Battista.
Le fonti raccontano anche di affreschi realizzati da Bernardo Strozzi al primo piano nobile, ancora visibili nel XIX secolo ma oggi purtroppo scomparsi.
191. Palazzo Cipriano e Babilano Pallavicini
Sito in Piazza Fossatello al civico 2, esso fu edificato nel XV secolo
e rimaneggiato, per volere di Cipriano Pallavicini, nel 1540, il quale volle
dare al palazzo una facciata di gusto romano, simile a quelle progettate dal
Bramante, con un alto zoccolo basamentale; nel contempo vennero abbattute
alcune case davanti al palazzo e nacque così Piazza Fossatello.
Nel 1840 il palazzo, dopo vari passaggi di proprietà, diviene di
Federico Rayper il quale lo sopraeleva e lo divide in appartamenti.
Lo splendido portale cinquecentesco, opera di Michele e Antonio
Carlone, non è più in loco ma
conservato, da più di un secolo, al Victoria and Albert Museum di Londra.
192. Palazzo Cambiaso (Via al Ponte Calvi n. 6)
Sito in Via al Ponte Calvi al civico 6, questo edificio fu edificato nel XVI Secolo.
Conserva l'originario scalone e la bella loggia che affaccia su Vico di San Marcellino.
Al piano nobile sono conservati pregevoli affreschi.
La facciata su Vico Calvi conserva affreschi attibuiti a Luca Cambiaso, putroppoo difficilmente godibili se non dal palazzo sul quale affacciano.
193. Palazzo Stefano e Felice Pallavicini
Sito in Via al Ponte Calvi al civico 3 e proteso verso la Ripa, questo
palazzo conserva ancora il cinquecentesco atrio e lo scalone monumentale.
Le trasformazioni ottocentesche che portarono alla nascita della
Carrettiera Carlo Alberto si fermarono proprio in corrispondenza di questo
palazzo che oggi costituisce l'inizio dei portici di Sottoripa.
Recenti
restauri hanno portato alla luce in un ambiente del piano nobile alcuni
splendidi affreschi della seconda metà del Cinquecente da attribuire ad
Ottavio Semino.
194. Palazzo Serra Gerace
"A destra di chi esce s'alza il grandioso Palazzo Serra Gerace,
ricco soggiorno in addietro di questi Patrizi, or deliziosa locanda a
Viaggiatori per le magnifiche sale e per la veduta del mare e dè promontori che
sovrastano al seno", così descriveva questo edificio Federico Alizeri
nella sua Guida Artistica per la città di Genova.
Sito al civico 5 di Via di Sottoripa (in origine l'ingresso era posto
sul retro dell'edificio), questo palazzo si erge sugli archi medievali
dell'antica "Ripa Maris".
Esso conserva ancora alcuni tratti rinascimentali: il bel cortile
loggiato parzialmente tamponato, lo scalone a balaustre e al piano nobile
stucchi e affreschi con le "Storie di Enea", opera di Paolo Gerolamo
Piola.
Nel XVIII Secolo era qui conservata una splendida quadreria in seguito
dispersa.
Come ci racconta l'Alizeri, nel diciannovesimo secolo diviene locanda
e oggi è suddivisa in appartamenti.
195. Palazzo Filippo Spinola
Sito
in Vico Morchi al civico 3 ed edificato nel XVI Secolo su preesistenze
medievali, questo edificio conserva lo splendido portale marmoreo del
XVI Secolo.
Nel XIX Secolo lo scalone viene spostato a levante.
196. Palazzo Nicola Cicala
Edificato nel 1542 su progetto di Bernardino Cantone, esso si trova in
Piazza dell'Agnello al civico 6.
La decorazione pittorica della facciata, opera di Lazzaro Calvi con la
collaborazione del fratello Pantaleo, raffigurante figure armate e divinità, è
oggi purtroppo in gran parte perduta; rimane parzialmente visibile un fregio
con putti e personaggi con armi. Splendida e ancora intatta la finestra caposcala al primo piano in marmo con figure scolpite.
Il bel portale marmoreo introduce agli interni che conservano
l'originario impianto con lo splendido scalone loggiato e voltato.
Arrivati in cima allo scalone, superando uno stretto corridoio si giunge alla scala che porta agli ultimi piani: salendo potrete notare, scolpita nel marmo dell'antica balaustra, una testa di donna cinquecentesca (una simile è presente a Palazzo Stella nell'omonima piazza).
Una piccola lapide posta alla destra del portale ricorda che
"erano queste le case di Lanfranco Cicala console legista poeta".
Antenato di quel Nicola Cicala che fece edificare questo palazzo, Lanfranco
visse nel XIII secolo: giudice, ambasciatore della Repubblica di Genova alla
Corte di Raimondo Berengario IV di Provenza, compose opere poetiche in
Occitano.
197. Palazzo in Piazza dell'Agnello n. 9
(...continua)
198. Palazzo in Piazza dell'Agnello n. 7
(...continua)
199. Palazzo Pinelli
Sito in Piazza Pinelli al civico 2, questo palazzo ha nell'affrescata
facciata cinquecentesca il suo più bel biglietto da visita.
Esso nasce dall'unificazione di due preesistenti palazzi medioevali
della famiglia Cebà, uno dei quali dava sulla Ripa.
Fino
al XIX secolo era visibile in un lato del palazzo l'antica torre dei
Cebà (la cui descrizione troverete nella pagina dedicata a le TORRI di GENOVA).
Varcato il bel portale cinquecentesco decorato da colonne doriche e l'antico portone in ferro, si giunge all'atrio, coperto da volte impostate su peducci di pietra, dal quale si diparte lo scalone in pietra nera con volte a crociera.
Superata la prima rampa di scale troverete la cosa più particolare di tutto il palazzo:
tra i pavimenti bianco e neri alla genovese e le colonne marmoree della loggia
rinascimentale ecco a voi splendidi Laggioni, piastrelle policrome di origine
moresca (per approfondimenti Vi rimando alla pagina de i RISSEU e i LAGGIONI della SUPERBA), frutto dei rapporti che i Pinelli avevano con la Spagna (a Siviglia gli stessi avevano anche una loro residenza).
La soluzione della loggia interna, con sedili dove potersi sedere ed osservare la strada, è tipica di molti palazzi genovesi (guardare gli altri senza farsi vedere).
Curioso l'ovale che si apre lungo lo scalone che permette di osservare la loggia.
Quando ero piccino spesso con mio padre mi recavo in questo palazzo al secondo piano dove aveva il proprio laboratorio un famoso restauratore: proprio questi ambienti conservano ancora begli affreschidel XVI Secolo della scuola dei fratelli Calvi.
Ancora presente, all'interno 1, l'antico pozzo che riforniva di acqua l'intero palazzo.
200. Palazzo in Piazza Pinelli n. 1
Questo edificio, costruito nel Cinquecento, conserva un bel portale marmoreo, un piccolo atrio affrescato e l'antico scalone in pietra nera.
Molto belli gli affreschi in facciata che si vedono molto bene affacciandosi dalla loggia di Palazzo Pinelli.
201. Palazzo in Piazza Pinelli n. 3
Questo edificio, anch'esso edificato nel XVI Secolo, conserva un bel portale in pietra nera di promontorio con quattro teste scolpite e all'interno un bel loggiato sospeso intorno ad un cortiletto pensile.
202. Palazzo Spinola di Pellicceria
203. Palazzo Pietro Spinola di San Luca
Sito in Piazza di Pellicceria al civico 3, di fronte a Palazzo Spinola di Pellicceria, conserva un portale marmoreo con stipiti adorni di tralci e grappoli d'uva (quasi a ricordarci che siamo nella zona delle Vigne) e un sovraporta con San Giorgio e il drago.
L'interno conserva l'originario impianto dell'atrio e dello scalone che conduce fino al terzo piano. Il resto dello scalone, a seguito dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, è stato ricostruito.
204. Palazzo Benedetto Gentile
Sito in Piazza di Pellicceria, questo palazzo del XVI Secolo conserva l'originario scalone voltato con colonne in marmo e al terzo piano due saloni affrescati, di cui uno ad opera di Giacomo Antonio Boni con una raffigurazione di Bacco, e una alcova settecentesca con stucchi rococò.
205. Palazzo Spinola in Via della Maddalena n. 34
Sito
in Via della Maddalena al civico 34, questo edificio di proprietà della
famiglia Spinola conserva al primo piano nobile un salone
splendidamente affrescato da Giovanni e Giovanni Battista Carlone con la
"Storia del figliol prodigo" ripartita in cinque riquadri: quello
centrale raffigura l'abbraccio del padre al figlio tornato a casa; i
quattro riquadri laterali "Il commiato del padre", "Il festino", "La
ricerca del lavoro" e " "La guardiani porci".
Ai
quattro angoli della volta sono raffigurati altrettanti putti accanto
ai quali, in finti oculi, sono raffigurate piccole teste di bimbi.
L'affresco
è stato riportato alla luce per puro caso dopo esser stato per molto
tempo occultato da una controsoffittatura che lo ha conservato lontano
dagli sguardi ma anche al riparo dai danni del tempo.
Ho
avuto la possibilità di vederlo ed è stata un'esperienza emozionante.
Purtroppo non ho avuto il permesso di pubblicare e diffondere le foto
che ho fatto e quindi per il momento dovete accontentarvi delle mie
parole.
206. Palazzo Lazzaro Grimaldi
Edificato nel XVI secolo, questo edificio sorge in Piazza Inferiore di
Pellicceria: conserva tracce dell'originaria bellezza nell'atrio e nello
scalone in pietra nera con colonne in marmo.
207. Palazzo Stefano De Mari
Sito in Via San Luca al civico 5, questo palazzo venne edificato nel
XVI secolo su preesistenze medievali di proprietà degli Spinola: conserva un
bel portale marmoreo e uno splendido scalone loggiato in parte tamponato.
In un interno è ancora presente un affresco raffigurante "Tobiolo
e l'angelo", opera di Giovanni Battista Carlone.
208. Palazzo Spinola di San Luca-Gentile
Sito in Via San Luca al civico 4, questo edificio è frutto di aggregazioni
di più edifici tra i quali il Palazzo di Gioffredo Spinola (già inserito nei
Rolli e sito in Vico Serriglio al civico 1) e della Chiesa di San Raffaele che
qui sorgeva (a ricordo della quale rimane il vicolo che porta ancora il suo
nome).
Nei secoli successivi esso
viene ampliato arrivando ad estendersi fino alla Ripa e inglobando di
conseguenza più unità abitative.
Nonostante il tamponamento ottocentesco del portico e altre
trasformazioni, l'edificio conserva ancora lo splendido scalone marmoreo
voltato.
209 Palazzo Ambrogio Spinola
Sito in via San Luca al civico 6...
(...continua)
210. Palazzo Cristoforo Spinola (Piazzetta Jacopo da Varagine n. 2)
(...continua)
211. Palazzo Gio Battista Grimaldi (Piazza San Luca)
Sito all'angolo tra Via San Luca e l'omonima Piazza, questo palazzo viene
edificato su preesistenti edifici medievali tamponando i portici che correvano
lungo l'antico "carrubeus maior" (l'attuale Via San Luca).
Il portale secentesco, su Piazza San Luca al civico 2, introduce al
cinquecentesco atrio e allo scalone loggiato.
Recenti restauri hanno lasciato visibili in facciata tre esili colonne corinzie.
Sul retro del palazzo la facciata e il bel portale in pietra nera
risalgono agli edifici medievali sui quali è stato impostato questo edificio.
212. Palazzo Nicola Grimaldi
Sito al civico 2 di Vico San Luca, nella piazzetta antistante
l'omonima Chiesa, questo edificio viene edificato per volere di Robella
Grimaldi nel 1320 come "domus magna" della famiglia che aveva molte dimore in zona, e pochi anni dopo parzialmente demolito e ricostruito sulla
piazza che proprio in quegli anni nasceva.
Il palazzo prende il nome di Nicola Grimaldi perché quando è di sua
proprietà viene inserito nella lista dei Rolli (1614).
L'esterno ha mantenuto l'originaria ripartizione in bande bianco e
nere e al pian terreno ancora sopravvive parte della loggia dove si riunivano
gli Spinola di San Luca.
Al primo quarto del seicento risale il ciclo decorativo degli interni, opera di Lazzaro Tavarone, allievo del Cambiaso, che comprendeva sia episodi della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, testo assai noto all'epoca e ripreso in molti affreschi dei palazzi nobiliari genovesi, sia scene legate alle gesta della famiglia Grimaldi.
Al primo piano, nel salone che affaccia su Piazza San Luca, ancora
oggi è visibile uno splendido affresco di Lazzaro Tavarone raffigurante "Olindo
e Sofronia". Dello stesso autore e sempre in tema "Gerusalemme Liberata" troviamo al secondo piano un affresco con "Erminia tra i Pastori".
Era conosciuto un altro affresco, oggi andato
perduto, descritto nell'ottocento da Federico Alizeri, questa volta con soggetto legato alla famiglia Grimaldi, raffigurante "Gregorio Grimaldi che presenta a Filippo di Spagna
le spoglie dei Veneti vinti".
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Particolare dell'affresco di Lazzaro Tavarone raffigurante Olindo e Sofronia (foto di Antonio Figari) |
213. Palazzo Gio Battista
Grimaldi (Vico San Luca)
Sito in Vico San Luca al civico 4, questo palazzo venne edificato nel
1610 per volere di Gio Batta Grimaldi su quattro preesistenti edifici impostati
sopra un lungo portico detto nel XIII
Secolo "Volte dei Grimaldi".
L'edificio conserva l'originario sistema atrio scalone e splendidi
affreschi di Lorenzo De Ferrari, che fu chiamato a decorare alcune sale del
palazzo dal Doge Giovanni Battista
Grimaldi (omonimo dell'antenato che fede edificare il palazzo). Il De Ferrari
decorò una sala del primo piano con l'Allegoria della Giustizia e un salone al
piano nobile con Aurora che rapisce Cefeo, sullo sfondo della caccia di Diana.
214. Palazzo in Vico Superiore di Pellicceria n. 1-1r-3r
(...continua)
215. Palazzo Pinelli Gentile (già Spinola e Salvago)
Sito in Via San Luca al civico 12, questo palazzo, come afferma Ennio Poleggi, apparteneva inizialmente alla famiglia Salvago (come per il loro palazzo in San Bernardo, anche qui due "selvaggi" ci accolgono, là sopra al portale, qui lateralmente ad esso). La proprietà passa poi al Conte Agostino Pinelli che ne fa la sua residenza cittadina (era proprietario di una Villa in zona Carbonara).
L'edificio viene ricostruito nel XVIII secolo e restaurato nel ventesimo secolo dopo aver subito ingenti danni durante la seconda guerra mondiale come tanti altri palazzi in zona. Dell'originaria struttura, risalente al XVI secolo, rimane solo il portale, mentre è andato distrutto l'affresco del Galeotti infracitato.
Carlo Giuseppe Ratti nel 1780, con parole che saranno riprese anche dall'Anonimo del 1818, così lo descrive: "Palazzo del Sig. Giuseppe Pinello tutto di nuovo fabbricato. Non altre pitture sono qui nelle volte, che una medaglia dipinta ultimamente da Giuseppe Galeotti, che terminatala poco dopo morì. Ciò fu l'anno scorso, correndo il suo settantesimo anno di età.".
Federico Alizeri nel 1875 cita il portone "cospicuo (...) per due sembianze di selvaggi scolpite in marmo di buona maniera" e l'affresco del Galeotti al primo piano"sua estrem fatica, se attendi alla data del 1779".
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I due selvaggi a guardia del portone del palazzo (foto di Antonio Figari) |
216. Palazzo Nicolò Spinola di San Luca
Costruito nel XVI secolo da Nicolò Spinola su preesistenti edifici
medioevali proprietà dei Centurione e dei Gentile, questo palazzo, inserito tra
i Rolli, si trova in Via San Luca al civico 14.
La cosa che più mi colpisce sono gli affreschi in facciata opera di
Ottavio Semino e Gio Andrea Ansaldo dedicati alle "Storie epiche e allegorie". Il
miglior modo di osservarli è infilarsi nella vicina Via della Maddalena ed
alzare lo sguardo verso l'alto.
Il portale marmoreo con due figure antropomorfe sui lati è forse opera di Giovanni Giacomo Parraca da Valsoldo.
La
volta del salone del secondo piano nobile è affrescata con al centro un
"banchetto degli dei", ascrivibile alla seconda metà del XVI Secolo,
purtroppo danneggiato a seguito dei bombardamenti della Seconda guerra
Mondiale.
217. Palazzo in Via del Campo n. 2
(...continua)
218. Palazzo in Vico San Marcellino n. 3
(...continua)
219. Palazzo in Piazza San Marcellino n. 6
(...continua)
220. Palazzo in Piazza San Marcellino n. 4
(...continua)
221. Palazzo Antonio Doria Invrea
Sito in Via del Campo al civico 9, questo palazzo viene edificato a partire dal 1547, su preesistenti edifici medievali, per volere di Antonio Doria Invrea, ambasciatore presso il Re di Francia Enrico II e il Papa Gregorio XIII, appartenente ad una famiglia che aveva fatto fortuna con il commercio della seta.
Dopo vari passaggi di proprietà, nell'ottocento diviene casa da reddito e viene suddiviso in appartamenti.
Nonostante queste trasformazioni, questo edificio conserva ancora la splendida facciata dipinta, recentemente restaurata e riportata all'antico splendore, un bel portale marmoreo e all'interno lo scalone marmoreo voltato.
222. Palazzo Vico del Campo civico n. 2
(...continua)
223. Palazzo Bartolomeo Invrea (poi Palazzo Cardinale Cybo)
Questo palazzo sorge in Via del Campo al civico 10.
Edificato per volere di Bartolomeo Invrea, passa poi in proprietà ai Cybo.
Esso conserva all'interno,
sopraelevato, un cortile a esedra con al centro una statua romana di Scipione e
alcuni busti nelle nicchie sulle pareti.
Splendidamente restaurata negli ultimi anni le facciate su Via del Campo e Via Gramsci: quest'ultima
colpisce lo spettatore che giunge dal mare o che distrattamente passa sulla
Sopraelevata.
Nell'Ottocento, per un periodo, esso diviene hotel con il nome di "Hotel Quattro Nazioni" e ospita nell'estate del 1827 Alessandro Manzoni che con la sua famiglia, in viaggio verso Firenze, soggiornerà per un breve periodo a Genova (trovate questo episodio nel paragrafo dedicato a Manzoni nella pagina dei poeti SANTI scrittori AVVENTURIERI).
224. Palazzo Cesare Durazzo
Sito in Via del Campo al civico 12, prende il nome da Cesare Durazzo (eletto Doge della Repubblica nel 1665) che le fonti attestano quale proprietario e fautore dei primi grandi rinnovamenti dell'immobile nel 1664.
Nel XVIII Secolo, su disegno di Giovanni Battista Storace, viene ristrutturata la facciata lato mare in stile rococò.
La costruzione della Carrettiera Carlo Alberto (l'attuale Via Gramsci) determina l'unione con il palazzo a mare inglobando Via di Sottoripa la Scura, che separava i due edifici, e una consequenziale diversa distribuzione dei volumi interni con lo spostamento dello scalone.
Al piano nobile conserva splendidi affreschi di Domenico Parodi che, attraverso un ciclo pittorico con protagonista il Dio Nettuno, celebra il committente Cesare Durazzo come pacificatore del territorio ligure.
Dopo vari passaggi, oggi è di proprietà della famiglia Cattaneo Adorno.
225. Palazzo Lomellini - Serra
Sito
in Via Gramsci al civico 3, questo edificio, edificato nel 1601 dai
Lomellini, ingloba in sé la torre a mare di Porta dei Vacca con il
vincolo tuttavia di non alterarne la struttura (purtroppo in realtà in
corrispondenza dei piani sono state aperte, sulle antiche mura della
torre, alcune finestre tuttora presenti).
L'apertura
della Carrettiera Carlo Alberto (l'attuale Via Gramsci) determina lo
spostamento dell'ingresso da Via del Campo al lato mare, il ribaltamento
del vano scale e la costruzione di un atrio circolare.
226. Palazzo Bartolomeo Rebuffo - Serra
Sito in Via delle Fontane al civico 2, lungo la cinta muraria
cittadina del 1155, esso fu dapprima edificato per volere di Bartolomeo Rebuffo
e successivamente ampliato nel XVII secolo dal Senatore della Repubblica
Marc'Aurelio Rebuffo fino ad inglobare la torre nord di Porta dei Vacca.
L'aspetto attuale è opera dell'architetto Giovanni Battista Pellegrini
incaricato dal Marchese Giacomo Serra che nel 1779 era divenuto proprietario
del palazzo.
L'interno conserva gli
splendidi affreschi di Carlo Giuseppe Ratti con temi di argomento celebrativo,
"opportuni esempi di gloria ligustica" come sostiene l'Alizeri, tra i quali "La storia del Doge Montaldo
che fa la grazia della vita e del Regno a Lusignano di Cipro"
(quest'ultimo è uno dei prigionieri della Repubblica incatenati in facciata di
Palazzo Ducale: trovate la sua storia e quella degli altri prigionieri nella
pagina de gli EDIFICI pubblici).
Attualmente è sede del Dipartimento Lingue Straniere dell'Università
di Genova e quindi facilmente visitabile.
227. Palazzo Gio Francesco De Ferrari (Palazzo Belimbau)
Eretto per volontà di Gio Francesco De Ferrari alla fine del XVI Secolo,
esso occupa la parte sud di Piazza della Nunziata.
La facciata ed una generale ristrutturazione dell'edificio, voluta dai
Cambiaso nel 1780, i quali nel mentre erano subentrati nella proprietà, è opera
dell'architetto Giovanni Battista Pellegrini che già in quegli anni si stava
occupando del vicino Palazzo Bartolomeno Rebuffo - Serra (di cui trovate la
storia nel precedente paragrafo).
Gli interni conservano magnifici affreschi di Lazzaro Tavarone.
Nell'atrio e nello scalone sono narrate le vicende di Cleopatra ed Antonio: al
piano terreno è raffigurata la regina che esce in mare ad accogliere le navi di
Antonio mentre la volta dello scalone narra l'incontro tra i due.
Il salone del primo piano che affaccia su Piazza della Nunziata
conserva un ciclo pittorico, a parer mio uno dei più straordinari dei vicoli di
Genova, sempre opera del Tavarone, raffigurante il primo viaggio di Cristoforo
Colombo nel Nuovo Mondo: nel riquadro centrale il re e la regina accolgono
Colombo di ritorno dal suo viaggio; intorno sono raffigurati i protagonisti di
questa vicenda e nelle lunette episodi tratti dal diario di bordo di Colombo.
Nel fregio sottostante, quasi seduti ad osservare lo spettatore, ci sono figure
di Indios.
Relativamente al ciclo pittorico del salone del primo piano c'è una
curiosa storia: Francisco de Miranda, colui che pensò ai tre colori giallo, blu
e rosso per la bandiera della Grande Colombia (Stato che diede vita a sua volta
ai tre Stati Colombia, Ecuador e Venezuela che ancora oggi conservano nelle
loro bandiere questi colori) cita tra le sue fonti di ispirazione proprio gli
affreschi di questo salone ed in particolare Cristoforo Colombo che è
raffigurato mentre distende un drappo proprio con quei colori.
Un'iscrizione marmorea in facciata ricorda che qui soggiornò nel 1815
Papa Pio VII, fatto prigioniero da Napoleone mentre era di passaggio a Genova.
Il palazzo è stato donato all'Università di Genova dalla famiglia
Belimbau, ultima proprietaria del palazzo.
228. Palazzo Nicolò Lomellini (Palazzo Lauro)
Sito in Piazza della Nunziata al civico 5, il palazzo venne edificato
alla fine del XVI secolo per volere di Nicolò Lomellini, padre di Giacomo, Doge
della Repubblica.
I bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale lo danneggiarono gravemente. Achille Lauro,
proprietario all'epoca del palazzo, affidò all'architetto Robaldo Morozzo della
Rocca la ricostruzione dell'intero edificio nelle forme attuali.
229. Palazzo Cristoforo Spinola (Piazza della Nunziata. 6)
Sito in Piazza della Nunziata al civico 6, questo palazzo, edificato
per volere di Cristoforo Spinola, viene quasi del tutto ricostruito tra il 1620
e il 1621 per volere di Tomaso Pallavicini.
Nel corso dei secoli successivi il palazzo subisce numerosi
rimaneggiamenti; da ultimo nel 1930 viene aggiunto l'avancorpo con i sottostanti
portici su Via Bensa.
Del tutto perduta l'originaria decorazione a fresco della facciata
sostituita nell'Ottocento da una decorazione monocroma.
Il palazzo oggi è sede delle segreterie amministrative dell'Università
e quindi facimente visitabile.
230. Palazzo Gio. Agostino Balbi
231. Palazzo Gio. Francesco Balbi
Sito in Via Balbi al civico 2,
è il primo palazzo posseduto dalla famiglia Balbi che affaccia su Piazza
della Nunziata.
Gio Francesco Balbi fu l'artefice del suo ampliamento alle dimensione
attuali, dimensioni purtroppo ridotte a seguito dei bombardamenti della seconda
guerra mondiale.
Le decorazioni a stucco degli interni sono opera settecentesca
dell'architetto Gregorio Pettondi.
232. Palazzo Giacomo e Pantaleo Balbi
Il palazzo viene edificato per volere dei fratelli Giacomo e Pantaleo Balbi a partire dal 1618 ed il progetto viene affidato a Bartolomeo Bianco.
Quest'ultimo progetta un palazzo con due piani nobili identici sovrapposti, ognuno riservato ad uno dei fratelli.
Per il piano terra viene progettato un grande atrio che termina in uno scenografico ninfeo, di cui abbiamo ancora testimonianza dalle incisioni rubensiane pubblicate nella seconda edizione del suo libro sui palazzi di Genova.
Alla morte dei due fratelli, il palazzo diviene proprietà di Francesco Maria Balbi, figlio di Giacomo e nipote di Pantaleo, il quale si affida a Pietro Antonio Corradi per apportare alcune modifiche alle soluzioni precedentemente pensate da Bartolomeo Bianco: in particolare viene demolita la parete di fondo del cortile e creato un giardino pensile che termina in un ninfeo dalla decorazione polimaterica di conchiglie, coralli, ciottoli di fiume e concrezioni calcaree e animato da grandi statue, opera dello stuccatore lombardo Giovanni Battista Barberini, con soggetto legato alla storia di Plutone e Proserpina. Per ampliare il cortile verso mare vengono abbattuti alcuni edifici che insistevano su Piazza del Roso. Vengono poi create le due ali del palazzo che si protendono verso il giardino pensile e viene chiusa la loggia del secondo piano nobile che, trasformata ora in galleria, diventa uno degli ambienti più iconici del palazzo: qui vengono collocati i busti della collezioni antiquaria del committente e viene realizzata da Valerio Castello la decorazione a fresco della volta con il mito del Ratto di Proserpina a ponente (soggetto già raffigurato nel ninfeo del sottostante giardino sul quale la loggia affaccia), e quello relativo alla Caduta di Fetonte a levante. Sempre a Valerio Castello viene affidata l'esecuzione della volta del grande salone del secondo piano nobile raffigurante il Carro del Tempo, e di alcuni salotti con Leda e il Cigno e Pace, Allegrezza e Abbondanza. Il cantiere passa quindi nelle mani di un altro maestro del barocco genovese, Domenico Piola, che affresca la Sala detta di Apollo e le Muse, ed infine al genero di quest'ultimo, Gregorio de Ferrari, che affresca i salotti dedicati a Zefiro e Flora e all'Apoteosi di Ercole. Sarà proprio Gregorio a terminare il cantiere negli anni novanta del XVII secolo con l'esecuzione degli affreschi della Galleria dei Trionfi d'Amore, la Verità innnalzata dal Tempo, Diana ed Endimione ed il Ratto di Europa, questi ultimi temi scelti per la volta dell'alcova allestita per il matrimonio del Francesco Maria Balbi II (nipote di Francesco Maria Balbi I) con Clarice Durazzo.
La proprietà del palazzo rimane Balbi fino al 1972 quando l'edificio viene venduto all'Università di Genova che ne è tuttora proprietaria. Per questa ragione, il palazzo è facilmente visitabile in ogni periodo dell'anno.
Fino alla sua alienazione all'università, nel palazzo era conservata una grande quadreria che, a seguito della vendita del palazzo, viene divisa tra tutti gli eredi Balbi e lascia per sempre le sale di questo palazzo.
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Il cielo visto dal cortile (foto di Antonio Figari) |
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Il primo piano nobile (foto di Antonio Figari) |
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Valerio Castello, Galleria del Ratto di Proserpina (foto di Antonio Figari) |
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Gregorio de Ferrari, Galleria dei Trionfi d'Amore (foto di Antonio Figari) |
233. Palazzo Francesco Maria Balbi Piovera (poi Palazzo Raggio)
Sito in Via Balbi al civico 6, questo palazzo fu edificato tra il 1656 ed il 1674 per volere di Francesco Maria Balbi
su progetto da Pietro Antonio Corradi, architetto di fiducia della famiglia, il quale già aveva progettato l'ampliamento a mare del vicino palazzo
Balbi Senarega (civico 4 di Via Balbi).
L'edificio è pensato come palazzo da reddito e dunque senza decorazioni o arredi di pregio. Sarà il nipote di Francesco Maria, Costantino, il quale eredita il palazzo nel 1705, a rinnovarlo nelle decorazioni e a dotarlo di una preziosa collezione di dipinti che rimarrà qui fino al passaggio di proprietà a Marcello Luigi Durazzo nel 1824. E' questo il momento in cui la collezione viene dispersa. Alcune delle opere qui presenti passeranno per via ereditaria agli Spinola del palazzo di Piazza di Pellicceria e oggi sono ancora lì conservate.
I Durazzo si affidano all'architetto Nicolò Laverneda per un generale rifacimento del palazzo, e quest'ultimo porta avanti i lavori con la collaborazione del pittore scenografo Michele Canzio, dei plastificatori David Parodi e Giuseppe Gaggini e del pittore Francesco Baratta.
La proprietà passa poi ai Gropallo per un breve periodo ed infine nel
1890 a Edilio Raggio, figura di spicco e noto imprenditore dell'epoca, il quale
intraprende una profonda modificazione dell'intero palazzo affidando il
progetto all'architetto Luigi Rovelli.
Il palazzo viene ampliato fino a ricomprendere l'antico Monastero di
Sant'Antonio che viene inglobato e purtroppo quasi del tutto distrutto (quel
che rimane di questo antico monastero lo trovate descritto nel paragrafo ad
esso dedicato nella pagina di questo sito dedicato a le CHIESE di GENOVA). Viene ridisegnata la facciata, creato il grande atrio che si affaccia sul cortile e si procede all'edificazione di uno scenografico scalone sostenuto da archi rampanti e
volte a crociera, decorato sulla volta dal pittore Cesare Viazzi, intorno al 1893, con un ciclo di tempere murali dedicate ad allegorie del Risorgimento Italiano e alla celebrazione della monarchia sabauda e dello stato unitario. In una sala di rappresentanza Luigi Gainotti, allievo di Nicolò Barabino, affresca l'Allegoria della Liguria.
Sul tetto è stato costruito uno splendido giardino d'inverno di cui oggi rimane solo lo scheletro metallico visibile dal vicolo
che costeggia il palazzo, dai piani alti dei palazzi nelle vicinanze, o, se siete fortunati come me, affacciandovi dalle finestre dell'ultimo piano del palazzo, come testimoniano le due foto qui di seguito.
234. Palazzo Balbi (Palazzo dell'Ateneo, ex Collegio dei Gesuiti)
Sito in Via Balbi al civico 5, ex Collegio della Compagnia di Gesù e
primo Istituto Universitario della Repubblica, questo edificio, con i suoi
monumentali scaloni che si "arrampicano" sulla collina retrostante, è
forse l'esempio migliore di quella scenografia e magnificenza tipica dei
palazzi barocchi genovesi.
Progettato da Bartolomeo Bianco su un terreno acquistato dalla
Compagnia di Gesù da Stefano Balbi e inaugurato nel 1640, diviene sede
dell'Università degli Studi di Genova nel 1775.
Conserva al suo interno affreschi e decorazioni attribuiti a Giovanni
Andrea Carlone, Domenico Parodi e Sebastiano Galeotti e la Biblioteca della
Compagnia di Gesù.
235. Palazzo Stefano Balbi (Palazzo Reale)
Il primo nucleo di questo palazzo viene edificato tra il 1643 e il
1650 per volere di Stefano Balbi, su progetto degli architetti Pier Francesco
Cantone e Michele Moncino. La decorazione delle sale viene affidata ai genovesi
Giovan Battista Carlone e Valerio Castello ai quali si affiancano i bolognesi
Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli.
L'edificio passa in proprietà ai Durazzo nel 1679: ad Eugenio Durazzo
si devono i lavori di ampliamento del palazzo che acquisirà due corpi di
fabbrica laterali e la ricostruzione del Teatro del Falcone (andato distrutto
da un incendio nel 1702); al nipote Gerolamo Ignazio si devono invece gli
ulteriori lavori che porteranno all'aspetto attuale dell'edificio con la
costruzione del monumentale scalone e del terrazzo, e l'ampliamento del cortile
verso mare.
A questa fase dei lavori risale la realizzazione della magnifica Sala
degli Specchi.
Nel 1824 il palazzo passa in proprietà ai Savoia ed inizia una nuova
fase di ristrutturazione che coinvolge soprattutto gli spazi interni; tra i
tanti artisti che vengono chiamati a lavorare a quest'ultima fase dei lavori
del palazzo, ricordiamo tre professori dell'Accademia Linguistica: Michele
Canzio, Santo Varni e Michele Isola.
Oggi Palazzo Reale è un Museo statale e conserva al suo interno una
ricca quadreria con opere di numerosi artisti quali Van Dyck, Tintoretto,
Piola, Grechetto, e mobilio genovese del XVII-XVIII Secolo.
Il viaggio nei palazzi privati dei vicoli di Genova non è finito...
(...continua)
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Ottimo lavoro divulgativo.
RispondiEliminaSono torinese e residente a Torino, ma socio de A Compagna e da sempre appassionato anche di Genova.
Questo blog meriterebbe di essere trasformato in sito vero e proprio. Complimenti ed auguri, nella speranza di conoscerci.
Mario Chiapetto
Ciao Mario! Grazie per le tue parole: sono proprio contento che ad un appassionato di Genova come te piaccia il mio sito. Sicuramente ci sarà modo di conoscerci. Auguri anche a te.
EliminaCondivido in pieno l'opinione di Mario !!!
RispondiEliminaGrazie e benvenuto ne "iSEGRETIdeiVICOLIdiGENOVA"!
EliminaUna piccola precisazione: Il film "Le mura di Malapaga" fu girrato nel 1949 e non negli anni '60. A parte questo ti faccio i miei complimenti per il lavoro svolto e ti sono vicino per l'amore a questa nostra città, Alberto Santoni.
RispondiEliminaTi ringrazio per la Tua precisazione: ho provveduto a correggere la mia "svista"!
EliminaGrazie per le Tue parole di apprezzamento e benvenuto ne "iSEGRETIdeiVICOLIdiGENOVA"!
Antoniooooo! Dove sono Mura Angeli?
RispondiEliminaAllora, visita a San Giorgio martedì, vero?
Ciao
Ciao Laila!
EliminaLe Mura degli Angeli facevano parte delle Mura Nuove edificate nel XVII secolo: esse correvano da Granarolo a San Benigno.
Tratti superstiti di queste mura e la Porta degli Angeli sopravvivono nei pressi del Cimitero della Castagna: un giorno ne parlerò in questa pagina.
Ci vediamo domani!
Ciao
Ciao e di nuovo complimenti per il lavoro! Da qualche parte conservo una piantina di Genova con tracciati i percorsi delle varie "generazioni" di mura della città. Se la ritrovo posso inviartela...
RispondiEliminaSaluti
Caro Riccardo,
Eliminagrazie per le Tue parole di apprezzamento.
Ti sarei grato se volessi aiutarmi nei miei studi e nelle mie ricerche con materiale in Tuo possesso inviadomi una mail a info@isegretideivicolidigenova.com
Antonio complimenti per il blog e per il lavoro che stai facendo. Io amo la mia città, da quando ho scoperto il tuo blog mi con messo a girare per il centro storico e non solo e fare foto. Sapevo della bellezza del nostro centro storico ma grazie a te ho appreso cose che non conoscevo e quindi mi hai dato l'imput e la voglia di saperne di più. Informazioni che nemmeno i genovesi conoscono. Ho anche notato che le ricerche su internet non sono facili.
RispondiEliminaPer dirne una sapere dove passavano ad esempio le varie cinte di mura della città che si sono succedute nei secoli.
Rimanendo in tema di mura, non riesco a collocare l'esatto punto dove era la porta Aurea in Portoria(in realtà un'idea ce l'avrei ma non sono sicuro), sapresti indicarmelo?
Saluti e ancora complimenti
Ciao
Non sono inserite le Mura delle Cappuccine a Carignano,
RispondiEliminawier haben auch die alte Stadtmauer dierekt vor unser fenster.
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