(the Genoese churches, les églises génoises, las iglesias genoveses, as igrejas genoveses, Генуэзских церквей, ジェノヴァの教会, 热那亚教堂, وجنوة الكنائس)
Di alcune chiese infine troverete per il momento solo qualche foto: in attesa di aver tempo di descrivervele, godetevi qualche immagine!
2. San Sisto
3. San Vittore
4. Sant'Antonio a Prè
5. San Carlo (poi Santi Vittore e Carlo)
6. Santi Gerolamo e Francesco Saverio
7. Santissima Annunziata del Vastato
8. Santa Fede
9. Santa Sabina
10. Nostra Signora del Carmine e Sant'Agnese
11. Sant'Agnese
12. San Bernardo dell'Olivella
13. San Bartolomeo dell'Olivella
14. San Nicolosio
15. Monastero della Santissima Annunciazione e della Santissima Incarnazione (più conosciuto come monastero delle Monache Turchine)
16. San Filippo
17. San Marcellino
18. San Pancrazio
19. San Siro
20. San Luca
21. San Francesco di Castelletto
22. Santa Maria Maddalena e San Girolamo Emiliani
23. San Matteo
24. San Domenico
25. Sant'Andrea
26. Gesù e dei Santi Ambrogio e Andrea
27. San Donato
29. San Lorenzo
30. Santissimo Nome di Maria e degli Angeli Custodi (detta anche "Chiesa delle Scuole Pie")
31. San Paolo (in Campetto)
32. Santa Maria delle Vigne
33. San Pietro in Banchi
34. San Marco al Molo
35. San Giorgio
36. San Torpete
37. Santi Cosma e Damiano
38. Santa Maria delle Grazie
39. Santa Maria di Castello
40. Santa Maria in Passione
41. Santa Maria delle Grazie la Nuova
42. Santa Croce
43. San Silvestro
44. San Salvatore
45. Sant'Agostino
46. SS. Madre di Dio
47. Santa Maria dei Servi
48. Santa Maria Assunta
49. Santa Maria in Via Lata
50. Santa Margherita della Rocchetta
51. San Giacomo Maggiore
56. Sant'Ignazio
57. San Leonardo
59. Santo Stefano
60. N.S. della Guardia o Santo Stefano Nuova
63. San Vincenzo Martire
72. Santa Caterina a Luccoli
74. Santissima Concezione - Padre Santo
80. SS. Incarnazione detto "delle Turchine"
83. San Barnaba
84. Santuario di Nostra Signora di Loreto a Oregina
85. Santa Maria Vergine e Brigida in scala coeli
86. Santa Teresa all'Acquaverde
88. N.S. della Visitazione
94. San Tommaso
95. Santissima Trinità e San Benedetto al Porto
97. San Francesco da Paola
98. San Vincenzo de' Paoli
99. San Teodoro
100. San Lazzaro
1. San Giovanni di Prè
Un'antica immagine della Commenda di Prè prima dei lavori che riapriranno le arcate al piano terreno ridonando all'intero complesso il suo aspetto originario |
Le splendide volte a crociera della chiesa superione di San Giovanni di Prè (foto di Antonio Figari) |
La selva di colonne della chiesa inferiore di San Giovanni di Prè (foto di Antonio Figari) |
L'antico refettorio di San Giovanni di Prè (foto di Antonio Figari) |
2. San Sisto
La cupola della Chiesa di San Sisto (foto di Antonio Figari) |
La statua di Maria Bambina custodita nella Chiesa di San Sisto (foto di Antonio Figari) |
Curiosa è la storia legata ad un busto che si trova entrando sulla sinistra: esso rappresenta il parroco Gerolamo Lercari, ucciso sull'altare della Chiesa il 27 dicembre 1601, come ricorda una lapide posta sotto il busto.
Il busto dedicato allo sfortunato Gerolamo Lercari (foto di Antonio Figari) |
3. San Vittore
Oltre a quanto riportato alla luce dai recenti scavi, c'è ancora una parte della Chiesa che è ben visibile dall'esterno: si tratta della parte terminale del campanile che, come un piccolo edificio di forma cubica, svetta sul terrazzo che fa da lastrico solare ed è ben visibile dalla Sopraelevata.
G. Brusco, planimetrie delle chiesa di San Vittore, San Sisto e Sant'Antonio di Prè |
4. Sant'Antonio a Prè
L'ingresso dell'Abbazia di Sant'Antonio (foto di Antonio Figari) |
Sant'Antonio e ai suoi piedi i maiali in Vico Inferiore del Roso, lungo il muro perimetrale dell'antica abbazia (foto di antonio Figari) |
Particolare del bassorilievo con Sant'Antonio e ai suoi piedi i maiali (foto di antonio Figari) |
Le colonne e gli archi dell'antico ospedale (foto di Antonio Figari) |
Il soffitto affrescato di Sant'Antonio di Pré (foto di Antonio Figari) |
5. San Carlo (poi Santi Vittore e Carlo)
L'interno della Chiesa dei Santi Vittore e Carlo visto da sopra l'altare (foto di Antonio Figari) |
Suore in preghiera il Venerdì Santo nella Chiesa dei Santi Vittore e Carlo (foto di Antonio Figari) |
L'edificio fu letteralmente scavato nella roccia. A questo proposito, per evitare che l'umidità della collina retrostante intaccasse i muri della Chiesa, venne creato uno spazio vuoto tra il muro del coro e la collina: se andate dietro al coro, Vi ritroverete in una intercapedine larga un metro, a nord la nuda roccia finemente scolpita, umida e pregna d'acqua, a sud invece il retro del muro del coro, asciutto e senza alcuna traccia d'umido.
L'intercapedine dietro l'abside nella Chiesa dei Santi Vittore e Carlo (foto di Antonio Figari) |
Al 1743 risale la ristrutturazione finanziata da Gerolamo Durazzo con il rifacimento la facciata e del loggiato decorati con stucchi e marmi.
L'interno della Chiesa, ad unica navata, pesantemente rimaneggiato tra il 1890 e il 1898 su progetto dell'architetto Maurizio Dufour, conserva alcune "chicche".
L'abside nella Chiesa dei Santi Vittore e Carlo dove si nota la data dei lavori di rifacimento (foto di Antonio Figari) |
L'altare maggiore, opera dello scultore G.B. Casella, proviene dalla diruta cappella della famiglia Sauli nella Chiesa di San Domenico. Dopo la distruzione di questo Convento, l'altare, smontato, venne dapprima destinato ad una Chiesa in Africa e in seguito invece venne portato qui dove lo vediamo oggi. Entro la nicchia era conservata una statua di San Domenico e alla base scolpite storie della vita del Santo. Data la posizione sopraelevata rispetto alla base dell'altare, i bassorilievi sopracitati, ancora presenti, sono quasi invisibili se non si ha la fortuna, come il sottoscritto, di poter camminare sopra l'altare e vederli a pochi centrimetri dagli occhi.
Entro la nicchia, ove un tempo vi era San Domenico, è oggi conservata la statua di N.S. della Fortuna: essa ha una storia molto particolare che la lega al mare e ad un miracolo, la conoscete?
La storia narra di un freddo giorno di inverno, il 17 gennaio 1636, nel quale una furiosa tempesta si abbatté sul porto di Genova distruggendo le navi in esso ancorate.
Altar maggiore con la statua di N.S. della Fortuna (foto di Antonio Figari) |
Tra le cappelle laterali degna di nota è la Cappella Franzoni con le statue del bolognese Algardi.
La Cappella Franzoni nella Chiesa dei Santi Vittore e Carlo (foto di Antonio Figari) |
La Chiesa conserva inoltre splendide opere pittoriche come "Santa Teresa" di Andrea Carlone, "San Giovanni della Croce" di Domenico Piola, "I Santi Anna, Francesco da Paola e Liborio" di Lorenzo de Ferrari e un "Presepe" e una "Adorazione dei Magi" di Orazio de Ferrari.
A seguito della chiusura della Chiesa di San Vittore, sconsacrata e chiusa a culto, di cui Vi ho parlato al precedente paragrafo 3, il titolo di San Vittore fu aggiunto a quello di San Carlo.
Una curiosità: se osservate lo sportello del tabernacolo del primo altare sulla destra noterete che la raffigurazione della Fede è stata dipinta con tre gambe!
Il particolare sportello di un altare laterale nella Chiesa dei Santi Vittore e Carlo (foto di Antonio Figari) |
Ed è proprio la parte della Chiesa riservata ai Balbi, il coro, il vero gioiello di questo edificio (il piano terreno conserva ancora tracce dell'antico edificio ma purtroppo non sono riuscito a visitarlo).
L'arco trionfale che immette nel coro reca al centro lo stemma Balbi sorretto da figure allegoriche; nella volta della coro è raffigurato "L'incontro di San Francesco Saverio con il Re del Bongo"; sulle pareti sono invece dipinti i dottori della Chiesa e l'Orchestra Celeste.
La facciata di qulla che fu la Chiesa dei Santi Gerolamo e Francesco Saverio (foto di Antonio Figari) |
L'interno dell'edificio (foto di Antonio Figari) |
Lo stemma Balbi sorretto da Allegorie (foto di Antonio Figari) |
(foto di Antonio Figari) |
(foto di Antonio Figari) |
(foto di Antonio Figari) |
(foto di Antonio Figari) |
7. Santissima Annunziata del Vastato
Il magnifico interno della Chiesa della Santissima Annunziata del Vastato
(foto di Antonio Figari) |
La cupola della Chiesa della Santissima Annunziata del Vastato (foto di Antonio Figari) |
8. Santa Fede
Particolare dell'interno della Chiesa di Santa Fede (foto di Antonio Figari) |
Le fondamenta dell'antica abside riaffiorate dopo i recenti restauri (foto di Antonio Figari) |
9. Santa Sabina
La facciata della Chiesa di Santa Sabina prima della sua demolizione |
L'interno di quella che fu la Chiesa di Santa Sabina, oggi filiale di una banca (foto di Antonio Figari) |
Le sue origini risalgono al VI secolo: distrutta nell'Alto Medioevo, nel 936 d.C., durante un'incursione saracena (i quali ebbero gioco facile poiché questa Chiesa si trovava fuori dalla cinta muraria nella quale fu inglobata solo nel 1155 quando vennero costruita le cosiddette Mura del Barbarossa), essa fu affidata ai Padri Benedettini i quali la ricostruirono tra il 1008 ed il 1036. Alizeri ci racconta che l'interno nei secoli successivi subì rifacimenti in stile gotico.
Al periodo romanico risalgono i resti che ancora oggi possiamo vedere. La Chiesa di Santa Sabina infatti, dopo essere stata soppressa come parrocchia nel 1931 (il titolo sarà trasferito alla nuova chiesa di Santa Sabina in Via Donghi), fu in parte demolita e trasformata in sala cinematografica nel 1939. Oggi è divenuta la filiale di una banca: su Via delle Fontane nulla è rimasto dell'antico edificio, ma entrando noterete sulla parete opposta dell'edificio la parte absidale dell'edificio che la scelleratezza dell'uomo ha risparmiato dall'abbattimento.
L'abside di quella che fu la Chiesa di Santa Sabina (foto di Antonio Figari) |
"Annunciazione (Incarnazione)", opera di Bernardo Strozzi (foto di Antonio Figari) |
Alcuni capitelli e rocchi da semicolonna di scuola lombarda, in pietra nera di Promontorio e databili XI Secolo, provenienti da questa Chiesa, sono conservati oggi nel Museo di Sant'Agostino.
Un capitello di scuola lombarda, proveniente dalla Chiesa di Santa Sabina, oggi conservato nel Museo di Sant'Agostino (foto di Antonio Figari) |
Gli altari, la Statua di Santa Sabina, le colonne in marmo verde e altre parti dell'antico edificio furono trasferiti nella nuova parrocchia di Santa Sabina che venne edificata in Via Donghi e dove tuttora sono visibili.
Se vi infilate in Vico Croce Bianca, come Vi documento nella foto qui sotto, Vi apparirà in lontananza l'esterno dell'abside. Purtroppo il cortile sulla quale l'abside stessa insiste è chiuso da cancelli ma se suonate il campanello di un'associazione che ha lì sede non è difficile che Vi aprano e possiate goderVi da vicino la bellezza di quel che rimane di una delle più antiche Chiese della Superba.
L'abside della Chiesa di Santa Sabina visto da Vico Croce Bianca (foto di Antonio Figari) |
Particolare dell'abside di Santa Sabina (foto di Antonio Figari) |
L'abside di Santa Sabina visto dall'alto (foto di Antonio Figari) |
10. Nostra Signora del Carmine e Sant'Agnese
La Chiesa di Nostra Signora del Carmine e Sant'Agnese vista da Corso Carbonara (foto di Antonio Figari) |
Nicolò Traverso, La Gloria di Sant'Agnese |
La colonna di Sant'Agnese a fianco dell'ascensore (foto di Antonio Figari) |
Particolare della colonna di sant'Agnese (foto di Antonio Figari) |
12. San Bernardo dell'Olivella
Il portale di San Bernardo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
La facciata di San Bernardo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
Una bifora in facciata di San Bernardo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
L'interno di San Bernardo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
L'altare di San Bernardo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
Gli stucchi e la cantoria alla destra dell'altare di San Bernardo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
Particolare degli stucchi della parete destra della Chiesa di San Bernardo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
13. San Bartolomeo dell'Olivella
La facciata di San Bartolomeo dell'Olivella prima dei restauri del 2012 (foto di Antonio Figari) |
La facciata di San Bartolomeo dell'Olivella nel dicembre 2012 dopo i restauri (foto di Antonio Figari) |
Il
portale gotico e parte delle antiche mura perimetrali del Monastero di
San Bartolomeo dell'Olivella su Salita San Bartolomeo del Carmine
(foto di Antonio Figari) |
Il portale barocco del Monastero di San Bartolomeo dell'Olivella su Salita Carbonara (foto di Antonio Figari) |
Le quadrature architettoniche sono opera del bolognese Paolo Brozzi, le decorazioni del quale troviamo anche in altri luoghi genovesi come nel salone di Palazzo Pantaleo Spinola in Via Garibaldi o in un salotto di Palazzo Giacomo e Pantaleo Balbi in Via Balbi.
Eccovi le foto:
La splendida volta affrescata di San Bartolomeo dell'Olivella nel suo complesso (foto di Antonio Figari) |
Particolare della volta e il rosone di San Bartolomeo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
Particolare della volta di San Bartolomeo dell'Olivella con San Bartolomeo (foto di Antonio Figari) |
Particolare della volta di San Bartolomeo dell'Olivella con la discesa dello Spirito Santo in occasione della Pentecoste (foto di Antonio Figari) |
Particolare della volta di San Bartolomeo dell'Olivella con un angelo (foto di Antonio Figari) |
Particolare della volta dal quale si capisce a che altezza sia il soppalco in cemento armato del ventesimo secolo (foto di Antonio Figari) |
Le facciate colorate del quartiere del Carmine viste dal tetto della Chiesa di San Bartolomeo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
Il campanile a vela della Chiesa di San Bartolomeo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
La lapide marmorea posta sopra l'ingresso del chiostro di San Bartolomeo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
Il chiostro di San Bartolomeo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
Gli archi e le volte a crociera del chiostro di San Bartolomeo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
Altra immagine del chiostro di San Bartolomeo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
Un affresco nel chiostro di San Bartolomeo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
Un'altra immagine del cortile interno del chiostro di San Bartolomeo dell'Olivella
(foto di Antonio Figari) |
Colonne in marmo, capitelli e scale in ardesia nel Monastero di San Bartolomeo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
Soffitto di legno del Monastero di San Bartolomeo dell'Olivella (foto di Antonio Figari) |
Un'antica immagine di San Nicolosio
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La
facciata della San Nicolosio oggi, divenuta parte del sovrastante
palazzo moderno, il quale nasconde quasi del tutto le antiche forme
della Chiesa
(foto di antonio Figari) |
Un curiosità: il calice che ancora oggi viene usato per servir Messa è stato donato dalla madre di Giuseppe Mazzini che, insieme alla famiglia, presso la Chiesa abitò dopo essersi trasferiti da Via Lomellini.
L'interno della Chiesa di San Nicolosio (foto di Antonio Figari) |
L'antico ingresso di San Nicolosio visibile solo entrando nel cortile di quello che fu il monastero (foto di Antonio Figari) |
Il cortile dietro al Chiesa di San Nicolosio, antico cimitero delle monache del monastero (foto di Antonio Figari) |
15. Monastero della Santissima Annunciazione e della Santissima Incarnazione (più conosciuto come monastero delle Monache Turchine)
Quello che oggi è il risseu che decora il cortile interno di Palazzo Reale un tempo era all'interno del convento delle Turchine (foto di Antonio Figari) |
16. San Filippo
La Chiesa di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
Particolare della facciata di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
L'interno della Chiesa di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
17. San Marcellino
Il campanile di San Marcellino (foto di Antonio Figari) |
La facciata della Chiesa di San Pancrazio (foto di Antonio Figari) |
Nella ricostruzione si decise di invertire il senso della Chiesa e così, come avvenne in tante altre Chiese genovesi, quello che era l'abside diventò l'ingresso.
Se percorrete i vicoli alla destra e alla sinistra della Chiesa, sul fondo potrete ancora notare gli antichi archi e pilastri medievali da dove si entrava in Chiesa anticamente.
La Chiesa di San Pancrazio dopo i bombardamenti della Seconda Guerra mondiale
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Lo splendido trittico fiammingo di San Pancrazio (foto di Antonio Figari) |
19. San Siro
19.1 La Chiesa
La cupola della Chiesa di San Siro vista dall'ingresso laterale (foto di Antonio Figari) |
Una delle meraviglie della Chiesa di San Siro è questo "tendone" di stucco che fuoriesce dalla facciata laterale (foto di Antonio Figari) |
I magnifici affreschi di Giovanni Battista Carlone nella Chiesa di San Siro (foto di Antonio Figari) |
La cupola della Chiesa di San Siro (foto di Antonio Figari) |
L'abside della Chiesa di San Siro (foto di Antonio Figari) |
19.3 Bagni San Siro
Il padiglione centrale e la cupola dei Bagni San Siro (foto di Antonio Figari) |
Parte delle strutture interne e sullo sfondo alcune delle piastrelle degli antichi Bagni (foto di Antonio Figari) |
Particolare della Struttura in ghisa dei Bagni (foto di Antonio Figari) |
Particolare della Struttura in ghisa dei Bagni (foto di Antonio Figari) |
Il tutto è sormontato da una cupola dall'orientaleggiante forma a bulbo, che tanto ricorda strutture arabe ma anche quelle pagode dei templi buddisti dai tetti d'oro dell'estremo oriente.
La cupola dei Bagni San Siro (foto di Antonio Figari) |
La facciata di San Luca (foto di Antonio Figari) |
La splendida cupola della Chiesa di San Luca con l' "Incoronazione della Vergine" affrescata da Domenico Piola
(foto di Antonio Figari)
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Un'immagine della Chiesa di San Luca alzando lo sguardo in alto
(foto di Antonio Figari)
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L'interno della Chiesa di San Luca
(foto di Antonio Figari)
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21. San Francesco di Castelletto
Disegno della facciata di quella che fu la Chiesa di San Francesco di Castelletto (foto di Antonio Figari) |
La facciata, con le tipiche bande bianco e nere di marmo e pietra di Promontorio, si affacciava sull'odierna Salita di San Francesco, dietro Palazzo Bianco di Via Garibaldi (il quale verrà edificato proprio confinante con il complesso conventuale).
Ciò che resta del monumento funebre di Margherita di Brabante, conservato al Museo di Sant'Agostino (foto di Antonio Figari) |
Una delle colonne della Chiesa di San Francesco, oggi addossata al palazzo che sorge su parte dell'antica Chiesa (foto di Antonio Figari) |
Altre colonne addossate al palazzo costruito su parte della Chiesa (foto di Antonio Figari) |
L'altro chiostro del Convento, demolito nell'ottocento, si trovava dove oggi sorgono le palazzine dietro Palazzo Tursi.
Su Salita San Francesco, proprio dove un tempo vi era la facciata della chiesa, si possono osservare due grandi colonne, un tempo facenti parte della cappella dedicata a Sant'Antonio di cui sorreggevano l'altare.
Un
cortile, un prato, resti di colonne e fondamenta disegnate nel terreno
non è tutto ciò che rimane della Chiesa di San Francesco di Castelletto
(foto di Antonio Figari) |
22.1 La Chiesa
Con la costruzione delle Mura cosiddette del Barbarossa la Chiesa viene inglobata all'interno della cinta muraria.
La volta della Chiesa di Santa Maria Maddalena e San Girolamo Emiliani (foto di Antonio Figari) |
La cupola della Chiesa di Santa Maria Maddalena e San Girolamo Emiliani (foto di Antonio Figari) |
La Natività di Tommaso Orsolino nella Chiesa di Santa Maria Maddalena e San Girolamo Emiliani (foto di Antonio Figari) |
A fianco dell'altare, prima della sacrestia, sono conservate ancora le statue trecentesche un tempo sulla balaustra.
A nord della Chiesa c'è ancora l'antico Chiostro, in parte tamponato, dal quale alzando gli occhi si gode una splendida vista della cupola della Chiesa.
22.2 Il mistero dell'Ordine dei Rosacroce
Avete mai sentito parlare dell'ordine dei Rosacroce?
La lastra tombale con la rosa
(foto di Antonio Figari) |
23.1 La Chiesa
Fondata nel 1125 da Martino Doria per dare alla sua famiglia una cappella gentilizia fu trasformata esternamente nelle forme gotiche che ancora oggi vediamo nel 1278.
Una foto ottocentesca di Alfred Noack della Chiesa di San Matteo
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L'Allegoria dell'Autunno in facciata della Chiesa di San Matteo (foto di Antonio Figari) |
La cupola e sulla sinistra il piccolo campanile della Chiesa di San Matteo (foto di Antonio Figari) |
L'interno fu rinnovato nel Cinquecento per volere di Andrea Doria ed i lavori furono affidati prima a Montorsoli e poi al Bergamasco.
L'interno della Chiesa di San Matteo (foto di Antonio Figari) |
La "Deposizione di Cristo nel Sepolcro" opera di Anton Maria Maragliano (foto di Antonio Figari) |
Il pozzo al centro del Chiostro di San Matteo e le colonne binate sullo sfondo (foto di Antonio Figari) |
Il lungo filare delle colonne binate nel Chiostro di San Matteo
(foto di Antonio Figari) |
Uno dei corridoi coperti che corrono intorno al Chiostro di San Matteo (foto di Antonio Figari) |
La storia del chiostro di San Matteo, come quella della omonima Chiesa, si lega alle guerre tra Genova e Venezia ed in particolare alla vittoria dei Genovesi sui Veneziani avvenuta a Curzola l'8 settembre 1298, battaglia nella quale i genovesi fecero 7.000 prigionieri veneziani tra cui Marco Polo che a Genova scriverà il suo Milione.
Particolare del capitello nell'angolo nord-ovest del Chiostro di San Mattteo (foto di Antonio Figari) |
Particolarmente bella è la cassa marmorea voluta nel 1356 da Raffaello Doria, come recita l'iscrizione su di essa, per custodirvi i corpi dei Santi Martiri Mauro ed Eleuterio, raffigurati sui lati della cassa: i corpi dei due Santi furono trafugati da Pagano Doria a Parenzo l'11 agosto 1354 durante la guerra con Venezia (ecco un altro collegamento con la città lagunare) per essere custoditi all'interno della Chiesa di San Matteo fino al 1934 quando furono restituiti alla città istriana e la cassa oramai vuota venne collocata nel chiostro.
La cassa dove erano custoditi i corpi dei Santi Mauro ed Eleutetio (foto di Antonio Figari) |
Incisione di F.B. Werner raffigurante il Convento di San Domenico
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G. Brusco - "Pianta della chiesa e convento di S. Domenico come sta al presente" in un album di progetti per adattarlo a sede del Direttorio Nazionale, 1798 |
Luigi Garibbo "Rovine di San Domenico" (Genova, Collezione topografica del Comune) |
25. Sant'Andrea
Il Chiostro di Sant'Andrea (foto di Antonio Figari) |
Un capitello raffigurante un angelo (foto di Antonio Figari) |
Capitello zoomorfo del Chiostro di Sant'Andrea (foto di Antonio Figari) |
26. Gesù e dei Santi Ambrogio e Andrea
La facciata della Chiesa del Gesù (foto di Antonio Figari) |
I fiori del Sepolcro del Venerdì Santo del 2013 (foto di Antonio Figari) |
27. San Donato
27.1 La Chiesa
La Chiesa di San Donato dopo i pesanti bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale: solo il campanile è rimasto miracolosamente in piedi senza danni |
La facciata della Chiesa di San Donato (foto di Antonio Figari) |
L'interno della Chiesa di San Donato (foto di Antonio Figari) |
Le bifore del falso matroneo della Chiesa di San Donato (foto di Antonio Figari) |
27.2 San Donato e l'indulgenza quotidiana
"INDULGENTIA PLENARIA QUOTIDIANA PERPETUA", così recita questa lapide marmorea posta sopra l'ingresso della Chiesa di San Donato: partecipando alla celebrazione eucaristica in questa chiesa e alle condizioni che vi vengono richieste, potrete beneficiare dell'indulgenza tutti i giorni.
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(foto di Antonio Figari) |
28. San Bernardo
In quella che chiamiamo Piazza San Bernardo, nell’edificio che fa angolo con Vico Vegetti, oggi occupato una scuola e al piano terreno dalla bottega storica “Moretti”, sorgeva un tempo la Chiesa dedicata a questo Santo, uno dei patroni della nostra città dal 1625.
Essa venne edificata nel 1627, a seguito di un voto fatto da Genovesi dopo il buon esito della guerra contro il Ducato di Savoia capitanato da Carlo Emanuele, sulle fondamenta del demolito palazzo di Claudio De Marini, colpevole di congiura contro la Repubblica.
Il Canalis così descrive la vicenda: “Questo santo abbate di Chiaravalle molto amorevole de’ genovesi venne eletto protettore di Genova nel 1625, e due anni appresso si cominciò ad eseguire il voto del senato innalzandogli a spese pubbliche una chiesa offerta a’ cistercensi riformati detti fogliesi, ed anche bernardoni, con parte de’ 7 maggio 1628 accetta in Roma da’ superiori dell’Ordine il dì 4 ottobre dell’anno medesimo” (N. Perasso, “Memorie e notizie di chiese e opere pie di Genova”).
Secondo l’Alizeri architetto dell’edificio fu Francesco da Novi.
L’Anonimo del 1818, nella sua descrizione della città di Genova, così descrive gli interni “La tavola dell’altar maggiore con la Vergine e il santo Titolare è del Borzone, quelle alle due cappelle del Battesimo di Cristo e del Crocefisso son del Merani. La statua della Vergine è di Giovan Battista Bissoni.”
L’attigua area di Palazzo Paolo De Benedetti, il cui ingresso è su Piazza San Donato, nel corso nel XVII Secolo, insieme ad alcuni edifici adiacenti, diventa sede del Convento di San Bernardo.
Nella Chiesa, espropriata, prima del 1846 viene istituita una Scuola di Carità per 300 bambini, come ci racconta l’Alizeri.
Nel 1875 viene ristrutturata e diventa una scuola comunale. Oggi è ancora sede di una scuola, mentre i locali al pian terreno sono occupati dalla bottega storica “Moretti”.
Dell’antica chiesa rimangono alcune lapidi (una al pian terreno dell'edificio che la ospitava ed altre in facciata nel retro del palazzo stesso) ed il campanile, che ha perso l’antica funzione venendo suddiviso in appartamenti ma non la caratteristica forma allungata che svetta sui palazzi adiacenti (vi rimando alla pagina de i CAMPANILI di GENOVA per approfondire).
Una curiosità del rapporto tra i genovesi e San Bernardo: dopo la sua elezione tra i protettori della città il santo comparirà anche nelle monete genovesi o meglio in una moneta, il “cavallotto” d’argento (solo un esemplare, di questa rarissima moneta, risalente al 1630, è giunto fino a noi). Sulla moneta, intorno alla figura del santo vi è la scritta "non obliviscar tui", frase tratta da una lettera che San Bernardo aveva scritto ai genovesi. Si pensa che questa moneta sia stata emessa per celebrare l'elezione di San Bernardo a Protettore della Repubblica nel 1625.
Il campanile di San Bernardo, in primo piano al centro della foto, e dietro la Facoltà di Architettura e il campanile di San Silvestro (foto di Antonio Figari) |
Una foto ottocentesca di Alfred Noack della Cattedrale di San Lorenzo |
Il meraviglioso interno della Cattedrale di San Lorenzo la cui bellezza è ancor più esaltata dal gioco di luci ed ombre (foto di Antonio Figari) |
Le arcate tra una navata e l'altra in San Lorenzo (foto di Antonio Figari) |
L'interno di San Lorenzo visto dalla Tribuna del Doge (foto di Antonio Figari) |
La loggia di Giovanni da Gandria sulla torre nord-est della Cattedrale di San Lorenzo (foto di Antonio Figari) |
29.1 La lunetta sopra il portale
Particolare della facciata della Cattedrale di San Lorenzo con in primo piano la lunetta (foto di Antonio Figari) |
L'area ove sorge la Cattedrale di San Lorenzo in epoca pre-romana era una necropoli e questa funzione continuò anche in età romana: molti sarcofagi della necropoli romana furono riutilizzati e inseriti in facciata lungo le fasce di marmo bianco ed ancora oggi sono visibili anche se posti a parecchi metri da terra.
29.3 La scacchiera, il cagnolino, l'asino con l'arpa e gli altri misteriosi simboli della facciata del Duomo
La scacchiera incastonata in facciata di San Lorenzo (foto di Antonio Figari) |
Secondo un'altra interpretazione invece essa sarebbe la scacchiera usata da Megollo Lercari nella partita contro Andronico (di cui trovate la storia nella pagina de i PALAZZI privati (seconda parte) nel paragrafo dedicato a Palazzo Franco Lercari).
Il 9 febbraio 1941 alle 8:15 inizia un pesante bombardamento su Genova ad opera degli inglesi: tra i tanti, un proiettile da 381 mm, tirato dai cannoni della corazzata "HMS Malaya" o dell'incrociatore da battaglia "HMS Renown", sfonda il tetto della Cattedrale di San Lorenzo e cade a terra senza esplodere.
In realtà, quello che vediamo esposto in San Lorenzo, intatto, è un proiettile identico a quello caduto sulla Cattedrale il quale, miracolosamente inesploso, fu fatto brillare in mare. Le cronache dell'epoca infatti raccontano che "sotto la direzione delle autorità militari preposte alla difficile e pericolosa operazione, è stato rimosso da S. Lorenzo il proiettile rimastovi inesploso la mattina del 9. A mezzo di grue costruita appositamente da artiglieri e da operai specializzati nell'interno del duomo, il proiettile a cui era stata tolta la spoletta, è stato sollevato e caricato su un carrello con le ruote di gomma, quindi trasportato fuori dalla Chiesa, dove, a mezzo della grue dei Vigili del Fuoco, è stato susseguentemente trasbordato sopra un autocarro che si è poi diretto al mare. Il micidiale ordigno è stato caricato poi su una chiatta e trasportato al largo, dove è stato gettato in mare. La difficoltosa operazione è costata cinque ore di lavoro." (Secolo XIX, 18 febbraio 1941).
La lapide che è accanto al proiettile, che lo descrive come il proiettile originale, andrebbe quindi modificata.
Poco importa in realtà che sia l’originale o una copia, quello che importa davvero è ciò che il "proiettile", o "bomba" che dir si voglia, significa per noi genovesi: un ricordo indelebile di quello che fu la guerra per la nostra città ed in particolare quel 9 febbraio 1941 quando le bombe inglesi fecero morti e feriti in tutta la città, ed allo stesso tempo un evento miracoloso che preservò San Lorenzo dalla distruzione.
29.5 Il Museo del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo
La sala centrale del Museo (foto di Antonio Figari) |
Nella prima sala è conservato il Sacro Catino (manifattura romana del I-V secolo d.C. o araba IX-X secolo d.C.), simbolo del Museo, che la tradizione identifica come il piatto usato per consumare l'agnello pasquale durante l'Ultima Cena: per secoli considerato di smeraldo, si tratta in realtà di un piatto di vetro verde soffiato in uno stampo, di forma esagonale. Esso fu portato a Genova da Guglielmo Embriaco dopo la conquista di Cesarea avvenuta nel 1101. Jacopo da Varagine nella sua "Legenda Aurea" racconta della ripartizione del bottino della città di Cesarea in tre parti: il Sacro Catino, la città ed il bottino. Re Baldovino avrebbe lasciato la scelta ai Genovesi i quali, trascurate le altre parti, avrebbero optato per il vaso allora creduto di smeraldo.
Napoleone se ne impadronì e lo portò a Parigi: lì venne studiato e venne appurato che si trattasse di vetro e non smeraldo. Il Sacro Catino tornò in seguito a Genova rotto in dieci pezzi e mancante di un lacerto centrale (probabilmente si ruppe durante il viaggio di ritorno da Torino a Genova).
Oggi, dopo un accurato restauro presso i laboratori dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, il Sacro Catino è stato riparato e si presenta intero.
- la Croce stauroteca, detta degli Zaccaria (contenente un pezzo della Vera Croce: per questo motivo si dice "stauroteca"), posizionata proprio all'ingresso della sala, come all'inizio di una processione: in argento dorato, impreziosita da perle e pietre preziose, essa fu commissionata nel IX Secolo da Barda, fratello dell'Imperatrice madre Teodolinda che ne fece dono alla Basilica di San Giovanni Evangelista di Efeso. Dopo varie vicissitudini giunse a Genova portata dalla famiglia Zaccaria che ne fece dono alla Cattedrale (prima di giungere qui fu per lungo tempo ospitata nel palazzo degli Zaccaria in Via San Bernardo; al suo posto Marcantonio Sauli edificherà la sua residenza nel 1523).
- il piatto di San Giovanni Battista che secondo la tradizione sarebbe stato usato per accogliere la testa del Santo al momento della decollazione. Il piatto, in calcedonio, è di produzione romana e risale al primo secolo d. C. mentre la decorazione che lo incornicia, in oro e rubini, con la testa del Battista, lavorata a sbalzo e smaltata, è opera di artisti di Limoges e risale al XV secolo. Questa decorazione è stata fatta per nascondere la rottura del piatto. Il piatto fu donato alla Protettoria della Cappella di San Giovanni Battista da Papa Innocenzo VIII (il genovese Giovanni Battista Cybo) in punto di morte. Il Pontefice lo aveva a sua volta ricevuto in dona dal Cardinale Balue, consigliere del re di Francia.
- l'Arca processionale delle ceneri di San Giovanni Battista: a forma di chiesa gotica in miniatura, nella parte centrale della stessa sono narrate le storie del Precursore. L'arca venne commissionata dai Priori della Cappella del Battista e realizzata tra il 1438 ed il 1445 da Teramo Danieli, di cui abbiamo la firma, a cui subentrò Simone Caldera. Essa viene portata in processione per le vie della città ogni anno il 24 giugno, giorno di San Giovanni Battista;
29.6 Il chiostro dei Canonici di San Lorenzo Il chiostro della Cattedrale di San Lorenzo fu antica dimora dei Canonici della stessa e per questo è ancora oggi detto "dei Canonici": edificato nel XII secolo, la sua struttura è formata da due piani di archi poggianti su colonne marmoree binate romaniche con capitelli a foglia d'acqua. Nel 1653 fu ampliato l'edificio poggiante su parte del chiostro e a due lati dello stesso vennero sostituite le antiche colonne romaniche con più possenti pilastri.
Il chiostro è oggi parte del Museo Diocesano, uno dei più bei Musei cittadini, che conserva al suo interno preziose pitture parietali nelle sale al primo piano. Se volete approfondire la storia di questo luogo vi rimando al mio canale Youtube e al video ad esso dedicato. Eccolo: |
Il Campanile di San Lorenzo si specchia nelle vetrate del Chiostro dei Canonici (foto di Antonio Figari) |
Lo Splendido Chiostro dei Canonici di San Lorenzo (Foto di Antonio Figari) |
Particolare delle colonne binate del Chiostro dei Canonici di San Lorenzo (foto di Antonio Figari) |
Le colonnine binate del Chiostro dei Canonici di San Lorenzo (Foto di Antonio Figari) |
Nei pressi di Piazza San Lorenzo, imboccato Vico del Filo, Vi ritroverete in una piazza dalla forma rettangolare, Piazza delle Scuole Pie: uno dei suoi lati è occupato dalla Chiesa intitolata al Santissimo Nome di Maria e degli Angeli Custodi.
La facciata della Chiesa del Santissimo nome di Maria e degli Angeli Custodi (foto di Antonio Figari) |
Fu l'Ordine dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio, anche noti come Chierici delle Scuole Pie o Padri Scolopi, ordine fondato dallo spagnolo José Calasanz (San Giuseppe Calasanzio), a volere l'edificazione di questa Chiesa.
Essi erano presenti a Genova fin dal 1623. Nel 1627 si stanziarono nei pressi di Piazza delle Scuole Pie, dove nel loro Collegio davano un'istruzione gratuita ai giovani delle classi meno abbienti, prendendo in affitto parte di un edificio sito tra Vico dei Ragazzi, Vico Squarciafico, Piazzetta dei Ragazzi e Vico delle Scuole Pie.
Tra il 1708 ed il 1713 fu edificata la nuova Chiesa (quella che oggi affaccia su Piazza delle Scuole Pie) su preesistenti edifici medievali dei Cicala, le cui mura sono visibili nelle fondamenta dell'edificio, intitolata al Santissimo Nome di Maria e degli Angeli Custodi che ha la particolarità di avere sopra la propria "testa" il Collegio degli Scolopi: se guardate infatti la facciata della Chiesa noterete che sopra la stessa un altro edificio si erge, una soluzione originale dettata dal poco spazio a disposizione come spesso accade nei vicoli di Genova.
Committente dell'opera fu Domenico Sauli il quale affidò il progetto all'architetto Giacomo Ricca.
Entrati dentro Vi ritroverete immersi nello splendore dei marmi bianchi e colorati intarsiati e alzando gli occhi negli splendidi affreschi, ecco le foto degli interni:
Colori tenui per la cantoria lignea sopra l'ingresso della Chiesa (foto di Antonio Figari) |
Una delle Formelle raffiguranti le Storie della Vita della vergine opera dello Schiaffino, del Cacciatori e del Traverso (foto di Antonio Figari) |
31. San Paolo (in Campetto)
La Chiesa di San Paolo sorgeva anticamente in Campetto. Questa parrocchia gentilizia fu fatta erigere da Simone Camilla nel 1216; successivamente ceduta ai religiosi regolari di San Paolo, i Padri Barnabiti, rimase dell'Ordine fino al 1798 quando, come accadde anche negli altri ordini religiosi, questa chiesa fu espropriata e venne trasformata in un teatro popolare nel 1813. Esso era chiamato "da Campetto" ed ospitava spettacoli di prosa, marionette e saltinbanchi. La storia di detto teatro la trovate al paragrafo 4 nella pagina de "i TEATRI storici".
32. Santa Maria delle Vigne
a. La Chiesa
Il Campanile e la Cupola della Chiesa di Santa Maria delle Vigne viste da palazzo Francesco Maria Doria (foto di Antonio Figari) |
L'interno della Chiesa di Santa Maria delle Vigne (foto di Antonio Figari) |
ralci e viti incastonati nello splendido pavimento policromo di Santa Maria delle Vigne (foto di Antonio Figari) |
I tralci e le viti scolpiti nel marmo dell'altare maggiore di Santa Maria delle Vigne (foto di Antonio Figari) |
Le splendide finestre polilobate della Sacrestia di Santa Maria delle Vigne (foto di Antonio Figari) |
a.1 La Madonna della Vita
Dell'originario stile romanico in cui era stata edificata la Chiesa, oltre al campanile, al chiostro e ai muri perimetrali, rimane una colonna di marmo verde di Levanto, con tutta probalità colonna romana di recupero, decorata con una Madonna che allatta il Bambino, comunemente conosciuta come la "Madonna della Vita", risalente al XIV Secolo ed inserita in una edicola barocca settecentesca.
Questa colonna si trova nella navata destra tra il primo ed il secondo altare.
Secondo Federico Alizeri, autore della "Guida Artistica per la città di Genova" del 1846, una delle bibbie per chi vuole conoscere a fondo Genova, questa colonna fu risparmiata dai lavori di restauro e conservata proprio per la presenza di questa immagine molto venerata dai fedeli.
Ancora oggi le future mamme si rivolgono a Lei: se vi capita di andarLa a trovare noterete infatti molti bavaglini appesi ai lati dell'immagine sacra.
Colonna con l'immagine della Madonna della Vita (foto di Antonio Figari) |
b. Il chiostro
Il chiostro adiacente alla Basilica dell Vigne è ad essa collegato da un passaggio soprelevato che passa dentro il campanile.
Secondo le più antiche fonti storiche, esso fu edificato intorno al 1025.
Antica dimora dei canonici della Basilica, e tuttora loro dimora, conserva ancora l'originaria forma quadrata, con colonne e capitelli di pietra nera, tipica del territorio genovese, benchè nei secoli alcuni archi vennero murati per ricavare spazi chiusi.
Per visitarlo, Vi basta percorrere la via laterale alla Basilica delle Vigne e, poco prima dell'arco che sostiene il campanile, troverete il suo ingresso.
Uno scorcio del Chiostro delle Vigne (Foto di Antonio Figari) |
Un altro scorcio del Chiostro delle Vigne (foto di Antonio Figari) |
Uno dei capitelli neri del Chiostro delle Vigne (foto di Antonio Figari) |
Sotto l'archivolto che regge il campanile, vi è una splendida tomba ad arcosolio la cui parte inferiore è uno splendido sarcofago romano del II Secolo, giunto a Genova nel Medievo, sul quale è scolpito il mito greco di Alcesti (oggi l'originale è conservato al Museo Diocesano e alla Vigne vi è una copia): si tratta del sepolcro di Anselmo D'Incisa, nobile genovese, medico, alchimista e astronomo che lavorò alla corte di Papa Bonifacio VIII e del Re di Francia Filippo il Bello.
All'interno del sarcofago sono stati ritrovati quattro corpi, tre maschili ed uno femminile: di essi l'unico identificato con certezza è quello di Leonora Doria, morta nel 1335; i tre maschili dovrebbero essere Pietro Vivaldi, marito di Leonora, Anselmo D'Incisa e suo figlio Giovanni (quest'ultimo, seguendo le orme del padre, fu un famoso archiatra ossia medico di corte). Il perché siano stati sepolti insieme queste quattro persone rimane un mistero.
Un curiosità, anzi due, sono legate a questa tomba: sulla lapide è riportata la data di morte di Anselmo D'Incisa, 4 dicembre 1304; da un atto di vendita di una casa sappiamo tuttavia che Anselmo era ancora vivo nel 1308. Il giorno della settimana di questa e delle lapidi presenti nel vicino chiostro delle Vigne è sempre lo stesso, il venerdì.
Il sepolcro di Anselmo d'Incisa (foto di Antonio Figari) |
33. San Pietro in Banchi
La facciata dipinta della Chiesa di San Pietro in Banchi (foto di Antonio Figari) |
La Chiesa di San Pietro in Banchi ha avuto una vita piuttosto movimentata, potremmo quasi dire che ha vissuto più vite.
Essa venne eretta nel 862 d.C. su preesistente edificio di culto pagano dal chierico Agostino il quale volle donarla ai monaci benedettini del Monastero di San Colombano.
Detta di San Pietro della Porta, sorgeva lungo le mura accanto all'omonima Porta lungo l'asse nord sud e non est ovest come oggi e più adiacente all'odierno archivolto delle Cinque Lampadi. Recenti indagini archeologiche hanno riportato alla luce nella vicina Piazza de Marini, che sorge dietro l'odierna abside, antichi moli cittadini: ciò significa che la prima Chiesa di San Pietro in Banchi aveva la sua facciata rivolta a sud a pochi passi dal mare.
Nel 1398 un rovinoso incendio, avvenuto durante uno scontro cittadino tra guelfi e ghibellini, segnò l'inizio del suo declino e l'allontanamento dei frati benedettini: dopo averla riparata infatti si continuò a celebrar Messa solo fino verso la fine del XV secolo quando la Chiesa, oramai in rovina, venne demolita e al suo posto venne eretto un palazzo dalla nobile famiglia dei Lomellini.
Nel 1579 a seguito del Voto dei Genovesi durante l'epidemia della peste il Senato della Repubblica decise di ricostruire l'antica Chiesa.
La sua costruzione iniziò nel 1581 per concludersi nel 1585: il lavoro fu affidato a Taddeo Carlone e dopo la sua morte al suo allievo Daniele Casella.
La particolarità di questo progetto è nella sua struttura: invece di demolire del tutto il palazzo Lomellini che ivi sorgeva, si decise di risparmiare il piano terreno dove furono sistemate alcune botteghe. La nuova Chiesa venne innalzata quindi al piano superiore e proprio la vendita e la locazione delle botteghe del piano stradale permisero di finanziare il suo completamento. E se a qualcuno di Voi la cosa farà storcere il naso ricordando Gesù e le Sua cacciata dei mercanti dal Tempio, ricordate che qui le botteghe non sono nel Tempio, ma sotto di esso!?!
Secondo un'altra interpretazione, si volle costruire la Chiesa in posizione sopraelevata rispetto alla piazza per separare il sacro dal profano.
Una scenografica scala, luogo in cui trovò la morte il musicista Stradella, il fantasma del quale ancora si aggira in Banchi (trovate la sua storia nella pagina de "i FANTASMI di GENOVA" al paragrafo 12), congiunge la piazza alla Chiesa.
Gli splendidi stucchi degli interni con le storie della Passione di Cristo risalgono al 1603 e sono opera di Marcello Sparzo e Raffaele Storace. I quattro spicchi della cupola con gli evangelisti sono stati dipinti da Paolo Gerolamo Piola , figlio di Domenico. Le statue di marmo delle cappelle laterali sono state scolpite da Carlone e Casella, i due architetti che progettarono la Chiesa.
La volta della Chiesa di San Pietro in Banchi con le figure dei quattro evangelisti opera di Paolo Gerolamo Piola (foto di Antonio Figari) |
Gli stucchi dell'abside della Chiesa di San Pietro in banchi (foto di Antonio Figari) |
Due delle statue che adornano gli altari laterali della Chiesa di San Pietro in Banchi (foto di Antonio Figari) |
Particolare degli affreschi del porticato (foto di Antonio Figari) |
La travagliata storia di questa Chiesa e della sua rovina e ricostruzione continua: i bombardamenti del 15 novembre 1942 sventrano in parte la facciata e la navata centrale di San Pietro in Banchi.
La Chiesa di San Pietro in Banchi dopo i pesanti bombardamenti del 15 novembre 1942 |
San Pietro in Banchi però non si limita ad essere una meravigliosa Chiesa: questo Tempio infatti conserva anche una parte non accessibile al pubblico che presto Vi porterò a visitare.
34. San Marco al Molo
Le Mura della Marinella sulle quali si appoggia la Chiesa di San Marco (foto di Antonio Figari) |
Edificata nel XII Secolo, quando a Genova era arcivescovo Ugone della Volta, secondo arcivescovo di Genova dopo Siro II (Ugone consacrò in quel periodo, nel 1180, la Chiesa di San Torpete: ancora oggi una lapide posta in Via delle Grazie ricorda l’avvenimento), questa chiesa fu costruita nella zona del molo, all’epoca all’inizio della sua espansione come quartiere nei pressi dello scalo del Mandraccio.
Singolare l’intitolazione a San Marco Evangelista, patrono della storica nemica Venezia, dove nel IX Secolo giunsero le spoglie del Santo e dove da lì a poco verrà edificata una chiesa a lui dedicata (all’epoca si stava diffondendo in tutta la penisola il culto di questo santo e dunque non dobbiamo stupirci di una chiesa a lui intitolata anche a Genova).
Lo stretto legame di questa chiesa con il mare, che quasi la bagnava, si interrompe nel XVI Secolo quando viene innalzata una nuova cerchia di mura che va a circondare la chiesa di San Marco (ancora oggi il lato a ponente della chiesa poggia sulle tratto di mura detto “della Marinella”).
È questo il periodo in cui probabilmente l’orientamento della Chiesa viene capovolto.
Alla fine del XVI Secolo la chiesa viene dotata di una nuova facciata e nel secolo successivo gli interni vengono via via adattati allo stile barocco. Sarano i lavori di restauro dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale ad eliminare definitivamente gli intonaci che ricoprivano le colonne e i muri perimetrali che oggi si presentano nella caratteristica pietra scura di promontorio.
Gli interni conservano una “Assunta”, statua lignea del 1736 di Anton Maria Maragliano, un gruppo marmoreo con la “Madonna e i Santi Nazario e Celso”, opera del 1735 di Francesco Maria Schiaffino (un’iscrizione alla base dell’altare ricorda che il tutto fu commissionato dalla corporazione degli Stoppieri: gli stoppieri o calafati si occupavano di calafatare ossia impermeabilizzare gli scafi in legno delle navi; lavoravano quindi nei pressi di questa luogo).
Da ricordare altresì tre dipinti: “Il Martirio di Santa Barbara” di Domenico Fiasella, “Le nozze mistiche di Santa Caterina” di Orazio de Ferrari ed infine nella cappella alla destra del presbiterio, racchiusa in una scenografica cornice marmorea, la Madonna del Soccorso, opera di Giovanni Carlone.
La chiesa di San Marco era sormontata da una torre nolare eretta sul tiburio della chiesa stessa e demolita nel 1783 perché pericolante. Tracce della base del tiburio sul quale si innestava la torre nolare furono rinvenute nei restauri recenti. Oggi a sostituirla vi è un piccolo campanile.
Sulla facciata laterale della Chiesa lato Via del Molo troviamo un leone di San Marco, bottino di guerra risalente al 1380 (vi rimando alla pagina de le PIETRE parlanti per approfondire la sua storia).
Le linee sinuose della facciata di San Giorgio (foto di Antonio Figari) |
Le prime notizie di una Chiesa dedicata a San Giorgio risalgono al 947 d. C.. In questa zona sorgeva in epoca romana il foro, fulcro dell'attività commerciale della città. La centralità e l'importanza del luogo venne mantenuta anche in epoca successiva perchè qui passava la strada, l'odierna Via Giustiniani, che dal porto conduceva a Porta Soprana.
Qui era conservato il vessillo con San Giorgio che veniva consegnato con una cerimonia solenne alla nave ammiraglia della flotta delle galee genovesi prima che le stesse partissero alla volta di nuove conquiste per portare nel mondo il nome di Genova e la sua forza e predominanza sui mari. Una volta tornate in patria il vessillo tornava in Chiesa seguito da una lunga processione.
La Chiesa medievale lasciò spazio a metà del XVI Secolo al nuovo edificio che sarà completato, con alterne vicende, tra cui si segnala in particolare la costruzione della cupola che subisce modifiche al progetto anche a seguito di parziali crolli, solo nel XIX Secolo.
L'interno conserva tre splendide opere di Luca Cambiaso "La decapitazione di San Giorgio", "San Giorgio nel calderone" e "Il Martirio di San giorgio alla ruota dentata", e una pala di Domenico Piola "San Gaetano da Thiene che riceve dalla Vergine il Bambino".
Sull'angolo dell'edificio che ospitava il convento insiste ancora oggi l'antico campanile, costruito inglobando e innalzando un'antica torre medievale, la Torre Alberici (Vi rimando alla pagina de le TORRI di GENOVA per la sua descrizione dettagliata).
36. San Torpete
La facciata di San Torpete (foto di Antonio Figari) |
La facciata di San Torpete vista da Via di Canneto il Curto (foto di Antonio Figari) |
Sita anch'essa nell'antica piazza ove sorgeva il foro romano, essa venne edificata, secondo la tradizione, nel X Secolo nei pressi delle Mura del IX Secolo. Qui sorgeva l'antica porta detta appunto, per la vicinanza alla Chiesa, "di San Torpete".
Le prime notizie documentate sono del XII Secolo: la famiglia dei Volta, che commerciava con i Pisani, concede agli stessi uno spazio nella propria area curiale. I toscani decidono di costruire questa chiesa accanto alla loggia dove svolgevano i propri commerci (ancora oggi sono visibili gli archi di detta loggia nel palazzo sito all'inizio di Via delle Grazie, proprio lungo il fianco della Chiesa di San Torpete).
I Pisani decino di dedicare questa chiesa al loro concittadino Torpete, santo martire del I Secolo. La chiesa viene edificata in stile romanico con la facciata a bande bianco e nere e con l'igresso rivolto a ponente (per intenderci, verso Via delle Grazie, proprio difronte alla loro loggia).
Una lapide con iscrizione sul lato di Via delle Grazie ricorda la consacrazione della Chiesa ad opera dell'arcivescovo Ugone della Volta. Correva l'anno 1180, stesso anno in cui i Della Volta ottengono il giuspatronato della Chiesa. Ancora oggi i Cattaneo della Volta conservano formalmente detto privilegio su questa chiesa, loro cappella gentilizia.
Gravissimi sono i danni a seguito del bombardamento francece del 1684, tali da imporre la ricostruzione dell'edificio che avviene nel 1730 per volere di Cesare Cattaneo che affida il progetto a Giovanni Antonio Ricca il Giovane.
La facciata viene spostata a settentrione e quindi la chiesa viene ad affacciarsi su Piazza San Giorgio che proprio in quegli anni, complice il rifacimento della vicina Chiesa che dà il nome alla piazza, assume l'aspetto che tutti noi oggi conosciamo.
L'interno è un unico vano a pianta elittica con l'asse maggiore parallelo alla facciata.
Nell'abside è conservata un'opera di Giovanni Carlone "San Torpete illeso tra le fiere".
Famoso l'organo a canne la cui parte più antica risale al 1668.
Nella sagrestia sono conservati gli arredi settecenteschi.
37. Santi Cosma e Damiano
a. La chiesa
Situata alle pendici della collina di Castello, nella contrada medievale chiamata un tempo "Serpe", la chiesa dedicata ai due Santi Cosma e Damiano, fratelli medici martirizzati nell'antica regione delle Cilicia (nell'odierna Siria) nel 287 d.C. sotto l'Impero di Diocleziano, è una delle più antiche di Genova.
La tradizione vuole che essa sorga su di un precedente oratorio dedicato ai due Santi. Il primo documento che parla di questa chiesa risale al 21 luglio 1049.
La chiesa fu in un primo momento dedicata a San Damiano, le cui reliquie, ancora qui conservate, furono portate in questo luogo da Costantinopoli da Enrico Mallone e Nicolò Spinola. Solo nel 1304 al titolo di San Damiano fu aggiunto quello di San Cosma.
Essa, piccola e nascosta in una piazzetta raggiungibile attraverso da tre punti ma sempre attraverso stretti vicoli, è un gioiello dell'arte romanica: l'esterno è caratterizzato da una facciata a capanna nella quale si aprono alcune tombe ad arco a sesto acuto, mentre l'interno, suddiviso in tre navate, è caratterizzato dalla scura pietra di promontorio che nelle colonne si intervalla al bianco marmo di Carrara e ai mattoni delle arcate. Spoglia, semplice e raccolta è una delle Chiese che preferisco di tutto il centro storico di Genova. In realtà la chiesa fino ai primi decenni del Novecento era decorata con altari barocchi nelle navate laterali eliminati, insieme all'intonaco delle pareti, da un restauro degli anni trenta che voleva restituire alla chiesa il suo aspetto medievale. Con ogni probabilità invece nel Medioevo la chiesa era intonacata completamente alle pareti e affrescata.
Nel 1476 la corporazione dei chirurghi e barbitonsori, di cui i due santi Cosma e Damiano sono i patroni, fece realizzare sotto il pavimento della Chiesa il loro sepolcro, tuttora esistente.
Il bombardamento francese del 1684 distrusse il tetto e il chiostro, quest'ultimo mai più ricostruito.
La torre nolare ottagonale è visibile dal vico dietro la Chiesa chiamato Vico dietro il Coro di San Cosimo (Vi rimando alla pagina de i CAMPANILI di GENOVA per le foto e la descrizione).
Da segnalare una splendida Immacolata del Puget, posta sull'altare laterale destro, una fonte battesimale medievale marmorea, e opere di Bernardo Castello "Ester ed Assuero", Gioacchino Assereto "Madonna con il Bambino e i Santi Cosma e Damiano che guariscono i malati", e Giovanni Andrea De Ferrari "Transito di San Giuseppe".
Le colonne bicrome della Chiesa dei Santi Cosma e Damiano (foto di Antonio Figari) |
L'abside in pietra nera di promontorio della Chiesa dei Santi Cosma e Damiano (foto di Antonio Figari) |
L'interno della Chiesa dei Santi Cosma e Damiano (foto di Antonio Figari) |
Particolare della volta in cui si notano le corde delle campane che si tiravano dall'altare maggiore (foto di Antonio Figari) |
L'ingresso del sepolcro della corporazione dei chirurghi e barbitonsori (foto di Antonio Figari) |
L'Immacolata del Puget (foto di Antonio Figari) |
b. Il teschio, le tibie incrociate ed il mistero del Jolly Roger
Camminando lungo le navate della chiesa dei Santi Cosma e Damiano, invece di alzar lo sguardo e perdervi nella bellezza delle colonne bicrome e degli antichi muri perimetrali, abbassate lo sguardo e cercate per terra il teschio e le due tibie incrociate, il simbolo di quella che diventerà la bandiera dei pirati. Perché esso è disegnato qui per terra? Mi direte, simboleggia che in quel punto vi è una sepoltura. Ebbene, il discorso in realtà è un pò più complicato e misterioso. Un giorno Ve ne parlerò.
c. Il Santo nel chiostro sparito
In Vico dietro il Coro di San Cosimo, sul muro della chiesa dedicata ai due santi medici Cosma e Damiano, vi è una lastra marmorea raffigurante un Santo al centro in un tondo e due angioletti ai lati. In questo punto sorgeva il chiostro dell'omonima chiesa, andato distrutto durante i pesantissimi bombardamenti del Re Sole nel 1684, ed il Santo raffigurato nel tondo fu sicuramente un ospite che qui dimorò.
39. Santa Maria di Castello
39.1 La Chiesa
La facciata di Santa Maria di Castello (foto di Antonio Figari) |
La Chiesa ed il complesso monastico ad essa attiguo sorgono su quello che gli storici identificano come il luogo del più antico insediamento cittadino, detto "castrum" data la presenza di fortificazioni preromane, poi romane e bizantine.
La Chiesa viene innalzata da maestranza antelamiche nel XII secolo utilizzando molti materiali di recupero di epoca romana già presenti in loco come l'architrave del portone principale con foglie e grifi ed all'interno le monumentali colonne di granito ed i capitelli delle stesse, tutti pezzi risalenti al III secolo d.C..
L'interno della Chiesa di Santa Maria di Castello (foto di Antonio Figari) |
All'interno della Chiesa Vi sono splendidi altari alla cui erezione contribuirono le più ricche famiglie nobiliari genovesi e per la descrizione accurata dei quali Vi rimando al sito www.santamariadicastello.it. Segnalo in particolare nella navata destra la Cappella Botto e la vicina cappella di San Biagio che conservano antichi laggioni di origine moresca affiancati da laggioni italiani (trovate le immagini e un approfondimento su quest'ultimi nella pagina de le ARTI minori a GENOVA).
Tra le meraviglie che questa Chiesa nasconde una è stata di recente riportata alla luce: restaurando infatti la cappella di San Vincenzo Ferrer, la seconda cappella a sinistra, ci si è accorti che una finta porta in realtà nascondeva un vano, uno stretto corridoio, che si frappone tra il muro dell'originaria cappella del XV secolo e il muro della cappella voluto nel Seicento dai Brignole. Alzando lo sguardo si notano ancora alcuni affreschi della volta raffiguranti foglie e arabesche risalenti alla prima edificazione di questa cappella e per terra sono stati ritrovati alcuni laggioni bianchi e verdi che sono stati riposizionati lungo la parete come erano un tempo.
Ecco le foto:
La stretta intercapedine che separa l'originaria cappella da quella seicentesca (foto di Antonio Figari) |
Il soffitto dipinto con motivi di foglie e arabesche (foto di Antonio Figari) |
Gli affreschi e la lapide dei Cicero (foto di Antonio Figari) |
La lapide dei Cicero e gli affreschi della volta visti dal basso (foto di Antonio Figari) |
Particolare degli affreschi e dei motivi di foglie (foto di Antonio Figari) |
La lapide in ricordo del restauro eseguito dai Cicero (foto di Antonio Figari) |
La lapide in ricordo dei restauri recentemente compiuti (foto di Antonio Figari) |
La lapide scoperchiata al centro della cappella (foto di Antonio Figari) |
L'interno delle stanze sotterranee della cappella, per ora ancora piene di detriti (foto di Antonio Figari) |
Lo splendido coro ligneo di forma circolare è antecedente alla costruzione dell'abside: esso era parte del vecchio edificio ed era a pianta quadrata. Con l'ingrandimento dell'edificio religioso il coro venne rimontato nella nuova posizione e ad esso venne dato la forma curvilinea che ancora oggi possiamo ammirare.
Curve e linee sembrano ripetersi all'infinito nel coro ligneo della Chiesa di Santa Maria di Castello (foto di Antonio Figari) |
Una curiosità: se alzate lo sguardo, sopra la quarta e la quinta colonna della navata centrale lato destro, noterete piccoli (in realtà Vi sembreranno piccoli perché posti molto in alto ma non lo sono) tasselli bianchi incastonati nella scura pietra: essi sono epigrafi cufiche, risalenti ad un periodo anteriore all'anno Mille, portate a Genova nell' XI secolo e provenienti dal nord Africa. Il cufico è un tipo di grafia araba chiamato così perché legato all'antica città sulle rive dell'Eufrate chiamata Cufa. Queste epigrafi incastonate in Santa Maria di Castello riportano alcuni versetti coranici sulla creazione del mondo e si dice che una delle due sia stata murata appositamente al contrario. Se conoscete il cufico e Vi va di leggerle o siete semplicemente curiosi di verderle più da vicino, tra il primo ed il secondo altare c'è un calco delle stesse.
39.2 La sacrestia
Essa rappresenta un tipico esempio di sacrestia settecentesca genovese con splendidi armadi in noce, opera di Stefano Porcile.
Appena entrati sulla sinistra noterete un gruppo ligneo raffigurante la Madonna con Bambino e San Bernardo: esso, acquistato dai Domenicani nel 1884, proviene dal distrutto Oratorio di Santa Maria, San Bernardo e i SS. Re Magi, una volta sito a fianco della Chiesa Di Santa Maria in Passione (trovate la storia di questo oratorio e le immagini di questo gruppo scultoreo nella pagina dedicata a gli ORATORI e le CASACCE).
Sulla parete in fondo della sacrestia vi è una pala d'altare raffigurante "San Sebastiano" di Giuseppe Palmieri.
La sacrestia della Chiesa di Santa Maria di Castello (foto di antonio Figari) |
Un'altra immagine della sacrestia di Santa Maria di Castello (foto di Antonio Figari) |
Il complesso di Santa Maria di Castello comprende tra le sue mura più di un chiostro, ne sapete il numero esatto?
Qui di seguito una breve descrizione di ognuno di essi ed alcune immagini.
39.3.1 Il chiostro romanico della Collegiata
Risalente alla metà del XI secolo esso, il chiostro più antico e più ad ovest del complesso di Santa Maria di Castello è oggi inglobato in un caseggiato di cui forma il cortile interno.
Di esso si conservano alcune splendide colonne inglobate nei muri del moderno edificio.
39.3.2 Il primo chiostro
Costruito tra 1445 ed il 1452 esso è oggi tamponato e il lato nord forma un lungo corridoio che porta al secondo chiostro del complesso.
Tra il chiostro della Collegiata e il primo chiostro vi era l'antica infermeria poi divenuto dormitorio.
Il lato sud di questo chiostro invece ospitava il grande refettorio, la cucina ed al primo piano il dormitorio.
Colonne e volte a crociera del primo chiostro di Santa Maria di Castello (foto di Antonio Figari) |
39.3.3 Il secondo Chiostro
Coevo al primo chiostro esso sorge su preesistenti case medievali demolite per far posto a questo.
E' il chiostro più conosciuto poiché al primo piano conserva la splendida Loggia dell'Annunciazione.
In questo chiostro vi era la sala capitolare, la biblioteca, la "spetiaria" del convento ed i parlatori.
Il secondo chiostro di Santa Maria di Castello (Foto di Antonio Figari) |
Un'altra immagine del secondo chiostro di Santa Maria di Castello (foto di Antonio Figari) |
La Loggia dell'Annunciazione ed i suoi meravigliosi affreschi (foto di Antonio Figari) |
L'affresco dell'Annunciazione di Giusto di Ravensburg, firmato e datato 1451 (foto di Antonio Figari) |
39.3.4 L'orto conventuale
L'antico orto conventuale conserva ancora oggi alberi da frutta e da esso si gode una splendida vista della cupola e del campanile di Santa Maria di Castello.
L'orto conventuale (foto di Antonio Figari) |
Particolare degli archi nell'orto conventuale (Foto di Antonio Figari) |
Il "Chiostrino" di Santa Maria di Castello (foto di Antonio Figari) |
39.3.6 Il terzo chiostro
Costruito tra il 1492 ed il 1513 esso conserva tutto il suo splendore; al primo piano vi sono tracce di affreschi. Nel cortile interno vi è un piccolo pozzo.
Questo chiostro è chiuso al pubblico e non visitabile. Tuttavia, essendo una residenza universitaria non è difficile entrarvi.
Il terzo chiostro di Santa Maria di Castello (foto di Antonio Figari) |
Le colonne al piano superiore nel terzo chiostro di Santa Maria di Castello (foto di Antonio Figari) |
39.4 Le cisterne
Il complesso di Santa Maria di Castello era fornito di un sistema di grandi cisterne per la raccolta delle acque piovane.
Ve ne era una sotto il primo chiostro, una seconda sotto il coro della Chiesa e una terza, con accanto altre due piccole, sotto il terzo chiostro.
La grande cisterna sotto il coro della Chiesa è tuttora esistente anche se non aperta al pubblico: vi si accede da una porticina che si trova nel piccolo passaggio che dalla sacrestia porta al coro. Una freccia dipinta sul muro accanto alla porticina e con la punta rivolta verso al stessa (del tutto simile a quelle che si trovano ancora sui muri della città e di cui avete esempi ed immagini nel paragrafo dedicato a "le pietre salvifiche della seconda guerra mondiale" nella pagina de "le PIETRE parlanti") indica che questa cisterna era usata durante la Seconda Guerra Mondiale come rifugio antiaereo.
Anche la cisterna sotto il terzo chiostro si è conservata fino i giorni nostri ed è divenuta, dopo un attento restauro, una sala per ospitare eventi: ad essa si accede dall'orto conventuale.
Costruita nel IX secolo d.C., questa grande cisterna fu realizzata con materiali di recupero come ci testimoniano i due frammenti di colonna con capitello romano e la colonna in marmo cipollino sormontata da un singolare e unico nel suo genere capitello: creduto fenicio, per la particolare forma, oggi in realtà si pensa sia la base di una colonna romana utilizzata a mò di capitello.
Sopra di essa fu costruita nella seconda metà XV secolo l'infermeria e alla fine dello stesso secolo lo splendido terzo chiostro di cui Vi ho parlato poco sopra.
Un'immagine della cisterna di Santa Maria di Castello (foto di Antonio Figari) |
La colonna romana composta da due frammenti di recupero (foto di Antonio Figari) |
Il capitello creduto fenicio, in realtà base di una colonna romana (foto di Antonio Figari) |
39.5 Le sale del Museo
Il complesso di Santa Maria di Castello, grazie ai volontari, è visitabile tutti i giorni.
La visita comprende, oltre alla Chiesa, la sacrestia, l'orto conventuale, la cisterna, il secondo chiostro con la Loggia dell'Annunciazione e al piano superiore la Cappella Grimaldi, anche altre stanze meno conosciute ma molto suggestive e che Vi consiglio di andare a scoprire.
Alla destra della sacrestia per esempio una stanza conserva antichi capitelli, splendidi paramenti sacri, le due bandiere turche portate a Genova dopo la battaglia di Lepanto (di cui trovate storia e immagini nella pagina de lePIETREparlanti), uno splendido portale, una Madonna del Maragliano e la splendida pala d'altare di Ognissanti di Ludovico Brea datata 1513 (che descriverò nel prossimo paragrafo).
Al primo piano invece una piccola sala conserva moltissimi reliquiari tra qui uno che conserva reliquie di San Giovanni Battista.
E le meraviglie non sono finite, ci sono molte altri tesori che Vi aspettano: insomma, questo complesso ha tantissimi segreti da scoprire e merita sicuramente una visita approfondita.
39.5.1 La Pala di Ognissanti di Ludovico Brea
Nota anche con il titolo di "Incoronazione della Vergine", questa splendida pala d'altare fu commissionata da Teodorina Lomellini, vedova Spinola, al pittore nizzardo Ludovico Brea (che firma l'opera in basso a sinistra "Ludovico Brea Niciensis faciebat anno 1513") per la cappella degli Spinola, detta di Ognissanti, che si trovava in questa Chiesa in controfacciata. Dopo la demolizione della cappella avvenuta nel 1847, la pala fu dapprima collocata in una cappella laterale della Chiesa per poi essere spostata in una sala del Museo, dove ancora oggi si trova.
Duecentoquindici figure, tra Santi e fedeli, sono individuabili in questa tavola: è forse questa la cosa che rende eccezionale l'opera.
La composizione ha il suo epicentro nella Triade Divina, isolata rispetto al resto dei personaggi presenti; tutt'intorno troviamo Santi e fedeli distribuiti in due cerchi: quello più esterno con i viventi (tra i quali Teodorina Lomellini, committente dell'opera), quello più interno con il mondo celeste (se avete un pò di dimestichezza con l'iconografia dei Santi, vi sarà facile riconoscere almeno alcuni di essi).
39.6 La morte mietitrice in Santa Maria di Castello
40. Santa Maria in Passione
Una delle chiese che mi più affascina nei vicoli di Genova è quella dedicata a Santa Maria in Passione.
Purtroppo l'ultimo conflitto mondiale ha gravemente danneggiato questa Chiesa ed il vicino complesso conventuale.
Nonostante tutto il senso di tristezza al pensiero dell'aver perduto un così bel monumento mi piace passar di qui ad ammirar il campanile, le mura e gli stucchi che sono resistiti alla guerra ed al tempo.
In questa immagine l'interno della Chiesa di Santa Maria in Passione dopo i pesanti bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale |
I resti della facciata di Santa Maria in Passione (foto di Antonio Figari) |
L'interno della Chiesa di Santa Maria in Passione (foto di Antonio Figari) |
I resti degli stucchi di Santa Maria in Passione
(foto di Antonio Figari) |
Antica immagine dell'altare di Santa Maria in Passione (foto di Antonio Figari) |
Resti di affreschi ancora visibili nell'altare laterale di Santa Maria in Passione
(foto di Antonio Figari) |
Particolare degli affreschi ancora visibili nell'altare laterale di Santa Maria in Passione
(foto di Antonio Figari) |
Il cielo blu al posto del soffitto nella Chiesa di Santa Maria in Passione (foto di Antonio Figari) |
a. Il Monastero
La facciata del monastero di Santa Maria delle Grazie la Nuova
(foto di Antonio Figari)
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Un antico palazzo in Piazza Santa Maria in Passione con una bella facciata dipinta nasconde al suo interno un complesso conventuale meraviglioso, uno dei tanti tesori nascosti della Superba, il monastero di Santa Maria delle Grazie la Nuova.
Nato alla metà del XV secolo in una zona che ospitò prima un antico insediamento preromano, poi cittadella fortificata degli Embriaci (il complesso ingloba parte di una torre ancora visibile, la cui storia è narrata nella pagine de "le TORRI di GENOVA", paragrafo de "La seconda Torre degli Embriaci"), in seguito sede di varie botteghe durante il Medio Evo, come testimoniano vari ritrovamenti archeologici, questo convento ospitò le Canonichesse Lateranensi, religiose che seguivano la "regola" di Sant'Agostino.
Esse qui rimasero fino alle soppressioni napoleoniche, che fecero sì che il complesso conventuale si trasformasse in edificio per l'alloggiamento delle truppe con la suddivisione in appartamenti. Anche la Chiesa perdette la sua funzione sacra e venne utilizzata per i più disparati usi: deposito per il legname, teatro ed infine palestra per la boxe, utilizzo che andrà avanti fino alla seconda metà del XX secolo.
Questo complesso, oggi sede della "Casa Paganini", è stato sottoposto ad un profondo restauro nei primi anni del XXI secolo che gli ha donato di nuovo l'antico splendore.
La Chiesa, oggi utilizzata come auditorium, conserva splendidi affreschi del XVII secolo opera di Giovanni Andrea Carlone e nel presbiterio affreschi di Bernardo e Valerio Castello.
La volta della Chiesa nel complesso conventuale di Santa Maria delle Grazie la Nuova (foto di Antonio Figari) |
La piccola cappella alla sinistra della Chiesa, oggi stanza d'ingresso della Casa Paganini, conserva affreschi di Jacopo Antonio Boni, stucchi rococò e due ovali raffiguranti Santa Caterina Fieschi Adorno e Battistina Vernazza, figlia di Ettore, grande filantropo genovese fondatore dell'Ospedale degli Incurabili (di cui trovate la storia nella pagina de "gli EDIFICI pubblici").
Superato un altro ambiente si arriva alla scala che conduce al piano superiore: la prima stanza è decorata con affreschi secenteschi raffiguranti paesaggi immaginari che ricoprono quasi del tutto più antichi decori, la seconda stanza conserva invece affreschi quattrocenteschi e volte a crociera e in un angolo è visibile e ancora affrescato sotto il pavimento il punto dove correva l'antica scala.
Si giunge infine al Coro delle Monache, gravemente danneggiato dai bombardamenti del Re Sole e decorato di nuovo a partire del 1686 dal quale si ha una splendida visuale sulla Chiesa.
Questo complesso è visitabile al pubblico su appuntamento, il lunedì ed il mercoledì dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17.
Quello che oggi si presenta come un grosso e in parte anonimo palazzo che per perimetro ha Vico Vegetti, Salita Mascherona, Via Mascherona e Vico Alabardieri nasce come Educandato o Scuola per nobili fanciulle costruito nel 1623 per volontà delle monache del vicino convento di Santa Maria delle Grazie la Nuova.
La mole del palazzo all'angolo tra Vico Vegetti e Vico Alabardieri (foto di Antonio Figari) |
Particolare dei muri perimetrali dell'Educandato su Vico Alabardieri (foto di Antonio Figari) |
Lo scalone dell'Educandato e una splendida volta a crociera (foto di Antonio Figari) |
Una volta a crociera, una delle tante antiche tracce ancora visibili nell'Educandato (foto di Antonio Figari) |
Il Cortile, i grandi camini e sullo sfondo, rosa, la sagoma del Convento di Santa Maria delle Grazie la Nuova (foto di Antonio Figari) |
All'angolo dell'edificio tra Vico Vegetti e Vico Alabardieri infatti vi è un ristorante "La Taverna degli Alabardieri" che conserva tracce di quello che fu prima luogo di ritrovo degli alabardieri, poi refettorio dell'Educandato, infine panificio nell'ottocento: al suo interno si trova ancora il pavimento in cotto originale, il vecchio forno, le volte a crociera ed infine la cisterna del palazzo che ha una altezza di dodici metri.
42. Santa Croce
La Chiesa di Santa Croce sorgeva in cima all'omonima salita, poco distante dal Complesso di San Silvestro.
Essa è citata, per la prima volta, nel 1135 in una bolla di Papa Innocenzo II con il nome di "S. Croce de Castello Ianue", documento nel quale si dice che questa Chiesa è soggetta all'Abbazia benedettina di Santo Stefano (ancora oggi esistente e sita a poca distanza dal Ponte Monumentale in Via XX Settembre).
All'Abate di Santo Stefano era affidata l'amministrazione temporale della Chiesa, mentre l'amministrazione spirituale, la cosiddetta "cura animarum", era riservata all'Arcivescovo di Genova.
Questa distinzione di poteri, non di poco conto, sarà fondamentale non molto tempo dopo.
L'Abate benedettino di Santo Stefano, nel XII Secolo, aveva concesso "de facto" ai mercanti lucchesi residenti in Genova, il patronato e tutti i diritti che spettavano all'Abbazia su questa Chiesa. Facendo ciò, tuttavia, veniva meno anche il potere spirituale che dipendava dall'Arcivescovo il quale, venuto a conoscenza di questa concessione, si appella a Papa Innocenzo IV che, dopo aver esaminato i fatti annulla la concessione ripristinando quanto dettato della bolla di Papa Innocenzo II.
Nel 1252 viene siglato un accordo vero e proprio tra i mercanti lucchesi e il Monastero di Santo Stefano: ai lucchesi viene concessa la facoltà di scegliere un candidato sacerdote per la Chiesa di Santa Croce, candidato che viene esaminato dall'Abbazia di Santo Stefano, e dopo essere stato eletto alla stessa presta giuramento di fedeltà.
Nel 1386 la Chiesa di Santa Croce fu eretta a Priorato e inizia dunque una nuova fase della sua storia con l'avvento di monaci dall'Abbazia di Santo Stefano.
IQuesti ultimi rimasero in Santa Croce fino al 1797, anno in cui la Chiesa fu abbandonata e incorporata nella parrocchia di San Salvatore.
Oggi della Chiesa rimangono alcuni resti recentemente riportati alla luce da un minuzioso restauro: se entrate ne "La Passeggiata librocaffè" in Piazza Santa Croce potrete osservare gli antichi pilastri e parte del transetto destro in pietra nera di promontorio, parte dell'antico pavimento e alcuni reperti,come una piccola acquasantiera, conservati in una nicchia ancora affrescata.
Sopra il bancone del bar è ancora presente la nicchia dove un tempo era collocata una statua raffigurante una Madonna con Bambino, attribuita a Giovanni Domenico Casella, detta "Nostra Signora della terza età", oggi conservata all'interno della Chiesa di San Donato.
Sono presenti anche alcuni resti della cinta muraria detta "del Barbarossa" in un piccolo locale adiacente.
Ho avuto la fortuna di poter visitare anche il piano sotto l'antica Chiesa: un grosso ambiente voltato che conserva ancora gli antichi pilatri costituiti da grossi blocchi di pietra di promontorio. Osservandoli con attenzione è possibile notare su molti di essi (e così anche su alcune pietre del transetto della Chiesa) una lettera "M" o "W" scolpita: essa indicava il nome del committente dell'ordinazione di questi grossi blocchi di pietra.
Durante i lavori di restauro di questi ambienti sono state ritrovate due piccoli ambienti pieni di detriti e con ossa; in uno è stato anche trovato inciso sul muro al data 1610.
Si tratta con ogni probabilità di due piccole cripte utilizzate per sepolture collegate con una botola alla sovrastante Chiesa.
43. San Silvestro
a. La Chiesa
La Chiesa di San Silvestro è una delle più gravi perdite causate dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. La sua posizione dominante sul colle di Castello certo non aiutarono questo splendido complesso a rimanere immune dalle bombe britanniche.
Un giorno Ve ne racconterò la storia, per il momento eccoVi qualche foto di ciò che restava dopo il 1943.
Portale della Chiesa di San Silvestro, oggi conservato a Palazzo Rosso (foto di Antonio Figari) |
Muro interno e parte di una scala della cosiddetta "Casa del Vescovo", una delle parti più antiche del complesso di San Silvestro
(foto di Antonio Figari) |
b. Il chiostro
Come dicevo, ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale non si è salvato quasi nulla del complesso di San Silvestro, oggi sede della Facoltà di Architettura.
Il chiostro, ricostruito, è oggi utilizzato dagli studenti della Facoltà come luogo di ricreazione.
(foto di Antonio Figari) |
44. San Salvatore
La facciata di San Salvatore parzialmente baciata del sole (foto di Antonio Figari) |
Particolare della facciata di San Salvatore con la dedica al Santo (foto di Antonio Figari) |
L'interno
di San Salvatore, oggi aula magna della Facoltà di Architettura di
Genova, conserva ancora stucchi ed altari dell'antica Chiesa (foto di Antonio Figari) |
Altra immagine degli interni di San Salvatore (foto di Antonio Figari) |
45. Sant'Agostino
a. La Chiesa
La facciata di Sant'Agostino (foto di Antonio Figari) |
La chiesa ed il campanile di Sant'Agostino visti dalla cima di Torre Maruffo (foto di Antonio Figari) |
Il complesso di Sant'Agostino, oggi divenuto Museo della scultura genovese, conserva al suo interno due chiostri.
Il primo, triangolare, unico nella sua forma a Genova, venne costruito in un periodo coevo alla Chiesa nel XIII secolo: colonne a fasce bianco e nere, marmo e pietra, sostengono capitelli di forma cubica. Per visitarlo Vi basta varcar l'ingresso del complesso da piazza Sant'Agostino: non essendo inserito nel percorso museale la sua visita è gratuita.
Il secondo, di forma quadrata, risale al seicento e venne edificato nell'area degli orti del complesso monastico: per poterlo visitare dovete entrar nel Museo.
Mentre il chiostro triangolare ha subito solo lievi danni nella Seconda Guerra Mondiale e dopo il conflitto venne solo restaurato, il secondo chiostro fu completamente ricostruito a causa dei pesanti danni subiti.
Il chiostro triangolare (Foto di Antonio Figari) |
Il chiostro triangolare e il campanile maiolicato
(Foto di Antonio Figari)
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La Chiesa di Madre di Dio Vista dal Ponte di Carignano (foto di Antonio Figari) |
La Chiesa della Madre di Dio (foto di Antonio Figari) |
La facciata ed il portale della Chiesa della Madre di Dio (foto di Antonio Figari) |
La Chiesa della Madre di Dio viene solennemente aperta al culto nel 1682 dopo il lungo peregrinare dei Padri di Maria per le Chiese della città di Genova.
Due anni dopo tuttavia i bombardamenti della flotta del Re Sole radono quasi al suolo l'intero edificio.
Nel 1689 la chiesa è di nuovo in piedi grazie ad una sottoscrizione popolare che raccoglie i soldi necessario al suo restauro.
La Chiesa di Santa Maria dei Servi sorgeva sulla montagnola detta "dei servi", poco sotto il Colle e nei pressi di Via Madre di Dio. Come tutti gli edifici di questa zona anche questo non venne risparmiato dalla furia distruttrice delle ruspe che nella seconda metà del Novecento distrussero questa piccola ma preziosa porzione dei vicoli di Genova.
Nella cartina qui sotto, potete notare dove si trovava questa Chiesa.
Alcuni capolavori di questa chiesa ed il titolo vennero trasferiti nel quartiere della Foce dove ancora oggi esiste, in Via Cecchi, una chiesa moderna che porta il suo nome con all'interno alcune opere dell'antico tempio.
48. Santa Maria Assunta
Le torri e la cupola di Santa Maria Assunta (foto di Antonio Figari) |
La cupola di Santa Maria Assunta (foto di Antonio Figari) |
La statua dell'Assunta, opera di Cloude David e terminata da Bernardo Schiaffino, posta sul portale della Basilica (foto di Antonio Figari) |
Il cartiglio marmoreo sopra l'ingresso della Chiesa di Santa Maria Assunta (foto di Antonio Figari) |
Il Porto e i vicoli visti dalla Cupola di Santa Maria Assunta (foto di Antonio Figari) |
La cupula di Santa Maria Assunta vista dall'interno (foto di Antonio Figari) |
49. Santa Maria in Via Lata
La facciata della Chiesa di Santa Maria in Via Lata (foto di Antonio Figari) |
La bicromia e la perfetta simmetria della facciata della Chiesa di Santa Maria in Via Lata (foto di Antonio Figari) |
Gli splendidi capitelli di Santa Maria in Via Lata (foto di Antonio Figari) |
La volta con i quattro Evangelisti in Santa Maria in Via Lata (foto di Antonio Figari) |
50. Santa Margherita della Rocchetta
In cima all'antica "erta dei sassi" (oggi in parte ancora esistente e chiamata "Salita dei Sassi"), antica "creuza" che collegava il colle di Carignano al Borgo dei Lanaiuoli ed al quartiere della Marina, vi era una Chiesa con annesso Monastero chiamata Santa Margherita della Rocchetta o Monastero della Rocca poiché sorgeva sopra le rocce del Colle di Carignano, su quel pianoro detto Montagnola dei Servi, ricco di orti e piccoli campi coltivati, poco distante da dove i Sauli nel XVI secolo edificheranno la cosiddetta Basilica di Carignano (Santa Maria Assunta).
Oggi più nulla rimane di questa antico edificio e la sua memoria è affidata ai vecchi libri che ne parlano e a disegni come quello di Pasquale Domenico Cambiaso.
Pasquale Domenico Cambiaso, Chiesa di Santa Margherita |
51. San Giacomo Maggiore
Edificata nel 1154 per volere di Ansaldo Spinola che la volle quale chiesa gentilizia per la sua famiglia fu chiusa nel 1890 perché inagibile. Venduta al Comune fu demolita nel 1905 per far posto al Poggio della Giovane Italia: un altro piccolo pezzo di Genova sacrificato del quale ci rimangono purtroppo solo alcune immagini.
Antica immagine di J. Neer del 1904 della Chiesa di San Giacomo Maggiore |
Domenico Cambiaso - "Chiesa di S. Antonio sulle Mura di S. Chiara, già Convento delle Cappuccine ora distrutta". |
Il Monastero di Santa Chiara sorgeva in un terreno compreso tra le odierne Via Silvio Pellico, Mura di Santa Chiara, Via Corsica e Via Ilva.
Ecco come viene descritto da un anonimo viaggiatore del 1818: "In questa Chiesa, piccola ma linda, erano tre tavole, cioè quella dell'altar maggiore con S. Chiara di Battista Baiardo, una coll'Assunzione di Gio Andrea De Ferrari, l'altra col Presepio di Orazio Ferrari. Vedeasi la statua della Santa in marmo sulla porta del monastero di Bernardo Schiaffino. Dal 1798 in poi fu chiusa ed il monastero di queste religiose è stato ad abitazione ridotto.".
Dopo esser stato riadattato ad uso civile, come ci racconta l'anomimo viaggiatore, il complesso monastico fu in seguito abitato dalle Suore Crocifisse.
Nel secondo dopoguerra, i resti di questa antica struttura scomparvero con lo spianamento di Via Silvio Pellico ed oggi purtroppo nulla rimane di questo Monastero se non la memoria nel nome della via (Mura di Santa Chiara) e qualche foto ottocentesca come quella che trovate qui di seguito.
Il complesso di Sant'Ignazio, oggi sede dell'Archivio di Stato, si trova in Piazza San Leonardo, poco distante dalla Chiesa di Santa Maria in Via Lata ed il Convento di San Leonardo.
Nato come villa signorile nel '400 per i Franceschi, ed edificato su preesistente edificio medievale, esso fu acquistato nel 1659 dai Gesuiti che ne fecero sede del proprio Noviziato a Genova.
Passato nel 1773 alle Monache Agostiniane fu successivamente trasformato in caserma nel 1810.
Gravemente danneggiato dalla Seconda Guerra Mondiale fu nei primi anni del 2000 restaurato ed adibito a sede dell'Archivio di Stato.
Merita una visita il salone del complesso con lo splendido affresco del Semino raffigurante "Il ratto delle Sabine", oggi aula di lettura dell'Archivio e accessibile al pubblico.
57. San Leonardo
Il Convento di San Leonardo, ubicato nell'omonima piazza a pochi passi da Sant'Ignazio e Santa Maria in Via Lata, fu fondato nel 1317 da Leonardo Fieschi, vescovo di Catania.
Costruito per l'Ordine delle Clarisse, il Fieschi volle che fossero riservate alle fanciulle della sua casata fino a dodici posti nel convento.
Abbellito nei secoli da opere d'arte di famosi pittori come Domenico Piola e Lorenzo De Ferrari, nel 1798 divenne Caserma e tuttora mantiene questa destinazione essendo qui ospitato il Nucleo Tecnico del 1° Reparto Infrastrutture dell'Esercito Italiano e proprio per la sua destinazione d'uso è difficilmente visitabile.
Ecco come "l'Anonimo del 1818" descrive questo monastero:
“La chiesa è assai grande; il coro di questa chiesa fu dipinto da Domenico Piola che nella volta ha dipinto la Vergine preservata dal peccato originale e nelle pareti l’Annunciazione e Parto di lei. A’ lati però dell’altar maggiore si distinse ne’ due finti rilievi l’abbate Ferrari, esprimendovi Giuditta e Ester, e pinse pur dietro il coro alcuni bei putti colla tavola della Concezione al suo altare. Delle tavole agli altri due altari sono autori: di quella di S. Bernardo di Borzone e dell’altro di S. Chiara il Sarzana”.
Gli affreschi sopra decritti andarono perduti con la trasformazione della chiesa in caserma. Alcuni frammenti di affreschi di Domenico Piola tuttavia vennero staccati e sono oggi esposti all’Accademia Ligustica delle Belle Arti.
58. N.S. del Rimedio
Salendo lungo l'antica Via Giulia in direzione Piazza San Domenico, fino al calar del XIX secolo, avreste per così dire "incontrato" sulla sinistra della via la chiesa di N.S. del Rimedio, una della vittime eccellenti degli sconvolgimenti ottocenteschi cittadini che porteranno alla nascita di via Venti Settembre.
Eccola di seguito in una rara immagine ottocentesca:
La facciata ed il campanile della Chiesa di Santo Stefano (foto di Antonio Figari) |
La cripta ed i fiori del Sepolcro del 2013 (foto di Antonio Figari) |
60. N.S. della Guardia o Santo Stefano Nuova
Antica cartolina della Chiesa di Santo Stefano Nuova |
Questa Chiesa venne innalzata nel 1904 sotto la direzione dell'Ing. Cesare Galliano e del Cav. Uff. Ing. Cesare Barontini, accanto alla vecchia Chiesa di Santo Stefano.
Essa si presentava con uno stile romanico che voleva riprendere le forme dell'antico tempio. Il rosone in facciata, le finestre lungo le navate e le cinque grandi vetrate del coro erano impreziosite da vetri istoriati. Essa venne inaugurata nel 1908. Contemporaneamente alla sua inaugurazione venne chiusa la vecchia Chiesa di Santo Stefano che rimase interdetta al pubblico per 47 anni.
La Chiesa venne danneggiata il 17 gennaio 1912 dal crollo della navata sinistra della vecchia Chiesa di Santo Stefano.
La Seconda Guerra Mondiale non risparmiò né la vecchia né la nuova Santo Stefano, ma mentre l'antico tempio venne ricostruito, il nuovo rimase solo un cumulo di macerie e solo le antiche foto dell'epoca possono darci un'idea di essa.
Il Cardinale Giuseppe Siri infatti, leggendo nel cuore dei genovesi tanto legati all'antica abbazia quanto poco al nuovo tempio, volle solo la ricostruzione dell'antica Chiesa che terminò nel 1955.
Ed è così che si conclude la storia della Chiesa che ebbe la più breve vita fra tutte quelle di Genova.
La Chiesa ed il convento di Santa Maria della Pace in un'immagine del 1890 circa |
Le prima notizia certe relative ad un luogo di culto in questa zona risalgono ad un documento del 1132 in cui Siro II, vescovo di Genova, parla di una Chiesa intitolata a San Martino di Tours.
Nel XIV Secolo, la piccola Chiesa viene affidata da Papa Urbano VI ai monaci della vicina Abbazia di Santo Stefano ai quali subentreranno, dopo poco, i francescani (per la precisione, gli Amadeiti, congregazione di francescani riformati, fondata da Amedeo da Silva, che nel XVI Secolo confluirà nella congregazione dei Minori Osservanti).
I frati decidono di abbattere l'antica Chiesa e di costruirne una più amplia con adiacente un piccolo convento.
La nuova Chiesa, consacrata all'inizio del XVII Secolo, prende il nome di Santa Maria della Pace.
Questo toponimo venne dato anche alla strada che partendo dalla zona ove sorgeva questo complesso religioso giungeva al Monastero di Santa Chiara (la prima parte di questa strada è oggi identificabile con Via Maragliano e l'edificio che oggi ospita l'Istituto Vittorino da Feltre sorge pressapoco ove vi era questa Chiesa). Quella che oggi è Via della Pace invece non corrisponde all'antico tracciato della via.
Posta sotto il patronato della Repubblica, qui si decise di conservare l'antico gonfalone dell'Abate del Bisagno (ancora oggi portato in processione durante il "Confuego"). Esso venne dato in pegno alla Chiesa di Santa Maria delle Nasche a garanzia di un prestito ricevuto dai frati di Santa Maria della Pace: il debito non venne mai onorato e ancora oggi il gonfalone si trova lì.
Tra le opere conservate in questa Chiesa, oggi disperse, da ricordare lo splendido gruppo ligneo raffigurante la Deposizione, opera di Anton Maria Maragliano (oggi conservato nella Chiesa di N.S. della Visitazione, descritta di seguito), una delle tante opere a lui commissionate dai francescani di questo convento ed oggi disperse in varie Chiese cittadine e non.
In questa Chiesa trovarono sepoltura proprio Anton Maria Maragliano, i pittori Domenico Fiasella e Giovanni Battista Casoni, ed il doge Stefano Onorato Ferretto (di quest'ultimo trovate descritto il palazzo nella pagina de i PALAZZI privati).
Nel XVIII Secolo il complesso monastico andò incontro ad un lento declino che portò i frati a concedere parti del convento a istituzioni civili.
La parola fine la scrisse l'apertura di Via XX Settembre che decretò l'abbattimento di questo antico complesso monastico.
62. N.S. della Consolazione
a. La Chiesa
L'interno della Chiesa della Consolazione nel giorno del Venerdì Santo del 2010 (foto di Antonio Figari) |
b. Il chiostro
Quello che oggi è il Mercato Orientale una volta era il chiostro annesso alla Chiesa di Nostra Signora della Consolazione ed al convento dei Padri Agostiniani.
Il chiostro, i cui lavori iniziarono nel 1699, non fu mai portato a termine.
Con delibera comunale del 21 ottobre 1893, fu decisa l'apertura del Mercato Orientale (a oriente del centro) riadattando la struttura e gli archi dell'antico chiostro.
Il mercato fu inaugurato il 1° maggio 1899 alla presenza del sindaco Francesco Pozzo.
Antica cartolina del mercato Orientale |
64. Santo Spirito (in Via San Vincenzo)
Stucchi sono ancora presenti in quella che fu la Chiesa di Santo Spirito (foto di Antonio Figari) |
Il complesso monastico di Nostra Signora del Rifugio sorgeva nei pressi dell'attuale Stazione Brignole, che da questo monastero prende il suo nome, e proprio a causa della costruzione di quest'ultima fu abbattuto nel 1868.
Il complesso monastico fu costruito nel 1650 grazie alla benevolenza di Emanuele Brignole, grande benefattore genovese, noto ai più per esser stato il fondatore dell'Albergo dei Poveri, che con la sua generosità volle dare una sede definitiva all'istituto fondato da Virginia Centurione Bracelli che già nel 1631 aveva in zona un piccolo immobile in affitto.
I lavori della Metropolitana hanno ridato alla luce parte delle fondamenta di questo antico Monastero che sono ora visibili alla fermata delle Metro di Brignole.
Oggi la sede delle Brignoline è in Viale Virginia Centurione Bracelli nel quartiere di Marassi.
Questo convento delle Suore Brigidine, ricordato ancora nella toponomastica cittadina, Salita della Misericordia è infatti la strada che collega Via Carcassi a Via San Vincenzo, sorgeva dove oggi ha sede l'Istituto Nazionale Sordomuti in Via Santi Giacomo e Filippo. Di esso rimane ancora integra la Chiesa e parte dell'antico complesso che un giorno Vi porterò a visitare.
Il monastero di N.S. della Misericordia, oggi Istituto Nazionale Sordomuti (foto di Antonio Figari) |
L'interno della Chiesa di N.S. della Misericordia (foto di Antonio Figari) |
a. La Chiesa
La Chiesa di Santi Giacomo e Filippo dopo i pesanti bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale |
b. Il chiostro
Questo chiostro, come la chiesa adiacente al lato sud dello stesso, risale al XIII secolo. Fu Giovanni da Promontorio, nel 1224, a decidere di edificare in questo luogo alle pendici del colle di Multedo una piccola chiesetta dedicata a San Pellegrino. Successivamente le monache dell'Ordine di San Domenico, dopo aver richiesto all'Arcivescovo di Genova Gualtiero il permesso di fondare qui un monastero, iniziarono l'edificazione del complesso nel quale sorge il chiostro di cui Vi sto parlando.
Il chiostro durante i lavori di restauro (foto di Antonio Figari) |
Altra immagine delle colonne del chiostro durante i lavori di restauro (foto di Antonio Figari) |
Se lo guardate bene noterete molte similitudini con il chiostro triangolare di Sant'Agostino, poco sopra descritto.
I due chiostri sono infatti coevi e speculari nei materiali e nelle forme: colonne a fasce bianco nere sovrastate da capitelli a forma cubica.
Il chiostro, in stato di abbandono dopo i pesanti bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, è stato oggi inglobato in un nuovo complesso abitativo.
Di particolare pregio la Sala Capitolare e il Refettorio con affreschi attribuiti a Paolo Gerolamo Piola eseguiti nei primi anni del XVIII secolo: essi sono facilmente visitabili poichè lì vi sono le sale clienti della sede di Genova del Gruppo Iren.
Il refettorio (foto di Antonio Figari) |
L’ingresso della Chiesa e del vicino convento insistono su una piazzetta laterale rispetto a Via Bartolomeo Bosco, una delle poche antiche tracce superstiti dell’antico quartiere distrutto dalle bombe della guerra e dalla cementificazione del dopoguerra.
La vita del complesso conventuale è strettamente legata e va di pari passo con la vita del vicino ospedale al quale si accedeva tramite un passaggio interno oggi murato (lo si può vedere a metà dello scalone che conduce alla Cappella Superiore).
A questo luogo è legata la vita di Santa Caterina Fieschi Adorno che ai malati dell’Ospedale dedicò gran parte della sua vita divenendo anche Rettore dello stesso: il suo corpo incorrotto è conservato in Chiesa dal 1737: questo è anche il motivo per cui la chiesa, ufficialmente intitolata alla Santissima Annunziata (detta “di Portoria” per distinguerla da quella “del Vastato”) è comunemente detta “di Santa Caterina”.
Dalla piccola piazza dietro al tribunale si può accedere alla Chiesa, al convento e con un altro ingresso ai piani superiori del convento a alla cappella superiore dove era conservata l’urna della santa prima di essere traslata in Chiesa.
La parte inferiore del Portale di accesso alla Chiesa, risalente al XVI Secolo e decorata con capitelli con lesene con testine di frati e capitelli con foglie d’acanto, è opera di Pier Antonio Piuma. Il tutto sormontato da decori barocchi, opera di Andrea Casaregis e da un tondo in stucco opera settecentesca di Franscesco Maria Schiaffino raffigurante l’Annunciazione. L’interno conserva opera di Ottavio Semino, Luca Cambiaso, Giovanni Battista Castello detto il Bergamasco (a lui si deve lo spendida volta dell’abside con Cristo Giudice e i quattro evangelisti). Al 1738 risale il complesso marmoreo di Francesco Maria Schiaffino, composto da un altare e quattro figure (l’Amor Divino, la Fortezza, la Penitenza e l’Obbedienza) che sorregge l’urna di bronzo e cristallo entro la quale è conservato il corpo incorrotto della Santa. A poco distanza è stata seppellita la Venerabile Battistina Vernazza, figlia di Ettore Vernazza (quest’ultimo grande seguace di Caterina), e anch’essa protagonista nel XVI Secolo nelle opere di carità e assistenza verso i poveri della città.
Il vicino convento, il cui ingresso è a fianco della Chiesa, conserva sopra il portale una lunetta in pietra nera con San Francesco che riceve le stimmate: reca la data di fondazione del complesso 8 giugno 1488 e sullo sfondo si può vedere la chiesa nella sua prima edificazione. All’interno conserva affreschi cinquecenteschi con scene bibliche e conventuali.
Il Portale accanto a quello del convento conduce ai piani superiori del Convento dove oggi è allestito il Museo del Tesoro dei Cappuccini e alla Cappella Superiore, affrescata da Santo Tagliafichi, dove era conservato il corpo di Santa Caterina prima di essere traslato in Chiesa.
Dietro l'altar maggiore, uno stretto corridoio e una porticina immettono nella cripta della Chiesa, spazialmente collocata esattamente sotto l’altar maggiore.
La cripta fu voluta dalla famiglia Grimaldi.
Interamente affrescata nel XVI Secolo, è un luogo che merita di esser visitato.
Qui, durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, fu portato il corpo di Santa Caterina per preservarlo dalle bombe che non risparmiarono la Chiesa ed il quartiere di Portoria (emblematiche le foto, che tutti conosciamo e che potete trovare al paragrafo 3 della pagina de gli EDIFICI pubblici, della distruzione dell'adiacente Ospedale di Pammatone).
La facciata, la cupola ed il campanile della Chiesa di San Camillo (foto di Antonio Figari) |
La Chiesa, una volta detta "Santa Croce in Portoria" dal nome dell'antico quartiere dove sorgeva, fu edificata dai Padri Camilliani, che ancora oggi officiano la Chiesa, i quali la vollero dedicare alla Santa Croce ed al fondatore del loro ordine, San Camillo de Lellis. La Chiesa ed il vicino convento furono qui edificati perchè attigui all'ospedale di Pammatone dove i Camilliani prestavano la loro pia opera a favore degli ammalati dell'ospedale.
Oggi essa rappresenta una delle poche opere sopravvissute dell'antico quartiere di Portoria mutilato prima dalla Seconda Guerra Mondiale, e poi dalle ruspe e dalla scelleratezza umana degli amministratori della Superba che vollero qui il nuovo e senz'anima quartiere di Piccapietra. Per fortuna sia la guerra, sia le successive trasformazioni urbanistiche, non hanno intaccato la Chiesa anche se oggi non è più presente il vicino convento dei Camilliani.
Il progetto dell'edificio, a croce greca, è di Carlo Muttone: esso venne inaugurato nel 1671 anche se la facciata fu stata completata solo undici anni dopo.
Entrando Vi ritroverete dinnanzi ai meravigliosi affreschi di epoca barocca di Gregorio De Ferrari raffiguranti "il trionfo della Croce". Il De Ferrari lavorò a questo splendido ciclo pittorico fino alla morte, passando poi la mano al figlio Lorenzo ed a Francesco Maria Costa.
Gregorio De Ferrari e un altro grande pittore genovese, Agostino Ratti, sono sepolti in questa Chiesa.
La cupola della Chiesa di Santa Croce e San Camillo (foto di Antonio Figari) |
Il campanile della Chiesa di Santa Marta (foto di Antonio Figari) |
a. La Chiesa
Il primo nucleo della Chiesa di Santa Marta e del contiguo convento risalgono al XVI Secolo: di questo periodo rimangono la Sala Capitolare attigua alla Chiesa e il Refettorio.
La Chiesa, nelle forme tipiche degli edifici religiosi all'interno dei monasteri femminili, a tre navate e con un grande coro sovrastante dove le religiose assistevano alla Messa, assume le forme attuali dal 1535.
Sarà poi nel secolo successivo che questa Chiesa vedrà l'incontro e il lavoro dei migliori fescanti del barocco genovese: troviamo infatti qui opere di Giovanni Battista Carlone, Valerio Castello, Domenico Piola, Lorenzo de Ferrari, Paolo Gerolamo Piola e Domenico Parodi.
Le tele degli altari sono altrettanto degne di nota, opera di artisti quali Domenico Fiasella e Carlo Giupeppe Ratti.
Opera di Filippo Parodi è la splendida statua marmorea di Santa Marta sull'altare maggiore.
Degno di nota, infine, il bel Crocifisso di Giovanni Battista Gaggini da Bissone, un tempo sull'altare e oggi posizionato in controfacciata.
A poca distanza dalla Sala Capitolare, nascosto e inglobato nei sotterranei di un negozio in un palazzo degli anni 60 del ‘900 progettato da Robaldo Morozzo della Rocca, “sopravvive”, è proprio il caso di dirlo, la sala del Refettorio delle monache: qui si può ammirare un ciclo pittorico degli inizi del XVI Secolo, opera di un pittore lombardo che si trasferì a Genova intorno al 1515 (tradizione vuole che il pittore potesse lavorare solo negli orari lontani dai pasti ossia solo quando il refettorio non era occupato dalle monache).
Su due pareti del salone, in undici lunette sono narrate storie dei vangeli, anche di quelli apocrifi. Le scene sottostanti hanno per protagonisti, in una sorta di “ultima cena al femminile” Gesù e tre donne: Maria, Maddalena e Santa Marta. La Vergine è rappresentata con un velo blu, al suo fianco con una cuffietta bianca in testa troviamo Santa Marta (la Santa a cui il Convento è dedicato) e davanti a loro in ginocchio la peccatrice Maddalena con i lunghi capelli biondi sciolti (quest’ultima in particolare, donna di mondo che si converte e si inginocchia davanti alla Madonna e a Santa Marta, doveva probabilmente essere vista come esempio da seguire per le novizie del Convento).
Al centro del soffitto, come potete notare nella seconda immagine, c’è il trigramma di San Bernardino da Siena con le tre lettere IHS (le prime tre lettere del nome di Gesù in greco ΙΗΣΟΥΣ (Iesûs), ma anche l’abbreviazione di “Iesus Hominum Salvator” ossia Gesù Salvatore degli uomini). Intorno al trigramma i dodici raggi che irradiano la luce divina rappresentano i dodici apostoli che con la loro opera diffondono la Parola di Cristo.
Questo meraviglioso ciclo pittorico è stato riscoperto da tre architette genovesi (mi piacer ricordare il loro nomi ossia Laura Grillo, Stefian Toro e Maria Cristina Turco dello studio “San Lorenzo 21”) nel 2013 ed stato aperto la pubblico nel 2014 in occasione di una esposizione temporanea durante la manifestazione “GenovaInBlu”. Come vi dicevo, per entrare in questo luogo non si passa dal Convento ma soltanto da un negozio commerciale della Galleria Enrico Martino in cui questa sala si colloca al piano inferiore raggiungibile con una scaletta (è incredibile pensare che sia stato costruito sopra questa sala un palazzo negli anni ’60 del XX Secolo e che si sia scelto di salvare questo luogo e non di distruggerlo, scelta tutt’altro che scontata a quell’epoca). Purtroppo, dopo quella apertura straordinaria al pubblico, questo spazio è tornato ad essere inaccessibile.
71. San Sebastiano
Salita Santa Caterina, la strada che collega Piazza Fontane Marose a Via Roma, deriva il suo nome dal Convento dedicato alla Santa che sorgeva lungo questa via.
La Caterina a cui il complesso era dedicato era Santa Caterina di Alessandria, la cui statua sovrastava la vicina porta cittadina che da lei prendeva il nome (oggi è conservata in una nicchia dello scalone dell'Accademia Linguistica delle Belle Arti).
Il Monastero fu fondato dalle Monache Clarisse nel 1228 e passo in seguito ai Benedettini.
Il complesso fu eretto anche grazie al contributo della famiglia Spinola, ramo di Luccoli, che in questa zona aveva i suoi palazzi. Lo stretto legame già si notava in facciata dove era dipinto lo stemma della famiglia e un'epigrafe commemorativa sul portale riportava alcuni nomi dei membri del casato.
All'interno della Chiesa cinque erano le cappelle sotto il patronato degli Spinola. Tra i membri d questa famiglia legati a questa chiesa ricordiamo Corrado (la cui statua troneggia ancora oggi in facciata di Palazzo Spinola dei Marmi), e Luca Spinola, doge dal 1551 al 1553, qui sepolto nella cappella dedicata a San Benedetto. E' Luca Spinola a commissionare a Luca Cambiaso la pala d'altare (un tempo nella cappella di San Benedetto ed oggi nel Battistero del Duomo di San Lorenzo) con i Santi Benedetto (fondatore dell'Ordine titolare del Monastero), San Giovanni Battista (patrono di Genova) e San Luca (l'omonimo Santo del committente).
Il complesso monastico fu dapprima chiuso nel 1799 e poi definitivamente demolito nel 1830. Per farvi un'idea, esso sorgeva all'altezza degli odierni civici 6,8 e 10 di Salita Santa Caterina.
Della Chiesa, come vi dicevo, non rimane più nulla, il chiostro invece, inglobato negli edifici tra Salita Santa Caterina e Salita Di Negro, ha resistito ai secoli.
Resti dell'antico convento sono poi ancora leggibili nelle strutture degli edifici che su di esso sono stati edificati.
a. La Chiesa
b. La cripta
Una porticina dietro il coro e una ripida scala di mattoni conducono alla cripta della Chiesa.
Essa rimane esattamente sotto il coro e ha dunque le sue stesse dimensioni.
Arrivati in fondo agli scalini si giunge in un corridoio che delimita la cripta sui quattro lati: qui si trovano le tombe di molti frati cappuccini e di coloro che chiedevano di essere seppelliti qui.
Recentemente anche le clarisse del Convento del Righi trovano qui sepoltura.
Tra le tante tombe lungo i muri del corridoio, alcune sono protette da grate: ciò è dovuto al fatto che è in atto un processo di beatificazione che ha per soggetto il frate lì sepolto.
Lungo il corridoio troviamo anche la tomba di Martin Piaggio, celebre poeta genovese.
Entrati nella cripta vera e propria lo sguardo spazia tra le tantissime lapidi per terra e sulle pareti, alcune delle quali qui traslate dall'oratorio della Chiesa.
Poco prima di giungere all'altare, per terra, vi è una lapide senza nomi con due anelli di ferro: lì sotto, in una stanza di qualche metro quadrato, sono sepolti molti genovesi che persero la vita nell'aprile del 1849 durante il cosiddetto "Sacco di Genova", compiuto ad opera del Generale La Marmora e dei suoi bersaglieri su ordine del re sabaudo Vittorio Emanuele II (la cui statua troneggia al centro di Piazza Corvetto).
Una curiosità: per scendere nella cripta c'è anche un'altra scala che scende direttamente dalla Chiesa. Essa è celata da un confessionale che in realtà confessionale non è ma una porta e una botola, diciamo così, camuffati da esso.
Le scale che conducono alla cripta (foto di Antonio Figari) |
Il corridoio intorno alla cripta (foto di Antonio Figari) |
Una tomba con una grata a protezione (foto di Antonio Figari) |
La cripta (foto di Antonio Figari) |
La lapide, senza scruitte, sotto la quale sono seppellite le vittime del Sacco di Genova (foto di Antonio Figari) |
La tomba di Martin Piaggio (foto di Antonio Figari) |
Tra le tante che ho visto, questa mi ha colpito particolarmente: un bimbo mancato piccolino e i suoi genitori che gli dedicano dolci parole.
La tomba del piccolo Checchino (foto di Antonio Figari) |
Questa Chiesa fu fondata nel 1308 da due monaci basiliani, Martino di Segarizi e Guglielmo, provenienti dalla Montagna Nera (regione dell'Armenia che era stata invasa dai Turchi) e scampati alla distruzione del loro monastero, su un terreno a loro donato da Oberto Purpurerio, un commerciante che in questa zona suburbana possedeva dei terreni. Quest'utimo chiese in cambio che venisse celebrata in perpetuo una Messa in suffragio della sua anima (come ancora oggi ricorda una targa marmorea posta all'interno della Chiesa).
L'edificio, oggi inglobato in un palazzo, originariamente si presentava con una forma a pianta quadrata.,
Lo splendido roseto del Convento di Sant'Anna (foto di Antonio Figari) |
L'antica biblioteca del Convento di Sant'Anna (foto di Antonio Figari) |
80. SS. Incarnazione detto "delle Turchine"
Una curiosità legata al muro della parte superiore del monastero: qui si giocava al "giuoco del pallone" sfruttando il muro che correva lungo l'attuale Corso Firenze (Vi rimando per approfondire questa storia al paragrafo 55 della pagina de le PIETRE parlanti).
81. San Nicola
Qui fu edificata alla metà del XIII Secolo una cappella annessa ad un convento delle monache cistercensi che qui rimasero fino al 1510.
Un trifora in facciata e due lapidi del 1286 e 1362 testimonio la prima fase di questo convento.
Dopo un lungo abbandono, il complesso viene affidato ai frati cappuccini dal Magistrato di Pammatone (i frati prestavano servizi presso l'Ospedale di Pammatone) con un atto del 16 maggio 1538. E’ il più antico monastero cappuccino in Liguria ed il secondo della Provincia dei Frati Minori Cappuccini di Genova (il primo è quello di Pavia del 1537).
Al XVII Secolo risalgono lavori di ampliamento del convento.
Qui soggiornò uno dei migliori interpreti del Barocco, il pittore Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino, poiché appartenente, per un breve periodo della sua turbolenta via, a questo ordine religiono. L’Alizeri quasi sarcasticamente ci fa notare che, nonostante ciò, non sono presenti in questo convento opere dello stesso.
E’ qui conservato uno dei più bei presepi che potete vedere a Genova con statuine settecentesche opera della scuola del Maragliano e del Bissoni (vi rimando alla pagina dedicata a le ARTI MINORI a GENOVA per approfondire la storia del presepe genovese).
Il convento di San Barnaba è posizionato lungo la salita che portava al Castellaccio dove i condannati a morte (che salivano lungo la Salita dell'Agonia, l'odierna Salita Emanuele Cavallo, ed i cui corpi esanimi venivano invece trasportati lungo la Salita della Morte, oggi Salita Accinelli) trovavano ad aspettarli la forza.
Gli interni del Santuario (foto di Antonio Figari) |
La statua di Santa Brigida sopra l'arco che introduceva nel Monastero (foto di Antonio Figari) |
Un
antico muro del complesso monasteriale di Santa Brigida e dietro,
nascosta, una finestra di quella che fu l'antica chiesa gotica di
questo monastero (foto di Antonio Figari) |
Antichi archetti dietro quella che fu la Chiesa di Santa Brigida (foto di Antonio Figari) |
86. Santa Teresa all'Acquaverde
Sopra Piazza Acquaverde, sull'altura detta di Monte Galletto, a poco distanza tra loro, si svilupparono nei secoli tre conventi: uno di questi, nato nel 1635, è il Monastero delle Carmelitane Scalze, conosciuto dai più come Monastero di Santa Teresa dal nome della Santa, Teresa d'Avila, vissuta nel sedicesimo secolo, ispiratrice della Riforma dell'Ordine, a cui era dedicata la Chiesa all'interno del complesso monastico, e dalla quale prende il nome la salita che porta al convento, detta appunto Salita di Santa Teresa. Degli altri due conventi Vi parlerò nei seguenti paragrafi.
La struttura di questo monastero si sviluppa intorno ad grande cortile su tre lati, sul quale si aprivano le varie celle delle Carmelitane. Il quarto lato, quello che guarda a sud, è lasciato libero da costruzioni: un grande terrazzo permetteva, prima che moderne costruzioni ne ostacolassero la vista, di guardare il mare. Visto da lontano, l'intero complesso sembra quasi abbracciare il Porto di Genova ed accogliere coloro che arrivano a Genova dal mare.
Divenne, dopo il congresso di Vienna e l'annessione di Genova al Regno di Sardegna, sede della "Regia Scuola per gli ufficiali di marina", antesignana dell'attuale Accademia Navale di Livorno". Al centro della piazza d'armi venne piantato, per scopi didattici, l'albero di trinchetto di un grosso brigantino, con relativo bompresso, che veniva utilizzato dagli allievi per le esercitazioni.
Nonostante le trasformazioni ad uso civile questo antico monastero conserva ancora l'antica struttura e la Chiesa interna.
Parte del complesso di quello che fu il Monastero di Santa Teresa, oggi caserma della Guardia di Finanza (foto di Antonio Figari) |
Il secondo convento in zona Principe, poco distante dai due descritti nei paragrafi precedenti è quello fondato nel 1625 dalle Monache Clarisse.
Dopo essere divenuto nell'ottocento, come il vicino monastero di Santa Teresa, una caserma (per la precisione prima ospedale militare "Regina Maria", poi caserma della Polizia Portuale e dopo la seconda guerra mondiale caserma dell'Arma dei Carabinieri), è oggi una residenza universitaria. Conserva la suo interno tracce del chiostro, della chiesa e ed un piccolo ninfeo.
Le mura perimetrali del Monastero dedicato a N.S. della Neve (foto di Antonio Figari) |
Un volto umano sormonta una delle porte di accesso del Monastero di N.S. della Neve (foto di Antonio Figari) |
Il terzo convento sulla altura di Monte Galletto è quello di N.S. della Visitazione.
La facciata della Chiesa dedicata a N.S. della Visitazione (foto di Antonio Figari) |
Il gruppo ligneo raffigurante la Deposizione, opera di Anton Maria Maragliano, un tempo conservato nella Chiesa di Santa Maria della Pace ed oggi qui collocato |
Giacomo Brusco, planimetria della chiesa di S. Michele di Fassolo, dalla copia trascritta nel 1785 del rilievo della città del 1656, Collezione topografica del Comune di Genova |
Pasquale Domenico Cambiaso, La "ricreazione" dei Filippini e le absidi di San Michele da nord-est, Collezione topografica del Comune di Genova |
Manfredino da Pistoia, affresco di San Michele arcangelo proveniente dalla chiesa di San Michele, Museo di Sant'Agostino, Genova (foto di Antonio Figari) |
Manfredino da Pistoia, affresco della Cena di Betania proveniente dalla chiesa di San Michele, Museo di Sant'Agostino, Genova (foto di Antonio Figari) |
La Chiesa di San Tommaso vista da ponente in un'immagine del 1880 |
La Chiesa ed il convento di San Tommaso sorgevano nello spazio oggi compreso tra Palazzo del Principe, la stazione ferroviaria di Principe e la Stazione Marittima, su un promontorio detto "Caput Arenae".
Il primo nucleo di questo complesso monastico, una piccola aula monoabsidata, risale al VI-VII secolo.
Nel X secolo le monache benedettine si insediarono in questo convento lasciando importanti e singolari testimonianze della loro presenza di cui rimangono tracce negli splendidi capitelli del Chiostro del convento giunti fino a noi e conservati nel Museo di Sant'Agostino di Genova, uno dei musei più ricchi di storia e di opere dei monumenti scomparsi della Superba.
I capitelli di San Tommaso conservati presso il Museo di Sant'Agostino di Genova (foto di Antonio Figari) |
Uno dei capitelli di San Tommaso conservato presso il Museo di Sant'Agostino di Genova (foto di Antonio Figari) |
Il XII secolo segna il momento culminante della storia e dell'importanza di questo complesso monastico culminanti con l'ampliamento in forme romaniche della Chiesa che diviene a tre navate e la costruzione della torre nolare, uno dei più bei campanili di Genova simile per forme ed aspetto a quello della cattedrale di San Lorenzo.
Tra il seicento ed il settecento la costruzione medievale viene rimaneggiata.
Come potete notare dalle antiche immagini qui riportate, San Tommaso sorgeva sulle mura di Genova: il promontorio sul quale era sita infatti fu inglobato nelle mura del XIV secolo, in mezzo alle quali sorgeva la porta occidentale della città che da questa Chiesa prendeva il suo nome.
La Chiesa di San Tommaso fu travolta dalle trasformazioni ottocentesche che dapprima le tolsero il mare creando la strada ferrata tra lei ed il porto ed infine fu demolita nel 1884 con la costruzione della Stazione Marittima.
La Chiesa di San Tommaso vista da sud in un'immagine del 1880 |
La storia di questa Chiesa si intreccia con la vita di Santa Limbania che qui decise di trascorrere la sua vita di preghiera e penitenza e di cui trovate la storia nella pagina dedicata ai poeti SANTI scrittori AVVENTURIERI.
95. Santissima Trinità e San Benedetto al Porto
Santissima Trinità e San Benedetto al Porto (foto di Antonio Figari) |
La chiesa, con il vicino monastero, sono nominati per la prima volta in un documento del 1129. Intitolata a San Benedetto, la chiesa è inizialmente occupata dalla benedettine del vicino monastero di Santa Maria delle Grazie di Fassolo, alle quali subentrano le monache cistercensi (è questa la prima sede dell'ordine a Genova).
Intorno al 1300, per volere di alcune pie donne che decisero di dedicarsi alla vita spirituale seguendo la regola di Sant'Agostino, qui venne edificato un monastero e una piccola chiesetta adiacente allo stesso a cui fu dato il titolo di Santa Margherita.
Verso la metà del 400, le monache, che nel frattempo erano divenute Canonichesse Regolari Lateranensi, abbandonarono questo luogo per trasferirsi nel Monastero di Sant'Andrea della Porta, e qui si installò il ramo maschile dello stesso Ordine.
I Canonici a loro volta cedettero il monastero alla confraternita degli Apostolini che erano rimasti senza proprietà dopo che il loro monastero, che portava il nome di San Rocco e si trovava presso l'Acquasola, venne distrutto. E fu così che gli stessi, quali nuovi proprietari del Monastero, decisero di intitolarlo al loro Santo protettore.
Furono gli Apostolini a volere una riedificazione della Chiesa che assunse, nei primi anni del XVII Secolo, la fisionomia che ancora oggi conserva: le pareti furono decorate dallo stuccatore urbinate Marcello Sparzo con racconti biblici e agiografici, statue e rilievi di Profeti e Santi; il decoro della volta del presbiterio fu affidato a Giovanni Carlone che dipinse scene della vita di San Rocco.
Sull'altare di San Rocco vi è una splendida statua del Santo, opera di Honoré Pellé.
Dopo la soppressione dell'Ordine ad opera delle leggi napoleoniche e la cacciata degli Apostolini, il monastero fu ridotto ad abitazioni. La Chiesa divenne in seguito proprietà della Diocesi: l'edificio venne abbellito con nuove opere provenienti da altre Chiese, come "La Dormitio Virginis" di Domenico Fiasella e "Il transito di San Giuseppe" di Giovanni Andrea De Ferrari, entrambe provenienti dalla Chiesa di San Francesco di Castelletto, e decorata da Michele Canzio.
97. San Francesco da Paola
Sito lungo l'antica Via di Fassolo, all'altezza di Piazza San Teodoro, questo complesso monastico fu edificato a partire dal 1649 su un terreno con villa donato ai Missionari Vincenziani dal Vescovo Stefano Durazzo.
Tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento fu costruita la Chiesa, inizialmente intitolata a San Paolo e nel 1737 a San Vincenzo de' Paoli (nell'anno in cui quest'ultimo venne proclamato Santo).
A navata unica, in stile barocco, conserva affreschi e stucchi di pittori di scuola bolognese, tra i quali Jacopo Antonio Boni, autore del dipinto raffigurante San Vincenzo e San Francesco di Sales. La pala d'altare è opera di Giuseppe Bozzano mentre di Domenico Parodi sono "Le nozze mistiche di Santa Caterina da Genova".
Facciata della Chiesa di San Vincenzo de' Paoli (foto di Antonio Figari) |
Interno della Chiesa di San Vincenzo de' Paoli (foto di Antonio Figari) |
Spendida la sacrestia che conserva il mobilio dell'epoca e la volta affrescata, come la Chiesa, da pittori di scuola bolognese.
Sacrestia della Chiesa di San Vincenzo de' Paoli (foto di Antonio Figari) |
La Villa, edificata dalla famiglia Di Negro alla metà del XVI Secolo, venne adattata dai Missionari Vincenziani a convento.
Nel salone al primo piano sono conservati i busti dei due più grandi benefattori del Convento: il Marchese Brignole Sale e il Vescovo Stefano Durazzo.
Lo spendido scalone, ideato e finanziato da Padre Gerolamo Spinola, venne realizzato nel 1748 (come ci ricorda la data scolpita su una colonna al primo piano), anno in cui venne altresì innalzato il palazzo di un piano.
Lo scalone di Villa Durazzo, oggi Convento di San Vincenzo de' Paoli (foto di Antonio Figari) |
99. San Teodoro
L'antica Chiesa di San Teodoro in un'immagine del 1865 |
La facciata dell'antica Chiesa di San Teodoro in un'immagine del 1865 |
L'antica Chiesa di San Teodoro in un'immagine del 1865 |
L'antica Chiesa di San Teodoro in un'immagine del 1870 |
L'antica Chiesa di San Teodoro in un Acquarello di Pasquale Domenico Cambiaso |
Il primo documento che ci parla di questa antica Chiesa risale al X secolo, collocando questo edificio di culto tra i più antichi della Superba.
Essa fu consacrata il 20 luglio 1100, dopo subito un profondo restauro che portò la piccola Chiesa ad esser ingrandita nelle forme romaniche e divenire a tre navate con l'abside rivolto a levante, come già Santa Fede o San Giovanni di Prè.
La Chiesa fu officiata dai Canonici Mortariensi fino al 1458, quando a questi subentrarono i Canonici Lateranensi provenienti dalla Basilica di San Giovanni di Roma.
Nel 1481, Papa Sisto IV elevò la Chiesa ad Abbazia.
I Canonici Lateranensi rimasero a San Teodoro fino al 1797 quando le leggi napoleoniche di soppressione degli ordini religiosi costrinsero i Canonici ad abbandonare l'abbazia. A questo periodo risale la spoliazione di molte opere d'arte che vennero portate in Francia tra cui lo spendido "Martirio di San Sebastiano", opera di Filippino Lippi, poi restituita, oggi conservata a Palazzo Bianco.
100. San Lazzaro
Alessandro Baratta, "La Famosissima e Nobilissima Città di Genova, con le sue fortificasioni", 1637, particolare con il complesso di San Lazzaro |
La galleria della Ferrovia che sbuca alla confluenza tra le moderne Via Venezia e Via Milano è chiamata "San Lazzaro". Sapete perché?
Qui sorgeva anticamente, in una zona esterna alle mura della Superba, la chiesa di San Lazzaro, alla quale era annesso un piccolo ospedale che farà funzione, nei secoli a venire, anche da Lazzaretto.
101. N.S. degli Angeli
In cima alla salita detta “degli Angeli” vi era una chiesa con annesso convento, fondata nel 1467, intitolata a Nostra Signora degli Angeli.
L’anonimo del 1818 così la descrive: “Nella chiesa che era servita dai Carmelitani della Congregazione di Mantova era da osservarsi la cappella di S. Giovanni Battista de’ signori Marchesi Centurione, in cui, fra le tante pitture a fresco delle quali era decorata, ammiravasi la Decollazione del santo Precursore del Cambiaso, e dove più degli altri suoi competitori si è distinto ed ha fatto pompa del bel modo di colorire sul fresco. Questa cappella, ricca altresì di bei marmi de’ quali era rivestita, più non esiste, e nemmeno la chiesa che per tanti secoli formò la gloria di questo sobborgo”.
Raffaele Soprani, nelle sue “Vite de’ pittori, scultori ed architetti genovesi”, ci racconta che la Cappella di San Giovanni Battista fu affrescata da Lazzaro Calvi con la Natività del Precursore, da Luca Cambiaso con la Decollazione di San Giovanni Battista e da Andrea Semino con il Battesimo nel Giordano. Di Lazzaro Calvi era anche la tavola sopra l’altare.
La chiesa fu abbandonata dai Carmelitani nel 1798. Già un anno prima aveva subito molti danni a seguito dell’insurrezione del 4 e 5 settembre 1797 e altri ne subirà durante l’assedio del 1800. Il complesso verrà definitivamente abbattuto nel 1810.
Accanto a questa chiesa intorno al 1680 sarà aperta una nuova porta lungo le mura seicentesche, porta che da questa chiesa prenderà il nome (trovate la sua storia nella pagina dedicata a le PORTE e le MURA di GENOVA).
"In capo di Promontorio l'antica abbazia di S. Benigno, in la quale giace il corpo del venerabil Beda (...) E sotto l'abbazia, verso mezzogiorno, è la torre ossia mezza torre della Lanterna edificata su uno scoglio, nominato Capo di Faro." |
(Agostino Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, 1537) |
Durante la seconda guerra mondiale i ruderi furono utilizzati come batteria contraerea (nel dopoguerra piano piano verrà abbattuto tutto ciò che rimaneva delle caserme e del colle, di cui oggi rimane ben poco, e sostituito da moderni edifici).
Rimanendo in tema, prima della contraerea della Seconda Guerra mondiale il colle di San Benigno aveva già un legame particolare con le batterie e l’artiglieria: nel XVII Secolo, ai piedi della Lanterna fu realizzata una prima postazione della cosiddetta “Batteria della Lanterna”, rafforzata nel XVIII Secolo con un’altra batteria a livello del mare posta quasi all’estremità del Promontorio detta “Batteria a fior d’acqua della Lanterna”. Furono proprio queste batterie a tenere lontani gli inglesi durante l’assedio del 1800.
Nella prima metà del XIX Secolo attorno alla Lanterna vengono installate tre nuove batterie (oggi sono ancora visibili i muri perimetrali di una di esse sul terrazzo a lato del nostro Faro).
Nell’Ottocento, nel piazzale antistante il “Forte San Benigno”, fu sistemata una batteria composta da due cannoni e otto mortai, la “Batteria di San Benigno”, ufficialmente posizionata a protezione della città e del suo porto ma utile, per così dire, anche a contenere eventuali insurrezioni della popolazione, cosa che puntualmente avvenne nel 1849 quando il il generale La Marmora di qui bombardò la nostra città (fu lui stesso a suggerire il potenziamento di questo sito per prevenire future insurrezioni).
Nel 1878, nel piazzale antistante le due caserme di San Benigno fu realizzata una nuova batteria difesa del Porto: essa aveva la caratteristica di affacciarsi a levante (verso il centro città) e a ponente (verso Sampierdarena).
104. San Bartolomeo del Fossato
può essere San Matteo? :) Cristina
RispondiEliminaCiao Cri! Potrei anche risponderti ma perché non lasciare un pò di suspense!?!? ;-)
Eliminanon tenermi nel dubbio!!!!! :(
RispondiEliminaeccoti un'altra foto: domani la tua curiosità sarà soddisfatta!
Eliminaavevo ragione... :) con questo però mi metti in difficoltà.. :) oggi ho fatto un giro per il carmine, l' olivella e poi mi sono buttata giù da lomellini, fossatello, san siro.. io amo i vicoli... ascolta, c'è un modo per sapere quando aggiorni il blog?? Sei per caso su facebook? :) un saluto Cristina
RispondiEliminaCiao Cri! Che bei giretti che ti fai! Su facebook cerca la pagina de I SEGRETI DEI VICOLI DI GENOVA, e se hai Twitter iSEGRETIdeiVICOLI ( @SEGRETIvicoli ) ...così potrai rimanere sempre aggiornata, anche se qualche volta aggiorno il sito senza pubblicar nulla su fb e Twitter (ti tocca quindi venir a farti un giro qui e scoprir se c'è qualcosa di nuovo! ;-) )
EliminaPS: il chiostro di cui non sai il nome è sconosciuto ai più essendo solo da poco al centro di un restauro che riguarda l'intero complesso (fino all'anno scorso era abbandonato al suo destino), presto scoprirai dove si trova!
Ciao Antonio,
RispondiEliminaNavingando in rete sono casualmente capitato in questo sito internet e lo trovo veramente molto bello, esauriente e soprattutto preciso. Sappi che da oggi sono un tuo ammiratore! :-)
Volevo chiederti se avevi qualche info in più e/o qualche immagine di repertorio riguardo l'(ex) chiostro di San Silvestro soprattutto del periodo pre-bellico o perlomeno pre-edificazione della facoltà di architettura.
Aspettiamo anche gli aggiornamente promessi sul sito... ;-)
Ciao e grazie!
Ciao MacLucky! Innanzitutto scusa per il ritardo con cui rispondo al tuo post (che modo di trattar i miei nuovi ammiratori!) ma prima di scriverti volevo cercare un po' di foto antiche di San Silvestro: purtroppo per il momento ho solo foto degli esterni dopo il tragico bombardamento del 43 che vedi in questa pagina. Ho trovato inoltre alcune foto dell'interno della Chiesa che presto caricherò. Se troverò invece foto del chiostro antecedenti alla guerra le caricherò sicuramente qui sul blog.
EliminaGrazie per i complimenti! Continua a seguirmi!
Antonio
Mi ha colpito tanto san nicolosio. Ah sepotessi trovare qualche libro antico... bravissimo. Ti leggo sempre... Cristina
RispondiEliminaCiao Cri! Grazie per le tue parole! Son contento ti sia piaciuta la Chiesa di San Nicolosio e son sicuro ti piacerà anche un'altra splendida Chiesa non lontana da questa che presto descriverò.
EliminaBuona sera,
RispondiEliminache lei sappia, esiste ancora qualcosa della chiesa di Santa Maria dello Zerbino?
Grazie,
Buongiorno!
EliminaLa Chiesa di Santa Maria dello Zerbino sorgeva dove attualmente vi è l'Istituto Arecco, oggi Scuola Statale Leonardo da Vinci, nei pressi di Piazza Manin. Nulla rimane dell'antica Chiesa se non il toponimo, Via della Crocetta, che ricorda nel suo nome che qui sorgeva questa antica Chiesa legata all'Ordine dei Crociferi. Un giorno parlerò di essa in questa pagina.
Buonasera,
RispondiEliminatrovato per caso questo spazio che non può essere definito "sito" na più propriamente Gioiello.
Grazie! Grazie! Grazie!
Dopo i ringraziamenti, un curiosità:
Da piazza Sarzano, spalle a stradone S.Agostino, imboccando le scalette a scendere sulle mura a mare, si trova sulla sinistra una piccola chiesa che ho sempre vista serrata/abbandonata; potrebbe crtesemente regalarmi qualche info?
Ancora Grazie, ancora complimenti
Francesco M.
Buonasera, innanzitutto grazie per le Sue parole. Sono contento Le piaccia il mio sito.
EliminaPer quanto riguarda la Sua curiosità credo che Lei si riferisca all'Oratorio di Sant'Antonio Abate che sorge proprio sulle mura sotto Piazza Sarzano. In esso è conservata una delle meraviglie dei vicoli di Genova, la cassa processionale di "San Giacomo che sconfigge i Mori" opera di Pasquale Navone. L'oratorio è spesso aperto il sabato pomeriggio e la domenica mattina grazie all'opera di alcuni volontari. Purtroppo però ultimamente l'ho visto chiuso anche in quei giorni.
Trova la storia di questo oratorio e qualche foto nella pagina de "gli ORATORI di GENOVA" al paragrafo 3
Trovare, per caso, il Suo sito (o meglio GIOIELLO, come ha scritto giustamente qualcuno) è stata una meravigliosa sorpresa!
RispondiEliminaSono un'insegnante di storia dell'arte e vivo in Liguria da qualche anno. Mi ha fatto scoprire tante cose che non avevo mai letto... Grazie infinite!
Nicoletta
Cara Nicoletta, La ringrazio per il paragone anche se in realtà il vero gioiello è Genova ed il suo centro storico che nasconde mille segreti e una bellezza straordinaria.
EliminaSono contento di averLe fatto scoprire cose inedite sulla Superba e spero di fargliene scoprire ancora.
Antonio, non capisco come la statua della Madonna della Fortuna possa essere stata una polena! Potresti spiegare quali cambiamenti ha subito, per favore? Grazie e ciao
RispondiEliminaCiao Laila, ho inserito alcuni dettagli in più nella storia della Madonna della Fortuna. Spero di aver soddisfatto la tua curiosità!
EliminaCiao Antonio...che meraviglia il tuo blog! Soddisfa molte mie curiosità su Genova. :) Domanda: sai nulla della chiesa che c'era in salita del prione? grazie. :) Viola
RispondiEliminaCiao Viola, grazie per le Tue parole! Quello a cui ti riferisci è l'Oratorio del Suffragio, ora oggetto di lavori per divenire parte della nuova scuola di Piazza delle Erbe. Trovi la sua storia nella pagina di questo sito dedicata a "gli ORATORI e le CASACCE".
EliminaAntonio, abbi pazienza, sai che sono una noiosissima maestra! Io personalmente sento delle mancanze, in questo blog così bello: 1) gli indirizzi. Non sempre so dove sia ciò di cui parli! 2) Un aggancio storico su certe cose: com'era qualcosa quando era nel suo splendore! E vorrei anche sapere com'era (e a che città poteva appartenere) la Madonna della Fortuna quando era solo una polena, anche se secondo me è sempre stata un'immagine sacra: non credo che sia così frequente, trovare una polena con un bimbo in braccio! Ciao, amico.
RispondiEliminaCara Laila, non scusarTi. Ti ringrazio anzi per i Tuoi suggerimenti ai quali rispondo seguendo l'ordine delle tue domande:
Elimina1) cercherò di inserire dove mancano gli indirizzi così da facilitare la tua "caccia" ai segreti dei vicoli sparsi per Genova;
2) purtroppo certe volte è difficile fare un aggancio storico o raccontare come alcune cose che non ci sono più erano nel momento del loro massimo splendore poiché spesso le fonti sono lacunose. La mia ricerca non si ferma e quando posso integro quello già scritto con nuove informazione che man mano reperiscono nei miei vecchi libri;
3) i vari libri in cui è narrata la storia della Madonna della Fortuna parlano della sua nascita come polena di una nave irlandese ormeggiata in porto, niente di più. Conto un giorno di andare a parlare con i carmelitani della Chiesa di San Carlo e chiedere loro qualche delucidazione in più, se ne hanno. Ti terrò informata!
Sono rimasta incollata a queste immagini della grande Genova...tutto il pomeriggio...grazie...
RispondiEliminaE come un automa vorrei camminare e scoprire ..finalmente guardando angoli e postarli ..cosi tu possa darmi spiegazioni ...se vorrai e potrai...
Ho visto ad un concerto di classica una chiesetta credo oratorio a Coronata...stupendo...sai la storia.credo sia dei frati ma non ne sono certa.....grazie di tutto FRanca...
Cara Franca, grazie per le Tue parole. Leggendole capisco che lo scopo che mi prefissai il giorno che decisi di creare questo sito, e cioè il diffondere la bellezza nascosta di Genova, non era pura utopia!
EliminaPer quanto riguarda l'Oratorio in cui hai assistito ad un concerto, esso è il bellissimo Oratorio di N.S. Assunta di Coronata, sede della Confraternita del Gonfalone: splendidi stucchi, affreschi del Palmieri e tele del Badaracco al suo interno ne fanno uno degli esempi più belli di barocchetto genovese. Un luogo che sicuramente merita una visita. Per il momento nella pagina dedicata agli Oratori di Genova mi limito a parlare di quelli presenti nei vicoli ma sto pensando di ampliare le mie ricerche ed estenderle anche ai luoghi più significativi entro la cosiddetta Grande Genova e quindi anche a questo splendido oratorio.
Chiesa di Santa Marta, sono particolarmente affezionata a questa piccola chiesa. Me l'ha fatta conoscere 5 anni fa il mio fidanzato e ogni volta che andiamo a Genova ci passiamo. Mi piacerebbe avere qualche notizia in più.
RispondiEliminaRinnovo i miei complementi al blog che mi sta facendo conoscere Genova sempre di più.
AMDC
Anche a me piace molto questa Chiesa, un vero scrigno dove hanno dipinto i migliori artisti che lavorarono a Genova: Domenico Piola, Valerio Castello, il Carlone, De Ferrari e Paolo Gerolamo Piola. Quando vi entro mi perdo nella meraviglia dei suoi affreschi. Presto racconterò la sua storia in questa pagina!
EliminaSe non sei ancora andato in Santa Maria In via Lata, andiamoci insieme, che i restauratori Silvestri sono cari amici.
RispondiEliminaA breve uscirà un mio giallo (Arduino Sacco Editore) che si dipana nel Centro Storico, con appena una "puntata" a Villa Pallavicini, una a Casella e una a Boccadasse! Verrai, spero alla presentazione! Ficcanasando, come faccio spesso, nel tuo blog, sono rimasta colpita da un'idea: sei un buon fotografo, certo, tecnicamente parlando, ma quello che è evidente è che i tuoi siano "gli occhi dell'amore". Genova è bellissima, ma nelle tue immagini è assolutamente meravigliosa. E anche nelle tue parole. Ciao, amico. (Il 21 giugno alle 21 Solstizio d'Estate in libreria, da Booksin!)
Cara Laila,
Eliminati ringrazio come sempre per le tue parole: e' vero, guardo Genova con gli occhi dell'amore... Ma come si fa a non amarla!?!?
Son andato in Santa Maria in Via Lata un paio di volte negli ultimi mesi: prossimamente caricherò tutte le foto!
Sabato purtroppo non potrò essere alla presentazione per un impegno improrogabile che mi coinvolge in prima persona: ti scrivo una mail così ti racconto tutto!
Aspetto di leggere il tuo giallo!
A presto amica mia!
Il 21 giugno alle 21 c'è LETTI DI NOTTE: il Solstizio d'Estate si fa alla Libreria Books In, in Vico del Fieno 40/R! Non sono stata chiara: la presentazione del noir "L'Albergo del Ragno", che si svolge nel nostro Centro Storico avverrà più avanti: il libro uscirà a giorni! Auguri per tutto!
RispondiEliminaCiao, complimenti per l'interessantissimo articolo.
RispondiEliminaMancano la chiesa di San Giuseppe, in salita inferiore San Rocchino, e una chiesa in via delle fontane, a nord di Santa Fede e di fronte a Santa Sabina, su cui non riesco a trovare nulla (la si vede su google maps)... ne sai qualcosa?
(Ho risolto leggendo più approfonditamente la pagina degli oratori: trattasi dell'oratorio di San Tommaso)
EliminaInvece mi incuriosisce questa struttura (https://www.google.it/maps/@44.404121,8.929861,3a,90y,74.48h,119.15t/data=!3m5!1e1!3m3!1sHuzYi4yQnF1Yz40Pi69EPw!2e0!3e5) in via Mura delle Grazie, esattamente sotto piazza Santa Croce.
Sembrerebbe un'architettura religiosa che poi è stata inglobata negli edifici adiacenti (ci hanno letteralmente costruito sopra). Hai idea di cosa possa essere? Potrebbe essere parte del complesso di Santa Croce? Saluti!
Ciao e complimenti, complimenti e grazie davvero per il bellissimo lavoro che stai facendo. Ho scoperto il tuo sito per caso e, amando come te ogni angolo di Genova, l'ho trovato splendido. Se ti può interessare ho, per motivi di lavoro, accesso a molta documentazione sul distrutto Convento di S. Maria della Pace, che ho scoperto essere stato un sito importantissimo della storia della città e dell'ordine dei frati minori che lo hanno edificato e che la scelleratezza fineottocentesca ha raso completamente al suolo. Penso saprai che lì erano sepolti nientepopodimeno che Anton Maria Maragliano e Domenico Fiasella... Sto facendo una sorta di "ricostruzione virtuale" dell'enorme complesso anche attraverso le numerose opere d'arte che vi erano custodite e che fortunatamente in gran parte sono state salvate e che si trovano ancora oggi alcune nelle chiese e nei conventi dei frati, altre nei musei cittadini (S. Agostino, Musei di strada nuova) e una addirittura al Louvre (uno splendido polittico di Van Cleeve). Se ti va posso inviarti via mail un po' di documentazione...
RispondiEliminaCiao Riccardo,
Eliminainnanzitutto grazie per le tue parole di apprezzamento.
Ti sarei molto grato se mi inviassi la documentazione in tuo posseso relativa alla Chiesa della Pace alla mia mail info@isegretideivicolidigenova.com.
Possiedo alcuni scritti relativi a questo complesso conventuale ma sono sicuro che la tua documentazione mi sarà preziosa.
Grazie ancora per aver pensato a me e per l'aiuto che mi darai!
Attendo tua mail.
A presto
Antonio
CIao Antonio, grazie 1000 per il bellissimo sito, ho scoperto un sacco di cose di cui ignoravo l'esistenza!!
RispondiEliminaSai qualcosa di questa chiesa, che si trova tra piazza Sarzano e Mura delle Grazie?
Grazie mille
https://www.google.it/maps/@44.4037718,8.930655,3a,75y,65.87h,124.46t/data=!3m5!1e1!3m3!1slA5wMrO_-eXyypqqe_hbUA!2e0!3e5
grazie ancora
Ciao Davide,
Eliminati ringrazio per le tue parole, sono felice che ti piaccia il mio blog.
Quello di cui tu parli è l'Oratorio di Sant'Antonio Abate: trovi la sua storia nella pagina di questo sito dedicata a "gli ORATORI e le CASACCE".
Si tratta dell'oratorio di S. Antonio abate alla Marina, la cui descrizione trovi nella pagina dedicata agli oratori e le casacce.
RispondiEliminaCiao,
Eliminaimmagino che il tuo commento si riferisca alla domanda posta da Davide nel commento precedente. La tua risposta è esatta, bravo!
grazie mille, non avevo ancora visto la pagina dedicata agli oratori! Cercherò di visitarlo in uno dei miei prossimi giri nel centro storico, anche se come hai scritto, è difficile trovarlo aperto anche negli orari stabiliti.
RispondiEliminaCiao, sono un fotografo dilettante alquanto attempato. Consulto spesso il tuo sito perchè sto raccogliendo foto sulle chiese ed ex chiese del centro storico. Sono fermo sulla chiesa di Santa Fede mi potresti aiutare sulle opere che erano presenti nell'ex chiesa ed ora sono nella nuova in corso Sardegna. Sul web ho trovato poco e il parroco mi ha testualmente detto "a parte le opere moderne le altre compreso gli altari provengono dalla ex chiesa ma non ho e non so altro". Non ho un blog puoi, se non ti disturba, rispondermi via mail pietro.pala@fastwebnet.it Grazie in anticipo.
RispondiEliminaBuongiorno, fra tutte le sezioni di questo splendido sito ritengo che quella sulle chiese sia la più interessante, e attendo impazientemente di vederla ancora estesa e arricchita. A titolo di curiosità, confrontando la versione attuale di questa pagina con quella sulle porte, mi sorge un dubbio che mi piacerebbe fosse chiarito nei due testi. Esiste un qualche nesso fra la Porta dell'Olivella e le due chiese di San Bernardo e San Bartolomeo dell'Olivella? Dal nome direi di sì, ma le due zone mi sembrano piuttosto distanti (per gli spostamenti dell'epoca) e separate da altri insediamenti. Grazie in anticipo e cordiali saluti, Marco.
RispondiEliminaCiao,complimenti per il sito creato,per il lavoro che stai svolgendo,fatto con passione e preparazione.Ti ho scoperto su instagram,vivo a Genova,ho 45 anni e, da quando ho memoria le tappe nel centro storico e per i vicoli,sono un appuntamento fisso ed un rituale.Tutt' ora ,in compagnia di mio marito o figli o amici ,mi trovo a fare giri turistici come fosse sempre la prima volta,rimanendo sorpresa e sempre affascinata.Grazie perché attraverso te sto arricchendo le mie conoscenze riguardanti i nostri meravigliosi caruggi.Stefania
RispondiEliminaCarissimo Antonio,
RispondiEliminasto cercando qualche foto della antica chiesa di Santa Maria degli Incrociati , demolita intorno al 1940 per fare spazio a qualche centinaio di metri all'attuale Chiesa dei Diecimila Crocifissi.
Grazie in anticipo per la collaborazione.
Angela
Buonasera,
RispondiEliminavolevo segnalarvi il Monastero di Santa Chiara in via Lagustena.
La chiesetta è piccola ma completamente affrescata e davvero bella!
La conoscete?
Simona