2. Santa Caterina
Presso la chiesa di Santa Caterina (di cui trovate la storia alla pagina dedicata a le CHIESE di GENOVA), sita lungo la salita che ne prende il nome, fu fondata intorno al 1260 una casaccia chiamata "Grande casaccia, Domus Magna S. Catharinae". Questa casaccia si ritagliò da subito un ruolo di primo piano nella vita cittadina poiché posta sotto la protezione dell'Ordine Francescano, all'epoca al massimo del suo splendore.
Era conservata nell'oratorio di questa casaccia una tavola di Bernardo Castello raffigurante "Maria SS. e S. Giovanni Battista". Quest'ultimo era divenuto all'epoca titolare della casaccia, assieme a Caterina.
Chiuso al pubblico nel 1810, l'oratorio viene riaperto negli anni seguenti ma, dopo liti insorte tra i confratelli, viene chiuso definitivamente e venduto a privati.
3. San Carlo (a Santa Caterina)
L'anonimo del 1818 ci racconta che, in un locale sito tra la chiesa di Santa Caterina ed "il gran palazzo del duca S. Pietro, ora del marchese Massimiliano Spinola" (il palazzo che oggi ospita la Prefettura), vi era il "piccolo Oratorio di S. Carlo, confraternita antica dell'Arte dei calderai". Nulla più è detto di questo oratorio di cui nulla oggi rimane. A proposito, chi sono i calderai? Sono artigiani che lavorano l'acciaio, il ferro o il rame all'interno dei contenitori destinati a contenere liquidi caldi o gas (come pentole o caldaie).
4. San Bartolomeo (alle Fucine)
Sito lungo Vico de' Tintori, strada posta accanto a Vico delle Fucine (entrambe collegavano Via San Sebastiano a Salita Santa Caterina) questo oratorio secondo la tradizione fu fondato nel chiostro di San Bartolomeo degli Armeni.
Antonio Tavella sostiene che si abbia memoria di questo oratorio nel 1308. Venne chiuso al culto nel 1811 e successivamente utilizzato per usi profano e poi distrutto quando verrà tracciata Via Roma.
L'oratorio conservava al suo interno sopra l'altar maggiore un dipinto di Giulio Cesare Procaccini raffigurante il Martiro di San Bartolomeo (trasferito, dopo l'abbattimento dell'Oratorio, nella Chiesa di Santo Stefano e successivamente portato in Santo Stefano la Nuova per tornare nel 1981 nella "vecchia" Santo Stefano dove ancora oggi potete ammirarla) e la cassa processionale del Santo, opera di Anton Maria Maragliano, oggi conservata nell'Oratorio di San Bartolomeo a Varazze.
5. Sant'Andrea (alle Fucine)
Questa casaccia nasce nella Chiesa di Sant'Andrea. Non avendo un oratorio proprio, i confratelli prendono in affitto un locale di proprietà del Capitolo della Cattedrale presso gli Orti di Sant'Andrea.
In seguito nel XVI secolo viene edificato un oratorio lungo Vico de' Tintori, in faccia all'Oratorio di San Bartolomeo di cui vi parlavo nel precedente paragrafo. Anch'esso, come il vicino Oratorio di San Bartolomeo, verrà chiuso al pubblico nel 1811 e, dopo esser stato utilizzato per usi profani, verrà demolito con il tracciamento di Via Roma.
All'interno della Basilica di Santa Maria delle Vigne, in controfacciata, è conservato un dipinto proveniente da questo oratorio: si tratta di un "Cenacolo", opera del fiorentino Simone Balli e databile agli inizi del XVII Secolo.
Erano altresì conservati in questo oratorio un "Cristo che lava i piedi agli apostoli" di Gio. Andrea De Ferrari e un "Sant'Andrea che va la martirio e libera un'ossessa", opera di Gioacchino Assereto.
6. San Giacomo delle Fucine
Sito in Vico delle Fucine, una stretta strada che collegava Via San Sebastiano a Salita Santa Caterina, esso fu probabilmente fondato nel XVI secolo, come ci racconta L'Alizeri, da alcuni membri già appartenenti all'oratorio dei SS. Giacomo e Leonardo di Prè (di cui trovate la storia al paragrafo 52 di questa pagina).
Questo oratorio fu sede dell'arte dei Tintori.
Il Ratti, nel volume 1 del suo libro "Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, architettura ecc.", così descrive questo luogo: "ORATORIO DI S. GIACOMO detto delle Focine, avvi una gran tela con l'ultima Cena di Cristo con gli Apostoli di Bernardo Castello, il quale pur colorì l'Ovale al maggior altare con la vocazione all'apostolato di S. Giacomo; e quello rappresentante un fatto del Santo Apostolo cavato dalla leggenda di Costantino e Buonafede, è del Lomi. Ve n'ha un altro con la morte di S. Giacomo, di Bernardo Castello, oramai perduto."
A seguito dell'apertura di Via Roma esso fu demolito e ciò che rimaneva fu portato prima nell'Oratorio di Santa Croce in Piazza Sarzano (oggetto purtroppo di bombardamenti nell'ultima guerra mondiale ed oggi ridotto a locale ad uso palestra) e successivamente trasferito in massima parte nell'Oratorio di Sant'Antonio Abate della Marina e in quello di San Giacomo della Marina di cui vi parlo nei prossimi paragrafi.
In Sant'Antonio Abate della Marina sono ancora oggi conservati alcune grandi tele ("San Giacomo dopo aver risanato il paralitico converte Iosia" di Orazio Cambiaso, "San Giacomo e i pellegrini di Lotaringia a Compostela" di Aurelio Lomi, "San Giacomo fa liberare un giovane reo a Prato in Toscana" di Lazzaro Tavarone, "Chiamata all'Apostolato di San Giacomo" di Bernardo Castello, "San Giacomo decapitato per ordine di Erode Agrippa" di Bernardo Castello e bottega), il "Cristo Moro", crocifisso processionale opera di Domenico Bissoni (1639) in legno di giuggiolo, legno naturale di un caldo marrone scuro, reso lucente come metallo dalla lucidatura, molto noto all’epoca dello splendore delle Casacce anche per il rivestimento di tartaruga con decorazioni in oro e argento usato per la croce (sono andati perduti i tre cantonali in argento massiccio e la scritta INRI in diamanti), e la splendida cassa processionale raffigurante "San Giacomo Maggiore che abbatte i Mori", opera di Pasquale Navone, la cosa che più mi piace dell’intero oratorio e quella che secondo me da sola vale una visita all’Oratorio (peccato non sia più portata in giro per il quartiere come avveniva una volta, anche se il soggetto, come mi suggeriva un simpatico anziano che ho incontrato sulla porta dell’oratorio, sarebbe poco gradito ai tanti musulmani che abitano ora in zona), tutti provenienti dall’Oratorio di San Giacomo delle Fucine.
Nel registro "1826 - 1927 LIBRO DE DECRETI" dell'Oratorio dei SS. Nazario e Celso di Multedo in un verbale datato 16 marzo 1851 si parla, tra le altre cose, di due cappe e tabarrini per pastorali acquistati dalla Confraternita di S. Giacomo delle Fucine. Ancora oggi quelle vesti sono conservate a Multedo.
Non tutto però è andato perduto nella zona dove sorgeva questo oratorio. Se osservate infatti con attenzione un antico portale lungo Salita Santa Caterina, potrete notare in capo allo stesso una piccola lapide marmorea: nel 1574, come ci racconta la stessa, furono concesse ai confratelli di questa casaccia le chiavi del sottopassaggio che collegava Salita Santa Caterina all'oratorio. Sopra la scritta fa bella mostra di sé la caratteristica "Espada" di San Giacomo e ai piedi della stessa vi sono due confratelli incappucciati, l'uno con in mano la "disciplina" (il flagello che veniva utilizzato per le penitenze, "battuto" in atto penitenziale sul proprio corpo: da qui i termini "disciplinanti o "battuti" per indicare i confratelli) e l'altro con le mani giunte in atto di pregare.
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Il portale in Salita Santa Caterina (foto di Antonio Figari) |
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lapide marmorea posta sopra al portale (foto di Antonio Figari) |
Martin Piaggio a San Giacomo delle Fucine dedicò una poesia in genovese:
U CRISTU E I CRISTEZÀNTI
da Cúnfraternita de San Giacumu de Fuxín-e
Eccu u Cristu d'é in pó aménte
oh! che immagine impunente,
e de ciú a cruxe farsía
á l'á in péisu che a fá puía.
Chiné tutti a testa au Móu
de l'Otóiu de Fuxí-ê
tûtto pin d'argentu e d'ou
mantu, sfera, ciói e spín-e.
Cruxe antiga e rinumá
de tartúga ben fasciá.
Oh! che titulu, che canti
e che trilli scintillanti.
Che purtuéi de nêôva specie
sun graníi con peívie e spezie
sun i ciù búlli de Purtoia
da nu pérdine a memoia.
Che équilibriu, che destrezza
che pússansa, che segúezza
testa drita e bassi i ôggi,
van, stan fermi cúmme schêôggi.
Fan stancá fin-a i sunuéi
che zizuétte de stramuéi,
areziévan un canún
n'án ciú tanta che Sansun,
viva a forza e a bravúa
de chi porta e chi stramúa.
7. San Germano
Presso l'omonima chiesa (che prenderà il nome di Santa Marta, che ancora oggi mantiene, quando verranno qui a stabilirsi le monache di Santa Marta del Vastato nel XV secolo) vi era una confraternita senza un proprio oratorio che teneva le sue riunioni in una locale attiguo al monastero.
Nel 1728 i confratelli, lasciata l'antica sede della confraternita, fondarono un nuovo oratorio in Borgo Lanaiuoli, intitolandolo a Santa Maria della Pietà, di cui trovate la storia più avanti in questa pagina.
Dop la soppressione napoleonica del 1810, i locali dell'oratorio vennero occupati dagli Operai Evangelici per congregazioni di fanciulli ed in seguito venduti a privati e trasformati a metà ottocento nel Teatro Apollo di cui trovate la storia alla pagina dedicata a i TEATRI storici.
8. San Giovanni Battista
Il
Ratti, dopo aver descritto la chiesa di San Giuseppe e il Palazzo
Spinola Sanpietro e prima di parlare della chiesa di Santa Marta,
descrive "l'ORATORIO di S. GIOVAMBATISTA, ch'è qui vicino, ha una tavola
all'altare di Bernardo Castello.". Il Novella ci dice che a questa compagnia apparteneva Cristoforo Colombo e che qui aveva sede l'arte degli indoratori che vi festeggiava il proprio patrono San Luca.
Tra le opere qui conservate, oltre alla tavola del Castello già ricordata dal Ratti, è da citare la cassa processionale con la "Decollazione di San Giovani Battista", opera di Anton Maria Maragliano, oggi conservata nell'oratorio di San Giovanni Battista ad Ovada, ed un Crocifisso, opera di Gerolamo del Canto, oggi conservato in un oratorio a Traso.
Il Novella identifica il luogo dove era sito questo oratorio alle spalle di palazzo Spinola, oggi sede della Prefettura. Il Poleggi suppone che la distruzione di questo oratorio sia dovuta alla realizzazione della galleria Nino Bixio, che collega Piazza Corvetto a Piazza Portello (a meno che, ma è da verificare, sia rimasto in tutto o in parte inglobato con i resti della distrutta chiesa di Santa Caterina e dunque ancora oggi esistente in un perimetro tra Salita Santa Caterina e Salita di Negro).
9. Carità nell'Ospedale di Pammatone
Sorgeva un tempo nei pressi dell'Ospedale di Pammatone, prima della sua nascita, un oratorio i cui confratelli avevano quale compito la sepoltura dei defunti.
Sorto l'ospedale, questa confraternita si unisce ad un'altra sotto il titolo di Santa Maria della Pietà. La nuova "consorzia", come ci racconto il Novella, "prese per suo fine l'esercizio della carità a servizio dei poveri infermi dello Spedale".
Tra le consorelle spicca il nome di Santa Caterina Fieschi Adorno.
L'oratorio segue le vicende del grande ospedale e scompare insieme a quest'ultimo.
10. Terziari Cappuccini nell'Ospedale di Pammatone
Esisteva un tempo, presso l'ospedale di Pammatone (vi rimando alla pagina dedicata a gli EDIFICI pubblici per approfondire la sua storia), un oratorio i cui confratelli, appartenenti a tutte le classi sociali, che vestivano l'abito dei Terziari di San Francesco, ponendosi sotto la direzione del Padri Cappuccini, si dedicavano a "opera di carità verso i poveri infermi ricoverati nello Spedale di Pammatone", come ci racconta il Novella. L'oratorio, di piccole dimensioni, aveva un solo altare intitolato a Maria SS. Immacolata.
11. Terziari Cappuccini nell'Ospedale dei Cronici
Presso l'Ospedale dei Cronici, nella chiesa interna del complesso intitolata a San Colombano, si riunivano gli aderenti a questa confraternita, che vestivano l'abito dei Terziari di San Francesco, e, come quelli aderenti alla compagnia dei terziari dell'Ospedale di Pammatone, si dedicavano agli infermi che erano ricoverati in questo complesso. Vi rimando alla pagina dedicata a gli EDIFICI pubblici per approfondire la sua storia dell'Ospedale dei Cronici o degli Incurabili.
12. Mandiletto
Vi era un tempo un piccolo oratorio nei pressi dell'Ospedale dei Cronici. La confraternita, il cui nome ufficiale era "della Pietà", fu fondata da Ettore Vernazza nella chiesa di Santa Maria di Castello il 1° gennaio 1497. Era detta del "Mandilletto" perche i confratelli avevano l'uso di raccogliere le elemosine fuori dalle chiese entro un fazzoletto, in dialetto genovese "mandillo". Secondo un'altra tradizione invece il "mandillo" veniva messo dai confratelli per coprirsi il volto e non farsi riconoscere dai poveri che aiutavano e dunque creare loro imbarazzo.
Scopo della confraternita infatti era quello di aiutare economicamente le famiglie genovesi cadute in povertà.
13. Santo Stefano
Il Ratti, nel
volume 1 del suo libro "Istruzione di quanto può
vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, architettura ecc.",
descrive l' "ORATORIO di S. STEFANO di preziose tavole adorno, e veduta
quella dell'altare, che è di Bernardo Castello, osserverete le altre, che sono tutte pregevoli, sendo dell'Ansaldi quella della lapidazione di esso Santo; l'altra dove resuscita un fanciullo caduto dall'alto del Bajardo,
di cui è pure quella della di lui sepoltura; quella ove mirasi S.
Lorenzo, che s'alza dalla tomba per cedere il posto al medesimo Santo,
dell'Assereto. E' poi del Badaracco quella della
traslazione del Corpo di detto Santo; e il gran Cenacolo, che occupa
tutta la principal facciata dell'Oratorio, è di Domenico Piola.".
14. delle Anime e della Cintura (già "di San Vincenzo")
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(foto di Antonio Figari)
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La
tradizione vuole che qui vi fosse la casa dove, nel I Secolo d.C.,
alloggiarono i Santi Nazario e Celso. L'abitazione dei Santi fu
trasformata in cappella e più tardi ampliata e trasformata in Oratorio
nel XVII Secolo sotto il titolo di N.S. del Rosario e ufficiato
dall'omonima confraternita fino al 1811.
La
proprietà passò poi alla fabbriceria parrocchiale di San Vincenzo
divenendo sede della Confraternita delle Anime Purganti alla quale si
unì la confraternita della Cintura quando l'oratorio in cui quest'ultima
aveva la sede fu demolito per fare posto a Via XX Settembre (per questo
motivo oggi il nome ufficiale della confraternita è "Confraternita
delle Anime del Purgatorio e della Madonna della Cintura").
Una curiosità:
il culto agostiniano della Madonna della Cintura fece nascere
in città molti oratori con questo nome: oltre a quello presso la Chiesa
della Consolazione, abbattuto con il tracciamento di Via XX Settembre, vi era un altro
oratorio della cintura in Artoria (attuale Corso Montegrappa), dove gli
agostiniani avevano la loro chiesa prima di trasferirsi in San Vincenzo e
costruire la Chiesa della Consolazione, e uno presso la chiesa di
Sant'Agostino in Sarzano.
L'interno
dell'Oratorio è composto da un solo ambiente di modesta grandezza con
un altare e un dipinto raffigurante N.S. del Rosario di ignoto autore.
In
controfacciata una lapide reca la data 25 settembre 1737 e con tutta
probabilità indica il momento in cui si conclusero i lavori di ristoro
degli interni (le tele e i decori infatti risalgono a quel periodo).
L'opera più importante qui conservata è la statua lignea della Madonna della Cintura, opera seicentesca di Giambattista Bissoni, precedentemente conservata nella chiesa di Sant'Agostino in Sarzano, opera acquistata dalla Confraternita nel 1834.
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(foto di Antonio Figari)
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Sono
conservate in sagrestia ed alcune anche esposte sull'altare
dell'oratorio le antiche cappe e mantelline della Confraternita, così
come ancora presenti sono i bastoni processionali.
Mio bisnonno era un confratello della Confraternita che aveva
sede in questo oratorio e mia nonna qui fece la prima Comunione. Quando
nei primi anni del Duemila riuscii ad andare a visitarlo decisi di
andarci con mia nonna che qui entrava per la prima volta dopo più di
settant'anni: come immaginate, grande fu l'emozione.
15. Anime Purganti
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Pasquale Domenico Cambiaso, Oratorio delle Anime Purganti, 1850 |
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Antonio Varni, Lavandaie alla foce del Bisagno, 1891 |
Questo
Oratorio fu edificato nel 1602 alla destra della foce del
Bisagno, addossato alla parete rocciosa sotto le Mura nel punto detto
Capo della Strega o di Carignano: intitolato alle "Stimmate di San
Francesco", esso fu comunemente chiamato "delle Anime della Foce" o
"delle Anime Purganti" perché sito accanto al Cimitero dei Poveri, qui
trasferito dopo il 1536.
In particolare trovarono
sepoltura in questo luogo i morti all'ospedale di Pammatone che
prima venivano seppelliti nei cosiddetti "mucchi dell'Acquasola".
Paolo
Novella, nel suo manoscritto del 1912, ci racconta che furono le
monache di Santa Marta (convento che sorgeva a poca distanza dai
"mucchi"), non sopportando più il fetore sepolcrale che di là esalava, a
cedere ai Protettori dello Spedale una porzione di terreno di loro
proprietà sulla sponda destra del Bisagno, presso la Foce del torrente
stesso, perché venissero lì seppelliti i deceduti a Pammatone. Si
trattava della zona del "Prato della Lana", così chiamata perchè qui
venivano stese le tele dei tessitori di Borgo Pila e le lenzuola delle
lavandaie, le "bugaixe", appena sciacquate nel Bisagno. Con
l'ultimazione della cinta muraria nel 1536, il cimitero sarà spostato
più verso mare trovando la sua collocazione accanto al luogo in cui
sorgerà l'oratorio delle Stimmate di San Francesco. Qui già esisteva un
piccolo sepolcreto dove venivano seppelliti i morti nel vicino
Lazzaretto, che sorgeva sulla sponda sinistra del Bisagno.
E' sempre il Novella a fissare
come data di edificazione dell'Oratorio, ad opera del Venerabile
Bartolomeo da Saluzzo, coadiuvato da Giovan Battista Senarega e Giovanni
Battista Castello, al 1602.
Tra
le opere conservate all'interno il Novella ci parla di una tela di
Bernardo Castello con "Nostra Signora del Rosario" sull'altar maggiore e di
quattro pale d'altare su altrettanti altari laterali ("San Francesco
d'Assisi" opera di Giuseppe Passano, "Santa Caterina da Genova" opera
Giovanni Battista delle Piane, "La decollazione di San Giovanni
Battista" di Rolando Marchelli e "L'Annunziata" di Alfonso Spinga").
La
volta viene affrescata da Giuseppe Paganelli (1749-1822) con storie
tre storie bibliche: "Maria in atto di intercedere per le Anime
Purganti", La visione d'Ezechiele" e "La resurrezione del figlio della
vedova di Naim"
L'Oratorio
divenne meta di moltissimi genovesi che si recavano a pregare al vicino
cimitero. Ben presto la confraternita, che nel frattempo grazie alle
offerte dei fedeli era diventata sempre più ricca, decise di ampliare la
struttura.
Quello
che invece non cambiava era lo stato del cimitero limitrofo, costituito
da fosse comuni chiuse da grate metalliche ed esposte alle intemperie e
soprattutto alle mareggiate che non di rado "strappavano" dalle fosse i
cadaveri che rimanevano in superficie alla mercé di uccelli o topi e
non lontano dai panni stesi che le lavandaie (come possiamo notare
nell'aquarello del Cambiaso e nel quadro di Antonio Varni) lavavano
sulla sponda sinistra del Bisagno.
Lo
storico Morando così descrivere questo cimitero: "Le salme, abbandonate
com'erano in immani fosse comuni non fognate da smaltatoi, appena
difese da inferriate a larghe grate (...) lasciavano intravedere, qua e
là, tutto l'orrore di una innominabile dissoluzione (...)".
Questa aurea sinistra e macabra diede luogo a racconti, leggende e pratiche superstiziose.
Anche Charles Dickens raccontava delle leggende che aleggiavano su questo luogo.
Sempre il Morando racconta del "pellegrinaggio che l'Oratorio delle Anime il 2 di Novembre ospitava dalle prime
ore del mattino fino a notte fonda" e ciò non solo per pregare per le anime dei defunti "ma queste
pratiche nascevano più dalle contaminazioni da queste
cerimonie religiose con quelle,
(più pagane) inerenti al culto delle tombe". "Sorsero così pratiche
superstiziose, come quella di recarsi colà (dalla fossa comune) prima di
mezzanotte a scopo di ricavarne i numeri del lotto".
A
seguito dell'apertura del Cimitero di Staglieno, fu interrotta la
tumulazione nel vicino cimitero che venne definitivamente chiuso nel
1875 e le offerte all'Oratorio iniziarono a mancare.
L'Oratorio
venne demolito qualche anno dopo, nel 1891, per fare spazio
all'espansione della città: una lapide, oggi non più esistente, fu
posizionata lungo le mura sotto Corso Aurelio Saffi per ricordare che
qui sorgeva questo Oratorio e il vicino cimitero.
16. San Giorgio
L'Oratorio di San Giorgio era ubicato lungo la Via Giulia (quella che diverrà la parte alta di Via XX Settembre).
Fu qui edificato nel XVIII secolo. Precedentemente i confratelli si
riunivano presso la chiesa di Santa Margherita della Rocchetta.
Dopo
che l'Oratorio venne soppresso nel 1811, i locali passano
in proprietà alla vicina Chiesa di Santo Stefano e nel 1869 vengono
distrutti per venir incorporati in un caseggiato.
Di
proprietà di questa casaccia era la cassa processionale con San Giorgio
in atto di combattere il drago, opera di Pietro Galleano,
oggi conservata a Moneglia nella Chiesa di San Giorgio. Particolarità
di questa cassa processionale, a parte la grandezza inusuale, è la
presenza anche di un terzo protagonista, la principessa, in atto di
scappare mentre il Santo uccide il drago: una vera scena teatrale che
coinvolge lo spettatore.
Vi era in questo oratorio anche un crocifisso opera del Maragliano.
17. SS. Antonio e Paolo
Questo
oratorio sorgeva in cima a Via Giulia, all'incirca dove oggi vi è
l'Accademia Ligustica: per accedervi si saliva per un vicolo che
conduceva al Piano di Piccapietra (dovrebbe trattarsi del vicolo detto
"della Pulce" dove vi era anche l'Oratorio di San Francesco, descritto
al successivo paragrafo).L'oratorio nasce a cavallo del XV e XVI secolo.
Alla
casaccia apparteneva una delle casse processionali che più amo: quella
raffigurante "Sant'Antonio abate che contempla la morte di San Paolo
eremita", opera di Anton Maria Maragliano eseguita tra il 1709 ed il
1710, costata, si dice, 1.000 lire, e definita da Carlo Maria Ratti come
"la miglior opera uscita dagli scalpelli del Maraggiano" (venduta dalla
confraternita nel XIX secolo all'Oratorio di Sant'Antonio abate di Mele,
è ancora oggi lì conservata).
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(foto di Antonio Figari) |
La
confraternita, dopo la distruzione dell'oratorio avvenuta nel 1898, si
trasferisce prima a Santa Marta ed infine in Santa Maria in Via Lata,
dove tuttora ha sede e dove, ogni anno, il 17 gennaio (giorno in cui la
Chiesa festeggia Sant'Antonio Abate) si celebra la messa (un'ottima
occasione per visitare questo luogo normalmente non aperto al pubblico).
Una
curiosità: questo oratorio era detto anche "dei birri" perché molti dei
confratelli erano appartenenti alle forze dell'ordine e lavoravano
presso Palazzo Ducale e la Torre Grimaldina.
18. San Francesco
L'Oratorio
di San Francesco sorgeva in un vicolo che portava il nome del Santo e
che era conosciuto antecedentemente con il nome di Vico o Crosa della
Pulce. Siamo nei pressi del Piano di Piccapietra, dietro il convento di
San Domenico, luogo poi occupato dal Teatro Carlo Felice, e questo
vicolo collega Piccapietra con Via Giulia.
L'oratorio
nasce nel XV Secolo e assume il titolo di San Francesco della crosa nel
1528 quando ne prendono possesso i Cappuccini che prestavano assistenza
nel vicino Ospedale dei Cronici.
Soppresso nel 1811 fu profanato e infine distrutto.
L'oratorio
possedeva un grandioso gruppo scultoreo opera di Anton Maria Maragliano
raffigurante "San Francesco d'Assisi in atto di ricevere le stimmate",
ora conservato in una cappella laterale della chiesa della Santissima
Concezione (recentemente restaurato è ora tornato al suo antico
splendore).
Una curiosità:
la collocazione sull'altare ha modificato gli elementi della cassa che,
per essere visti meglio dal fedele, sono inclinati verso il basso e
ravvicinati tra loro. Si è dunque persa la reale collocazione delle
statue come era stata pensata per la cassa processionale e la
composizione risulta ora meno articolata e movimentata rispetto ad un
tempo.
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(foto di Antonio Figari) |
Vi
era anche un quadro raffigurante San Francesco, opera di Bernardo
Castello, trasferito in Santa Maria delle Vigne e un Crocifisso del
Bissoni di cui si sono perse le tracce.
19. San Pietro Martire
Il
viaggiatore anonimo del 1818 ci racconta che "fuor della porta del
vastissimo convento (riferendosi al complesso monastico di San Domenico, ndr)
è l'Oratorio di S. Pietro martire, in cui era la tavola del Crocefisso
assai bella e di maniera dell'Ansaldo".
Più preciso il Ratti che così scrive: "ORATORIO DI S. PIETRO MARTIRE, che fu già cappella di s. Tommaso Giustiniano, olim Longo, quivi sepolto. Qui si conserva la tavola d'un Crocifisso assai bella, e di maniera dell'Ansaldi."
Questo oratorio, così come i resti di San Domenico (di cui trovate la storia nella pagina dedicata a le CHIESE di GENOVA), scomparve quando venne edificata l'Accademia Ligustica delle Belle Arti.
20. Madonna Santissima del Rosario
Il
Ratti, dopo aver illustrato la chiesa di san Domenico, così scrive:
"Sotto la Chiesa anzidetta, o sia sotto la Cappella del Rosario è posto
l'ORATORIO segreto dedicato alla MADONNA SANTISSIMA DEL ROSARIO, che
dovete vedere per le preziose tavole, che l'adornano, avendovene una di
Cristo, che lava i piedi agli Apostoli, d'Orazio de Ferrari; una con l'istesso avanti Caifasso, di Domenico Piola; un'altra col medesimo che ascende il Calvario del Borzone, una con Cristo morto del Sarzana, ed altre di diversi autori.". Di questo oratorio, così come della chiesa di San Domenico, nulla rimane o meglio, quasi nulla.
All'Accademia Ligustica delle Belle Arti, che sorge sopra le macerie di San Domenico, è conservato il gonfalone processionale dell'Oratorio della Madonna del Rosario, dipinto su un damasco di seta del tipo "tre fiori", qui giunta dopo la demolizione del complesso monastico avvenuta tra il 1819 ed il 1821. Il gonfalone, opera di Pellegro Piola, raffigura la "Madonna del Rosario fra i Santi Domenico e Caterina". Particolarità di quest'opera, che fa sì da inserirla pienamente nel periodo in cui è stata realizzata, è l'associare l'immagine legata alla divulgazione della pratica del Rosario alla nuova iconografia della Madonna Regina di Genova, diffusa in città dopo il 1637.
21. Sant'Ambrogio
Accanto
alla chiesa intitolata ai SS. Ambrogio e Andrea, vi era l'oratorio di
Sant'Ambrogio. L'anonimo del 1818 ci racconta che vi erano "alcune
tavole di Lazzaro Tavarone ed una di Simeon Barabino". In seguito
l'oratorio diverrà sede di una delle scuole di carità fondate da Lorenzo Garaventa nel 1757 (vi rimando alla pagina dedicata a poeti SANTI scrittori AVVENTURIERI per
approfondire la storia di questa filantropo). La scuola di carità
conservava gli arredi dell'oratorio. Oggi nulla rimane di questo
edificio.
22. Santo Spirito
Caso a sè è l'oratorio della Compagnia dei Ciechi intitolato allo
Spirito Santo e fondato nel 1299 presso la chiesa di Sant'Ambrogio (i
non vedenti erano riuniti in corporazione dal XIII secolo e avevano
anche un ospedale intitolato alla Spirito Santo presso la chiesa della
Maddalena; a questo proposito vi rimando alla pagina dedicata a gli EDIFICI pubblici per approfondire la storia degli ospedali nel Medioevo prima della costruzione di Pammatone).
23. Santa Maria della Pietà
Carlo
Giuseppe Ratti, nel volume 1 del suo libro "Istruzione di quanto può
vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, architettura ecc.",
dopo aver descritto la chiesa di Santa Maria dei Servi ci racconta che
"Poco lungi da questa Chiesa, è l'ORATORIO DI S. MARIA DELLA PIETA', in
cui vedesi una tela con la cena di Cristo di Clemente Bocciardo, detto Clementone Genovese.".
Gli
spazi occupati da questo oratorio diventeranno a metà ottocento gli
interni del Teatro Apollo di cui trovate la storia alla pagina dedicata
a i TEATRI storici.
24. Suffragio
Questo Oratorio, di cui rimangono le macerie, sorgeva in fondo a Salita del Prione.
Purtroppo oggi possiamo vedere solo la facciata, recentemente restaurata, e parte delle volte del soffitto della volta.
Anche
in questo caso dobbiamo affidarci alle parole dell'Alizeri che così lo
descrive: "un altro oratorio che s'intitola Del Suffragio è quindi a
pochi passi in fondo alla salita del Prione per dove si ascende a
Sant'Andrea. Il titolo stesso manifesta l'uffizio a cui intendono gli
iscritti; ai quali incumbe pur l'obbligo di unirsi ai confratelli della
Morte per la sepoltura de' cadaveri in tempo di pestilenza o d'altra
moria. Dalle poche memorie che si conservano, conosciamo che la
confraternita ebbe i suoi principii nel 1618, e con bolla pontificia di
Paolo IV in data 6 aprile di detto anno fu aggregata a quella di Roma.
Molto cooperò a' suoi progressi il March. Agapito Centurione, il quale
ascritto fin da' primordii a questa pia società, le prese tanto affetto,
che, siccome narra la tradizione, ordinò per testamento, fosse quivi
recato e custodito dopo la morte il suo cuore. Più certe prove se ne
possono addurre. Egli innalzò a sue spese il presente oratorio, e per
ultima volontà il lascio provveduto di pingue reddito, onde si
fondassero molte cappellanie, e si dotassero annualmente cinque povere
fanciulle promesse a marito. Il che si rivela da una lapide nella
sacristia, unita al monumento che la confraternita gl'innalzò in segno
di riconoscenza nel 1794. Ad eternare ne' posteri la memoria del
benefattore, vi collocarono pure il busto marmoreo del Centurione, che
l'epoca e lo stile ci fan credere della scuola di Traverso o Ravaschio.
Delle
tavole locate agli altari dell'Oratorio una sola vuol'essere nominata,
cioè quella a sinistra colla Trinità e i SS. Pio V e Vincenzo Ferreri
d'un Francesco Sasso, noto per questa sola opera, che non passa oltre la
mediocrità. La volta e le pareti dell'altar maggiore hanno affreschi di
Carlo Baratta; l'assunzione di Maria con profeti ed angioli nelle
lunette, e in due spazi laterali l'annunziazione e la presentazione; non
de' più studiati né de' più conservati di questo pittore, ma belli
tuttavia di quella spiritosa franchezza che gli dà pregio negli stessi
difetti. Son pur sue le due composizioni ad olio che fiancheggiano
l'altare, cioè Cristo che risuscita Lazzaro, Tobia che seppellisce i
cadaveri. E in queste, benché sia diversa la meccanica, egli è quasi
frescante; tinge a gran masse poco studia la finitezza, molto l'effetto.
E poiché gli argomenti non poteano desiderarsi più acconci, il ricavò
dal misterioso della scena, dal concitato delle movenze, da ogni volto,
da ogni espressione, profittando altresì della libertà che gli davano i
subbietti nel giuoco delle ombre; talché le due tele piacquero a' suoi
giorni e piacciono tuttavia pel complesso di queste doti, che se non
sono le più sostanziali in chi dipinge, son però quelle che fanno fede
d'un genio pronto, originale, capace di aggiungere l'eccellenza. Ma lo
rattenne il malo gusto del secolo e l'impazienza dell'ingegno.
L'Oratorio
fu soppresso, come ogni altro, nel 1811, ma con sollecitudine
ristabilito da' confratelli indi a tre anni, come accenna uno scritto
ch'è sopra la porta."
Di
tutta la bellezza e delle opere dell'interno dell'Oratorio descritte
dall'Alizeri una pala d'altare si è salvata e la si può ammirare nel
narcete dell'Oratorio di San Giacomo della Marina in Via Mura delle
Grazie: è "La Trinità e SS. Pio V e Vincenzo Ferreri", opera di
Francesco Sasso.
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(foto di Antonio Figari) |
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L'oratorio colpito dai Bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale |
25. Santa Maria, San Bernardo e SS. Re Magi
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(Foto di Antonio Figari) |
Una
lapide marmorea sopra il portone del civico 37 in Via di Santa Maria di
Castello richiama alla nostra memoria l'antico Oratorio di Santa Maria,
San Bernardo e dei Santi Re Magi.
Esso sorgeva in Via di Santa Maria di Castello, poco sopra la Piazza di Santa Maria in Passione.
Oggi
lo spazio una volta occupato dall'Oratorio è divenuto uno spazio
pubblico desolatamente vuoto e nulla fa pensare che proprio qui sorgeva
uno dei tanti oratori della Superba.
Alizeri nella sua guida così ci introduce a questo oratorio: "Piegando
d'un tratto a sinistra, troviamo l'oratorio dedicato a Santa Maria, S.
Bernardo e SS. Re Magi, della cui fondazione non abbiamo autentiche
notizie, costretti a starcene all'autorità della confraternita, che non
ha molto scrisse sulla porta insiem col titolo la data 1309.
Aggregazione non molto antica è la compagnia sotto l'invocazione de'
santi Re, la quale consolidò colla prima il titolo e gli uffizi".
Come
ci racconta l'Alizeri il titolo di SS. Re Magi in realtà è frutto di
un'unione di questo oratorio a quello dedicato alla Vergine e a
Bernardo. L'oratorio dedicato a Tre Re infatti sorgeva in un altro punto
dei vicoli di Genova, nell'omonima via che ancora oggi fiancheggia la
Chiesa di Sant'Agostino, lato Piazza delle Erbe.
Tra
le meraviglie di questo oratorio vi era la volta affrescata da Tavarone
e tre quadri raffiguranti i Re Magi provenienti dall'omonimo oratorio e
qui portati quando vi fu l'unione dei due oratori.
Le
uniche opere ancora esistenti di questo oratorio sono il gruppo ligneo
della Beata Vergine, con Gesù Bambino in braccio, angeli ai suoi piedi e
San Bernardo, che fu acquistato dai Domenicani di Santa Maria di
Castello nel 1884 e che è oggi conservata nella sacrestia di questa
chiesa, e "un Crocifisso che or vedesi sull'altar maggiore della chiesa
della SS. Annunziata di Portoria", come ci racconta il Novella nel suo
manoscritto. Sempre secondo quest'ultimo, entrambe le opere sono da
attribuire a G. B. Gaggini da Bissone detto il Veneziano.
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(foto di Antonio Figari) |
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Tutto ciò che rimase dell'oratorio dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale |
26. San Donato o dell'Arciconfraternita della Morte
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Lapide in Vico Biscotti
(foto di Antonio Figari) |
In
Vico Biscotti, appena dietro la chiesa di San Donato, sul muro di un
moderno palazzo edificato nella seconda metà del XX Secolo c'è una
grossa lapide: qui un tempo sorgeva l'oratorio di San Donato dove aveva
sede l'Arciconfraternita della Morte.
L'origine
di questa confraternita si fa risalire al 1350 quando nel chiostro di
Santa Maria di Castello si stabilì una confraternita sotto il titolo
della Beata Vergine, che in seguito fu divise in tre congregazioni (di
cui una è questa descritta ed un'altra quella presso la chiesa di santa
Sabina).
Compito
dei disciplinanti, i quali "portavano una cappa nera nel cui lembo era
segnato un piccolo teschio e due femori colle iniziali S.D.V. (Societas
Diei Veneris), che nel 1584 verranno sostituite da un croce di color
turchino", come ci racconta il Novella, era la sepoltura dei poveri
defunti.
La
confraternita salì di numero ammettendo al suo interno anche consorelle
e, dopo un primo trasferimento nel 1584 in San Salvatore (dove iniziò a
chiamarsi Compagnia della Morte), poi in Sant'Agostino, con l'assenso
di Papa Urbano VIII nel 1637 si trasferì in San Donato dove nel chiostro
fu eretto, su disegno di G.B. Garrè, l'oratorio, benedetto e aperto al pubblico il 15 agosto 1638.
L'interno
fu affrescato nel 1680 da Gio Andrea Carlone con la Resurrezione dei
Morti sulla volta, la Trinità nella Cupola e i quattro profeti nei
peducci per un costo totale di 6300 lire.
L'oratorio
subì gravi danni dal bombardamento del Re Sole del 1684 quando, a causa
del fuoco, si fusero molti argenti tra i quali due scheletri lavorati
in argento dall'orafo e cesellatore Felice Porrata, famoso per essere
l'autore del tabernacolo della Cassa del Corpus Domini del Tesoro della
Cattedrale di San Lorenzo.
Nel 1825 furono eretti due altari laterali su disegno di Carlo Barabino.
Tra
i quadri si segnalavano una "Deposizione con San Giovanni Battista e
San Nicola da Tolentino" opera di Agostino Bombelli da Valenza, oggi
conservata nel Museo Diocesano di Genova, e in sacrestia una
"Deposizione di Croce" opera di Castellino Castello. Vi era anche una
statua lignea dell'Immacolata attribuita al Maragliano.
Nel
1885 fu posta in facciata una grande lapide (oggi visibile in Vico
Biscotti come vi raccontavo all'inizio di questo paragrafo) che racconta
l'impegno dei confratelli (all'epoca 86) di questa antica istituzione
che in prima persona si esposero nell'esercizio della carità durante la
pestilenza che colpì Genova nel 1656. Ecco cosa è scolpito su detta
lapide:
NELLA PESTILENZA DEL MDCLVI IN GENOVA
LXXXVI CONFRATELLI DELLA MORTE E SEPOLTURA DI CRISTO
PROFFERSERO MAGNANIMAMENTE LE VITE
A SEPPELLIRE GLI APPESTATI CADAVERI
I NOMI DI QUEI GENEROSI RIMASERO OLTRE DUE SECOLI
QUASI IGNORATI NELLE SCRITTURE DOMESTICHE
PUR FINALMENTE APPARIVANO IN TABELLA EPIGRAFICA
NEL NOSTRO VESTIARIO
ED OGGI XIII APRILE MDCCCLXXXV
IL CONSIGLIO DEL SODALIZIO
IN SEGNO DI PIU' DEGNA ONORANZA DECRETA
CHE LA DIMESSA TABELLA
SIA RIPETUTA IN MARMO ED IN PUBBLICO
LXIV PERIRONO DI CONTAGIO NELL'OPERA SANTA
(segue elenco dei nomi dei 64 confratelli deceduti)
XXII SCAMPARONO
(segue elenco dei nomi dei 22 confratelli che sopravvissero)
DI QUEL TEMPO
LAURA VIOLANTE PINELLI E SOFIA LOMELLINI
MATRONE ILLUSTRI E CONSORELLE NOSTRE
SI CHIUSERO NELLE SPEDALE DI S. COLOMBANO IN GENOVA
PER SOVVENIRE AI MALATI DI PESTE
E DI PESTE MORIRONO
OH GLORIOSE OH BEATE!
Come
ricorda la lapide marmorea, ben 64 confratelli morirono: tra di essi
in particolare sono ricordate le consorelle Laura Violante Pinelli e
Sofia Lomellini, due nobili che decisero di dedicare la loro vita agli
appestati curandoli nell'Ospedale di San Colombano, altro nome per
indicare l'ospedale degli Incurabili (a questo proposito vi rimando alla
pagina dedicata a gli EDIFICI pubblici per
approfondire la storia di questo e degli altri ospedali cittadini).
Detto ospedale sorgeva lungo l'attuale Via Ettore Vernazza (quest'ultimo
fu un grande genovese la cui generosità contribuirà a far nascere
proprio questo ospedale destinato ad accogliere coloro che venivano
rifiutati dall'ospedale di Pammatone perché non più curabili). Non è un
caso poi che due traverse tra Via Vernazza e Via XX Settembre portino i
nomi di queste due grandi genovesi che, nonostante la loro agiata
posizione sociale, vollero sacrificare la loro vita per dare conforto ad
altri genovesi: due figure che andrebbero ricordate più spesso anche al
fine di tramandare il loro esempio alle future generazioni. Anche
durante l'invasione austriaca del 1746 e nell'assedio di Genova del
1800 molti confratelli morirono compiendo il loro pietroso compito (le
cronache ci raccontano che ogni giorno i confratelli arrivavano a
seppellire fino a 14 morti).
Nel 1811 l'oratorio venne chiuso come tuti gli altri ma fu riaperto e poté tornare ad operare già solo dopo nove mesi.
Il
pietoso compito del gratuito accompagnamento alla sepoltura dei poveri
defunti, scopo di questa confraternita, cessò definitivamente quando,
nel 1851, con l'apertura del cimitero di Staglieno, il Comune di Genova
avocò a sè questo compito.
Nel
1900 la confraternita si unì alla "Veneranda Compagnia di
Misericordia", che aveva come scopo l'assistenza morale e materiale dei
carcerati e che era stata fondata presso l'oratorio di Sant'Ambrogio nel
1464.
Curioso
il fatto che questa unione aveva avuto, per così dire, un precedente:
nel 1797 infatti alla Confraternita della Morte fu affidato anche
l'incarico dell'assistenza ai condannati a morte e della loro
sepoltura poiché la Compagnia della Misericordia, che aveva questo
scopo, era stata chiusa proprio in quell'anno. Con il ripristino di
quest'ultima nel 1825, questa pietosa pratica tornerà ad essere dai
confratelli della stessa praticata.
I
bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale del 6 novembre 1942, come
documentano le immagini qui di seguito, rasero al suolo l'oratorio.
Oggi, in una palazzina
edificata sulle macerie dell'antico oratorio, la Compagnia
della Misericordia continua la sua "attività di assistenza a favore di
carcerati, ex carcerati e loro famigliari all'esclusivo scopo di
perseguire finalità educative e di solidarietà sociale" (così recita
l'articolo 2 del suo statuto).
Nella
moderna sede sono ancora conservate alcune opere appartenenti
all'antica Arciconfraternita della Morte: oltre ad arredi sacri, nella
cappella è conservata una copia della "Deposizione" del Bombelli, il cui
originale, ancora di proprietà della confraternita, è oggi conservato
nel Museo Diocesano di Genova.
Una
porzione del ciclo di affreschi del Carlone, che furono staccati e
portati in salvo dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale,
sono stati di recente restaurati e oggi sono collocati nel corridoio
accanto alla Sala Quadrivium presso la chiesa di Santa Marta.
27. San Giuseppe
Carlo Giuseppe
Ratti, nel volume 1 del suo libro "Istruzione di quanto può
vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, architettura ecc.",
racconta che accanto all'oratorio di San Donato, sopra descritto, vi
era l' "ORATORIO DI S. GIUSEPPE, la cui immagine ha dipinta nella tavola
all'altare Domenico Piola.". Il dipinto di cui ci parla il
Ratti, eseguito per volere della confraternita che qui aveva sede, è
ancora oggi conservato nella chiesa di San Donato, nella cappella di San
Giuseppe, la quale occupa gli spazi dove un tempo vi era questo
oratorio.
28. San Giuseppe de' Falegnami
Il
Ratti, dopo aver descritto la chiesa di Sant'Agostino, scrive che
"piegando alla dritta della piazzetta della Chiesa, scenderete giù per
la via volgarmente detta lo stradone, e troverete a dritta l'ORATORIO di
S. GIUSEPPE de' Falegnami, il cui Santo ha colorito entro la volta Giuseppe Galeotti; le tavole ad olio sono d'un certo Lavagna Lombardo: e poco più a basso di quello, sempre a dritta tenendovi, entrerete nel Vico del fico (...)".
Da quel che leggiamo, sembrerebbe che vi fossero due oratori quindi dedicati a San Giuseppe, poco distanti tra loro.
29. Sant'Antonio Abate della Marina
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L'oratorio di Sant'Antonio Abate della Marina (foto di Antonio Figari) |
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La statua di Sant'Antonio sopra l'ingresso principale dell'Oratorio (foto di Antonio Figari) |
La fondazione di questo oratorio risalirebbe al XV secolo, come afferma anche il Novella, il quale così scrive: "Se ne ha la prima memoria nell'anno 1445 epoca in cui i confratelli partecipavano al servizio dei poveri lebbrosi nello Spedale di S. Lazzaro" (vi rimando alla pagina de le CHIESE di GENOVA per approfondire la storia della chiesa e del complesso di San Lazzaro). Sua prima sede fu la chiesa di San Silvestro. Intorno al 1460 i confratelli costruirono l'oratorio nella località in cui ancora oggi si trova, luogo anticamente detto il "Miradore". Ne fa menzione il Giustiniani nei sui Annali del 1535, ripreso poi con ogni probabilità dal Novella che nel suo scritto indica la stessa data. L'oratorio assume l'appellativo "della Marina" per la vicinanza al mare che, fino al XIX secolo, bagnava le sottostanti mura.
L'esterno si presenta con la tipica struttura a capanna, come usuale negli oratori liguri. In facciata, sopra il portale, è posta entro una nicchia la statua di Sant'Antonio. Sotto la statua una lapide marmorea ricorda che l'oratorio fu consacrato dall'arcivescovo Placido Maria Tadini nel 1836 dopo i restauri di cui vi parlerò a breve.
Sempre in facciata è posto un lungo cartiglio marmoreo: quando nel 1877 la Prima Porta della Lanterna, di cui trovate a storia alla pagina de le PORTE e le MURA di GENOVA, viene demolita, la statua della Madonna ed il cartiglio "POSUERUNT ME CUSTODEM", entrambi posizionati sulla porta stessa, vengono affidati alla Confraternita di Sant'Antonio della Marina. Il cartiglio viene murato in facciata dell'oratorio dove ancora oggi si può ammirare. La grande statua della Madonna con in braccio il Bambino, dopo essere stata qui ospitata, verrà portata sul Molo Giano (dove, a seguito dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, rovinerà in mare senza subire danni rilevanti), ed oggi è posizionata nel cortile interno di Palazzo San Giorgio.  |
Il cartiglio posizionato in facciata dell'oratorio (foto di Antonio Figari) |
Gli interni, nel XVII secolo, avevano, oltre il Maggiore, due altari laterali (l'uno con un Crocifisso e l'altro con la cassa per le processioni).
L'oratorio subisce gravi danni a seguito dei bombardamenti del Re Sole del 1684.
Nel XVIII secolo alla confraternita di Sant'Antonio si aggregano altre compagnie. Tra queste quella dei SS. Antonio e Lazzaro della quale era confratello il celebre scultore Anton Maria Maragliano. Opera di quest'ultimo è il "Cristo Bianco", ancora qui conservato, che Federico Alizeri, nella sua "Guida Artistica per la città di Genova" del 1846 così descriverà: "(...) tra' suoi belli bellissimo. Non vidi tra i molti da lui condotti per casacce ed oratorii, e la maggior parte ad uso di processioni, figura più commovente, più nobile di questa. (...)".
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Il "Cristo Bianco" del Maragliano |
Novella, riprendendo gli scritti del Ratti, ci racconta che "prima della soppressione del 1811 l'oratorio era assai ricco di opere d'arte e di arredi per le processioni. Tra questi trovasi la Cassa esprimente S. Antonio tentato dai demoni scolpita da Pietro Galleano, lavoro fatto eseguire dall'arte dei prestinai, un Crocifisso del Maragliano, altra Cassa della compagnia di S. Sebastiano, la statua di S. Paolo, di S. Barbara e dell'Immacolata (...). Eranvi inoltre i seguenti quadri: S. Antonio che mette in fuga il demonio, S. Antonio che fa scaturire l'acqua dalle rupi, ambedue di Gioacchino Assereto. Un Cenacolo di Gio Andrea Ansaldo, Gesù che lava i piedi agli Apostoli, di Bernardo Castello, S. Antonio con angeli, di Giulio Benso e altri di Luca Cambiaso". Alizeri scrive che l'oratorio "tutto ha perduto nelle ultime turbolenze", intendendo con queste le soppressioni napoleoniche che spogliarono questo e gli altri oratori e chiese del centro cittadino. Rimane alla vista dell'Alizeri e ancora oggi è qui conservata la pala d'altare con "S. Antonio trova la spoglia di S. Paolo Eremita", opera di Luca Cambiaso citata anche dal Novella. Riguardo invece al Cenacolo dell'Ansaldo di cui parla il Ratti ripreso dal Novella, all'Accademia Ligustica è conservata una tela che dovrebbe esserne il bozzetto. La cassa processionale della confraternita, raffigurante "Sant'Antonio tentato dai demoni", opera del Galleano, è purtroppo andata perduta nell'ottocento (la vede il Ratti, la cita l'Anonimo del 1818 mentre l'Alizeri a metà del secolo no).
E' cosi che la splendida quadreria, a differenza dell'oratorio di San Giacomo della Marina, di cui Vi parlerò nel prossimo paragrafo, oggi purtroppo è in gran parte dispersa.
Soppresso nel periodo napoleonico, fu riaperto nel 1816 e nel 1828 subì un profondo restauro interno ad opera di Carlo Barabino con la collaborazione dello scultore Ignazio Peschiera per essere poi consacrato, fatto piuttosto inusuale per un oratorio, nel 1836 come ci ricorda la lapide in facciata di cui vi parlavo in precedenza.
Ecco come si presentano gli interni, ancora oggi, dopo i restauri ottocenteschi: gli affreschi della volta, con storie del Santo titolare, sono opera di Giuseppe Passano ("Il miracolo dell'ossessa", "L'invenzione del corpo del Santo" e "Sant'Antonio che risana gli infermi"). Lo stesso Passano dipinge la volta del presbiterio ("Sant'Antonio in tentazione confortato da Cristo" e "Gli angeli che scacciano il demonio") e, sulle pareti laterali, tra finte architetture con colonne e lesene, figure a chiaroscuro di santi e anacoreti. Di Giacomo Picco sono gli ornati mentre sono opera di Gaetano Centanaro gli stucchi. L'altar maggiore, su disegno del Barabino, è adornato da bronzo dorato modellato da Ignazio Peschiera: in forme neoclassiche, si presenta con la mensa a vasca sormontata da un tempietto a colonne corinzie che funge da tabernacolo, sormontato da una piccola statua della Fede. Sulle porte ai lati dell'altare troviamo due dipinti: La "Liberazione di un ossesso", opera di Antonio Puppo, e la "Guarigione di un paralitico", opera di "un certo Comastri", come scrive il Novella.
Disegnato anch'esso dal Barabino e realizzato dallo scultore Sebastiano Mantero è il pulpito in marmo collocato in cima alla parete sinistra dell'Oratorio.
Sull'altare laterale sinistro, troviamo una statua in marmo dell'Immacolata, opera di Ignazio Peschiera.
I tesori qui conservati non sono finiti. Con la demolizione dell'Oratorio di San Giacomo delle Fucine, sopra descritto, demolito nel 1872 per il tracciamento di Via Roma, vengono portati qui in Sarzano, prima in Santa Croce poi in questo oratorio, il "Cristo Moro", crocifisso processionale opera di Domenico Bissoni (1639) in legno di giuggiolo, legno naturale di un caldo marrone scuro, reso lucente come metallo dalla lucidatura, molto noto all’epoca dello splendore delle Casacce anche per il rivestimento di tartaruga con decorazioni in oro e argento usato per la croce (sono andati perduti i tre cantonali in argento massiccio e la scritta INRI in diamanti), e la splendida cassa processionale raffigurante "San Giacomo Maggiore che abbatte i Mori", opera di Pasquale Navone, la cosa che più mi piace dell’intero Oratorio e quella che secondo me da sola vale una visita in questo luogo (peccato non sia più portata in giro per il quartiere come avveniva una volta, anche se il soggetto, come mi suggeriva un simpatico anziano che ho incontrato sulla porta dell’oratorio, sarebbe poco gradito ai tanti musulmani che abitano ora in zona).
A proposito della magnifica cassa processionale del Navone, le cronache raccontano che ci volessero trentasei persone per sorreggerla quando veniva portata in processione nel quartiere e che fosse piuttosto complicato raggiungere Piazza Sarzano: i portatori della cassa infatti dovevano uscire dalla porta principale dell'oratorio, infilarsi nell'osteria che sorgeva di fronte, quindi ruotare e risalire così verso la piazza, manovra tutt'altro che semplice visto il peso della struttura e il dislivello tra l'oratorio e Piazza Sarzano.
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"San Giacomo che sconfigge i Mori", opera di Pasquale Navone
(foto di Antonio Figari) |
Osservare i personaggi scolpiti dal Navone nella cassa processionale del
Santiago Matamoros, è un po' come trovarsi difronte a coloro che abitavano nei
vicoli nel XVIII Secolo: erano infatti i popolani i modelli per queste
sculture.
Ed in tanti loro volti rivedo coloro che abitano oggi nei miei amati vicoli. Fausta Franchini Guelfi sostiene che il Navone si ispirò ad una tela di analogo soggetto, opera seicentesca di Francesco Capurro, un tempo nell'Oratorio dei SS. Giacomo e Leonardo di Prè (di cui trovate la storia in questa pagina), oggi conservata nel transetto sinistro della chiesa di San Giacomo a Pontedecimo. Osservando questa tela, noterete la posizione di San Giacomo in procinto di infilzare la sua lancia con il cavallo che si inpenna e davanti a lui il "moro" posizionato di tre quarti che cerca di evitare la morte, così come avviene nella cassa del Navone.
Sempre da San Giacomo delle Fucine provengono alcune grandi tele oggi qui in Sarzano conservate ("San Giacomo dopo aver risanato il paralitico converte Iosia" di Orazio Cambiaso, "San Giacomo e i pellegrini di Lotaringia a Compostela" di Aurelio Lomi, "San Giacomo fa liberare un giovane reo a Prato in Toscana" di Lazzaro Tavarone, "Chiamata all'Apostolato di San Giacomo" di Bernardo Castello, "San Giacomo decapitato per ordine di Erode Agrippa" di Bernardo Castello e bottega).
Proviene invece dall'Oratorio di San Giacomo della Marina il tabarro di San Giacomino e la gualdrappa del cavallo in velluto turchino ricamato a fili d'oro, decorata con l'Espada di San Giacomo ed il monogramma del Santo: durante la processione di San Giacomo infatti sfilava un bambino "San Giovannino" che cavalcava un cavallo. Erano questi i suoi abiti e quelli del suo destriero. All'ingresso ell'oratorio vi è una pixccola stampa con raffugrato proprio San giovanino a cavalo.
A seguito della demolizione del Monastero di Sant'Antonio di Prè (di cui trovate la storia alla pagina de le CHIESE di GENOVA), viene portata in questo oratorio la reliquia della testa di Sant'Antonio, conservata in una teca di cristallo ornata d'oro e di gemme preziose.
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Particolare della cassa processionale
(foto di Antonio Figari) |
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Particolare della cassa processionale
(foto di Antonio Figari) |
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Particolare della cassa processionale
(foto di Antonio Figari) |
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Particolare della cassa processionale
(foto di Antonio Figari) |
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La cassa del Navone, il Cristo del Bissoni sulla destra e sullo sfondo l'altare dell'oratorio (foto di Antonio Figari) |
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La controfacciata e l'organo (foto di Antonio Figari) |
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Particolare della volta dell'Oratorio con "Il miracolo dell'ossessa", (foto di Antonio Figari) |
30. Santa Croce
Carlo Giuseppe Ratti, nel volume 1 del suo libro "Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, architettura ecc.", dopo aver descritto l'oratorio di Sant'Antonio della Marina così scrive: "Qui vicino troverete l'altro ORATORIO di S. CROCE in cui tra le molte tavole sono assai pregevoli quella dell'altare entrovi l'Invenzione della medesima Croce, di mano dell'Ansaldi, con due altre tele ne' lati, nelle quali l'istesso autore ha dipinti due Appostoli; la tavola poi del Cristo mostrato al popolo è del Sarzana, ed il Cenacolo dell'Assereto. Poco discosta è la CHIESA PARROCCHIALE DI S. CROCE".
Di questo oratorio nulla rimane.
31. San Giacomo della Marina
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La targa marmorea sopra l'ingresso dell'Oratorio di San Giacomo della Marina (foto di Antonio Figari) |
Edificato nel 1403, come ci ricorda la lapide di fondazione, lungo le Mura delle Grazie, lambite fino al XIX secolo dal mare, l'oratorio di San Giacomo della Marina rappresentava una tappa importante per i pellegrini in cammino verso Santiago de Compostela.
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La lapide di fondazione (foto di Antonio Figari) |
Quello che vediamo oggi non ha più nulla dell'antico edificio romanico delle origini ed è frutto degli abbellimenti compiuti in epoca barocca, epoca in cui la Confraternita di San Giacomo della Marina godeva di grande prestigio e potenza.
L'oratorio si presente in un'unica navata, illuminato da grossi finestroni polilobati in stile settecentesco, e impreziosito alle pareti da una serie di quadri eccezionali rappresentanti scene di vita di San Giacomo opera dei migliori artisti dell'epoca.
Eccovi chi sono gli artisti e le loro opere:
- Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto ("San Giacomo che abbatte i mori"), la tela che più amo tra quelle esposte;
- G.B. Carlone ("San Giacomo apre le porte di Coimbra a Re Ferdinando" e "San Giacomo, andando al martirio, risana un paralitico");
- Valerio Castello ("San Giacomo battezzato da San Pietro" e "vocazione di San Giacomo");
- Giovanni Domenico Cappellino ("San Giacomo predica al popolo" e "l'Immacolata");
- Domenico Piola ("Martirio e gloria di San Giacomo");
- Giovanni Lorenzo Bertolotto ("San Teodomino, Vescovo d'Adria, fa tagliare un bosco per cercare le spoglie di San Giacomo");
Orazio de Ferrari ("La Vergine del Pilar appare a San Giacomo" e "San Giacomo consacra San Pietro Martire, vescovo di Praga")
- Aurelio Lomi ("Giacomo e Giovanni presentati a Gesù").
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Lo splendido interno dell'oratorio (foto di Antonio Figari)
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Stucchi e affreschi abbelliscono tutte le pareti ed il soffitto.
Vi sono poi due crocifissi alle pareti: uno del Bissone ed uno della scuola del Maragliano.
La cassa processionale che troneggia in mezzo all'aula è opera del marsigliese Honorè Pelle (1677) e raffigura "Cristo risorto che appare a San Giacomo e San Leonardo suo discepolo": essa proviene dall'Oratorio dedicato a questi due Santi (di cui trovate la storia al paragrafo 52 di questa pagina) che si trovava presso la Darsena nella località chiamata ancora oggi Santa Limbania, oratorio demolito per la costruzione della Carrettiera Carlo Alberto (l'attuale Via Gramsci).
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La cassa processionale del Pellè (foto di Antonio Figari) |
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(foto di Antonio Figari) |
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(foto di Antonio Figari) |
Questo oratorio aveva una propria cassa processionale raffigurante "La Madonna del Pilar che appare a San Giacomo", commissionata dai confratelli a Domenico Parodi che la eseguì con la collaborazione di Agostino de Negri, che fu venduta nel 1891 alla Parrocchia di San Giacomo di Cornigliano dove ancora oggi si trova in una nicchia dell'abside. Sempre in questa chiesa è conservato un crocifisso seicentesco forse proveniente anch'esso dall'oratorio della Marina.
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(foto di Antonio Figari) |
La Seconda Guerra Mondiale danneggiò questo edificio ma risparmiò miracolosamente la quadreria che possiamo ancora oggi ammirare grazie anche ad un accurato restauro degli anni '90 del Novecento che ha riportato tutto l'oratorio al suo antico splendore.
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L'oratorio di San Giacomo della Marina (foto di Antonio Figari) |
32. N.S. del Rosario a S.M. di Castello
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L'interno dell'Oratorio di N.S. del Rosario a S.M. di Castello (foto di Antonio Figari) |
La prima sede di questa confraternita, nata nel XVI secolo, fu nella chiesa di Santa Maria di Castello dove avevano sepoltura i confratelli nella cappella dedicata a San Domenico.
Nei secoli ad essa si unirono altre confraternite tra le quali quella di N.S. del Rosario che aveva sede presso San Domenico.
La confraternita all'inizio del XIX Secolo acquistò, nelle vicinanze della Chiesa di Santa Maria di Castello, un piccolo locale di proprietà del Convento di Santa Maria delle Grazie dove ancora oggi ha sede (al civico 12 di Salita alla Torre degli Embriaci).
All'esterno una piccola lapide marmorea ovale sulla porta d'ingresso reca lo stemma mariano e il nome della confraternita.
Varcata la soglia si entra in un ambiente con un altare dal lato opposto all'ingresso dove troneggia una statua della Madonna opera di Anton Maria Maragliano.
La grande cassa processionale, che ancora oggi si può ammirare nell'Oratorio, raffigurante N.S. del Rosario, è opera di Giovanni Maragliano, nipote di Anton Maria.
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La cassa processionale dell'Oratorio di N.S. del Rosario a S.M. di Castello (foto di Antonio Figari) |
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Particolare della volta dell'Oratorio di N.S. del Rosario a S.M. di Castello (foto di Antonio Figari) |
Gli affreschi della volta sono opera di Michele Canzio.
Nel piccolo locale a sinistra dell'Oratorio sono conservate le lunghe aste che sorreggevano il baldacchino che sormontava la cassa processionale durante le processioni.
Nella stanza a destra dell'Oratorio una piccola porticina conduceva, attraverso un passaggio sotterraneo, alla chiesa di Santa Maria di Castello.
33. Sant'Orsola
Carlo
Giuseppe Ratti, nel volume 1 del suo libro "Istruzione di quanto può
vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, architettura ecc.",
dopo aver parlato del "PALAZZO de' Signori Brignole Sale" e della
"contigua a quello palazzo (...) famosa Torre, detta degli Embriaci"
scrive che "a' fianchi, ossia dal lato destro del palazzo medesimo è
situato l'ORATORIO DI S. ORSOLA, che nella volta a fresco colorita da Imperial Bottini Genovese, mostra il mistero dell'Immacolata Concezione della Vergine, ed all'Altare una tavola di s. Orsola d' Antoniomaria Piola. A questo quasi rimpetto è la salita, che conduce alla CHIESA DI S. MARIA DI CASTELLO". Di questo oratorio oggi nulla rimane, mentre troverete ancora qui un vicolo intitolato a questa santa.
34. SS. Pietro e Paolo (a San Bernardo)
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L'ingresso dell'Oratorio dei SS. Pietro e Paolo (foto di Antonio Figari) |
In
Piazza San Bernardo, dirimpetto a quella che fu la chiesa ed il
complesso monastico di San Bernardo, ora occupato da un bar al piano
terreno, e da una scuola pubblica e appartamenti ai superiori (vi
rimando alla pagina de le CHIESE di GENOVA per approfondire la storia di questa chiesa), sopravvive un antico oratorio intitolato ai Santi Pietro e Paolo.
Ecco come lo descrive l'Alizeri: "l'Oratorio
de' SS. Pietro e Paolo, nel quale uffizia una congregazione di
Sacerdoti secolari, fondata nel 1486 da Sperindeo Argiroffo Preposito di
S. Donato, da G. B. Durante Preposito de' SS. Nazario e Celso, da
Giacomo de' Guarchi Rettore di S. Giacomo in Carignano, e da Pietro de'
Grossi Rettore di S. Paolo in Campetto. Paolo Campofregoso arcivescovo
di Genova ne approvò l'istituzione, che, siccome dura al dì d'oggi, avea
per iscopo di sovvenire alle necessità de' poveri sacerdoti
confratelli, e alla lor morte provvedere a' suffragi ed alle esequie.
Leggo, che la chiesa di S. Donato servì agli uffizi di questa società
ne' primordii, ma crescendo in breve tempo il numero degli ascritti, le
convenne far ricerca di un locale ove potesse erigere un altare proprio,
ed esercitare con miglior agio i doveri del proprio istituto. Instò
presso il Capitolo di S. Lorenzo perché le fosse accordato il battistero
attiguo al Duomo, e l'ottenne sotto certe condizioni a' 24 di marzo del
1491, come s'ha da istrumento rogato da Baldassarre di Coronato. Quivi
stette fino all'apertura del presente oratorio, che deliberò nel 1712,
ed ebbe a sue spese ultimato dieci anni appresso. Divisarono in seguito i
confratelli di nobilitarne il presbiterio con pitture a fresco, e
scelsero Giuseppe Galeotti, il migliore, per non dir l'unico, de'
pittori genovesi in quell'epoca infelice che mostra quasi una lacuna
nella nostra scuola. Egli espresse nel catino S. Pietro che riceve da
Cristo le chiavi dell'evangelica potestà, e la di lui crocifissione e la
decollazione di S. Paolo a' lati dell'altare; composizioni che se pur
non si lodano per dignità e maestria di disegno, han però e forza e
vaghezza quanto ogn'altra che vedremo di lui. Da quest'opere in fuori
null'altro in quest'oratorio accenna il Ratti, la guida del quale,
sebbene antica e qua e là trascurata, è l'unica finora che si possa
svolgere da' genovesi con fiducia di non tornarne beffati. Ma parecchie
altre van quivi notate, che certo v'esistevano a' tempi del Ratti
stesso, come son le tavole de' tre altari. Delle due laterali co' SS.
Giovanni ed Andrea è dubbioso lo stile, nonché ignoto l'autore; nè mi
valsero a scoprirlo le molte indagini che ne ho fatte. Potrebb'essere
quel G. B. Parodi fratello di Domenico, che pochi saggi lasciò tra noi
del suo pennello, e in qualche tratto rassomiglianti a queste figure di
apostoli; ma lo sterile soggetto, e la penuria de' confronti mi fan
dubbioso in tale giudizio. Per decisi caratteri dobbiamo ascrivere a
Paolo Girolamo Piola il quadro dell'altar maggiore in cui veggonsi i due
titolari, né l'epoche istoriche ci vietano di crederlo eseguito (com'è
probabile) nella fondazione dell'oratorio. Procedo per congetture, e
accenno un dipinto in tavola dello stesso argomento ch'è nella
sacristia, anteriore al cinquecento per poco che se ne osservi lo stile,
e di esecuzione non ingrata benché inferiore a molti altri della sua
età. L'argomento di esso, e l'epoca a cui rimonta il lavoro mi fa
supporre che questo quadro servisse all'antico oratorio, al quale fin da
principio si diede il titolo de' SS. Pietro e Paolo, ed ebbe un altare
dedicato a que' santi. Per merito d'arte è superiore a questo e ad
ogn'altro quadro notato nell'oratorio un Crocifisso in tavola con Maria,
Giovanni e la Maddalena di Luca Cambiaso , opera da attribuirsi al
migliore suo stile, e degna d'esser meglio custodita che non fu per
l'addietro. Son visibili i danni che ne sofferse, e chieggono un
rimedio."
Rispetto
alla descrizione dell'Alizeri, sembrano da attribuirsi al Galeotti
tutte e tre le tele degli altari all'interno dell'oratorio, autore anche
degli affreschi che decorano le pareti.
La
pala del Cambiaso raffigurante la Crocifissione, descritta
dall'Alizeri, non si trova più nella sacrestia dell'Oratorio ma nel
Museo Diocesano di Genova.
Due
curiosità non raccontate dall'Alizeri: questo oratorio nasce sulle
macerie di preesistenti edifici bombardati e distrutti dalle bombe del
Re Sole e fu aperto al pubblico il 1° agosto 1716, giorno in cui si
festeggia San Pietro in vincoli.
Sopra l'oratorio vennero costruite alcuni alloggi a servizio dello stesso ancora oggi esistenti.
L'antica
Congregazione dei SS. Pietro e Paolo, fondata nel 1486 presso la Chiesa
di San Donato, come ci racconta l'Alizeri, la più antica congregazione
sacerdotale genovese, è ancora proprietaria dell'edificio che è affidato
alla Comunità di Sant'Egidio (i volontari della quale mi hanno permesso
di fare le foto che qui vedete) che organizza incontri di preghiera e
Sante Messe.
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Sopra l'ingresso la dedica ai due Santi (foto di Antonio Figari) |
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Sopra l'ingresso la splendida cantoria lignea e l'organo (foto di Antonio Figari) |
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L'altare maggiore (foto di Antonio Figari) |
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La volta sopra l'altare con "Gesù che consegna le chiavi a Pietro", uno degli affreschi del Galeotti (foto di Antonio Figari) |
35. San Francesco da Paola
All'angolo
tra Vico Indoratori e Vico degli Scudai, ancora oggi vi è una antica
loggia parte di un palazzo risalente al XII-XIII secolo appartenente ai
Camilla e condivisa tra questa famiglia ed i Lercari ad inizio
Quattrocento, come ci ricorda una iscrizione in pietra ancora in loco datata 1 maggio 1411.
La
loggia venne successivamente tamponata e trasformata nel XVIII secolo
in un oratorio dedicato a San Francesco da Paola. Le fonti ci raccontano
che la confraternita che qui aveva sede era nata dall'arte dei musici,
formata in gran parte da insegnanti con scarse disponibilità economiche.
Soppresso
nel 1810, i suoi locali vennero ridotti a magazzino. La loggia ritrovò
il suo splendore nel XX secolo quando venne restaurata ad opera degli
architetti Fera e Grossi-Bianchi.
36. Santo Sepolcro
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(foto di Antonio Figari) |
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(foto di Antonio Figari) |
Nei pressi di Via San Luca sorgeva l'Oratorio del Santo Sepolcro.
Il
nome del vicolo e della piazza, collocati tra San Luca e Piazza delle
Vigne, ne ricordano ancora la presenza in questo luogo. Esso sorgeva
proprio nella piazza omonima: era un piccolo scrigno con due volte
affrescate da Luca Cambiaso con "Psiche e Cupido in mezzo agli Dei"
in una e "Augusto in riva al Tevere mentre le nazioni gli rendono
omaggio" nell'altra. Era inoltre presente un bell'affresco del Tavarone
raffigurante Mosè.
Purtroppo
nulla di questo oratorio è sopravvissuto e possiamo solo immaginare la
sua bellezza: un altro angolo dei vicoli che purtroppo non ha resistito
ai secoli ed alla scelleratezza degli uomini.
37. San Giovanni Battista
Sito in Vico della Rosa, questo oratorio fu edificato nel XVII secolo.
Pochissime le fonti che ce ne parlano e pressoché dimenticata la sua storia.
Oggi i suoi spazi sono occupati dal laboratorio di un negozio di miele.
I volumi del laboratorio corrispondono a quelli dell'antico oratorio ma nulla più rimane a ricordare questa antica casaccia.
38. Santa Maria degli Angeli
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(foto di Antonio Figari) |
Di
questo oratorio non rimane più nulla se non il nome che ancora lo
ricorda nella piazza dove sorgeva, appena sotto Piazza della Meridiana.
L'oratorio
dedicato a Santa Maria degli Angeli era uno dei cinque oratori del
sestiere della Maddalena ed era ornato alle pareti da splendide tele che
sono ora conservate nella sacrestia della Chiesa di San Siro tra le
quali spicca l'Ultima Cena di Orazio de Ferrari. Chiuso infatti nel 1811
al divin culto le opere in esso contenute furono trasferite in San
Siro.
Nel 1822 divenne sede provvisoria della Biblioteca delle Missioni Urbane, più conosciuta come Biblioteca Franzoniana.
Oggi
purtroppo l'oratorio di Santa Maria degli Angeli è solo un ricordo ma
visitando la sacrestia di San Siro potrete ancora godervi le splendide
tele che lo decoravano.
39. San Ludovico IX re di Francia e Santa Elisabetta regina di Portogallo
Con atto datato 17 febbraio 1625 i Padri Francescani di Castelletto concedono ai Fratelli del Terz'Ordine Francescano il permesso di sgomberare dal terreno il sottosuolo della cappella di San Gerolamo per adattare il luogo ad uso di oratorio. I fratelli del Terz'Ordine, che fino ad allora avevano quale sede della fraternità la chiesa di San Francesco (di cui trovate la storia alla pagina dedicata a le CHIESE di GENOVA), hanno ora una proprio oratorio che gli stessi dedicano a San Ludovico IX re di Francia e Santa Elisabetta regina di Portogallo. Nel 1640, nel 1683 ed infine nel 1718 l'oratorio viene ampliato fino ad occupare anche le aree sottostanti le cappelle di San Domenico e Santa Caterina.
L'oratorio seguirà le sorti della sovrastante chiesa di San Francesco e verrà demolito alla fine del XVIII secolo. Rimane in loco solo un segno ancora visibile di questo oratorio: se percorrete infatti Salita San Francesco, prima di giungere ai giardini retrostanti Palazzo Bianco, dove un tempo sorgeva la chiesa, potrete notare una porta sovrastata da una finestra a mezza luna: essa era la porta di accesso dell'Oratorio.
I Fratelli del Terz'Ordine si trasferiranno nel 1804 nella chiesa di San Nicolosio (dove sono tuttora) portando con sé tele, sculture ed arredi sacri dell'oratorio che ancora oggi abbelliscono questa chiesa (di cui trovate la storia alla pagina dedicata a le CHIESE di GENOVA). Tra le opere oggi in San Nicolosio provenienti dal diruto oratorio vi è la tela di Giovanni Andrea De Ferrari raffigurante "San Francesco che presenta San Luigi IX re di Francia e Santa Elisabetta regina di Portogallo": posta sull'altar maggiore della chiesa andò a sostituire una tela raffigurante San Nicolosio andata perduta. Poiché la tela del De Ferrari era più piccola venne adattata aggiungendo alcuni scampoli di tela nella parte superiore e spostando la colomba dello Spirito Santo in posizione più elevata (quest'ultima fu letteralmente ritagliata e posta in un punto più alto della tela). Oltre a questo capolavoro giunsero in San Nicolosio anche una tela con "San Rocco", una con "l'estasi di San Francesco", una "Adorazione dei Magi", "Santo aiutato da Cristo a portare la Croce", "Transito di San Giuseppe", "riposo durante la fuga in Egitto", e sei lunette (delle originarie quattordici presenti nell'oratorio) raffiguranti santi francescani.
40. San Filippo
L'Oratorio di San Filippo si trova in Via Lomellini accanto alla Chiesa dedicata all'omonimo Santo.
Varcato il portone e superata la sala d'ingresso Vi ritroverete in una grande aula, trionfo del barocco genovese.
Giacomo
Boni ha affrescato la volta raffigurante "Maria sublimata alla gloria
celeste" e la tribuna con "San Filippo in colloquio con devoti
personaggi" come ci ricorda l'Alizeri.
Sull'altare maggiore troneggia una Madonna Immacolata opera del marsigliese Pierre Puget.
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L'interno dell'Oratorio di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
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Veduta della parete destra dell'Oratorio di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
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La volta dell'Oratorio di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
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La splendida Madonna del Puget sull'altare dell'Oratorio di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
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La volta dell'Oratorio di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
41. Sant'Antonio da Padova al Guastato
Posto
in prosecuzione dell'abside della chiesa della SS. Annunziata del
Vastato esisteva un tempo un oratorio intitolato a Sant'Antonio da
Padova ed innalzato intorno alla seconda metà del XVII secolo grazie alla donazione 50 confratelli tra i quali G.B. Lomellini.
L'interno,
di modeste proporzioni, fu interamente affrescato da Giuseppe Palmieri a
metà del '700. In particolare quest'ultimo dipinse l'intero soffitto
con una Immacolata che, presentandosi pura all'Eterno, faceva
precipitare un gruppo di diavoli. Sull'altar maggiore era conservato
un'opera di Domenico Piola raffigurante la "B.V. e S. Antonio di
Padova"e ai lati due dipinti di Lorenzo de Ferrari "S. Antonio che
predica ai pesci sulla spiaggia di Rimini" e "Il miracolo della mula
innanzi al SS. Sacramento" (entrambe le tele del De Ferrari sono oggi
conservate nella chiesa del Mainetto di Serra Riccò).
Apparteneva
a questo oratorio, fino alla soppressione del 1811, la cassa
processionale raffigurante la "Beata Vergine col Bambino, S. Antonio e
Angeli", un tempo attribuita al Maragliano. La stessa sarà acquistata
dalla chiesa di Santa Caterina di Rossiglione dove ancora oggi è
conservata.
L'oratorio
viene riaperto nel 1817 e la sua storia continua fino alla seconda
guerra mondiale quando viene interamente distrutto nel bombardamento del
13 agosto 1944.
Una
curiosità: nel 1672 i confratelli, per decreto del Padre Generale dei
Francescani, ottenevano il privilegio di poter essere sepolti nella
cappella di Sant'Antonio nella chiesa della SS. Annunziata del Vastato
(si tratta dell'altare barocco che si trova nel transetto destro della
chiesa e dove, entro una nicchia con quattro colonne tortili, vi è
uno splendido gruppo ligneo policromo su progetto di Pierre Puget con
"Sant'Antonio da Padova adorante il Bambino e Angeli"; nella volta e
nella lunetta sono raffigurati rispettivamente la "Pentecoste" e la
"Incredulità di San Tommaso", opere di Giovanni Carlone).
42. Santa Maria Maddalena de' Pazzi
Carlo Giuseppe Ratti, nel volume 1 del suo libro "Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, architettura ecc.", dopo aver descritto la Chiesa del Carmine, ci racconta che, "allato al Convento è l'ORATORIO DI S. MARIA MADDALENA de PAZZI, architettato con vago disegno da Giovambattista Ricca, e poco lontana vi è la PORTA CARBONARA" (vi rimando alla pagina de le PORTE e le MURA di GENOVA per approfondire la storia di quest'ultima). Nulla di più viene detto di questo oratorio oggi scomparso.
43. Morte ed Orazione
In
Via delle Fontane, proprio di fronte all'oratorio di San Tommaso, si
nasconde un altro gioiello: l'Oratorio della Morte ed Orazione.Alizeri così scrive: "ora
è tempo di visitarne l’Oratorio che è quivi unito alla Chiesa, e che da
tal vicinanza prese anche tra il volgo il nome di Santa Sabina. I
primordi di questa Compagnia, se crediamo all’Accinelli, nato a
Genova il 23 aprile 1700 e morto a Genova il 7 ottobre 1777, si debbono a
parecchie persone, le quali smembrandosi dall’antica Confraternita del
Venerdì che uffiziava nel Chiostro di S. Maria di Castello si unirono ad
altra esistente in S. Vittore sotto l’invocazione di S. Lucia, e
congiunte diedero origine a questa, che da principio avea per istituto
di seppellire per carità i cadaveri degli schiavi. Tal fondazione può
stabilirsi nel 1587, anno in cui l’Arcivescovo Antonio Sauli ne approvò
le costituzioni.
In
breve tempo con il numero degli iscritti si ampliarono i pietosi uffizi
della Confraternita. Non solamente toglievano alle lugubri stanze la
spoglia del povero, ma con mano benefica ne soccorrean la famiglia,
alleviandone le miserie se non poteano il dolore. Chiesero poi nel 1591
di essere aggregati a quella di Roma del titolo istesso, e l’ottennero,
partecipando così ai singolari privilegi onde quella è arricchita. Dirò
in breve; sia per gli adulti che a loro concessero i Papi, sia per le
caritatevoli opere che li distinguono, poco o nulla differiscono dai
Confratelli della Morte presso S. Donato, e mi giova richiamare il
lettore all’articolo che riguarda questi ultimi per isbrigarmi con
maggior prontezza del presente Oratorio. Uno è lo scopo delle due
Compagnie, uno lo zelo, eguale la dignità, pari la stima e le lodi che
ambe tributano i riconoscenti cittadini. “L’emulazione, scrive il
suddetto Accinelli, che passa tra queste due Confraternite, le obbliga a
stare oculate per maggiormente compiere a quegli obblighi che prescrive
la loro instituzione”; ma noi crediamo che’l loro zelo basti al nobil
fine che questo scrittore attribuisce a reciproca gara.
L’Oratorio
fu costruito verso il 1640 sovra un’area comprata a tal uopo dal Priore
di S. Sabina, e nel 1646 vi cominciarono gli uffizi. Nobilissimi
restauri ed abbellimenti vi si fecero sul tramonto del secolo scorso
(1700), e a quest’epoca appartengono le belle plastiche lavoratevi da
Andrea Casaregi. Son quattro statue di Virtù e figure di Putti composte,
quelle in altrettante nicchie, queste tra vaghi ornamenti che dalla
cornice si levano al volto, e tutto il ricoprono. Non so a quale artista
si debbano tali decorazioni; ma lo stile m’induce a riputarle di quel
Fozzi che con tana eleganza fregiava intorno al medesimo la gran sala
del Pubblico Palazzo.
Le
arti del disegno, e specialmente la scultura e l’architettura per
istudio di Genovesi e stranieri cominciavano a sottrarsi alla licenza
de’ manieristi, e a produrre copiosi esempi di leggiadra semplicità. Il
Casaregi, scultore di più ingegno che fama, non dee segregarsi dalla
schiera de’ rinnovatori; chè sebbene non paia libero al tutto da’ vecchi
metodi, pur si vendica quel nome con certa grazia di concetti, con un
garbo di panneggiamenti ed una disinvoltura di stecco, che fan gradite e
pregevoli le poche statue da lui lavorate per Genova.
Con
queste osservazioni ho accennati i meriti delle presenti, alle quali è
da augurare più lunga età di quella che forse non isperò l’autore,
indossando loro i panni con tela imbiancata, eguale alla plastica
nell’effetto, ma di più corta durata che non ha questa materia già
caduca per se stessa.
Delle
tavole notate dal Ratti a’ due altari non resta che quella della
Concezione di Maria a sinistra, bel lavoro di Domenico Piola, trascuro
l’altra sostituita all’antica, perché di pennello mal certo, e
macchinata in ogni parte di pessimi ritocchi; notando invece una copia
della famosa Madonna della Seggiola eseguita, se non erro, da C. G.
Ratti nato a Savona il 27 novembre 1737 e morto a Genova il 27
settembre 1795, e locata quivi sopra i gradini, a cui sta rimpetto un
angiolo custode della Bacigalupi.
I
quadri laterali all’ingresso della Sancta Sanctorum in diverso stile
fanno onore a due maestri. Di Giovanni Carlone è quella dell’Universale
giudizio, composta di molte figure, tutte studiate e mosse ed espresse
con arte, e dipinte con maestria. L’altra, cioè il Tobia che dà
sepoltura ai cadaveri, lavoro di Gregorio Deferrari prende forza
espressione ed effetto da un’artificiosa distribuzione di chiaroscuro;
talchè da quel tenebrore che domanda l’azione notturna, diradato in
parte dalle faci all’uopo del pietoso uffizio, risaltan figure piene di
movimento e di verità.
A
questo e ad altri pittori ben soccorse l’ingegno per colpire sui primi
sguardi l’intelligente, prima che il severo esame della critica si
addentri a scrutare le parti sostanziali del contorno e della
filosofia."
Come
ci racconta l'Alizeri, l'oratorio fu eretto nel 1640 anche se la
Confraternita si era già stabilita nella vicina Chiesa di Santa Sabina
dal 1587, anno in cui si fa risalire la sua fondazione poiché proprio in
quello stesso anno l'arcivescovo Antonio Sauli ne approvo
le costituzioni. La confraternita, come quella della Morte presso la
chiesa di San Donato di cui trovate la storia nei paragrafi seguenti, si
occupava della sepoltura dei non abbienti, soccorrendone anche le
famiglie.
Sotto
la direzione dell'architetto Pellegrini intorno al 1780 l'oratorio fu
restaurato e proprio in quel periodo abbellito alle pareti dagli stucchi
del milanese Carlo Fozzi e nei quattro pilastri che dividevano
l'ambiente da splendide statue raffiguranti le "Virtù" opera di Andrea
Casaregis.
Purtroppo
l'Oratorio fu quasi del tutto distrutto nella seconda guerra mondiale:
il 19 maggio 1944 infatti una bomba sfondò la volta e successivamente le
macerie del vicino caseggiato trascinarono a terra ciò che restava
della volta stessa e degli altari laterali con le loro statue e le altre
sculture.
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L'oratorio della Morte ed Orazione dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale |
Sono
invece ancora presenti nell'oratorio, e da soli valgono al visita a
questo, il bellissimo altare opera di Francesco Maria Schiaffino
risalente al 1738 (dal contratto firmato dall'artista si legge che il
tabernacolo fu realizzato su disegno di Lorenzo De Ferrari e che costò
alla confraternita 2.220 lire),
il "Giudizio Universale" del Carlone nel presbiterio, "L'Immacolata
Concezione" di Anton Maria Piola (tela che oggi si presente rettangolare
ma che nasceva ovale come ci racconta il Ratti che così l'aveva
osservata) e "Santa Lucia", forse opera di Domenico Piola, ai lati della
navata. La grande tela
di Gregorio De Ferrari che rappresenta l'episodio biblico di "Tobi che
dà sepoltura ai morti", un tempo in questo oratorio, è oggi conservata
nelle sale del Museo Diocesano di Genova. Una
curiosità: i due angioletti centrali, che vedete nella foto qui di
seguito, furono trafugati nel XX secolo e sono oggi tornati al loro
posto dopo essere stati recuperati dai Comando Carabinieri per la Tutela
del Patrimonio Culturale.
Attualmente l'oratorio
è stato concesso in comodato d'uso al Priorato Diocesano delle
Confraternite come ufficio e luogo di culto.
44. San Tommaso
L'oratorio, nato accanto alla Chiesa di San Tommaso (che si trovava nella zona di Principe vicino alla Villa Doria di Fassolo e di cui trovate la storia nella pagine dedicata a "le CHIESE di GENOVA"), fu trasferito nel 1536, a seguito della costruzione delle Mura Nuove, in Piazza della Nunziata e trovò posto accanto alla Basilica della SS. Annunziata del Vastato. Quando quest'ultima venne ampliata, l'oratorio dovette essere demolito e venne ricostruito nel 1618, grazie al contributo della nobile famiglia dei Lomellini, nella vicina via, oggi chiamata "delle Fontane", dove ancora è visibile. Era soprannominato "il Duomo degli Oratori" per la sua grandezza ed imponenza.
Accinelli ci racconta che la confraternita si occupava del pietoso ufficio di ministrare agli infermi, ufficio che i confratelli esercitavano fin dagli inizi, quando l'Oratorio si trovava ancora accanto alla Chiesa di San Tommaso e non distante dall'ospedale di San Lazzaro. Oltre al servizio di assistenza agli infermi presso questo ospedale, i confratelli si occupavano anche di dare agli stessi degna sepoltura.
Entriamo nell'oratorio: superato un piccolo portone, sul quale anticamente vi era un affresco con San Tommaso, si accede in uno stretto cortiletto che conduce all'ingresso dell'oratorio, sormontato dalla statua di Sant'Antonio Abate, verosimilmente qui posizionata quando l'oratorio divenne sede della confraternita della Cinque Piaghe che precedentemente aveva sede nell'Abbazia di Sant'Antonio di Pré e di cui trovate la storia nel successivo paragrafo.
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Il portone verde costituisce il piccolo ingresso al cortiletto dell'Oratorio di San Tommaso (foto di Antonio Figari) |
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L'interno dell'Oratorio di San Tommaso (foto di Antonio Figari) |
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(foto di Antonio Figari) |
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(foto di Antonio Figari) |
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(foto di Antonio Figari) |
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(foto di Antonio Figari)
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(foto di Antonio Figari)
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(foto di Antonio Figari) |
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(foto di Antonio Figari) |
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La cantoria in controfacciata (foto di Antonio Figari) |
L'interno dell'oratorio conserva ancora alle pareti la magnificenza dei suoi decori in stucco e le statue degli Apostoli, anch'esse in stucco, poste entro nicchie, risalenti al XVII secolo e opera dell'urbinate Marcello Sparzo; sono invece andate disperse le altre opere, pittoriche e non, che abbellivano questo oratorio come ci racconta l'Alizeri: "Nella moderna soppressione dell'oratorio perdettero le due opere di maggior mole, un cenacolo del Cappuccino, e la macchina in legno scolpita da Marcantonio Poggio". Con la soppressione napoleonica di inizio secolo, si perdono infatti le tracce del Cenacolo di Bernardo Strozzi (il "Cappuccino") e della cassa processionale della casaccia, la "macchina di legno" raffigurante "San Tommaso che tocca il costato a N.S.", opera dello scultore genovese Marcantonio Poggio, ricordato dai più per la straordinaria cassa processionale della "Decollazione di San Giovanni Battista" conservata nell'oratorio di Morte ed Orazione a Sestri Ponente. Oltre alle opere citate dall'Alizeri vi era anche un Crocifisso del Bissoni, venduto in America, e altre tele (queste ultime oggi conservate, dopo essere state dapprima trasferite nella vicina chiesa di Santa Fede, nella moderna Chiesa di Santa Fede in Corso Sardegna a Genova che dalla chiesa del centro storico dallo stesso nome ereditava titolo e beni).
Nel 1829, dopo esser stato utilizzato per scopi profani quali magazzino per il legname, l'oratorio viene affidato all'Arciconfraternita delle Cinque Piaghe, di cui vi parlo nel successivo paragrafo, confraternita che anticamente aveva sede presso l'Abbazia di Sant'Antonio di Pré (di cui Vi parlo nella pagina dedicata a le CHIESE di GENOVA).
Purtroppo, come molti altri gioielli di Genova, questo luogo, dopo aver perso la sua funzione di oratorio, è stato utilizzato per le più disparate destinazioni d'uso (prima palestra di una scuola, poi dormitorio per senzatetto e bisognosi) e la sua bellezza rimane ai più sconosciuta.
45. Cinque Piaghe
In un oratorio posto presso la chiesa dell'abbazia di Sant'Antonio di Prè (di cui trovate la storia nella pagina dedicata a le CHIESE di GENOVA) aveva sede la confraternita delle Cinque Piaghe (le Cinque Piaghe son le ferite sofferte da Cristo durante la Crocifissione). I confratelli si dedicavano al servizio degli infermi, affetti dal "fuoco di Sant'Antonio" (herpes zoster), che erano curati dallo spedale che aveva sede presso l'abbazia. Oltre a questo, gli appartenenti a questa confraternita provvedevano anche a dare degna sepoltura ai defunti. Quest'ultimo servizio divenne l'attività principale della casaccia quando l'ospedale di Sant'Antonio venne chiuso con la nascita del grande ospedale centrale di Pammatone.
Con la soppressione napoleonica del 1811 gli arredi dell'oratorio passarono alla vicina parrocchia di San Sisto.
Nel 1829 i confratelli ottennero dalla fabbriceria parrocchiale di Santa Fede l'oratorio di San Tommaso che da anni era stato ad uso profano destinato divenendo un magazzino di legname.
La storia di questa confraternita, elevata al titolo di Arciconfraternita da Papa Pio VIII, e della sua presenza in San Tommaso si conclude nel 1896 quando l'oratorio viene venduto ai Padri Gesuiti.
Oggi, come vi raccontavo nel precedente paragrafo, l'oratorio è chiuso al pubblico e in attesa di ritrovare il suo antico splendore e una destinazione che lo renda fruibile al pubblico.
La statua di Sant'Antonio Abate, posizionata entro una nicchia sul portale d'ingresso, fu con tutta probabilità qui posizionata quando l'oratorio divenne sede della confraternita nel 1829.
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La statua di Sant'Antonio Abate posta sopra l'ingresso dell'oratorio (foto di Antonio Figari) |
46. Madonna del Rosario
Carlo Giuseppe Ratti, nel volume 1 del suo libro "Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, architettura ecc.", racconta che nel chiostro della chiesa di Sant'Antonio di Prè vi era l'oratorio della Madonna del Rosario "in cui ci sono due tavole di Giovannandrea Carlone mostranti, l'una la Natività della Madonna, l'altra un dei lei riposo nel viaggio all'Egitto: ma questa seconda, sendo l'ultima opera di questo autore, per la di lui morte restò imperfetta. Un'altra tavola pure qui vedrete dello Strozzi di forma ottogona, e questa mostra l'Assunta.". Oggi purtroppo nulla rimane.
47. V. Strata
Poco distante dall'oratorio della Madonna del Rosario, prima di giungere alla chiesa di Santa Fede, come ci racconta il Ratti, vi era lo "ORATORIO della V. STRATA, in cui conservasi una statua in marmo della Madonna del Rosario di Domenico Parodi.". Anche di questo oratorio purtroppo nulla è sopravvissuto fino a noi.
48. Sant'Ugo
Il Ratti ci racconta che accanto alla chiesa di San Giovanni di Prè vi era un oratorio intitolato a Sant'Ugo "con una tavola dipinta nel 1516 da Pietrofrancesco Sacco Pavese di maniera molto curata".
49. San Giovanni di Pré
E' sempre il Ratti a descrivere un'altro oratorio che sorgeva accanto alla chiesa di San Giovanni di Prè ossia "l'ORATORIO DI SAN GIOVANNI, che ha una Madonna del Rosario del già detto Magnasco, padre dello spiritoso Alessandro, e credesi una delle ultime poche pitture sue, daché la morte cel tolse sul fior dell'età l'anno 1665".
Di proprietà confraternita che qui aveva sede era la cassa processionale, opera di Anton Maria Maragliano, con "San Giovanni che scrive l'Apocalisse", oggi conservata nell'Oratorio di San Giovanni a Ponzone d'Aqui.
50. Santa Brigida
"Dopo quello" (ossia l'oratorio di San Giovanni, ndr) il Ratti descrive "l'ORATORIO DI S. BRIGIDA, al cui altare è una tavola di Giulio Benso, di cui è ancora il Cenacolo; ma la mezzaluna dipinta a olio con un miracolo dell'istessa santa è d'Orazio Ferrari".
51. Santa Consolata
Questo oratorio, fondato dall'omonima confraternita all'inizio del XV secolo, sorgeva nei pressi della Commenda di Prè, nel vicolo che ancora oggi ne porta il nome e accanto ad una chiesa che portava lo stesso nome (vi rimando alla pagina de le CHIESE di GENOVA per approfondire la sua storia).
Soppresso nel 1811, divenne prima macello poi stalla per cavalli.
In questo oratorio era conservata la reliquia del braccio di Santa Consolata. Altre reliquie della Santa, conservate nella vicina chiesa di Santa Consolata, adiacente all'oratorio, quando questa venne distrutta nel 1534 per erigere le nuove mura della città, furono trasportate in Cattedrale. Dopo la soppressione di questo oratorio nel 1811 anche la reliquia del braccio fu portata in Duomo.
A questa casaccia apparteneva anche una splendida cassa processionale, commissionata nel 1704 ad Anton Maria Maragliano ed eseguita dal suo allievo Pietro Galleano, raffigurante "Santa Consolata comunicata da Gesù", oggi conservata nella chiesa dei SS. Remigio e Carlo a Cadepiaggio (Parodi Ligure), una piccola località nel basso Piemonte dove aveva casa la famiglia dei Carlone, dinastia di pittori attivi a Genova.
52. SS. Giacomo e Leonardo
Nei pressi della Darsena, nella località che ancora oggi è chiamata Santa Limbania (così denominata perché secondo la tradizione in questo punto della costa sbarcò la Santa le cui reliquie oggi sono conservate nella chiesa di San Tommaso in Via Almeria), sorgeva uno dei più antichi oratori della città, dedicato a San Giacomo.
La confraternita che qui aveva sede si dedicava "al pietoso servizio dei lebbrosi dello Spedale di S. Lazzaro, risultando ciò da documenti del 1243" (Paolo Tavella, "Gli oratori di Genova").
Nel XVI Secolo all'originario titolo di San Giacomo si aggiunse quello di San Leonardo quando l'omonima casaccia, che aveva sede presso il Monastero di San Leonardo in Carignano, si trasferisce qui.
L'oratorio viene soppresso nel 1811 e riaperto qualche anno dopo. Nel 1839 l'edificio viene demolito a seguito del tracciamento della Carrettiera Carlo Alberto (l'attuale Via Gramsci). La Confraternita si trasferisce nella chiesa di San Bartolomeo dell'Olivella e lì rimarrà fino a circa il 1860 quando si estinguerà.
Tra le tante opere che avreste potuto ammirare nell'oratorio dei SS. Giacomo e Leonardo ricordiamo in particolare la cassa processionale opera di Honorè Pelle risalente al 1677 e raffigurante "Cristo risorto che appare a San Giacomo e San Leonardo suo discepolo", oggi conservata nell'Oratorio di San Giacomo della Marina (di cui trovate la storia al paragrafo 7 di questa pagina).
Una curiosità: fino alla sua demolizione vi era una lapide affissa nell'oratorio che così recitava
LE SACRE CENERI DEL PRECURSORE
DALL'ORIENTE A GENOVA TRASPORTATE
A QUESTA SPIAGGIA DI CAPO D'ARENA
ACCORSA L'INTERA POPOLAZIONE DELLA CITTA'
SI VIDE L'ANNO DI GESU' 1098
Le ceneri di San Giovanni Battista arrivarono proprio qui, in quella spiaggia che si trovava davanti alla Commenda di Prè, protetta dal promontorio del Capo d'Arena, dove un tempo sorgeva la chiesa di San Tommaso. La lapide marmorea sopra ricordata, una volta demolito l'oratorio, seguì i confratelli nella nuova sede di San Bartolomeo dell'Olivella.
Nel registro "1826 - 1927 LIBRO De DECRETI" dell'Oratorio dei SS. Nazario e Celso di Multedo in un verbale datato 30 giugno 1833 si parla di "12 tabarri di velluto cremisi riccamente in ori ricamati ed altri quattro detti di velluto parimenti cremisi semplicemente però bordati in oro" acquistati dalla Confraternita di San Giacomo e Leonardo di Prè. Ancora oggi esse sono conservate a Multedo.
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La cassa processionale opera di Honorè Pellè (foto di Antonio Figari) |
53. N.S. del Rosario e San Teodoro
Fondato nel 1504, ebbe la sua prima sede in un modesto edificio sulla spiaggia presso la chiesa di San Teodoro. Con la costruzione delle nuove mura l'edificio viene abbattuto ed i confratelli si spostano nel chiostro della chiesa di San Teodoro. Segue un ulteriore trasferimento nella cappella all'interno della chiesa che viene donata ai confratelli dai Lomellini. Viene poi costruito un oratorio accanto alla chiesa di San Teodoro, demolito a seguito del tracciamento dell'attuale Via Milano.
Nel 1825 viene costruito quello che ancora oggi è l'edificio che ospita l'oratorio in Salita San Francesco da Paola. Il progetto viene affidato a Carlo Barabino, membro di questa confraternita. Il pronao è sorretto da quattro colonne provenienti dalla diruta chiesa di San Francesco di Castelletto. L'interno ha una forma rotonda con cupolino centrale che riprende le linee degli antichi templi romani (anche il soffitto a cassetoni ricorda per esempio il Pantheon di Roma). La statua che troneggia sull'altare è opera di G.B. Bissoni e raffigura la Vergine titolare. In una nicchia laterale è conservata una statua della Madonna risalente al XVI secolo: voluta da Andrea Doria e posta in una cappella sul Molo Vecchio, successivamente tornata nella disponibilità dei Doria quando la piccola cappella viene distrutta, viene da questi donata all'oratorio.
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Antica cartolina dell'Oratorio |
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L'oratorio oggi (foto di Antonio Figari) |
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La volta dell'Oratorio di N.S. del Rosario e San Teodoro (foto di Antonio Figari) |
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54. Gli oratori "del Suburbio"
54.1 Borgo Pila
54.1.1 Santa Zita
Esisteva un tempo presso la chiesa di Santa Zita in Borgo Pila, sulle rive del Bisagno, una confraternita voluta dai lucchesi e intitolata alla lora concittadina.
L'oratorio era abbellito da un affresco di Valerio Castello raffigurante "la vocazione di San Pietro" come ci riferisce l'Alizeri, purtroppo andato perduto quando l'oratorio venne demolito nell'ottocento.
Sono invece oggi conservati nella vicina chiesa di Santa Zita, tutti provenienti dall'oratorio, un dipinto di Valerio Castello raffigurante il "Miracolo di Santa Zita che trasforma in fiori il pane dei poveri", due dipinti della Santa eseguiti da Carlo Giuseppe Ratti e Franceesco Narici, la statua in legno della Santa, opera di Carlo Castello, allievo del Maragliano e un Crocifisso, opera invece del maestro, da identificare con ogni probabilità con quello esposto sull'altar maggiore della chiesa. E' purtroppo andata perduta la cassa processionale che era stata commissionata nel 1561 al pittore Pantaleo Calvi (i pittori sottoscrivevano i contratti in luogo degli intagliatori del legno.
54.2 Borgo Incrociati
54.2.1 Crugieri
Carlo Giuseppe Ratti, nel volume 1 del suo libro "Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, architettura ecc.", nel capitolo "DEL SOBBORGO D'ALBARO E SUO CONTORNO", fuori dai "recinti di Genova" per descrivere i "suoi nobili sobborghi", ci racconta che, usciti dalla Porta Romana si incontra Borgo Incrociati e la "CHIESA detta de' Crugieri (...). Di contro è l'ORATORIO detto pure de' Crugieri, il cui altare ha un crocifisso in legno di Girolamo del Canto".
Borgo Incrociati prende il nome dalla chiesa e monastero di Santa Maria dei Cruciferi. Il borgo, fuori dalle mura, si sviluppa intorno a questo complesso monastico annesso al quale vi era l'ospedale di Santa Maria dei Cruciferi (vi rimando alla pagina dedicata a gli EDIFICI pubblici per approfondire la storia di questo e degli altri ospedali cittadini). Provenendo dalla Porta Romana ed entrando in Borgo, avreste avuto la chiesa e convento alla vostra sinistra e l'oratorio alla destra.
54.2.2 Madonna del Carmine
Se all'inizio di Borgo Incrociati avreste incontrato l'oratorio dei Crugieri, come ci racconta il Ratti "In fondo poi del Borgo è un altro ORATORIO dedicato alla Madonna del Carmine, la cui statua all'altare è di mano di Pietro Galeano. Egli è molto lindo, e proprio, ornato tutto di pitture a fresco, esprimenti miracoli della Madonna del pennello di Agostino Ratti con ornamenti di Giacomo Gamba, e Paolo Revello.".
La statua della Madonna del Carmine, opera di Pietro Galleano, poco sopra ricordata, è oggi conservata nella chiesa dei Diecimila Crocifissi.
54.3 San Fruttuoso
54.3.1 N.S. del Rosario
Questo oratorio, risalente agli inizi del settecento, sorgeva a fianco della chiesa parrocchiale su un terreno già facente parte dell'antico cimitero parrocchiale: di modesta ampiezza, aveva un solo altare con un quadro della Madonna del Rosario. Vi erano conservati anche un grande Crocifisso e un gruppo in legno con la Madonna ed il Bambino, entrambi di Antonio Canepa, utilizzati durante le processioni. Più antica la confraternita che qui aveva sede la quale, prima di essere qui, risiedeva presso l'oratorio di San Rocco delle Olivette (di seguito descritto).
54.3.2 Immacolata
Alla sinistra del Santuario di N.S. del Monte sorge un oratorio intitolato all'Immacolata.
La confraternita che qui aveva sede nacque nel Santuario attiguo: in principio era detta di N.S. del Monte e in seguito dell'Immacolata Concezione. Tra i confratelli tanti nobili che erano legati al Santuario come i Negrone, Gli Adorno, i Fieschi, i Centurione, gli Spinola e i Pinelli ma anche molti contadini che abitavano in zona.
L'oratorio ha tre altari dedicati a Maria SS. Immacolata, a San Giuseppe e a San Bernardo.
Da segnalare un bel Crocifisso utilizzato nelle processioni detto "il Cristo Moro del Monte", opera di G.B. Garaventa.
Nel periodo natalizio è facile trovarlo aperto perché qui viene allestito un bel presepe con statuine della tradizione genovese (vi rimando alla pagina dedicata a le ARTI MINORI a GENOVA e al capitolo dedicato al presepe genovese per approfondimenti).
54.3.3 San Rocco
In località delle Olivette, una zona che oggi può essere identificata tra Corso Galliera e Corso Sardegna, dove anticamente vi era un grande uliveto, un tempo vi era un oratorio intitolato a San Rocco.
Ecco come lo descrive Paolo Novella: "Sorge nella località delle Olivette. Ebbe origine nel secolo XVI. Se ne ha le prime memorie nel 1589 in un atto del notaro Ambrogio Pallavicino.
Nel 1627 il rettore di S. Fruttuoso Andrea Ivano, lo concesse alla Confraternita di N.S. del Rosario. In seguito l'ebbe la Compagnia dei Dottrinanti.
Nel 1811 venne soppresso e per qualche tempo servì ad uso di teatrino per i dilettanti. Si riaprì nel 1814 ponendovi sede la Confraternita di N.S. del Carmine che avea proprio Oratorio nel Borgo Incrociati e l'antica (Confraternita) dei Dottrinanti. Per litigi sopravvenuti tra i due sodalizi nel 1825, l'autorità fece chiudere l'Oratorio che riaprivasi nel 1830, solamente con i Dottrinanti.
L'Oratorio piccolo e modesto ha un solo altare decorato colla statua in stucco di S. Rocco. Innanzi a questo Oratorio il 12 Novembre 1804 venne fucilato un certo Giuseppe Musso, detto il Gran Diavolo. Fu un bandito e celebre brigante, per molti anni il terrore della valle del Bisagno. Fu giustiziato in questa località perché aveva rubato la piccola campana di questo Oratorio.".
Di questo oratorio oggi nulla rimane.
54.4 Marassi
54.4.1 SS. Sacramento e San Lorenzo
Nell'odierna Via del Camoscio sorge un oratorio eretto nel 1698 su un terreno donato dal nobile Leonardo Grillo Cattaneo: di "discreta ampiezza" (come descritto da Paolo Novella), ha due altari e vi è conservata una statua di N.S. della Misericordia, donata dai signori Brusco e un quadro con l'Angelo Custode.
Ha qui sede la confraternita del SS. Sacramento.
54.4.2 N.S. del Rosario
La confraternita di N.S. del Rosario nasce nella parrocchia di Santa Margherita di Marassi quale confraternita d'altare (ancora oggi sono visibili davanti all'altar maggiore due bocche di sepoltura riservate ai confratelli di N.S. del Rosario).
La costruzione dell'oratorio risale invece agli inizi del settecento quando la chiesa viene ricostruita ed ampliata. E' in questo momento che, con ogni probabilità, i confratelli ottengono un locale adiacente all'abside della chiesa da adibire ad oratorio.
Il Novella nel suo manoscritto così lo descrive: "Questo oratorio sorge a fianco della chiesa parrocchiale. Sorse sul terreno già facente parte dell'antico cimitero parrocchiale. Risale ai primordi del 1700, ma la Confraternita che vi ha sede già esisteva un secolo prima risiedendo nell'Oratorio di S. Rocco delle Olivette.
L'Oratorio è di mediocre ampiezza con un solo altare ove è un quadro colla Madonna titolare. Conserva un grande Crocifisso e un gruppo in legno colla Madonna e il Bambino, che si usano nelle processioni, ambedue opere recenti di Antonio Canepa.".
L'oratorio, ad una sola navata, ha un altare in stucco dipinto. Due dipinti del XVII secolo adornano la parte absidale, l'uno raffigurante la "Pietà" e l'altro "San Francesco d'Assisi". L'apparato processionale comprende due Crocifissi, l'uno nero di scuola settecentesca e il bianco di epoca successiva. Sono risalenti al 1870 due pastorali in argento, raffiguranti "San Domenico" e la "Madonna del Rosario", entrambi opera di Luigi Terrile.
La cassa processionale con la statua di N.S. del Rosario è da alcuni attribuita a Giovanni Battista Bissoni, mentre per il Novella, come sopra detto, è opera di Antonio Canepa.
Da segnalare infine le preziose vesti processionali, alcune delle quali risalenti al XVIII secolo.
Antistante l'oratorio vi è un piccolo giardino ed il portale che è posto all'ingresso dello stesso è sovrastato da un ovale in stucco entro il quale vi è una bella immagine della Madonna del Rosario.
54.5 Quezzi
54.5.1 Santa Maria Maddalena
Nato nel XV secolo, vi sono conservati quattro grandi quadri di scuola genovese provenienti dalla soppressa chiesa dei Camaldoli raffiguranti San Benedetto, San Romualdo, San Pier Damiano e San Pietro Orseolo.
54.5.2 N.S. del Rosario
Costruito nel 1830, questo oratorio fu demolito sul finir del secolo per l'ampliamento della nuova canonica: vi era conservato uno stendardo con la N.S. del Rosario, copia dello stendardo eseguito da Pellegro Piola per l'oratorio della Madonna Santissima del Rosario presso San Domenico (di cui trovate in questa pagina la descrizione) oggi conservato all'Accademia Ligustica delle Belle Arti. Lo stendardo un tempo a Quezzi è oggi conservato nella chiesa di Santa Zita.
54.6 Staglieno
54.6.1 San Giovanni Battista
Attiguo alla chiesa parrocchiale di Sant'Antonino di Casamavari, questo oratorio venne fondato nel 1880: vi trovarono sede due confraternite ossia quella de N.S. del Rosario, che prima aveva sede a San Pantaleo, e quella del SS. Sacramento che esisteva dal 1543 presso l'attigua chiesa parrocchiale. Da segnalare un quadro con la Madonna del Rosario, opera di Carlo Giuseppe Ratti, donato dal rettore Angelo Remondini.
54.6.2 San Bartolomeo
Accanto alla chiesa di San Bartolomeo sorge l'omonimo oratorio le cui origini risalgono al XV secolo: un'unica navata con altar maggiore e due altari laterali. Recenti lavori di restauro hanno fatto riscoprire splendidi affreschi alle pareti. Da segnalare anche un bel Crocifisso che la tradizione attribuisce al Maragliano. In tutto nell'oratorio vi sono quattro crocifissi: due bianchi e due mori.
Nel periodo natalizio è facile trovarlo aperto perché qui viene allestito uno dei più bei presepi, forse il mio preferito, con statuine della tradizione genovese (vi rimando alla pagina dedicata a le ARTI MINORI a GENOVA e al capitolo dedicato al presepe genovese per approfondimenti).
54.7 San Francesco d'Albaro
54.7.1 N.S. di Montallegro
Fondato nel XVI secolo per volere della nobile famiglia dei Moneglia, fu da questi ceduta in affitto all'inizio del '700 alla confraternita di N.S. di Montallegro fondata nell'oratorio di San Bartolomeo delle Fucine (oggi non più esistente, trovate la sua storia in questa pagina).
54.8 San Martino d'Albaro
54.8.1 N.S. del Rosario
In spazi oggi adibiti ad attività parrocchiali, annessi alla chiesa di San Martino d'Albaro, un tempo sorgeva l'oratorio di N.S. del Rosario.
Ecco come lo descrive il Novella: "E' annesso alla chiesa parrocchiale. Dicesi che prima fosse intitolato a S. Francesco Saverio. Fu eretto nel 1648 coll'assenso dell'arcivescovo card. Stefano Durazzo. Fu poi ampliato e riaperto nel 1713 per decreto dell'arcivescovo card. Lorenzo Fieschi.".
54.9 Boccadasse
54.9.1 Sant'Antonio da Padova
Fondato nel 1745 accanto alla chiesa intitolata al santo, oggi i suoi spazi sono divenuti parte della chiesa stessa. In quest'ultima sono conservati una cassa processionale, opera di Antonio Canepa, raffigurante "Sant'Antonio da Padova ai pedi del Santo Bambino" e un grande Crocefisso, entrambi un tempo facenti parte dell'apparato decorativo dell'oratorio.
54.10 Sturla
54.10.1 SS. Nazario e Celso
In una piccola strada, Vico del Pesce, a pochi passi dalla spiaggia di Sturla, vi è un oratorio la cui origine risale, secondo Paolo Novella, al 1184. Era questa la prima sede della parrocchia di Sturla. Cessata detta funzione, questo luogo divenne sede dell'oratorio della confraternita di San Rocco e dei Santi Nazario e Celso.
Erano qui conservate tre statue lignee raffiguranti l'Immacolata e i due santi Nazario e Celso e una pala d'altare, opera firmata di Bernardo Castello con i "SS. Rocco, Nazario e Celso, Caterina da Siena e Sebastiano", oggi conservati nella chiesa parrocchiale della SS. Annunziata di Sturla.
Gli interni dell'oratorio conservano splendidi affreschi con scene della Passione (l'orazione nell'orto, la cattura e la condanna di Cristo, la flagellazione e la coronazione di spine), opera di affrescanti genovesi del XVII secolo.
54.11 Quarto
54.11.1 San Rocco alla Castagna
In Via Romana della Castagna al civico 16, sorge un oratorio intitolato a San Rocco. Sua primitiva sede era presso il Capo di San Rocco, sul mare. Fu qui riedificato agli inizi del '700 per volere della popolazione o meglio "per maggior decoro della medesima, honor di Dio e comodità di essi confratelli" come da atto del notaio Gio Batta Assereto del 10 giugno 1703.
A navata unica conserva al suo interno una cassa processionale raffigurante San Rocco ed un Crocifisso, entrambi risalenti al XVIII secolo.
Era qui conservata anche una pala d'altare dipinta da Luca Cambiaso con "la Vergine con i Santi Rocco, Sabastino ed Erasmo": i primi due protettori dalle epidemie di peste e colera ed il terzo protettore dei naviganti (possiamo ipotizzare la presenza di quest'ultimo con la posizione in riva la mare del primitivo oratorio e la presenza dunque, tra i confratelli, di molta gente di mare. Questas pala è oggi conservata nalla vicina chiesa parrochiale, primo altare entrando a destra.
54.11.2 San Bartolomeo
A Quarto, in Via del Chiapparo, non distante dalla chiesa di San Giovanni Battista, vi è l'oratorio intitolato a San Bartolomeo. Non si hanno notizie certe sulla sua fondazione. Vanto della confraternita è la cassa processionale con il Martirio di San Bartolomeo, opera seicentesca di Gerolamo del Canto. Oltre ad essa sono qui conservate una scultura lignea di San Bartolomeo, opera senese dei primi del '400, un Crocifisso moro settecentesco attribuito a G.B. Maragliano, un Crocifisso bianco della scuola del Maragliano e due mazze pastorali in argento del XIX secolo raffiguranti una San Bartolomeo ed una San Giovanni Battista (santo titolare della parrocchia di cui l'oratorio fa parte).
Curiosa la storia dell'edificio che ospita la confraternita: l'oratorio infatti non è più quello originario del quattrocento ma frutto di restauri e rifacimenti. Documenti attestano il crollo dell'edificio tra il 1638 ed il 1654 che portano alla completa ricostruzione. A seguito della rivolta del popolo genovese del 1746 l'oratorio viene saccheggiato degli arredi e degli argenti dagli austriaci. Nel 1911-1912 l'edificio viene adibito a lazzaretto e durante la prima guerra mondiale ospita prigionieri di guerra austriaci. Nel 1919 l'oratorio viene di nuovo restaurato e rimane chiuso fino al 1948.
54.12 Cornigliano
54.12.1 N.S. Assunta di Coronata
A Coronata, sulle alture di Cornigliano, troviamo l'oratorio di N.S. Assunta: ad una'unica navata illuminata da grandi finestre, è uno dei più significativi esempi di barocchetto genovese con un trionfo di stucchi che coprono tutte le pareti. La volta è abbellita dagli affreschi di Giuseppe Palmieri con al centro il "Giudizio Universale". Alle pareti vi sono dipinti di Raffaele Badaracco con momenti della Passione di Cristo e scene della vita di Maria. In controfacciata, come in molti oratori cittadini, c'è una tela, anch'essa del Badaracco, raffigurante l'Ultima Cena. Adornano l'oratorio stalli in lgno di noce lungo le pareti. L'arredo processionale della confraternita è composto da una statua della Madonna Incoronata, di autore ignoto, risalente al 1647, un Crocifisso bianco attribuito al Maragliano e uno moro acquistato dai confratelli nel 1923.
Ufficialmente la confraternita che qui ha sede è detta "del Gonfalone" dal 1609 quando fu aggregata all'Arciconfraternita romana del Gonfalone.
54.13 Sestri Ponente
54.13.1 San Giovanni Battista nell'oratorio del Santo Cristo
Fondato nel XIV secolo, l'oratorio, dalla semplice struttura esteriore, sorge sulla collina di Sestri Ponente. Aggiunta seicentesca è il porticato sul lato destro dal quale si accede all'interno dell'oratorio.
Sull'altar maggiore spicca una tela di Gregorio De Ferrari, raffigurante "La nascita di San Giovanni Battista", circondata da una cornice di stucchi e marmi che occupano tutto lo spazio dell'altare. Dieci tele adornano le pareti dell'oratorio: si tratta di un ciclo con la vita di San Giovanni, opera dei pittori genovesi Gio Vincenzo Bertolotto e Giovanni Raffaele Badaracco. Esse furono sottratte dalle truppe austriache durante l'occupazione del 1746-47 e successivamente vendute ad un nobile inglese, Carlo Haddock, il quale, come ricorda una lapide posta nell'oratorio, volle restituirle ai confratelli. In fondo all'oratorio è collocata una effigie del Santo Cristo, risalente al XVII secolo, che seconda la tradizione sarebbe qui giunta dal litorale di Sestri portata da una nave sconosciuta, oggetto di grande venerazione dei fedeli.
54.14 Multedo
54.14.1 SS. Nazario e Celso (Multedo)
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Antica immagine del Monte Oliveto con al centro l'oratorio e alle sue spalle la chiesa |
L'oratorio viene edificato sul sito della primitiva chiesa parrocchiale che nella seconda metà del XVI secolo viene ricostruita dove ancora oggi la vediamo.
Quest'ultima viene completata nel 1584 mentre l'oratorio, che sarà soggetto ad importanti lavori di restauro, verrà aperto al culto il 28 luglio 1607, festa dei santi titolari.
I Lomellino, che erano proprietari dei terreni ove sorgevano sia la chiesa di nuova edificazione che l'oratorio, cedono quelli relativo a quest'ultimo alla Confraternita dei Santi Nazario e Celso e questi ultimi a loro volta cedono ai Lomellini il terreno ove sorgeva il loro vecchio oratorio.
La confraternita, titolare di questo oratorio, sarebbe sorta intorno al 1560 ad opera di due padri carmelitani del convento di Monte Oliveto (il nome del monte dove ancora oggi vi sono l'oratorio e la chiesa).
L'oratorio ha la tipica struttura degli oratori liguri: una grande aula ad unica navata con tetto a capanna ed ingresso posto lateralmente.
Precede l'ingresso un bel risseu con motivi simbolici e la data 1744 (vi rimando alla pagina dedicata a le ARTI MINORI a GENOVA per approfondire la storia di questo e degli altri risseu presenti a Genova). Sopra il portale vi è invece un bassorilievo in pietra nera di promontorio entro cornice in stucco raffigurante la Madonna del Carmine e i Santi Nazario e Celso risalente al 1690.
Entrati nell'oratorio non si può non rimanere affascinati dal ciclo di affreschi che ricoprono la pareti laterali, la controfacciata e la volta, opera di Lazzaro Tavarone e risalenti al 1634, raffiguranti tre momenti del Giovedì Santo (la lavanda dei piedi, l'Ultima Cena, l'orazione nell'orto degli ulivi) e otto episodi della vita dei santi Nazario e Celso (il battesimo di Nazario ad opera di Papa Lino, Nazario che distribuisce i suoi averi ai poveri, Nazario che predica la fede di Cristo (tra i fedeli Celso con sua madre), il processo e la condanna, il mare in tempesta che si placa con le preghiere dei due santi, lo sbarco dei due santi sulla spiaggia della foce a Genova, Nazario che promuove la costruzione di chiese lungo i paesi della riviera di ponente, Sant'Ambrogio che a Milano, dopo aver ritrovato i corpi dei due santi che ivi erano stati martirizzati, li fa trasportare in città). Se osservate con attenzione questi episodi potrete notare alcuni scorci della Multedo e della Genova seicentesca: nell'episodio dei poveri si vede sullo sfondo l'oratorio di Multedo, la torre dei Villa Lomellini e la chiesa del Monte Oliveto (quest'ultima purtroppo non più leggibile); l'episodio della predica è ambientato davanti alla porta di San Gottardo del duono di Genova e si vede sullo sfondo la chiesa dei SS. Ambrogio e Andrea (comunemente detta del "Gesù"); lo sbarco dei santi è invece ambientato alla foce del Bisagno e si notano il Lazzaretto, una villa e la chiesa di San Nazaro (distrutta con il tracciamento di Corso Italia).
Nell'affresco dell'Ultima Cena, posto in controfacciata, si nota un demone ghignante che tiene una catena alla quale è legato un piede di Giuda e sul basamento di una colonna sulla destra il Tavarone ha lasciato data e firma "LAZARUS TAVARONUS PINXIT ANNO DNI MDCXXXIV".
Al centro della volta (la cui decorazione è molto particolare) Tavarone in un ovale ritrae i due santi "palmiferi" e nella cornice indica la data 1634 e le iniziali LTF (Lazzaro Tavarone "fecit"). Giovanni Agostino Ratti rifinisce nel 1749 gli affreschi con disegni floreali, architettonici e ornamentali. Del Ratti è anche la tela sull'altar maggiore raffigurante il martirio dei santi titolari, opera che andava a sostituirne una con lo stesso soggetto andata distrutta al passaggio degli austriaci e dell'esercito del regno di Sardegna nel 1746-47.
Completano gli interni gli scranni lignei del priore e dei confratelli posizionati sulla parete di fondo e nella parte iniziale delle due pareti laterali.
La cassa processionale della confraternita, raffigurante "Il martirio dei SS. Nazario e Celso", è opera di Agostino Storace, allievo e nipote di Anton Maria Maragliano (come rivelano i registri parrocchiali che nei conti del 1750-1751 annotano le spese per la cassa processionale citando lo Storace). Un tempo la stessa era conservata in un locale attiguo all'oratorio. Oggi, dopo un attento restauro ad opera del laboratorio dell'amico Antonio "Nino" Silvestri, è conservata nella chiesa parrocchiale.
Nel registro "1826 - 1927 LIBRO De DECRETI" dell'Oratorio dei SS. Nazario e Celso di Multedo in un verbale datato 30 giugno 1833 si parla di "12 tabarri di velluto cremisi riccamente in ori ricamati ed altri quattro detti di velluto parimenti cremisi semplicemente però bordati in oro" acquistati dalla Confraternita di san Giacomo e Leonardo di Prè, mentre in un altro verbale 16 marzo 1851 si parla, tra le altre cose, di due cappe e tabarrini per pastorali acquistati dalla Confraternita di S. Giacomo delle Fucine. Ancora oggi queste vesti sono qui conservate.
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Interni dell'Oratorio dei SS. Nazario e Celso (foto di Antonio Figari) |
54.15 Pegli
54.15.1 San Martino (Pegli)
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Ingresso dell'Oratorio di San Martino (foto di Antonio Figari)
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La sua fondazione risale al XIII Secolo. Una prima struttura quattrocentesca fu sostituita dall'attuale del XVIII secolo.
Sopra la porta di ingresso vi è la statua di San Martino ed ai lati lo stemma della Repubblica di Genova da un lato e quello dei Padri del Comune dall'altro.
Al settecento risalgono gli affreschi della volta e delle pareti ad opera di Giovanni Agostino Ratti, a cui si deve anche la pala dell'altar maggiore con San Martino, San Giovanni Battista e San Benedetto.
Da segnalare un crocifisso ligneo del Maragliano, collocato sull'altare delle anime, le casse processionali di San Martino, opera della scuola del Maragliano, e di Santa Rosalia, e la statua dell'Immacolata, opera del Maragliano.
Sopra gli scranni lignei in noce, ove sedeva il Consiglio, sulla parete opposta all'altar maggiore, troviamo una grande tela di ignoto del 1718 raffigurante "Gesù che pranza a casa di Simone il Fariseo".
Negli armadi dell'oratorio sono ancora conservati gli abiti dei disciplinanti, alcuni dei quali risalenti al XVIII Secolo, momento di massimo splendore di questa casaccia.
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La cassa processionale di San Martino (foto di Antonio Figari) |
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Particolare di bastone da processione con San Martino che dona il suo mantello al povero (foto di Antonio Figari) |
54.16 Prà Palmaro
54.16.1 Nostra Signora Assunta
Accanto alla chiesa di N.S. Assunta a Palamaro sorge l'omonimo oratorio ad un'unica navata. Le pareti sono rivestite nella parte bassa dalle panche in legno e nella parte alta decorate con stucchi con motivi floreali del secolo XVIII secolo. Allo stesso secolo risalgono gli stalli lignei per i confrafratelli posti in controfacciata come da tradizione negli oratori liguri. Sette nicchie conservano altrettante statue di santi, opera di Antonio Brilla. Domina l'oratorio l'affresco della volta raffigurante la Madonna Assunta.
L'oratorio ha tre altari: sull'altar maggiore è conservata una tela, opera di Giovanni Battista Carlone, raffigurante la Madonna Assunta.
Non manca all'oratorio un Crocifisso opera di Giovanni Battista Bissoni e una cassa processionale con la Vergine detta "Madonna do Cicioin" (dal nome con cui in dialetto si indicava il tipo di acconciatura dei capelli di Maria), realizzata nel 1674 da ignoto scultore.
Da segnalare infine gli spendidi apparati per le processioni composti da tabarrini (alcuni dei quali con il simbol odi San Giacomo probabilemnte provenienti dall'oratorio di San Giacomo di Prè), lanterne in legno dorato, e mazze pastorali in argento con la raffigurazione dell'Assunta, realizzate da argentieri genovesi nel XVIII secolo.
54.17 Voltri
54.17.1 Sant'Ambrogio
Fondato probabilmente agli inizi del trecento, l'oratorio viene distrutto il 7 giugno 1944 dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e ricostruito nei fondi di un palazzo in Via Poerio.
Al suo interno è conservata la cassa processionale raffigurante "Sant'Ambrogio sconfigge gli eretici" commissionata a Filippo Santacroce il 5 aprile 1594 dai confratelli dell'oratorio. Quest'ultima fu protagonista suo malgrado di una singolare vicenda: nel 1895, durante la processione al Santuario dell'Acquasanta, essa cadde nel fiume Leira. Oggi, dopo numerosi intervento di restauro, è ancora visibile a Voltri.
Oltre ad essa vi è anche una cassa processionale con la "SS. Trinità", opera attribuita ad Anton Maria Maragliano, un Cristo Bianco di scuola genovese settecentesca e un Cristo Moro anch'esso del XVIII secolo.
Il viaggio alla scoperta degli oratori di Genova non è finito!
(continua...)
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Esattamente l'oratorio di Sant'Antonio Abate!
RispondiEliminaGrazie per la cortese (e prontissima) informazione.
Francesco M.
Un piacere aiutare chi vuole scoprir Genova. Ha visto che bella la cassa processionale del Navone e l'interno dell'Oratorio?
EliminaSe Le capita di passar di lì la seconda domenica del mese Le consiglio anche una visita all'Oratorio di San Giacomo della Marina che si trova non lontano da quello di Sant'Antonio Abate lungo le Mura delle Grazie: un'altra meraviglia poco conosciuta dei vicoli della Superba (trova la sua storia al paragrafo 4 di questa pagina).
Sono un ultraottantenne.amante di Genova che ha molto apprezzato il Suo lavoro. Vorrei comunic. re con Le i prima che la mia memoria cominci a scemare. le mie conoscenze del computer sono molto limitate ma uso normalmente le e-mail. Il mio indirizzoè: pietromerelloòlibero.it Grazie
RispondiEliminavorrei comunicare con Lei prima che
Caro Pietro,
Eliminasono felice che il mio blog sia di Suo gradimento, le Sue parole mi hanno davvero commosso! Le scrivo subito una mail, ansioso di conoscerLa e di farmi raccontare ciò che Lei sa dei nostri amati vicoli.
Sabato ho fatto una scappata a Genova per motivi non turistici, ma tornando di corsa verso la stazione di Principe, passando in via Lomellini, sono stata attratta da un portone aperto su un altare magnifico. Ho scoperto così l'oratorio di San Filippo Neri. Purtroppo essendo di corsa mi sono limitata a chiedere orari di apertura alle due gentilissime signore che erano all'ingresso. Una sbirciata frettolosa verso l'interno mi ha già evocato un'atmosfera particolare e un'emozione che solo la visita dal vivo può scatenare. Sarà sicuramente una tappa obbligata la prossima volta che verrò. Continuo a scoprire in Genova una magnificenza unica che penso i più tanti ignorino.
RispondiEliminaAMDC
Una piccola precisazione: casse e crocifissi "processionali", non "professionali";-) Per il resto, ottimo lavoro...
RispondiEliminaun caro saluto da un cristezzante
Caro "cristezzante",
EliminaTi ringrazio per la precisazione: a volte il correttore automatico decide al posto mio quali parole usare!?!
Sono una sua ammiratrice settantenne, molto amante di Genova, apprezzo molto il Suo lavoro; mi piacerebbe comunicare con Lei per chiederLe qualche delucidazione ma non sono molto brava nell'uso del computer, riesco solo a comunicare via mail, Le sarei molto grata se mi rispondesse sulla mia mail: cristina.salvatore@alice.it Grazie
RispondiEliminaP.S. ho letto che tra qualche giorno sarà il Suo compleanno, mi permetto di farLe tanti auguri.
Cara Cristina,
EliminaLa ringrazio per le Sue parole: sono felice che il mio sito sia di Suo gradimento.
Ho ricevuto una Sua mail alla quale risponderò al più presto.
Da ultimo, La ringrazio per gli auguri per il mio compleaano.
Un caro saluto
Antonio
Il tuo blog è molto interessante e ,nonostante mi ritenessi una discreta osservatrice dei vicoli di Genova h scoperto tante cose nuove... Li hai notati i due leoni in marmo sul tetto di un palazzo in Piazza Fossatello? Si vedono andando verso via fossatello. Saluti e continua così Raffaella Figari
RispondiEliminaGRAZIE PER TUTTE LE NOTIZIE DETTAGLIATE ANCHE IO GRAZIE A TE HO SAPUTO COSE DEI VICOLI MOLTO INTERESSANTI MI PIACE TANTISSIMO ANDARE A VEDERE SUL TUO BLOG GRAZIE E CHISSA SE CI INCONTREREMO MAI PER I CARUGGI TRA UNA MERAVIGLIA E L'ALTRA CIAO LETI GAGGE
RispondiEliminaBlog veramente interessante e ricco di informazioni sui ns vicoli.
RispondiEliminaSu una cartina della parrocchia di S.Siro non datata, ma che non riporta l'attuale Via Cairoli, è indicato un "Oratorio dei 4 Incoronati" situato in prossimità della chiesa di S. Francesco di Castelletto(non piùesistente) . Lei dispone di qualche informazione su questo oratorio e sull'adiacente Oratorio SSma Concett(così recita la mappa)? grazie Andrea Biondi
Buonasera Antonio,
RispondiEliminascopro solo ora il suo blog (meglio tardi che mai) che mi sembra molto interessante. Per quanto riguarda gli oratori di Genova, Le è mai capitato di imbattersi in quello di Sant'Ambrogio. Il mio bisnonno nel 1896 era residente nel centro storico in Vico all'Oratorio di Sant'Ambrogio. Il vicolo non esiste più e non riesco a trovare notizie al riguardo. Confido in Lei. Grazie Patrizia Palla
Buonasera Antonio, sono una studentessa universitaria della scuola di restauro di Brescia. Le scrivo perchè sarei interessata ad informazioni riguardanti l'Oratorio della Morte e Misericordia della chiesa di San Donato. Cordiali saluti, Marta.
RispondiEliminaCara Marta,
Eliminaho apportato alcuni miglioramenti al paragrafo dedicato all'Oratorio di San Donato aggiungendo molti particolari legati alla storia dello stesso. Spero ti siano sufficienti per le tue ricerche, altrimenti non esitare a scrivermi qui o al mio indirizzo mail.
Un caro saluto
Antonio