La passeggiata tra gli antichi oratori dei vicoli sarà purtroppo molto virtuale e poco reale poiché la maggior parte di essi sono stati cancellati dalle guerre e dalla scelleratezza di taluni genovesi, anche se per fortuna molte opere di essi non sono andate perdute ma solo trasferite in altri luoghi, basta sapere dove andarle a cercare!
43. Santa Consolata
Intorno al 1230 si svolgono in Italia le prime processioni di "battuti" (flagellanti) che percorrono le vie delle città implorando la misericordia divina e recando, quale loro insegna, un crocifisso, garanzia di salvezza e pegno di sofferenza redentrice. Saranno proprio i grandi Cristi, soprattutto nei secoli a venire, a diventare, insieme alle maestose "casse", il simbolo di queste processioni: scolpiti in legno policromo e con grandi cantonali o "canti" in argento a decorare le estremità della croce (questi ultimi, decorati come ramoscelli di albero a simboleggiare la trasfigurazione della croce in albero e dunque da simbolo della morte a simbolo della vita: realizzati in metallo, durante le processioni muovendovi emettevano un fruscio simile a quello degli alberi) erano il vanto di ogni confraternita e venivano mossi grazie all'abilità dei "portoéi" (i portatori dei Cristi) assistiti, per così dire, dagli"stramuéi" (gli stramuri ossia coloro che avevano il compito di "trasmutare" ovvero "mutare il portatore" della croce sollevando i Cristi in equilibrio a forza di braccia mentre i "portoéi" si davano il cambio). Ancora oggi le due figure sopradescritte continuano ad essere protagoniste di questi grandi eventi religiosi suscitando grande ammirazione tra i fedeli presenti e qualche sospiro tra il pubblico mentre i grandi Cristi passano da un portatore all'altro.
Nel 1260 una grande processione di flagellanti, partita dall'Umbria, giunge in Liguria. Padre Cassiano Carpaneto da Langasco ci racconta che questa "marcia della pace" arriva a Genova intorno al Natale del 1260 e trova ospitalità nel convento di San Francesco di Castelletto. I flagellanti, continua Padre Cassiano, erano guidati da Sinibaldo degli Opizzoni, facente parte "dei fratelli di penitenza" e rettore del popolo di Tortona (Sinibaldo, come si legge negli "Annali Tortonesi", fu uno dei primi istitutori della confraternita dei Disciplinanti: essendo io discendente della nobile famiglia tortonese dei Rati Opizzoni, parlo con emozione di questo mio illustre antenato). La "disciplina" penitenziale si diffonde a Genova e nelle zone sotto la sua influenza si sviluppano le compagnie dei disciplinanti.
I disciplinanti praticavano opere di misericordia, corporale e spirituale, e si davano statuti per organizzare la loro vita sociale.
Così racconta il canonico Domenico Cambiaso nel suo "Casacce e confraternite medievali in Genova e Liguria": "Le Miscellanee del Poch ci hanno conservata l'elenco più antico ed autentico delle antiche confraternite genovesi, in un documento dell'anno 1410, sottoscritto dai rappresentanti di tutte le diciannove confraternite allora esistenti in città, che vi sono notate in quest'ordine: S. Croce, Madonna del Castello; S. Michele dell'antica parrocchia omonima sopra l'odierna stazione Principe; S. Andrea, S.Giovanni di Pré, S. Giacomo di Pré, S. Bartolomeo delle Fucine, S. Tomaso, S. Stefano, S. Ambrogio, S. Leonardo di Pré, S. Siro col titolo di S. M. degli Angeli, S. Germano all'Acquasola, S. Francesco in Piccapietra, S. Nazaro al Molo, S. Antonio in S. Domenico, S. Caterina presso l'attuale Salita omonima, S. Consolata a Pré vico S. Consolata, S. Vittore nell'antichissima chiesa parrocchiale del Santo, vicina a San Sisto, demolita per l'apertura di via Carlo Alberto. Manca la confraternita di S. Giorgio perché eretta più tardi.
Queste sono le celebri venti Confraternite o Casacce di Genova. Tra esse, dai documenti che riportiamo a suo luogo e dall'attestazione dei nostri annalisti, risulta che rimontano al primo periodo del 1260 le confraternite di S. Antonio, S. Caterina, S. Maria, S. Michele, S. Giovanni, S. Giacomo e S. Leonardo di Pré, S. Stefano, S. Ambrogio, S. Andrea, S. Siro, S. Tomaso.
Non meno antiche riteniamo le confraternite di S. Vittore e S. Nazaro, data la grande antichità ed importanza delle rispettive chiese parrocchiali. S. Germano, è ricordata nel 1351. Di S. Croce e S. Bartolomeo si trovano memorie del sec. XIV; S. Francesco e S. Consolata hanno documenti del 1402. S. Giacomo della Marina veniva fondato nel 1403, ed alla stessa epoca rimontano pure S. Antonio della Marina e S. Giacomo delle Fucine.
Tutte le suddette confraternite continuarono ad uffiziare nelle rispettive chiese in cui erano state istituite, finché non si costrussero oratori propri indipendenti; il che avvenne generalmente nei secoli XV-XVI. Nel frattempo esse solevano prendere in affitto per sede della loro amministrazione qualche locale vicino alla chiesa. (...).
Un grande risveglio delle confraternite si ebbe nel secolo XV, che perciò è chiamato il secolo delle confraternite.".
Ben presto alle confraternite titolari vengono ad aggiungersi altri gruppi, in un processo di aggregazione che porterà alla costituzione delle casacce.
Il termine "Casaccia" (che compare per la prima volta nel 1561 come "cazacia" nell'atto notarile per l'esecuzione della cassa processionale di Santa Zita, la "domus" dei lucchesi) deriverebbe dall'espressione "far casaccia", ovvero unire le confraternite. Per casaccia si intende quindi "un aggregato di più confraternite riunite in una sede comune, l'oratorio, in uno stesso itinerario processionale, e partecipanti quasi sempre su un piano di parità al governo e all'amministrazione della casaccia. Le casacce sono nettamente distinte dagli oratori delle arti, dalle Compagnie della Morte, dagli oratori aristocratici e dalle confraternite parrocchiali. A Genova sono venti ed hanno carattere prevalentemente popolare." (Fausta Franchini Guelfi, Le casacce nell'arte e nella storia ligure).
Oltre alle casacce, così come sopra definite, vi erano confraternite alle quali appartenevano invece gruppi artigiani, i cosiddetti "oratori delle arti" (in questo senso, esse assunsero l'aspetto di una sorta di consorteria in appoggio ad uno specifico gruppo sociale), altre nelle quali i confratelli erano tutti appartenenti alla nobiltà (gli oratori aristocratici). Caso a sè è l'oratorio della Compagnia dei Ciechi intitolato allo Spirito Santo e fondato nel 1299 presso la chiesa di sant'Ambrogio (i non vedenti erano riuniti in corporazione dal XIII secolo e avevano anche un ospedale intitolato alla Spirito Santo presso la chiesa della Maddalena; a questo proposito vi rimando alla pagina dedicata a gli EDIFICI pubblici per approfondire la storia degli ospedali nel Medioevo prima della costruzione di Pammatone).
Ogni confraternita genovese aveva un proprio statuto: il più antico giunto a noi risale al 1306 ed è lo statuto della confraternita di Sant'Antonio eretta nella chiesa di San Domenico (come vi dicevo ad inizio paragrafo, è questa la prima confraternita documentata: risale infatti al 1232 la documentazione più antica ad essa relativa). Nel 1587 l'arcivescovo Antonio Sauli dà uno statuto unico a tutte le confraternite della diocesi, sulla falsariga della Regola compilata nel 1573 da San Carlo Borromeo per le confraternite milanesi. E' la "Regula delle confraternità dei Disciplinati, per decreto del concilio Provincial Secondo di Milano. Riformata d'ordine di Monsignor Illustriss. et Reverend. il Cardinale Borromeo Arcivescovo. E di più introdotta in Genova e nella Sua Diocesi di commissione del Molto Illustre, e Reverendiss. Monsignor Antoinio Sauli Arcivescovo di Genova, con alcuni capitoli aggionti, Genova, 1587". Nelle prime pagine si legge una sorta di "manifesto" che merita di essere qui riportato: "(...) essere membri di Christo, come figlioli di luce, produrre frutti di luce, si che vedute le loro buone opere, sia glorificato il celeste Padre: si habbia gran riguardo, che non si apra la porta a i figlioli delle tenebre".
Momento pubblico per eccellenza per ogni casaccia era quello delle processioni che avvenivano, oltre che in occasione della festa del santo titolare, il Giovedì ed il Venerdì Santo, il Corpus Domini e in occasione della festa dell'Invenzione della Santa Croce che si svolgeva il 3 maggio. La città si trasformava in un grande "teatro sacro" dove ogni confraternita percorreva le vie cittadine con i propri Cristi, le casse processionali ed il lungo seguito dei confratelli che intonavano laude drammatiche. Una curiosità: l'immagine del crocifisso ancora oggi viene volta all'indietro seguendo la tradizione che sembra risalire ad un privilegio concesso ai genovesi dal Papa, nel XII secolo, per il valore dimostrato nella liberazione del Santo Sepolcro. Pare infatti che i genovesi portassero in battaglia il crocifisso volto all'indietro perché gli infedeli non potessero vedere la sacra immagine.
Per evitare discussioni o risse tra le diverse confraternite, era imposto ad ognuna un determinato percorso e specifici orari così da far arrivare ognuna di esse in Duomo in momenti diversi. Per evitare poi contatti fisici tra le confraternite più importanti e numerose, si faceva in modo che tra le une e le altre vi fossero le confraternite minori che facevano per così dire da cuscinetto ed evitavano situazioni spiacevoli che esulavano dallo spirito religioso dell'evento. Risale al 1602 il decreto che vieta ai partecipanti alle processioni di portare con sé armi: la preoccupazione che lo spirito religioso della manifestazione lasciasse spazio ad atti di forza era quindi giustificato.
Prima di iniziare il nostro viaggio alla scoperta degli oratori genovesi, di seguito eccovi un breve filmato della "Mostra delle casacce e della scultura lignea sacra genovese del seicento e del settecento" organizzata nella chiesa di Sant'Agostino nel 1939: lungo la navata centrale venne ricostruita una tradizionale processione di Cristi, accompagnati dai confratelli e dall'apparato processionale tra cui le magnifiche "casse" di cui vi parlerò nei prossimi paragrafi.
6. San Giacomo delle Fucine
Sito in Vico delle Fucine, una stretta strada che collegava Via San Sebastiano a Salita Santa Caterina, esso fu probabilmente fondato nel XVI secolo, come ci racconta L'Alizeri, da alcuni membri già appartenenti all'oratorio dei SS. Giacomo e Leonardo di Prè (di cui trovate la storia al paragrafo 44 di questa pagina).
A seguito dell'apertura di Via Roma esso fu demolito e ciò che rimaneva fu portato prima nell'Oratorio di Santa Croce in Piazza Sarzano (oggetto purtroppo di bombardamenti nell'ultima guerra mondiale ed oggi ridotto a locale ad uso palestra) e successivamente trasferito in massima parte nell'Oratorio di Sant'Antonio Abate della Marina e in quello di San Giacomo della Marina di cui vi parlo nei prossimi paragrafi.
Pasquale Domenico Cambiaso, Oratorio delle Anime Purganti, 1850 |
Antonio Varni, Lavandaie alla foce del Bisagno, 1891 |
Dopo che l'Oratorio venne soppresso nel 1811, i locali passano in proprietà alla vicina Chiesa di Santo Stefano e nel 1869 vengono distrutti per venir incorporati in un caseggiato.
Di proprietà di questa casaccia era la cassa processionale con San Giorgio in atto di combattere il drago, opera di Pietro Galleano, oggi conservata a Moneglia nella Chiesa di San Giorgio.
La confraternita, dopo la distruzione dell'oratorio avvenuta nel 1898, si trasferisce prima a Santa Marta ed infine in Santa Maria in Via Lata, dove tuttora ha sede e dove, ogni anno, il 17 gennaio (giorno in cui la Chiesa festeggia Sant'Antonio Abate) si celebra la messa (un'ottima occasione per visitare questo luogo normalmente non aperto al pubblico).
(foto di Antonio Figari) |
L'oratorio colpito dai Bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale |
Come ci racconta l'Alizeri il titolo di SS. Re Magi in realtà è frutto di un'unione di questo oratorio a quello dedicato alla Vergine e a Bernardo. L'oratorio dedicato a Tre Re infatti sorgeva in un altro punto dei vicoli di Genova, nell'omonima via che ancora oggi fiancheggia la Chiesa di Sant'Agostino, lato Piazza delle Erbe.
Tra le meraviglie di questo oratorio vi era la volta affrescata da Tavarone e tre quadri raffiguranti i Re Magi provenienti dall'omonimo oratorio e qui portati quando vi fu l'unione dei due oratori.
Le uniche opere ancora esistenti di questo oratorio sono il gruppo ligneo della Beata Vergine, con Gesù Bambino in braccio, angeli ai suoi piedi e San Bernardo, che fu acquistato dai Domenicani di Santa Maria di Castello nel 1884 e che è oggi conservata nella sacrestia di questa chiesa, e "un Crocifisso che or vedesi sull'altar maggiore della chiesa della SS. Annunziata di Portoria", come ci racconta il Tavella nel suo manoscritto. Sempre secondo quest'ultimo, entrambe le opere sono da attribuire a G. B. Gaggini da Bissone detto il Veneziano.
(foto di Antonio Figari) |
Tutto ciò che rimase dell'oratorio dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale |
L'origine di questa confraternita si fa risalire al 1350 quando nel chiostro di Santa Maria di Castello si stabilì una confraternita sotto il titolo della Beata Vergine, che in seguito fu divise in tre congregazioni (di cui una è questa descritta ed un altra quella presso la chiesa di santa Sabina).
Compito dei disciplinanti, i quali "portavano una cappa nera nel cui lembo era segnato un piccolo teschio e due femori colle iniziali S.D.V. (Societas Diei Veneris), che nel 1584 verranno sostituite da un croce di color turchino", come ci racconta il Novella, era la sepoltura dei poveri defunti.
La confraternita salì di numero ammettendo al suo interno anche consorelle e, dopo un primo trasferimento nel 1584 in San Salvatore (dove iniziò a chiamarsi Compagnia della Morte), poi in Sant'Agostino, con l'assenso di Papa Urbano VIII nel 1637 si trasferì in San Donato dove nel chiostro fu eretto, su disegno di G.B. Garrè, l'oratorio, benedetto e aperto al pubblico il 15 agosto 1638.
L'interno fu affrescato nel 1680 da Gio Andrea Carlone con la Resurrezione dei Morti sulla volta, la Trinità nella Cupola e i quattro profeti nei peducci per un costo totale di 6300 lire.
L'oratorio subì gravi danni dal bombardamento del Re Sole del 1684 quando, a causa del fuoco, si fusero molti argenti tra i quali due scheletri lavorati in argento dall'orafo e cesellatore Felice Porrata, famoso per essere l'autore del tabernacolo della Cassa del Corpus Domini del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo.
Nel 1825 furono eretti due altari laterali su disegno di Carlo Barabino.
Tra i quadri si segnalavano una "Deposizione con San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino" opera di Agostino Bombelli da Valenza, oggi conservata nel Museo Diocesano di Genova, e in sacrestia una "Deposizione di Croce" opera di Castellino Castello. Vi era anche una statua lignea dell'Immacolata attribuita al Maragliano.
Nel 1885 fu posta in facciata una grande lapide (oggi visibile in Vico Biscotti come vi raccontavo all'inizio di questo paragrafo) che racconta l'impegno dei confratelli (all'epoca 86) di questa antica istituzione che in prima persona si esposero nell'esercizio della carità durante la pestilenza che colpì Genova nel 1656. Ecco cosa è scolpito su detta lapide:
Nel 1900 la confraternita si unì alla "Veneranda Compagnia di Misericordia", che aveva come scopo l'assistenza morale e materiale dei carcerati e che era stata fondata presso l'oratorio di Sant'Ambrogio nel 1464.
I bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale del 6 novembre 1942, come documentano le immagini qui di seguito, rasero al suolo l'oratorio.
Oratorio di Sant'Antonio Abate alla Marina (foto di Antonio Figari) |
La lapide marmorea e la statua di Sant'Antonio sopra l'ingresso principale dell'Oratorio (foto di Antonio Figari) |
Il "Cristo Moro", crocifisso processionale opera di Domenico Bissoni (1639) in legno di giuggiolo, legno naturale di un caldo marrone scuro, reso lucente come metallo dalla lucidatura, molto noto all’epoca dello splendore delle Casacce anche per il rivestimento di tartaruga con decorazioni in oro e argento usati per la croce, e la splendida cassa processionale raffigurante "San Giacomo Maggiore che abbatte i Mori", opera di Pasquale Navone, la cosa che più mi piace dell’intero oratorio e quella che secondo me da sola vale una visita all’Oratorio (peccato non sia più portata in giro per il quartiere come avveniva una volta, anche se il soggetto, come mi suggeriva un vecchietto che ho incontrato sulla porta dell’oratorio, sarebbe poco gradito ai tanti musulmani che abitano ora in zona) provengono entrambi dall’Oratorio di San Giacomo delle Fucine, sopradescritto, demolito nel 1872 per il tracciamento di Via Roma.
La cassa processionale di "San Giacomo che sconfigge i Mori" opera di Pasquale Navone (foto di Antonio Figari) |
Osservare i personaggi scolpiti dal Navone nella cassa processionale del Santiago Matamoros, è un po' come trovarsi difronte a coloro che abitavano nei vicoli nel XVIII Secolo: erano infatti i popolani i modelli per queste sculture.
Ed in tanti loro volti, rivedo coloro che abitano oggi nei miei amati vicoli.
Particolare della cassa processionale (foto di Antonio Figari) |
Particolare della cassa processionale (foto di Antonio Figari) |
Particolare della cassa processionale (foto di Antonio Figari) |
Particolare della cassa processionale (foto di Antonio Figari) |
La cassa del Navone, il Cristo del Bissoni sulla destra e sullo sfondo l'altare dell'oratorio (foto di Antonio Figari) |
Il portone d'ingresso e sopra l'organo (foto di Antonio Figari) |
Particolare della volta dell'Oratorio (foto di Antonio Figari) |
La targa marmorea sopra l'ingresso dell'Oratorio di San Giacomo della Marina (foto di Antonio Figari) |
Eccovi chi sono gli artisti e le loro opere:
- Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto ("San Giacomo che abbatte i mori"), la tela che più amo tra quelle esposte;
- G.B. Carlone ("San Giacomo apre le porte di Coimbra a Re Ferdinando" e "San Giacomo, andando al martirio, risana un paralitico");
- Valerio Castello ("San Giacomo battezzato da San Pietro" e "vocazione di San Giacomo");
- Giovanni Domenico Cappellino ("San Giacomo predica al popolo" e "l'Immacolata");
- Domenico Piola ("Martirio e gloria di San Giacomo");
- Giovanni Lorenzo Bertolotto ("San Teodomino, Vescovo d'Adria, fa tagliare un bosco per cercare le spoglie di San Giacomo");
Orazio de Ferrari ("La Vergine del Pilar appare a San Giacomo" e "San Giacomo consacra San Pietro Martire, vescovo di Praga")
- Aurelio Lomi ("Giacomo e Giovanni presentati a Gesù").
Lo spendido interno dell'oratorio
(foto di Antonio Figari) |
La cassa processionale del Pellè (foto di Antonio Figari) |
(foto di Antonio Figari) |
(foto di Antonio Figari) |
La Seconda Guerra Mondiale danneggiò questo edificio ma risparmiò miracolosamente la quadreria che possiamo ancora oggi ammirare grazie anche ad un accurato restauro degli anni '90 del Novecento che ha riportato tutto l'oratorio al suo antico splendore.
L'interno dell'Oratorio di N.S. del Rosario a S.M. di Castello (foto di Antonio Figari) |
La cassa processionale dell'Oratorio di N.S. del Rosario a S.M. di Castello (foto di Antonio Figari) |
Particolare della volta dell'Oratorio di N.S. del Rosario a S.M. di Castello (foto di Antonio Figari) |
L'ingresso dell'Oratorio dei SS. Pietro e Paolo (foto di Antonio Figari) |
Ecco come lo descrive l'Alizeri: "l'Oratorio de' SS. Pietro e Paolo, nel quale uffizia una congregazione di Sacerdoti secolari, fondata nel 1486 da Sperindeo Argiroffo Preposito di S. Donato, da G. B. Durante Preposito de' SS. Nazario e Celso, da Giacomo de' Guarchi Rettore di S. Giacomo in Carignano, e da Pietro de' Grossi Rettore di S. Paolo in Campetto. Paolo Campofregoso arcivescovo di Genova ne approvò l'istituzione, che, siccome dura al dì d'oggi, avea per iscopo di sovvenire alle necessità de' poveri sacerdoti confratelli, e alla lor morte provvedere a' suffragi ed alle esequie. Leggo, che la chiesa di S. Donato servì agli uffizi di questa società ne' primordii, ma crescendo in breve tempo il numero degli ascritti, le convenne far ricerca di un locale ove potesse erigere un altare proprio, ed esercitare con miglior agio i doveri del proprio istituto. Instò presso il Capitolo di S. Lorenzo perché le fosse accordato il battistero attiguo al Duomo, e l'ottenne sotto certe condizioni a' 24 di marzo del 1491, come s'ha da istrumento rogato da Baldassarre di Coronato. Quivi stette fino all'apertura del presente oratorio, che deliberò nel 1712, ed ebbe a sue spese ultimato dieci anni appresso. Divisarono in seguito i confratelli di nobilitarne il presbiterio con pitture a fresco, e scelsero Giuseppe Galeotti, il migliore, per non dir l'unico, de' pittori genovesi in quell'epoca infelice che mostra quasi una lacuna nella nostra scuola. Egli espresse nel catino S. Pietro che riceve da Cristo le chiavi dell'evangelica potestà, e la di lui crocifissione e la decollazione di S. Paolo a' lati dell'altare; composizioni che se pur non si lodano per dignità e maestria di disegno, han però e forza e vaghezza quanto ogn'altra che vedremo di lui. Da quest'opere in fuori null'altro in quest'oratorio accenna il Ratti, la guida del quale, sebbene antica e qua e là trascurata, è l'unica finora che si possa svolgere da' genovesi con fiducia di non tornarne beffati. Ma parecchie altre van quivi notate, che certo v'esistevano a' tempi del Ratti stesso, come son le tavole de' tre altari. Delle due laterali co' SS. Giovanni ed Andrea è dubbioso lo stile, nonché ignoto l'autore; nè mi valsero a scoprirlo le molte indagini che ne ho fatte. Potrebb'essere quel G. B. Parodi fratello di Domenico, che pochi saggi lasciò tra noi del suo pennello, e in qualche tratto rassomiglianti a queste figure di apostoli; ma lo sterile soggetto, e la penuria de' confronti mi fan dubbioso in tale giudizio. Per decisi caratteri dobbiamo ascrivere a Paolo Girolamo Piola il quadro dell'altar maggiore in cui veggonsi i due titolari, né l'epoche istoriche ci vietano di crederlo eseguito (com'è probabile) nella fondazione dell'oratorio. Procedo per congetture, e accenno un dipinto in tavola dello stesso argomento ch'è nella sacristia, anteriore al cinquecento per poco che se ne osservi lo stile, e di esecuzione non ingrata benché inferiore a molti altri della sua età. L'argomento di esso, e l'epoca a cui rimonta il lavoro mi fa supporre che questo quadro servisse all'antico oratorio, al quale fin da principio si diede il titolo de' SS. Pietro e Paolo, ed ebbe un altare dedicato a que' santi. Per merito d'arte è superiore a questo e ad ogn'altro quadro notato nell'oratorio un Crocifisso in tavola con Maria, Giovanni e la Maddalena di Luca Cambiaso , opera da attribuirsi al migliore suo stile, e degna d'esser meglio custodita che non fu per l'addietro. Son visibili i danni che ne sofferse, e chieggono un rimedio."
Rispetto alla descrizione dell'Alizeri, sembrano da attribuirsi al Galeotti tutte e tre le tele degli altari all'interno dell'oratorio, autore anche degli affreschi che decorano le pareti.
La pala del Cambiaso raffigurante la Crocifissione, descritta dall'Alizeri, non si trova più nella sacrestia dell'Oratorio ma nel Museo Diocesano di Genova.
Due curiosità non raccontate dall'Alizeri: questo oratorio nasce sulle macerie di preesistenti edifici bombardati e distrutti dalle bombe del Re Sole e fu aperto al pubblico il 1° agosto 1716, giorno in cui si festeggia San Pietro in vincoli.
Sopra l'oratorio vennero costruite alcuni alloggi a servizio dello stesso ancora oggi esistenti.
L'antica Congregazione dei SS. Pietro e Paolo, fondata nel 1486 presso la Chiesa di San Donato, come ci racconta l'Alizeri, la più antica congregazione sacerdotale genovese, è ancora proprietaria dell'edificio che è affidato alla Comunità di Sant'Egidio (i volontari della quale mi hanno permesso di fare le foto che qui vedete) che organizza incontri di preghiera e Sante Messe.
Sopra l'ingresso la dedica ai due Santi (foto di Antonio Figari) |
Sopra l'ingresso la splendida cantoria lignea e l'organo (foto di Antonio Figari) |
L'altare maggiore (foto di Antonio Figari) |
La volta sopra l'altare con "Gesù che consegna le chiavi a Pietro", uno degli affreschi del Galeotti (foto di Antonio Figari) |
(foto di Antonio Figari) |
(foto di Antonio Figari) |
L'oratorio dedicato a Santa Maria degli Angeli era uno dei cinque oratori del sestiere della Maddalena ed era ornato alle pareti da splendide tele che sono ora conservate nella sacrestia della Chiesa di San Siro tra le quali spicca l'Ultima Cena di Orazio de Ferrari. Chiuso infatti nel 1811 al divin culto le opere in esso contenute furono trasferite in San Siro.
Nel 1822 divenne sede provvisoria della Biblioteca delle Missioni Urbane, più conosciuta come Biblioteca Franzoniana.
Oggi purtroppo l'oratorio di Santa Maria degli Angeli è solo un ricordo ma visitando la sacrestia di San Siro potrete ancora godervi le splendide tele che lo decoravano.
L'Oratorio di San Filippo si trova in Via Lomellini accanto alla Chiesa dedicata all'omonimo Santo.
Varcato il portone e superata la sala d'ingresso Vi ritroverete in una grande aula, trionfo del barocco genovese.
Giacomo Boni ha affrescato la volta raffigurante "Maria sublimata alla gloria celeste" e la tribuna con "San Filippo in colloquio con devoti personaggi" come ci ricorda l'Alizeri.
Sull'altare maggiore troneggia una Madonna Immacolata opera del marsigliese Pierre Puget.
L'interno dell'Oratorio di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
Veduta della parete destra dell'Oratorio di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
La volta dell'Oratorio di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
La splendida Madonna del Puget sull'altare dell'Oratorio di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
La volta dell'Oratorio di San Filippo (foto di Antonio Figari) |
In Via delle Fontane, proprio di fronte all'oratorio di San Tommaso, si nasconde un altro gioiello: l'Oratorio della Morte ed Orazione.
In breve tempo con il numero degli iscritti si ampliarono i pietosi uffizi della Confraternita. Non solamente toglievano alle lugubri stanze la spoglia del povero, ma con mano benefica ne soccorrean la famiglia, alleviandone le miserie se non poteano il dolore. Chiesero poi nel 1591 di essere aggregati a quella di Roma del titolo istesso, e l’ottennero, partecipando così ai singolari privilegi onde quella è arricchita. Dirò in breve; sia per gli adulti che a loro concessero i Papi, sia per le caritatevoli opere che li distinguono, poco o nulla differiscono dai Confratelli della Morte presso S. Donato, e mi giova richiamare il lettore all’articolo che riguarda questi ultimi per isbrigarmi con maggior prontezza del presente Oratorio. Uno è lo scopo delle due Compagnie, uno lo zelo, eguale la dignità, pari la stima e le lodi che ambe tributano i riconoscenti cittadini. “L’emulazione, scrive il suddetto Accinelli, che passa tra queste due Confraternite, le obbliga a stare oculate per maggiormente compiere a quegli obblighi che prescrive la loro instituzione”; ma noi crediamo che’l loro zelo basti al nobil fine che questo scrittore attribuisce a reciproca gara.
L’Oratorio fu costruito verso il 1640 sovra un’area comprata a tal uopo dal Priore di S. Sabina, e nel 1646 vi cominciarono gli uffizi. Nobilissimi restauri ed abbellimenti vi si fecero sul tramonto del secolo scorso (1700), e a quest’epoca appartengono le belle plastiche lavoratevi da Andrea Casaregi. Son quattro statue di Virtù e figure di Putti composte, quelle in altrettante nicchie, queste tra vaghi ornamenti che dalla cornice si levano al volto, e tutto il ricoprono. Non so a quale artista si debbano tali decorazioni; ma lo stile m’induce a riputarle di quel Fozzi che con tana eleganza fregiava intorno al medesimo la gran sala del Pubblico Palazzo.
Le arti del disegno, e specialmente la scultura e l’architettura per istudio di Genovesi e stranieri cominciavano a sottrarsi alla licenza de’ manieristi, e a produrre copiosi esempi di leggiadra semplicità. Il Casaregi, scultore di più ingegno che fama, non dee segregarsi dalla schiera de’ rinnovatori; chè sebbene non paia libero al tutto da’ vecchi metodi, pur si vendica quel nome con certa grazia di concetti, con un garbo di panneggiamenti ed una disinvoltura di stecco, che fan gradite e pregevoli le poche statue da lui lavorate per Genova.
Con queste osservazioni ho accennati i meriti delle presenti, alle quali è da augurare più lunga età di quella che forse non isperò l’autore, indossando loro i panni con tela imbiancata, eguale alla plastica nell’effetto, ma di più corta durata che non ha questa materia già caduca per se stessa.
Delle tavole notate dal Ratti a’ due altari non resta che quella della Concezione di Maria a sinistra, bel lavoro di Domenico Piola, trascuro l’altra sostituita all’antica, perché di pennello mal certo, e macchinata in ogni parte di pessimi ritocchi; notando invece una copia della famosa Madonna della Seggiola eseguita, se non erro, da C. G. Ratti nato a Savona il 27 novembre 1737 e morto a Genova il 27 settembre 1795, e locata quivi sopra i gradini, a cui sta rimpetto un angiolo custode della Bacigalupi.
I quadri laterali all’ingresso della Sancta Sanctorum in diverso stile fanno onore a due maestri. Di Giovanni Carlone è quella dell’Universale giudizio, composta di molte figure, tutte studiate e mosse ed espresse con arte, e dipinte con maestria. L’altra, cioè il Tobia che dà sepoltura ai cadaveri, lavoro di Gregorio Deferrari prende forza espressione ed effetto da un’artificiosa distribuzione di chiaroscuro; talchè da quel tenebrore che domanda l’azione notturna, diradato in parte dalle faci all’uopo del pietoso uffizio, risaltan figure piene di movimento e di verità.
A questo e ad altri pittori ben soccorse l’ingegno per colpire sui primi sguardi l’intelligente, prima che il severo esame della critica si addentri a scrutare le parti sostanziali del contorno e della filosofia."
Sotto la direzione dell'architetto Pellegrini intorno al 1780 l'oratorio fu restaurato e proprio in quel periodo abbellito alle pareti dagli stucchi del milanese Carlo Fozzi e nei quattro pilastri che dividevano l'ambiente da splendide statue raffiguranti le "Virtù" opera di Andrea Casaregis.
Purtroppo l'Oratorio fu quasi del tutto distrutto nella seconda guerra mondiale: il 19 maggio 1944 infatti una bomba sfondò la volta e successivamente le macerie del vicino caseggiato trascinarono a terra ciò che restava della volta stessa e degli altari laterali con le loro statue e le altre sculture.
L'oratorio della Morte ed Orazione dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale |
Sono invece ancora presenti nell'oratorio, e da soli valgono al visita a questo, il bellissimo altare opera di Francesco Maria Schiaffino risalente al 1738 (dal contratto firmato dall'artista si legge che il tabernacolo fu realizzato su disegno di Lorenzo De Ferrari e che costò alla confraternita 2.220 lire), il "Giudizio Universale" del Carlone nel presbiterio, "L'Immacolata Concezione" di Anton Maria Piola (tela che oggi si presente rettangolare ma che nasceva ovale come ci racconta il Ratti che così l'aveva osservata) e "Santa Lucia", forse opera di Domenico Piola, ai lati della navata. La grande tela di Gregorio De Ferrari che rappresenta l'episodio biblico di "Tobi che dà sepoltura ai morti", un tempo in questo oratorio, è oggi conservata nelle sale del Museo Diocesano di Genova.
Lo splendido altare dell'Oratorio della Morte ed Orazione (foto di Antonio Figari) |
Particolare dell'altare dell'Oratorio della Morte ed Orazione (foto di Antonio Figari) |
Particolare della balaustra davanti all'altare dell'Oratorio della Morte ed Orazione (foto di Antonio Figari) |
Dopo i danni subiti dalla guerra, l'interno dell'oratorio viene restaurato modernamente su disegno di Mario Labo' mentre è rimasta inalterata la facciata ottocentesca.
La facciata dell'oratorio della Morte ed Orazione (foto di Antonio Figari) |
Particolare della facciata con l'iscrizione che ne ricorda il nome (foto di Antonio Figari) |
Particolare della facciata con il simbolo della Casaccia
(foto di Antonio Figari) |
L'oratorio, nato accanto alla Chiesa di San Tommaso (che si trovava nella zona di Principe vicino alla Villa Doria di Fassolo e di cui trovate la storia nella pagine dedicata a "le CHIESE di GENOVA"), fu trasferito nel 1536, a seguito della costruzione delle Mura Nuove, in Piazza della Nunziata e trovò posto accanto alla Basilica della SS. Annunziata del Vastato. Quando quest'ultima venne ampliata, l'oratorio dovette essere demolito e venne ricostruito nel 1618, grazie al contributo della nobile famiglia dei Lomellini, nella vicina via, oggi chiamata "delle Fontane", dove ancora è visibile. Era soprannominato "il Duomo degli Oratori" per la sua grandezza ed imponenza.
Accinelli ci racconta che la confraternita si occupava del pietoso ufficio di ministrare agli infermi, ufficio che i confratelli esercitavano fin dagli inizi, quando l'Oratorio si trovava ancora accanto alla Chiesa di San Tommaso e non distante dall'ospedale di San Lazzaro. Oltre al servizio di assistenza agli infermi presso questo ospedale, i confratelli si occupavano anche di dare agli stessi degna sepoltura.
Entriamo nell'oratorio: superato un piccolo portone, sul quale anticamente vi era una affresco con San Tommaso, si accede in uno stretto cortiletto che conduce all'ingresso dell'oratorio, sormontato dalla statua di Sant'Antonio Abate, verosimilmente qui posizionata quando l'oratorio divenne sede della confraternita della Cinque Piaghe che precedentemente aveva sede nell'Abbazia di Sant'Antonio di Pré e di cui trovate la storia nel successivo paragrafo.
Il portone verde costituisce il piccolo ingresso al cortiletto dell'Oratorio di San Tommaso (foto di Antonio Figari) |
Questo oratorio, fondato dall'omonima casaccia all'inizio del XV secolo, sorgeva nei pressi della Commenda di Prè, nel vicolo che ancora oggi ne porta il nome e accanto ad una chiesa che portava lo stesso nome (vi rimando alla pagina de le CHIESE di GENOVA per approfondire la sua storia).
Soppresso nel 1811, divenne prima macello poi stalla per cavalli.
In questo oratorio era conservata la reliquia del braccio di Santa Consolata. Altre reliquie della Santa, conservate nella vicina chiesa di Santa Consolata, adiacente all'oratorio, quando questa venne distrutta nel 1534 per erigere le nuove mura della città, furono trasportate in Cattedrale. Dopo la soppressione di questo oratorio nel 1811 anche la reliquia del braccio fu portata in Duomo.
A questa casaccia apparteneva anche una splendida cassa processionale, opera di Anton Maria Maragliano, raffigurante Santa Consolata comunicata da Gesù, oggi conservata nella chiesa dei SS. Remigio e Carlo a Cadepiaggio (Parodi Ligure), una piccola località nel basso Piemonte dove aveva casa la famiglia dei Carlone, dinastia di pittori attivi a Genova.
La cassa processionale opera di Honorè Pellè (foto di Antonio Figari) |
Prossimamente Vi porterò alla scoperta di questo oratorio, piccolo gioiello del Barabino, sito in Salita di San Francesco da Paola.
Antica cartolina dell'Oratorio |
L'oratorio oggi (foto di Antonio Figari) |
La volta dell'Oratorio di N.S. del Rosario e San Teodoro (foto di Antonio Figari) |
L'oratorio viene edificato sul sito della primitiva chiesa parrocchiale che nella seconda metà del XVI secolo viene ricostruita dove ancora oggi la vediamo.
Quest'ultima viene completata nel 1584 mentre l'oratorio, che sarà soggetto ad importanti lavori di restauro, verrà aperto al culto il 28 luglio 1607, festa dei santi titolari.
I Lomellini, che erano proprietari dei terreni ove sorgevano sia la chiesa di nuova edificazione che l'oratorio, cedono quelli relativo a quest'ultimo alla Confraternita dei Santi Nazario e Celso e questi ultimi a loro volta cedono ai Lomellini il terreno ove sorgeva il loro vecchio oratorio.
La confraternita, titolare di questo oratorio, sarebbe sorta intorno al 1560 ad opera di due padri carmelitani del convento di Monte Oliveto (il nome del monte dove ancora oggi vi sono l'oratorio e la chiesa).
L'oratorio ha la tipica struttura degli oratorio liguri: una grande aula ad unica navata con tetto a capanna ed ingresso posto lateralmente.
Precede l'ingresso un bel risseu con motivi simbolici e la data 1744 (vi rimando alla pagina dedicata a le ARTI MINORI a GENOVA per approfondire la storia di questo e degli altri risseu presenti a Genova). Sopra il portale vi è invece un bassorilievo in pietra nera di promontorio entro cornice in stucco raffigurante la Madonna del Carmine e i Santi Nazario e Celso risalente al 1690.
Entrati nell'oratorio non si può non rimanere affascinati dal ciclo di affreschi che ricoprono la pareti laterali, la controfacciata e la volta, opera di Lazzaro Tavarone e risalenti al 1634, raffiguranti tre momenti del Giovedì Santo (la lavanda dei piedi, l'ultima cena, l'orazione nell'orto degli ulivi) e otto episodi della vita dei santi Nazario e Celso (il battesimo di Nazario ad opera di Papa Lino, Nazario che distribuisce i suoi averi ai povevi, Nazario che predica la fede di Cristo (tra i fedeli Celso con sua madre), il processo e la condanna, il mare in tempesta che si placa con le preghiere dei due santi, lo sbarco dei due santi sulla spiaggia della foce a Genova, Nazario che promuove la costruzione di chiese lungo i paesi della riviera di ponente, Sant'Ambrogio che a Milano, dopo aver ritrovato i corpi dei due santi che ivi erano stati martirizzati, li fa trasportare in città. Se osservate con attenzione questi episodi potrete notare alcuni scorci della Multedo e della Genova seicentesca: nell'episodio dei poveri si vede sullo sfondo l'oratorio di Multedo, la torre dei Villa Lomellini e la chiesa del Monte Oliveto (quest'ultima purtroppo non più leggibile); l'episodio della predica è ambietato davanti alla porta di San Gottardo del duono di Genova e si vede sullo sfondo la chiesa dei SS. Ambrogio e Andrea (comunemente detta del "Gesù"); lo sbarco dei santi è invece ambientato alla foce del Bisagno e si notano il Lazzaretto, una villa e la chiesa di San Nazaro (distrutta con il tracciamento di Corso Italia).
Nell'ultima cena si nota un demone ghignante che tiene una catena alla quale è legato un piede di Giuda e sul basamento di una colonna sulla destra il Tavarone ha lasciato data e firma "LAZARUS TAVARONUS PINXIT ANNO DNI MDCXXXIV".
Al centro della volta (la cui decorazione è molto particolare) Tavarone in un ovale ritrae i due santi "palmiferi" e nella cornice indica la data 1634 e le iniziali LTF (Lazzaro Tavarone "fecit"). Giovanni Agostino Ratti rinfinisce nel 1749 gli affreschi con disegni floreali, architettonici e ornamentali. Del Ratti è anche la tela sull'altar maggiore raffigurante il martirio dei santi titolari, opera che andava a sostituirne una con lo stesso soggetto andata distrutta al passaggio degli austriaci e dell'esercito del regno di Sardegna nel 1746-47.
Completano gli interni gli scranni lignei del priore e dei confratelli posizionati sulla parete di fondo e nella parte iniziale delle due pareti laterali.
La cassa processionale della confraternita, raffigurante "Il martirio dei SS. Nazario e Celso", è opera di Agostino Storace, allievo e nipote di Anton Maria Maragliano (come rivelano i registri parrocchiali che nei conti del 1750-1751 annotano le spese per la cassa processionale citando lo Storace). Un tempo la stessa era conservata in un locale attiguo all'oratorio. Oggi, dopo un attento restauro ad opera del laboratorio dell'amico Antonio "Nino" Silvestri, è conservata nella chiesa parrocchiale.
Nel registro "1826 - 1927 LIBRO De DECRETI" dell'Oratorio dei SS. Nazario e Celso di Multedo in un verbale datato 30 giugno 1833 si parla di "12 tabarri di velluto cremisi riccamente in ori ricamati ed altri quattro detti di velluto parimenti cremisi semplicemente però bordati in oro" acquistati dalla Confraternita di san Giacomo e Leonardo di Prè, mentre in un altro verbale 16 marzo 1851 si parla, tra le altre cose, di due cappe e tabarrini per pastorali acquistati dalla Confraternita di S. Giacomo delle Fucine. Ancora oggi queste vesti sono qui conservate.
Interni dell'Oratorio dei SS. Nazario e Celso (foto di Antonio Figari) |
Particolare di bastone da processione con San Martino che dona il suo mantello al povero (foto di Antonio Figari) |
Esattamente l'oratorio di Sant'Antonio Abate!
RispondiEliminaGrazie per la cortese (e prontissima) informazione.
Francesco M.
Un piacere aiutare chi vuole scoprir Genova. Ha visto che bella la cassa processionale del Navone e l'interno dell'Oratorio?
EliminaSe Le capita di passar di lì la seconda domenica del mese Le consiglio anche una visita all'Oratorio di San Giacomo della Marina che si trova non lontano da quello di Sant'Antonio Abate lungo le Mura delle Grazie: un'altra meraviglia poco conosciuta dei vicoli della Superba (trova la sua storia al paragrafo 4 di questa pagina).
Sono un ultraottantenne.amante di Genova che ha molto apprezzato il Suo lavoro. Vorrei comunic. re con Le i prima che la mia memoria cominci a scemare. le mie conoscenze del computer sono molto limitate ma uso normalmente le e-mail. Il mio indirizzoè: pietromerelloòlibero.it Grazie
RispondiEliminavorrei comunicare con Lei prima che
Caro Pietro,
Eliminasono felice che il mio blog sia di Suo gradimento, le Sue parole mi hanno davvero commosso! Le scrivo subito una mail, ansioso di conoscerLa e di farmi raccontare ciò che Lei sa dei nostri amati vicoli.
Sabato ho fatto una scappata a Genova per motivi non turistici, ma tornando di corsa verso la stazione di Principe, passando in via Lomellini, sono stata attratta da un portone aperto su un altare magnifico. Ho scoperto così l'oratorio di San Filippo Neri. Purtroppo essendo di corsa mi sono limitata a chiedere orari di apertura alle due gentilissime signore che erano all'ingresso. Una sbirciata frettolosa verso l'interno mi ha già evocato un'atmosfera particolare e un'emozione che solo la visita dal vivo può scatenare. Sarà sicuramente una tappa obbligata la prossima volta che verrò. Continuo a scoprire in Genova una magnificenza unica che penso i più tanti ignorino.
RispondiEliminaAMDC
Una piccola precisazione: casse e crocifissi "processionali", non "professionali";-) Per il resto, ottimo lavoro...
RispondiEliminaun caro saluto da un cristezzante
Caro "cristezzante",
EliminaTi ringrazio per la precisazione: a volte il correttore automatico decide al posto mio quali parole usare!?!
Sono una sua ammiratrice settantenne, molto amante di Genova, apprezzo molto il Suo lavoro; mi piacerebbe comunicare con Lei per chiederLe qualche delucidazione ma non sono molto brava nell'uso del computer, riesco solo a comunicare via mail, Le sarei molto grata se mi rispondesse sulla mia mail: cristina.salvatore@alice.it Grazie
RispondiEliminaP.S. ho letto che tra qualche giorno sarà il Suo compleanno, mi permetto di farLe tanti auguri.
Cara Cristina,
EliminaLa ringrazio per le Sue parole: sono felice che il mio sito sia di Suo gradimento.
Ho ricevuto una Sua mail alla quale risponderò al più presto.
Da ultimo, La ringrazio per gli auguri per il mio compleaano.
Un caro saluto
Antonio
Il tuo blog è molto interessante e ,nonostante mi ritenessi una discreta osservatrice dei vicoli di Genova h scoperto tante cose nuove... Li hai notati i due leoni in marmo sul tetto di un palazzo in Piazza Fossatello? Si vedono andando verso via fossatello. Saluti e continua così Raffaella Figari
RispondiEliminaGRAZIE PER TUTTE LE NOTIZIE DETTAGLIATE ANCHE IO GRAZIE A TE HO SAPUTO COSE DEI VICOLI MOLTO INTERESSANTI MI PIACE TANTISSIMO ANDARE A VEDERE SUL TUO BLOG GRAZIE E CHISSA SE CI INCONTREREMO MAI PER I CARUGGI TRA UNA MERAVIGLIA E L'ALTRA CIAO LETI GAGGE
RispondiEliminaBlog veramente interessante e ricco di informazioni sui ns vicoli.
RispondiEliminaSu una cartina della parrocchia di S.Siro non datata, ma che non riporta l'attuale Via Cairoli, è indicato un "Oratorio dei 4 Incoronati" situato in prossimità della chiesa di S. Francesco di Castelletto(non piùesistente) . Lei dispone di qualche informazione su questo oratorio e sull'adiacente Oratorio SSma Concett(così recita la mappa)? grazie Andrea Biondi
Buonasera Antonio,
RispondiEliminascopro solo ora il suo blog (meglio tardi che mai) che mi sembra molto interessante. Per quanto riguarda gli oratori di Genova, Le è mai capitato di imbattersi in quello di Sant'Ambrogio. Il mio bisnonno nel 1896 era residente nel centro storico in Vico all'Oratorio di Sant'Ambrogio. Il vicolo non esiste più e non riesco a trovare notizie al riguardo. Confido in Lei. Grazie Patrizia Palla
Buonasera Antonio, sono una studentessa universitaria della scuola di restauro di Brescia. Le scrivo perchè sarei interessata ad informazioni riguardanti l'Oratorio della Morte e Misericordia della chiesa di San Donato. Cordiali saluti, Marta.
RispondiEliminaCara Marta,
Eliminaho apportato alcuni miglioramenti al paragrafo dedicato all'Oratorio di San Donato aggiungendo molti particolari legati alla storia dello stesso. Spero ti siano sufficienti per le tue ricerche, altrimenti non esitare a scrivermi qui o al mio indirizzo mail.
Un caro saluto
Antonio